Capitolo 32
«Pronto?»
«Pasi
sono Iulia.»
«Ciao!
Come stai Iulia? Che bello sentirti!»
Erano
trascorsi due giorni dall’inizio di quella settimana in cui i
miei amici più
cari, sarebbero stati lontani da me per le vacanze. Si trattava di poco
tempo,
eppure sentivo già tremendamente la loro mancanza: era
difficile che non
vedessi almeno uno di loro nell’arco della giornata e
trascorrere quarantotto
ore senza aver parlato almeno con Rita oppure con Stè,
iniziava a mandarmi nel
panico. Sapevo quanto fossero importanti per me, ma me ne resi conto
maggiormente in quei giorni, in cui non erano disponibili…
Persino Sofi mi
mancava tantissimo! L’unico ancora nei paraggi era Fede, ma
era immerso nel
lavoro e nello studio e anche al centro ultimamente non si faceva
vedere… La
telefonata di Iulia fu quindi come una fonte d’acqua nel
deserto, mi risollevò
e mi diede l’opportunità di parlare con una
persona amica.
«Sto
bene grazie!»
«Ma
questo non è il tuo numero, vero?»
«No
questo è il numero di mia sorella, le sto scroccando una
telefonata perché non
ho un centesimo nella mia scheda.»
«Ah,
capito.»
«Devono
servire pure a qualcosa le sorelle, non credi?»
A
quell’affermazione sorrisi malinconica: anche io in alcune
occasioni, avevo
tentato maldestramente di “prendere in prestito” il
cellulare di Simona quando
ero a corto di credito, ma mia sorella era sempre stata attenta a
riporre il
suo telefono lontano da occhi (e mani) indiscreti, col risultato che
mai una
volta ero riuscita ad usarlo e puntualmente reagivo pensando a quanto
Simo
fosse fastidiosa ed inutile…
«Pasi,
ci sei ancora?»
«Sì,
sì, eccomi.»
«È
tutto ok? Ho detto qualcosa che non va?»
Iulia
non sapeva di mia sorella e non aveva la minima idea di quanto la sua
battuta
mi avesse procurato una fitta al cuore, ma del resto come avrebbe
potuto? Non
era certo un argomento di cui parlavo facilmente e non volevo nemmeno
intristire le persone con un discorso del genere, per cui anche in
quell’occasione evitai di tirarlo in ballo e tergiversai.
«No,
no, vai tranquilla è tutto ok, davvero.»
«Uhm…
ok… ma se per caso avessi bisogno di parlare, conta su di
me.»
«Ok,
grazie.»
«…»
«Iulia…»
«Sì?»
«Per
quale motivo mi hai chiamato?»
«Ah
sì, che stupida! Stavolta ero io in sovrappensiero, sono
proprio da ricovero!»
la sentii ridere allegramente e sorrisi di quel suo modo
d’essere così semplice
e gioviale, che mi ricordava molto Testa di Paglia.
«Allora,
in pratica ieri parlavo con Franz e mi ha detto che hai conosciuto
anche tu
Luca.»
«Sì,
è vero.»
«Bene,
dato che in pratica ora ci conosciamo tutti, che ne pensi se uscissimo
insieme,
una sera?»
«Tutti…
cioè tutta la band, più me e te?»
«Esatto!
Io, Franz e Fil conosciamo bene Luca e visto che per noi sarebbe una
normale
uscita tra amici, ho pensato d’includere anche te ed
Emile.»
«E…
Maurizio?»
«Sì,
se vorrà unirsi a noi, anche lui sarà il
benvenuto. Sai è un po’ musone e
silenzioso quel ragazzo e a volte dimentico persino la sua
esistenza!»
Iulia
aveva ragione: Maurizio era sempre molto silenzioso, difficilmente
esponeva i
suoi pareri… questa constatazione, non fece che preoccuparmi
maggiormente, alla
luce dei discorsi fatti dai ragazzi nei suoi riguardi, qualche giorno
prima. Ma
tenni quella considerazione per me: Emile sembrava sicuro di
sé e non volevo creare
un caso dove non c’era… Anche se sentivo di
volerne discutere con lui: mi ero
ripromessa di non tacere più i miei dubbi e non
l’avrei fatto nemmeno in questo
caso, anzi soprattutto in quest’occasione, alla luce dei
trascorsi tra me e
Claudio.
«Mi
sembra un’ottima idea! Ma perché lo stai dicendo a
me e non ad Emile?»
«Perché
ho bisogno di te per mettere in pratica la mia
idea…»
«Ok,
spara!»
*****
Sentire
Iulia, mi aveva risollevato un po’ da quella sensazione di
vuoto che provavo
per l’assenza dei miei amici, ma il mio gruppo non era
così facilmente
sostituibile, non è facile rinunciare alla presenza di
persone che ti conoscono
da anni e che sanno ogni piccolo particolare di te.
Per
cui, quando riuscii a ritagliarmi il tempo libero per andare al centro,
fui
così felice di vedere che Fede fosse presente, che appena entrai nel suo
studio, l’abbracciai
di slancio.
«Ehi,
non credevo di mancarti così tanto!»
scherzò il mio amico, sorpreso dal mio
gesto.
«Mi
sento persa, Fede! Mi mancano gli altri e anche tu domani andrai
via…» Dato che
doveva lavorare, avrebbe raggiunto il resto del gruppo solo nel
week-end, per
trascorrere quegli ultimi due giorni di vacanza insieme agli altri.
«Pasi
ma sono solo pochi giorni!»
«Lo
so, ma senza di voi mi manca la terra su cui camminare.» mi
accoccolai sulla
sedia, portando le ginocchia al petto, per cercare un po’ di
conforto. Fede
dovette comprendere il mio senso di solitudine e sorrise benevolo:
«Prendiamo
un gelato e parliamo un po’?»
Come
al solito, il modo di fare del mio amico, riuscì a calmarmi:
gelato alla mano e
una buona dose di chiacchiere, fecero sì che la mia ansia da
lontananza
svanisse del tutto, sostituita dal solito calore familiare che provavo
in
compagnia dei miei amici. Tornai a sentirmi talmente a mio agio, che
osai fare
a Fede alcune domande personali che giravano nella mia testa da un
po’ di
giorni:
«Da
quanto tempo non torni in quella casa in montagna?»
Ai
tempi in cui lui e Rita erano una coppia di adolescenti, spesso era
stato
ospite della famiglia della sua ragazza. I genitori di Rita, non
potendole dare
una sorella o un fratello, non le avevano mai negato la compagnia di un
amico/a
e persino del suo ragazzo (dettaglio che invece lasciava sempre
inorriditi i
miei conservatori e arretrati genitori).
Fede
sembrò riflettere su quella domanda per un po’,
prima di rispondere:
«Credo
che siano trascorsi almeno quattro anni.» Aveva
un’aria concentrata nel
ricordare, chissà che effetto gli avrebbe fatto, tornare in
quel luogo pieno di
momenti vissuti insieme.
«Io
sarei emozionatissima al tuo posto, al pensiero di rivedere un luogo
carico di
ricordi… e poi mi chiederei di continuo se qualcosa sia
cambiato, se la casa
abbia subito ristrutturazioni o un nuovo arredamento, se le strade
siano ancora
uguali… E di sicuro tu e Rita avrete dei luoghi tutti
vostri, in cui avrete
vissuto momenti speciali… Magari anche un albero su cui
avrete inciso le vostre
iniziali!»
Iniziai
ad immaginare scene da films romantici in cui i miei amici appena
adolescenti,
scoprivano il potere di quel sentimento nuovo che stavano provando per
la prima
volta e che li avrebbe uniti per sempre… Dovevo avere gli
occhi sognanti,
perché Fede mi guardò con aria divertita:
«Dovresti
fare la scrittrice di romanzi rosa, sai? La
mia vita non mi è mai apparsa tanto romantica
finché non l’hai descritta
tu!» Fece un sorriso prima di rispondere alla mia domanda,
mantenendo
un’espressione serena.
«Di
sicuro mi farà uno strano effetto: il ragazzino che ero
quando ho messo piede
in quel luogo per la prima volta, è diverso da
ciò che sono ora, stesso il mio
rapporto con Rita è diverso e anche la compagnia
sarà diversa. Tuttavia quel
luogo, almeno per ora, mi parla del passato, racconta un pezzo di vita
che ho
vissuto con lei… Forse rivederlo, mi farà proprio
lo stesso effetto dell’essere
tornato insieme a Margherita: quello
di
giungere in un luogo che conosci, ma che ha subito cambiamenti capaci
di
sorprenderti.»
Le
parole di Fede, iniziarono a solleticare la mia curiosità e
a smuovere
maggiormente il mio animo romantico. La sua storia con Rita la
conoscevo per
ciò che mi aveva raccontato la mia amica e sapevo il modo in
cui lei l’aveva
vissuta; Federico invece, essendo una persona riservata, non ne aveva
mai fatto
parola e non era nemmeno un tipo abituato a manifestare i suoi
sentimenti.
Quelle parole quindi, furono le prime che sentii riguardo a
ciò che provava per
la mia amica e mi venne spontaneo fargli altre domande in proposito:
«Cosa
ti ha spinto a tornare insieme a Rita?» Fede non
sembrò seccato dalle mie
domande, anzi avrei potuto dire dalle espressioni del suo viso, che
fosse
sereno e lieto di parlare di quell’argomento.
«Quando
mi sono reso conto di provare ancora qualcosa per lei, ho iniziato a
dirmi che
stavo solo rivivendo il passato e che forse, avevamo esagerato nel
cercare di
essere amici, dopo ciò che c’era stato tra di noi.
Ma poi ho iniziato ad
ammirare i nuovi aspetti di Rita: quella sua calma sicurezza, la
capacità di
organizzare la sua vita senza risentirne in stress e la voglia di
dimostrare a
se stessa di avere la capacità di crearsi una propria
indipendenza. Quando
eravamo adolescenti, tendeva a fare i tipici capricci da figlia unica:
non era
indisponente, né con me, né tantomeno con i
genitori, ma non riusciva ad
accettare un “no” facilmente e cercava di ottenere
quello che voleva attraverso
qualche moina…
All’inizio
trovavo questi gesti carini, ma a lungo andare iniziarono ad
infastidirmi,
soprattutto perché nacque dentro di me, una forte rabbia nei
suoi confronti.
Essendo di famiglia benestante, Rita aveva il mondo ai suoi piedi,
mentre io
dovevo sudare e contrattare con i miei genitori anche solo per un paio
di scarpe
e quelle sue lamentele, a causa del rifiuto della madre di comprarle
l’ennesimo
abito firmato o la trousse più costosa in voga al momento,
mi sembravano così
infantili, così inutili e poco riguardosi, nei rispetti di
chi non aveva la
possibilità nemmeno di avere un abito di medio
prezzo.»
Federico
fece una pausa, ma restò concentrato nel passato: aveva lo
sguardo focalizzato
su un punto lontano nella stanza, totalmente assorto dai ricordi che
stava
riportando a galla.
«Poco
prima che ci lasciassimo, litigammo furiosamente e quella volta le
gridai in
faccia tutta la mia rabbia. Le dissi di crescere, di non lamentarsi
più per un
abito che la madre non le comprava, che al mondo c’era gente
che moriva di fame
e che con i soldi di quell’abito avrebbe sfamato la propria
famiglia per mesi…
Le dissi anche che non volevo accanto qualcuno incapace di cavarsela da
solo…»
«Quindi
tu credi che Rita abbia deciso di vivere per conto proprio, per
dimostrarti
qualcosa?»
«Non
lo so, Pasi… l’ultimo anno delle superiori, lo
trascorremmo ignorandoci e persi
ogni contatto con lei. Quando ci siamo ritrovati era al secondo anno di
università e viveva già da sola… Non
so se la sua scelta sia dipesa dalle mie
parole o sia stata una sua precisa volontà. Sta di fatto che
vederla così
cambiata e maturata, contando il fatto che fossi cambiato
anch’io, ha riacceso
il mio interesse nei suoi confronti e alla fine, non abbiamo potuto
evitare di
affrontare il fatto che ci amassimo ancora.»
«E
avete fatto bene! Il vero amore non conosce ostacoli, voi due siete
legati dal
Filo Rosso del Destino, non potreste mai separavi!»
Ero
talmente entusiasmata da quel racconto, che mi allungai verso Fede,
poggiando
le mani sulle sue ginocchia. Il mio amico a sua volta sorrise
tranquillo:
«Credo
che tu abbia ragione. Nonostante abbia provato ad allontanare Rita
dalla mia
vita, è tornata ad invaderla più prepotentemente
di prima. Anche volendo, non
credo che potrei mai staccarmi del tutto da lei.»
«Sono
così felice quando sento queste cose! Fede devi
assolutamente divertirti durante
questi due giorni di vacanza: goditi il ritorno in quella casa,
mantieniti
appiccicato a Rita e fai l’amore con lei ovunque! Riempite
quella casa di nuovi
ricordi!»
Fede
si fece una bella risata davanti al mio entusiasmo:
«D’accordo
Cupido, premettendo che non saremo soli, cercherò di godermi
questi due giorni
al meglio.»
«Esatto!
Dimostrate a Sofi che si sbaglia, che il Filo del Destino esiste e che
voi due
starete sempre insieme.» Appena terminai quella frase
però, feci un sospiro,
perdendo d’improvviso il mio entusiasmo:
«Come
vorrei essere lì con voi… e come vorrei poter
fare una mini vacanza anch’io,
insieme ad Emile!»
Fede
si avvicinò a me e mi diede un buffetto sul ginocchio:
«Arriverà
il momento propizio anche per voi, sono sicuro che l’anno
prossimo saremo tutti
insieme in vacanza, Emile compreso!»
«Sì!
Lo trascinerò per i ricci se oserà
opporsi!»
«Dovrai
prima arrivare a prenderli, quei ricci!» disse il mio amico,
sorridendo.
«Lo
trascinerò nel sonno, oppure prenderò uno
scaletto, mi arrampicherò sulla sua
schiena e mi ci incollerò, finché non saremo
arrivati a destinazione!»
Fede
si fece una grande risata, pensando a me che mi avvinghiavo ad Emile
come una
cozza allo scoglio e mi disse che sicuramente sarei stata capace di
farlo
davvero.
Contagiata
dalla sua ilarità, iniziai a ridere anch’io,
riempiendo di dettagli la mia
scalata al Pel di Carota e per svariati minuti, il suono delle nostre
risa,
riempì la stanza in cui ci trovavamo.
È
proprio vero che un momento condiviso in compagnia delle persone
più care, è
capace di scaldarti l’anima: quel pomeriggio trascorso
insieme a Fede, riuscì a
togliermi di dosso tutto il vuoto e la malinconia dei giorni precedenti.
*****
«Si
può sapere dove stiamo andando?»
«Sorpresa,
lo scoprirai tra poco.»
Alla
fine della nostra chiacchierata telefonica, io e Iulia avevamo
organizzato nei
minimi dettagli quell’uscita di gruppo: la ragazza di
Francesco aveva avuto
davvero una bella idea, era da tempo che desideravo vedere Emile
rapportarsi
con i ragazzi della band anche al di fuori del contesto professionale.
Da
quando Alberto mi disse, la prima volta che lo vidi, che il mio Pel di
Carota
non faceva altro che intessere rapporti prettamente professionali con
gli
altri, mi ero sempre sentita in pena per lui.
Io
riuscivo a stare in piedi esclusivamente grazie alla presenza dei miei
amici e
non riuscivo lontanamente a comprendere come Emile avesse potuto vivere
per
ventidue anni, senza avere lo straccio di un amico accanto. Speravo con
tutto
il cuore che Fede riuscisse a varcare le mura dietro cui si chiudeva,
ma non
c’era stata più occasione di vedersi, per
loro… Senza contare che all’interno
di una band dovrebbe esserci rispetto reciproco e la stessa visione
delle cose
e fino a quel momento, da quello che ero riuscita a vedere, tra i
membri dei
GAUS forse c’era del rispetto, ma non era ancora palpabile la
coesione tra
loro.
Dopo
ciò che era accaduto con Claudio, Emile era diventato
più morbido e
accondiscendente verso il resto del gruppo, ma le sue brutte abitudini
erano
dure a morire, proprio come la continua paura sul nostro rapporto:
restava
ancora un piccolo despota, la cui parola doveva essere
l’ultima su tutte le
decisioni riguardanti il futuro dei GAUS. In un clima simile, se non ci
fosse
stato anche dell’affetto vero e sincero, quanto a lungo, i
ragazzi avrebbero
sopportato quel dispotico modo di fare?
Emile
doveva cementare l’unione con i GAUS, doveva diventare amico
dei suoi
musicisti.
E
la proposta di Iulia cadde come il cacio sui maccheroni, mi
sembrò l’occasione
perfetta, per iniziare a far socializzare davvero il mio Pel di Carota
con il
resto della band.
Ma
per far sì che questo accadesse, sia io che la mia
interlocutrice, fummo
d’accordo nel non far sapere ad Emile di quella serata fino
all’ultimo momento,
onde evitare che inventasse scuse per defilarsela.
Per
questo motivo, avevo convenuto con Iulia che avrei condotto
personalmente quel
Testone al punto in cui ci saremmo riuniti, per poi arrivare tutti
insieme alla
meta della nostra serata.
Ero
riuscita a strappargli l’uscita e a darmi anche le chiavi
dell’auto: ben
sapendo che non avrebbe avuto impegni con la band per quella sera, due
giorni
prima gli avevo manifestato il mio desiderio di uscire insieme. Emile
non era
una persona socievole e se c’era una cosa che poco amava, era
ritrovarsi in
mezzo ad una folla, per cui erano state rare le volte in cui, libero
dagli
impegni con la band, aveva deciso di mettere il naso fuori casa. Anche
se tutte
le volte che gli manifestavo il mio desiderio di vita mondana, non si
tirava
indietro.
E
quella volta non fu da meno. Con un’unica eccezione
però: gli avevo detto che in
quel caso, avrei deciso io dove andare e che sarebbe spettato a me
condurre
l’auto. Ovviamente, quel Venerdì
risultò libero dagli impegni e di conseguenza,
gli toccò sopportare di essere scorazzato dalla
sottoscritta, senza nemmeno
sapere dove fossimo diretti.
«Non
posso avere nemmeno un indizio miserabile?»
«No,
sono categorica, dovrai avere pazienza.»
«Lo
sai che sei una strega sadica, vero?»
«E
tu lo sai che sei un curiosone? E poi dici a me che non mi faccio mai
gli
affari miei!»
«Sono
due cose diverse, Pasi! Qui non c’entra la vita altrui,
è la mia curiosità che
sta impazzendo!»
Sorrisi
divertita: «Di’ la verità, sapere che
qualcosa sfugge al tuo controllo ti dà
fastidio, vero? Ti ricordi quando mi hai prelevato da casa di Rita
senza dirmi dove
andavamo? Ecco, ora sai come mi sentivo.»
«Ti
stai vendicando allora, strega malefica!»
Il
tono di Emile era fintamente risentito e sentivo una nota di
divertimento nella
sua voce, così azzardai un’occhiata veloce verso
di lui, prima di tornare sulla
strada. Aveva un sorriso soddisfatto e nonostante stesse calando il
buio, vidi
una luce nei suoi occhi che mi fece sorridere appagata: stava morendo
di
curiosità, ma si stava divertendo da matti!
Arrivammo
al punto d’incontro e vidi il furgone di Luca già
parcheggiato e i ragazzi tutti
in attesa all’esterno: con loro c’era anche
Maurizio e ne fui davvero felice.
«E
loro cosa ci fanno qui?»
Emile
rimase del tutto sorpreso, non si aspettava affatto che avremmo avuto
compagnia
quella sera.
«Sei
deluso?»
«No…
sono… sorpreso, spiazzato… non capisco!»
«Bene,
non è necessario che tu capisca.» gli diedi un
bacio veloce ed uscii dall’auto
per salutare Iulia, che mi stava venendo incontro:
«Pasiiii!
Ce l’hai fatta allora! Come sono contenta!» Mi
abbracciò saltellando mentre il
resto del gruppo ci raggiungeva.
«Ehi
Duce, alla fine ce l’ha fatta a convincerti, Pasi
è davvero la donna dei
miracoli!»
«A
dir la verità, non sapevo un accidenti! E continuo a non
sapere… »
Staccandomi
dall’abbraccio di Iulia, lo vidi lanciarmi
un’occhiata velenosa ed io di
rimando, lo guardai con un sorriso soddisfatto.
«Quindi
non sai nemmeno dove siamo diretti?» continuò
Filippo, con tono sorpreso.
«No…
anzi se qualcuno di voi me lo dicesse, gliene sarei grato!»
Osservai
i ragazzi guardarsi complici e successivamente, Luca si rivolse a me
con un
sorrisetto stampato sul viso: «Allora Pasi, seguici e non
perderci di vista.»
Lui
e Maurizio si allontanarono in direzione del furgone, mentre i gemelli
diedero
una pacca alla spalla di Emile, prima di
seguirli sghignazzando.
«Che
bastardi!» Emile sorrise lievemente e
s’incamminò con me verso la portiera
dell’auto.
«Preferisci
che guidi io?»
«No,
no, guido io: ricordi le condizioni? Tu sta’ buono al tuo
posto!» gli feci un
gran sorriso e tornammo in auto.
Ci
volle un’oretta per raggiungere la meta e durante tutto il
tragitto, Emile
cercò di distrarsi ascoltando musica, ma qualche volta lo
scorgevo con la coda
dell’occhio, intento ad osservare la strada, cercando
silenziosamente di capire
dove fossimo diretti.
Quando
raggiungemmo la litoranea, lo vidi rasserenarsi, dandomi
l’impressione di aver
raggiunto qualche conclusione, ma restò in silenzio, come se
volesse accertarsi
di ciò che aveva dedotto.
«Ti
sei arreso, allora?» Fremevo per sapere cosa stesse pensando.
«No…
sto valutando.»
«E
non vuoi valutare ad alta voce con me?»
«No…
mi hai detto che non devo chiedere,
per
cui resterò in silenzio.»
«Ma
fare ipotesi non è chiedere…»
«Streghetta…
sei per caso curiosa di sapere?» mi guardò con
un’espressione maligna e
soddisfatta: era riuscito a ribaltare la situazione con un semplice
silenzio,
ora ero io quella che fremeva per sapere cosa gli passasse per la testa!
«Oh
al diavolo! Come ci riesci? Perché deve finire sempre
così?»
«Così
come, scusa?» Mi guardò con finta aria sorpresa:
si stava divertendo un mondo,
l’infame!
«In
questo modo: con me che scalpito in preda alla curiosità!
Non è giusto, sei tu
all’oscuro, non io!»
«Forse
non lo sono più… o forse semplicemente, so
attendere meglio di te.»
Lo
guardai con astio:
«Ti
odio.»
E
in tutta risposta, si fece una risatina e si avvicinò al mio
orecchio:
«Io
no.»
Il
malefico sapeva quanto riuscisse a deconcentrarmi quel suo modo di fare
e
dovetti fare appello a tutto l’autocontrollo di cui ero a
disposizione per non
sbandare… La serata stava andando improvvisamente tutta a
mio svantaggio!
Aggrottai
la fronte e mi chiusi in un silenzio risentito, per tutto il resto del
tragitto: con la coda dell’occhio, vedevo Emile osservarmi di
tanto in tanto
per poi sghignazzare, contento di aver ribaltato la situazione. Di
sicuro stava
morendo di curiosità, ma non trapelava nulla dal suo volto,
né dai suoi gesti:
aveva un autocontrollo invidiabile! Solo quando fummo prossimi al punto
d’arrivo ed iniziai a rallentare, tornò a parlarmi.
«Hai
preso una sciarpa?»
«In
pieno Agosto?»
«Sì,
devo coprire la gola, se non voglio che l’umidità
del mare mi tolga la voce.»
Avendo
accostato l’auto lungo la litoranea, fu facile dedurre per
lui dove fossimo
diretti, ma non sapeva ancora tutti i particolari. O almeno lo
speravo…
«Vedrai
che non ne avrai bisogno, la tua gola sarà al
calduccio.»
Nel
frattempo, i ragazzi scesero dal furgone: iniziarono a prendere le
cataste di
legna e tutto l’occorrente per la nostra serata e fu allora
che Emile comprese
completamente.
«Un
falò?!»
*****
Adoravo
il mare.
In
tutte le sue forme.
Lo
adoravo quando era calmo e placido e mi sentivo viva quando era in
tempesta. Lo
amavo d’estate, caldo e accogliente e l’amavo
d’inverno, freddo, lontano e
malinconico.
E
ovviamente, l’adoravo tantissimo di notte.
Amavo
il modo in cui la luna si rifletteva frazionata dalle acque, amavo il
rumore
delle onde nel silenzio della notte e
dell’oscurità e amavo trascorrere le ore
notturne estive, davanti ad un fuoco sulla spiaggia con il mare a farci
da
cornice.
Non
stavo nella pelle perciò, all’idea di trascorrere
una bella serata estiva
davanti ad un fuoco, sulla spiaggia, insieme al ragazzo che amavo.
Una
volta compresa la meta della serata, Emile si dette da fare per dare
una mano
ad allestire il fuoco e in breve tempo ci ritrovammo tutti sui nostri
teli,
pronti a condividere un pasto, una bevuta ed una serata tranquilla,
tipicamente
estiva.
Questo
tipo di serate, ero solita viverle in compagnia dei miei amici e non
averli con
me quella volta, mi mise addosso una strana malinconia: mi sentivo
proiettata
in un altro mondo, fuori contesto e avvertii la sensazione di non
essere del
tutto completa.
Ma
da un altro punto di vista, ero felicissima.
Ero
felice perché finalmente io ed Emile avevamo avuto una
serata speciale,
dedicata al solo divertimento. Ed ero felicissima che il mio Pel di
Carota
fosse finalmente uscito con la sua band per puro piacere, senza alcuna
motivazione professionale.
Probabilmente
era la prima volta che si concedeva un’uscita simile ed ero
felice che fosse
con i suoi musicisti: dovevano cementare la loro unione, dovevano
essere amici
prima di essere colleghi, se volevano andare avanti!
Disposti
com’eravamo, fu facile riuscire a parlare tra noi: dopo aver
mangiato i panini
super imbottiti che aveva preparato Iulia e aver bevuto le birre
portate da
Luca, la serata proseguì serena, pervasa da
un’atmosfera rilassata e intima che
solo la notte, il fuoco e un po’ d’alcool riescono
a dare. Emile ovviamente non
fu un chiacchierone, ma partecipò ai discorsi senza problemi
e persino Maurizio
interagì, con mia somma gioia. Forse se avessero trascorso
più serate simili,
quei ragazzi sarebbero riusciti a cementare i loro rapporti anche con
il
chitarrista e magari tutti i dubbi sulla sua lealtà al
gruppo, si sarebbero
volatilizzati.
Nonostante
la sensazione d’incompletezza iniziale, quella serata si
rivelò molto piacevole
anche per me e spinta dall’atmosfera tranquilla, provai a
sperare che si
avverasse anche un piccolo desiderio personale:
«Andiamo
a fare il bagno, più tardi?»
«Non
è possibile: non voglio rischiare.»
«Ma
cosa? Temi uno squalo assassino?»
«No
streghetta, temo l’umidità. Se mi espongo troppo,
potrebbe risentirne la voce.
E poi non ho nemmeno il costume…»
«Ma
non devi mica cantare domani e il costume l’ho portato
io.»
«Lo
so, ma non posso nemmeno sapere quanto mi durerebbe un eventuale
abbassamento
di voce, per cui non voglio rischiare.»
«Uff!»
Sconsolata,
mi lasciai andare su di lui: sapevo che non avrebbe acconsentito.
Nonostante
le mie rassicurazioni, prima di accendere il fuoco Emile
continuò a
preoccuparsi per la sua voce e cercò un modo per proteggersi
la gola, finché si
ricordò di aver lasciato in auto la sua kefiah di
salvataggio e andò subito a
prenderla per coprirsi. Sapevo quindi che non avrebbe accettato di
rischiare
fino a quel punto, ma avrei voluto fare un romantico bagno notturno con
lui e
quindi tentai ugualmente la sorte, ben sapendo di avere poche speranze.
L’idea
che avesse bocciato la mia proposta m’innervosì al
momento, ma poi
riflettendoci su, mi dissi che tutto sommato, anche senza fare il bagno
si
stava divinamente bene: eravamo seduti su un telo che ci proteggeva
dalla
sabbia umida, Emile era appoggiato ad uno spuntone roccioso ed io ero
accoccolata tra le sue braccia, dandogli la schiena.
Quell’abbraccio mi
circondava e mi dava calore facendomi sentire amata, protetta e in
comunione
totale con lui, mentre la luce e le fiamme del falò davano a
quella notte
stellata, un’atmosfera serena e accogliente.
Dopo
la mia richiesta, come se fosse stato lui a ricevere un rifiuto, Emile
improvvisamente si ritirò nei suoi pensieri: gli capitava
spesso di chiudersi
in quel modo e sapevo che era parte di quel suo carattere introverso
per cui, pur
non comprendendo questa propensione al mutismo, normalmente non lo
importunavo,
interrompendo quei momenti di comunione con se stesso.
Ma
quella sera non volevo che si estraniasse, non quando si trovava
finalmente in
compagnia.
«A
cosa stai pensando?»
«Guardavo
le stelle: è così immenso il cielo,
così vasto, che ogni volta che l’osservo
non posso evitare di pensare a quanto siamo piccoli, a quanto poco
lasciamo di
noi, rispetto a questa vastità
immensa…» poggiò il mento sulla mia
testa «… eppure,
nonostante questo pensiero sia così poco rassicurante,
osservare il cielo
stellato mi mette calma, mi rasserena. Come se stessi
dialogando con l’universo intero…
strano, eh?»
Gli
feci un cenno affermativo con la testa e alzai gli occhi verso
quell’immensità
scura che ci sovrastava, costellata di punti luce che sin dalla notte
dei
tempi, erano stati un punto di riferimento per gli esseri umani. Forse
Emile
non aveva tutti i torti, forse nel nostro continuo guardare al cielo,
c’era il
richiamo inconscio alla voce del Creato, all’essenza di tutto
ciò che era
l’Universo… era vero che guardando il cielo ci si
sentiva più sereni…
Quante
cose di noi stessi in quanto creature viventi, ancora non
sapevamo… Quando mi
soffermavo a riflettere su certi argomenti, mi rendevo conto che la
nostra
società, così “evoluta” e in
avanguardia in molti campi, stava perdendo di
vista proprio l’essenziale: il suo contatto con il creato, la
ragione per cui
noi esseri umani, come tutti gli esseri viventi, eravamo lì
su quel pianeta in
quell’universo.
Erano
quesiti così immensi, eppure così
universali…
Questo
era il lato positivo del mutismo di Emile: osservando e riflettendo, a
volte si
poneva delle domande che mi portavano
a
considerazioni che non avrei mai avuto altrimenti o che semplicemente,
lasciavo
che rimanessero in un angolo del mio cervello a riposare.
Quelle
considerazioni esistenziali
però, ebbero
fine presto, poiché all’improvviso, il vociare di Francesco
interruppe il corso dei
miei pensieri:
«Allora
Duce, smettila di fare lo scansafatiche e intonaci una
canzone.» aveva una
chitarra in mano, ma sembrava propenso a porgerla ad Emile.
«Mi
fate lavorare anche stanotte? Se
io
canto, tu suoni bello mio!»
«Fil
perché non canti tu?»
La
domanda di Iulia mi aveva colto totalmente di sorpresa: non avrei mai
immaginato che il bassista dei GAUS fosse un cantante!
«Filippo,
tu canti?»
«Beh,
oddio no… cantavo nel coro della
chiesa…»
«Appunto
Fil! E se non ricordo male, hai anche una bella voce, forza
canta!»
«Ma
no, sono fuori esercizio… voglio risparmiare le vostre
orecchie!» Filippo
rise divertito, ma notai il lieve
imbarazzo sul suo viso nell’essere all’improvviso,
al centro dell’attenzione. A
quel punto intervenne Emile:
«Allora
facciamo così: Francesco suona, io
canto e Filippo mi accompagna come seconda voce.»
«Perché
non fate qualche duetto, Duce? Magari guardandovi negli occhi con
amore…
sareste una bella coppia.»
«E
se invece cantassimo tutti insieme? I più bravi copriranno
le stecche dei
peggiori e ci divertiremo tutti, che ve ne pare?» disse
Filippo, togliendosi
dagli impicci ed io accolsi l’idea con gioia:
«Sono
d’accordissimo! Cantiamo tutti insieme!»
«Sì
ma io non suono.» continuò
imperterrito
Francesco, sfidando Emile che, dal canto suo, prese la chitarra
sorridendo malefico,
la qual cosa mi costrinse a spostarmi per dargli modo di poggiarla in
grembo.
Probabilmente,
Francesco prese quel puntiglio perché voleva godersi la
vicinanza della sua
ragazza, dato che appena si liberò della chitarra, Iulia si
appoggiò a lui come
avevo fatto io poco prima con il mio Pel di Carota. Non saprei dire se
quella
presa di posizione indispettì Emile o gli diede fastidio il
fatto che fossimo
stati costretti a separarci, sta di fatto che in risposta al puntiglio
di
Francesco, iniziò ad intonare delle note che fecero morire
dal ridere sia Luca
che Filippo.
Lay beside me
Tell me what they've
done
Speak the words I wanna
hear
To make my demons run
The door is locked now
Conoscevo
quella canzone, era “Unforgiven II”
e
tutto sembrava, tranne divertente… Non riuscivo a
comprendere per quale motivo avessero
reagito in quel modo…
Io
li guardai sorpresa e quando vidi anche Iulia sorridere mentre
Francesco
guardava Emile sconvolto, mi venne spontaneo chiedere il motivo di
quelle
reazioni:
«Ma
cosa succede?»
Fu Filippo ad illuminarmi: «Devi
sapere che Francesco odia con tutto il cuore i Metallica,
per cui ogni volta che partono le note di un loro brano,
fa quella faccia e si rifiuta di ascoltare.»
A
quel punto, compresi in pieno lo sguardo perfido di Emile: si era
vendicato del
capriccio di Francesco ed ora suonava con una luce divertita negli
occhi,
mentre il suo chitarrista diventava blu.
Lay beside me
Under wicked sky
The black of day
Dark of night
We share this paralyze
The door cracks open
«Ok,
ok, ho capito! Dammi quell’arnese!»
allungò la mano per prendere la chitarra,
ma Emile, sadico, si scansò continuando imperterrito a
suonare:
But there's no sun
shining through
Black heart scarring
darker still
But there's no sun
shining through
No, there's no sun
shining through
No, there's no sun
shining
Incapace
di tollerare una nota di più, Francesco si alzò
stizzito:
«Quando
avrete finito con questo strazio, chiamatemi!»
A
quel punto Emile iniziò ad alzare la voce:
What I've felt
What I've known
Turn the pages
Turn the stone
Behind the door
Should I open it for
you?
Yeah
What I've felt
What I've known
Sick and tired
I stand alone
Tutti
se la ridevano, persino Iulia ridacchiava, richiamando senza successo
il suo
ragazzo e ben presto mi unii a loro ridendo di gusto, per poi seguire
il nostro
cantante, in un coretto allegro e scanzonato.
Quando
il mio Pel di Carota terminò di suonare quel pezzo e
intonò un’altra canzone,
Iulia si alzò per riportare all’ovile Francesco,
Luca si accese una sigaretta e
iniziò a battere le mani sulle gambe a tempo di musica,
mentre Maurizio restò
chiuso nel suo solito mutismo e Filippo canticchiò
sommessamente. Io mi godetti
la voce di Emile che in quel frangente, accompagnata solo dalla
chitarra, risultava
più calda e mi faceva vibrare le corde dell’anima
con quel tono così graffiante
che avevo sempre amato.
Quando
Francesco tornò tra di noi, sembrò avere ancora
un’espressione risentita e si
accomodò accanto al fratello: si guardarono per la frazione
di un secondo,
sorrisero di un divertimento tutto personale e in seguito il primo
accompagnò
Filippo, alzando la voce, in modo che lo facesse anche suo fratello.
Non so se Francesco
fece quel gesto per dare sicurezza al gemello, che sembrava vergognarsi
del suo
timbro vocale, o solo per partecipare attivamente al coretto, ma
quell’occhiata
che si scambiarono mi trasmise calore e fui felice di aver visto un
accenno del
loro legame, quella sera.
Ero
sensibile ai legami familiari, non avendo un buon rapporto con i miei
genitori
e ancor più rispetto al rapporto tra due fratelli/sorelle.
Mi piaceva trovare
negli altri ciò che io non avevo avuto: anche se mi rendeva
malinconica, era
bello vedere come due fratelli potessero essere davvero uniti.
Iulia
si accomodò accanto a Francesco, ma mentre i due gemelli
canticchiavano, la
vidi rivolgersi a Luca che, finita la sua sigaretta, era rimasto a
battere il
tempo sulle sue gambe. Anche loro due sembravano avere una buona
familiarità,
ma non mi stupii dato che erano amici da tempo. L’unico che
interagiva poco tra
noi era Maurizio, così quando alla fine della seconda
canzone, Francesco disse
che avrebbe scelto lui la successiva, scatenando un dibattito, ne
approfittai
per avvicinarmi al silenzioso chitarrista:
«Non
ti stai divertendo?»
Mi
accomodai accanto a lui e sembrò quasi intimidito dalla mia
vicinanza,
allontanandosi da me, seppur impercettibilmente: mi rivolse uno sguardo
quasi
spaventato, ma ciò che mi meravigliò fu che per
la prima volta riuscii a vedere
l’espressione dei suoi occhi.
Maurizio
tendeva a coprirsi il viso con acconciature tipicamente Emo: una
frangia
scomposta era perennemente chinata sulla sua fronte e spesso gli
copriva gli
occhi. A volte era stirata su un lato del viso, altre volte invece era
più gonfia
e calata su tutta la larghezza della fronte. Quella sera, grazie alla
luce
diretta del falò, riuscii a vedere oltre le ombre di quei
capelli, che sembrava
portare come una maschera che celasse il suo animo al resto del mondo.
Dopo
l’iniziale stupore, tornò a guardare davanti a
sé, prima di rispondermi:
«Sì,
è una bella serata.»
«E
perché non canti anche tu? È più bella
l’atmosfera se cantiamo tutti insieme.»
«Non
sono bravo a cantare…» parlava quasi per
monosillabi: mi ricordò terribilmente
Emile quando lo conobbi. Il mio Pel di Carota aveva le sue ragioni per
essere
diffidente verso gli altri, ma Maurizio perché lo faceva?
Possibile che anche
nel suo caso si celasse qualche trauma personale, dietro la sua
chiusura?
«Nemmeno
io sono brava, ma tanto quando si canta insieme non si
sente!» gli sorrisi
conciliante… e lo vidi accennare un sorriso:
«Si
sente, si sente… la nota stonata si sente sempre.»
il suo tono sembrò amaro…
che si riferisse a se stesso con l’aggettivo “nota
stonata”?
«Un
bravo musicista sa coprire la nota stonata… e poi anche lei
ha il diritto di
esistere!» incrociai le braccia al petto e lo guardai,
calcando l’assoluta
convinzione della mia teoria. Maurizio tornò a guardarmi con
una luce perplessa
nello sguardo, prima di rivolgersi di nuovo al fuoco:
«Sì…
forse hai ragione.»
«Certo
che…»
«Pasiiii!»
Iulia interruppe il mio discorso, prendendomi per un braccio.
«Dai vieni con
me, fammi compagnia.»
Mi
alzai, trascinata dalle sue mani.
«Ma
dove andiamo?»
«Qui
sulla spiaggia, facciamo una passeggiata.»
*****
Quella
era una serata davvero magnifica: il mare era tranquillo e si sentiva
solo il
rumore dello sciabordio a riva, la luna illuminava il cielo di quella
luce
fredda e ovattata dall’umidità, sembrando quasi
una presenza evanescente e
intorno a noi la serata era relativamente silenziosa, visto che
distavamo
qualche metro dalla strada e dai rumori del traffico. Era una notte da
sogno e
trascorrerla in compagnia, fu la scelta migliore in assoluto.
Soddisfatte
di come avevamo organizzato la serata e del suo esito, io e Iulia
iniziammo a
gioire della nostra perfetta collaborazione e facemmo il punto delle
situazioni
più soddisfacenti della serata, ridendo di tutti i momenti
sereni che avevamo
vissuto e della riuscita interazione di Emile con i suoi musicisti. A
quel
proposito, mi venne in mente la scena tra Iulia e Luca e la
curiosità mi
assalì:
«Tu
e Luca siete molto amici?»
«Io
e Luca? Uhm… a dir la verità, non lo so nemmeno
se siamo amici o semplici
conoscenti… perché?»
«Curiosità…
è bello vedere che hai legato con gli amici del tuo
ragazzo… forse perché
vorrei tanto che Emile facesse
lo stesso
con i miei…»
«Ah,
capisco… beh, devi mettere in conto che le due situazioni
sono diverse, io non
ho il carattere di Emile e soprattutto, conosco Luca praticamente da
sempre.»
«E
allora come fai a dire che siete solo conoscenti?»
«Perché
in un modo o in un altro, me lo sono sempre ritrovato
accanto.»
Feci
la faccia più confusa che avevo… questa
descrizione non collimava con il mio
concetto di “conoscente”…
Iulia
rise e poi continuò.
«Che
faccia hai fatto Pasi! Ma hai ragione, non ti ho
detto tutto: Luca era un mio compagno di
classe alle medie e poi il caso ha voluto che diventasse anche il
ragazzo di
mia sorella.»
«Davvero?!»
«Sì!
Tutti credevano che Flavia avrebbe finito col fare coppia con Fil, sai
era
carino vedere due sorelle con due fratelli… ma a quanto
sembra quei due non
sono minimamente interessati l’uno
all’altra.»
«Allora
non può essere un conoscente, Luca in pratica è
come un fratello per te!»
ripensai a Testa di Paglia e al pensiero che
se fosse riuscito a diventare il ragazzo di Simona, ne sarei stata
davvero
felice, perché avrei avuto un ulteriore conferma che
Stè era parte della mia
famiglia…
«Beh,
no… non è che ci conosciamo poi così
tanto: a scuola non parlavamo molto, io
avevo il mio gruppetto mentre lui se ne stava con il suo e lui e Flavia
ormai si
sono lasciati, quindi è solo un amico… Un fidato
e caro amico, di Franz e Fil.»
mi sorrise conciliante.
«Ah,
capito… beh non è detto che non diventiate amici
anche voi!»
Le
sorrisi speranzosa e d’improvviso, mi venne in mente un altro
dettaglio:
«Ma
anche tu e tua sorella siete gemelle?»
«No,
Flavia è più piccola di me di un anno, ma ci
somigliamo molto, almeno
esteticamente.»
«Proprio
come…» stavo per aggiungere “me e Simona”
a quella
frase, quando mi bloccai di
colpo.
«Come
chi, Pasi?» Iulia mi guardava dubbiosa, in attesa di
risposta: in fondo non
aveva senso nasconderle di mia sorella, avrebbe accresciuto
maggiormente in me
il dolore per averla persa e inoltre non era qualcosa di cui
vergognarsi…
«Proprio
come me e mia sorella: eravamo molto simili esteticamente, ma non
potevano esserci
due persone più diverse.»
«Eravate?»
«Sì…
Simona è morta sette mesi fa…»
Il
viso di Iulia, da curioso si fece d’improvviso pallido e
un’espressione di
assoluto dispiacere le si dipinse sul volto:
«Oh,
mio Dio Pasi, io non ne avevo idea! Davvero scusami, ti ho riempito la
testa di
storie tra me e mia sorella e non ho fatto altro che farti star male!
Scusami
davvero!» mi
prese la mani tra le sue,
guardandomi con un volto in cui campeggiava un senso di colpa che non
sopportavo.
«No
Iulia, non preoccuparti, puoi parlarne quanto vuoi.
Evitare l’argomento non mi farà
riavere mia
sorella indietro e ormai me ne sono fatta una ragione, stai
tranquilla.» le
sorrisi, ma non potevo scommettere su quanto fosse realmente aperto,
perché
nonostante le parole che le avevo rivolto, pensare a Simona mi causava
ancora
troppo dolore per poterne parlare alla leggera. Iulia
continuò ad osservarmi
col viso costernato e senza dire altre parole, si avvicinò a
me e mi strinse in
un abbraccio:
«Vorrei
poterti aiutare in qualche modo… non oso nemmeno immaginare
il dolore che ti
stai portando dentro… se io perdessi mia sorella, mi
sentirei persa!»
«Beh
in verità, il nostro rapporto non era molto
profondo… io non capivo lei e lei
non capiva me… ma avrei voluto tanto riuscire a
farlo… avrei tanto voluto esserle
più vicina.»
Nel
parlare di Simona, mi sfuggì una lacrima e la mia voce
s’incrinò: Iulia
commossa, mi strinse più forte a sé.
«Pasi
se vuoi parlarmene, starò zitta e muta ad ascoltarti
finché vorrai sfogarti…
Tendo a chiacchierare troppo, ma sono anche capace di
ascoltare.» mi guardò
seriamente, cercando di mostrare la sua buona fede.
«Lo
so… e ti ringrazio davvero tanto…»
portai una mano al viso per asciugarmi quella
singola lacrima traditrice, «… però non
frenarti nel parlarmi di tua sorella, a
me fa piacere sentire le tue storie e non voglio che tu non ti senta
libera di
essere te stessa… ok?» Toccò a me
guardarla con espressione decisa.
«Ok…»
mi rivolse ancora il suo sguardo preoccupato, finché, come
dopo essere stata
colta da un’improvvisa consapevolezza esclamò:
«Oh,
mio Dio: quindi tu hai perso tua sorella ed Emile la madre, nel giro di
pochi
mesi?»
«Sì,
in effetti è così… bella coppia,
eh?»
sorrisi ironica.
«Cielo
che storia! Però sono sicura che questo vi ha avvicinato
davvero tanto, è nel
dolore che spesso si formano i legami più forti.» Oppure
se ne spezzano altri, pensai, riandando con la mente al
rapporto dei miei
genitori, che avevo visto più freddo e distante.
«Sì,
è probabile… in effetti, abbiamo trascorso
insieme più momenti critici che
sereni!»
«Allora
dovete rimediare! Dovete assolutamente riempire la vostra unione di
momenti
felici, per scacciare la tristezza dai vostri cuori!»
«È
quello che cerco di fare… GAUS permettendo!»
dissi, con una nota più amara di
quanto avessi voluto, nella voce.
«Lo
so che è difficile Pasi… ma sono sicura che una
volta terminata la promozione
di quest’album, ci sarà più spazio
anche per noi, nelle loro vite.»
«Lo
spero… ma d’altronde, sapevo a cosa andavo
incontro stando con Emile… e anche
se per me è difficile, mi farò forza e mi
abituerò a doverlo dividere con la
musica. Senza di lei sarebbe incompleto, è una parte
imprescindibile del suo
essere e se dovesse privarsene, sarebbe solo una persona a
metà, che non
avrebbe molto da offrire né a se stesso, né a
me.»
«WOW!
Pasina sei davvero saggia!»
Stavolta
toccò a me ridere, guardando l’espressione
sorpresa di Iulia: «Non ho detto
nulla che tu non pensi già.»
«È
vero… ma in qualche modo sentirlo dire, fa un altro
effetto… è bello rendersi
conto che abbiamo la stessa visione della cosa!»
Iulia
mi abbracciò felice: più la conoscevo,
maggiormente mi rendevo conto di quanto
dovesse essersi sentita sola all’interno di quel ristretto
gruppo di supporto
dei GAUS, di cui lei era sempre stata unico membro.
Con
tutta certezza, a lungo andare ci saremmo conosciute ugualmente, ma in
quel frangente,
ringraziai il Destino che mi aveva messo in quel fast food, che mi
aveva
accompagnato con Serena (per quanto insopportabile fosse) e che una
sera come
un’altra, aveva fatto sì che Iulia fosse in quel
luogo, inconsciamente pronta
per incontrarmi.
*****
Come
tutte le cose della vita, anche quella serata meravigliosa
terminò, non prima
di averci visto ancora intorno al falò, a chiacchierare.
Quando l’umidità
iniziò a farsi pressante e la legna fu sul punto di
terminare, decidemmo di
andarcene. Lungo il tragitto, ci fermammo a prendere una
crêpe alla Nutella e
prima di arrivare alle nostre rispettive abitazioni, ci salutammo nello
stesso
punto in cui ci eravamo incontrati all’andata.
Quella
notte rimasi a dormire da Emile, concludendo alla perfezione una serata
già
meravigliosa.
Prima
di addormentarci però, iniziai ad arrovellarmi con alcune
domande.
«Emile…»
«Mmm…?»
Nonostante
avessi guidato io anche al ritorno, il più stanco tra i due
era il mio Pel di
Carota, che sembrava già mano nella mano di Morfeo.
«Pensi
davvero che Maurizio vi tradirà?»
Come
se avessi sganciato una bomba, lo vidi aprire immediatamente gli occhi
prima di
guardarmi:
«Come
ti vengono alla mente queste cose, a quest’ora?»
«Non
so… beh no, lo so… stavo ripensando a questa
serata e mi è venuto in mente che
quando ci ho parlato, Maurizio mi ha dato l’impressione di
avere qualcosa da
nascondere, ma non ho visto cattiveria nel suo sguardo… mi
ha ricordato te.»
«Me?»
«Sì…
ha quello stesso modo di fare diffidente che hai anche
tu…»
«Avrà
la coda di paglia.»
«Ma
per cosa, scusa?»
«Perché
è amico di Claudio.»
«Ma
non gli si può fare una colpa per le sue amicizie!»
«Lo
so, infatti non l’abbiamo buttato fuori dal
gruppo…» Emile
sbadigliò «… ma evidentemente lui si
sente colpevole lo stesso… E di certo non poteva comportarsi
serenamente nei
tuoi confronti, dato il modo in cui il nostro ex
batterista si è comportato con te.»
«Hai
ragione, a questo non avevo pensato… Ma quindi pensi che in
rispetto a Claudio,
manterrà sempre un certo distacco verso di voi?»
«Non
lo so Pasi e comunque a quest’ora non riesco a pensare
granché… di certo anche
se dovesse tradirci, non potrà far nulla per metterci i
bastoni tra le ruote: l’album
è registrato, il contratto è firmato, non
può ricattarci in alcun modo e
seppure decidesse di sparire da un momento all’altro, posso
sostituirlo senza
battere ciglio.»
Mi
strinsi a lui ripensando a quelle parole: Maurizio non mi era sembrato
un
cattivo ragazzo e sperai che le cose tra lui e la band si potessero
risolvere
in futuro senza dover arrivare a un’altra separazione.
Prima
che il mio Pel di Carota ritornasse ad abbracciare Morfeo, decisi di
torturarlo
un’ultima volta: il completo successo di quella serata,
sarebbe dipeso dalle
risposte che mi avrebbe dato.
«Emile…»
«Mmm…?»
«Come
hai fatto a vivere senza amici?»
A
questa domanda, si girò su un lato, costringendomi ad
allentare la presa su di
lui. Si puntellò la testa con un braccio, mi
mostrò un sorriso ironico e mi
rispose:
«Stanotte
sei in vena di domande esistenziali?»
«Giuro
che non apro più bocca, dopo.» portai le dita
sulla bocca in un gesto infantile
che non facevo da quando ero alle elementari, Emile sorrise abbassando
sconfortato la testa e dopo un sospiro mi rispose.
«Non
ne sentivo il bisogno.»
«Ma
non è possibile! Tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci
comprenda, qualcuno
con cui condividere ciò che amiamo o ciò che
facciamo!»
A
quel punto lo imitai prendendo la sua stessa posizione: ora eravamo
perfettamente uno di fronte all’altra, potevo guardarlo
direttamente negli
occhi, mentre mi rispondeva.
«Ho
sempre avuto la musica per questo. Se c’era lei, non mi
sentivo solo. E
soprattutto, la musica non è ipocrita, come gli esseri
umani.»
«Ma
non sono tutti ipocriti!»
«Quelli
che ho conosciuto io, sì.»
«Uhm…
ok, allora diciamo che sei stato sfortunato… ma i ragazzi
della band non sono
ipocriti, stasera ti sei divertito, vero?» qualche altra
domandina precisa come
quella e il quesito sarebbe stato risolto…
«Sì,
è stata una bella serata.»
«E
non è bello condividere qualcosa con gli altri esseri
umani?»
«Certo
che lo è, ma per le relazioni bisogna essere portati. Io non
sono socievole
come te, non so stare in compagnia, non mi sento a mio agio. Stasera
è andata
bene perché si trattava dei ragazzi, che conosco da tempo,
ma con un altro tipo
di compagnia non garantisco che mi sarei divertito allo stesso
modo.»
Probabilmente
stava alludendo al mio gruppo di amici e la cosa per un attimo mi
rattristò, ma
lo scopo della serata sembrava pienamente raggiunto, per cui mi
focalizzai su
quel pensiero appagante senza dare spazio a riflessioni cupe... anche
perché
Morfeo stava richiamando anche me e non avevo la forza di pensare
ancora a
lungo!
«Quindi
in compagnia del tuo gruppo ti senti bene, a tuo agio, vero?»
«Sì,
perché li conosco da tempo.»
«Quindi
usciresti di nuovo con loro?»
«Pasi,
dove vuoi andare a parare con questo interrogatorio?»
Lo
guardai soddisfatta: «Non credi che una band di musicisti che
siano anche
amici, sia molto più solida e attraente?»
Sul
viso di Emile, fece capolino un sorriso di comprensione.
«Sei
proprio una strega.»
*****
«Stèèèèè!»
Quella
settimana d’isolamento dai miei amici, giunse alla sua fine e
il giorno stesso
in cui tornarono dalla loro vacanza, mi precipitai a salutare il mio
migliore
amico. C’incontrammo davanti ad un bar, per prendere qualcosa
di fresco e
chiacchierare un po’, ma quando lo vidi arrivare, incurante
della folla, gli
corsi incontro e gli saltai letteralmente al collo, abbracciandolo.
«Quanto
mi sei mancato, Testa di Paglia!»
«Anche
tu mi sei mancata, Pasi!»
Era
stato difficile vivere quella settimana senza i miei amici, la famiglia
che
avevo scelto per me, ma più di tutti mi era mancato lui, i
suoi sorrisi, i suoi
abbracci e quell’animo solare che sapeva risollevarmi anche
solo respirando la
stessa aria.
Durante
quella settimana di vacanza, il mio migliore amico aveva provveduto a
chiamarmi
quasi ogni giorno, per raccontarmi l’andamento delle vacanze.
Mi aveva
raccontato di quanto fosse grande la casa dei genitori di Rita, del
bosco
circostante, del paesino tranquillo a pochi chilometri di distanza e di
come
avesse incontrato tante persone simpatiche. Mi raccontò
della prima escursione
per i boschi con Sofi, quella più lunga e bella fatta
insieme a Rita e quella
finale fatta con tutto il gruppo riunito, all’arrivo di Fede.
E
non si lesinò dal raccontarmi, seppur per sommi capi, come
procedeva il
rapporto tra Sofi e Lucien, raccontandomi del giorno in cui il cugino
di Emile
era stato accanto alla nostra amica, perdendosi l’escursione
per prendersi cura
di lei, della volta in cui era stato capace di farla giocare ad un
videogame e
di quell’ultima escursione, in cui Sofi sembrava aver trovato
una luce nuova in
se stessa, quando una caduta rovinosa di Lucien l’aveva fatta
ridere di gusto.
Ero contenta che quei due si stessero avvicinando: Sofi aveva i suoi
ritmi ed
io intromettendomi, avevo solo creato confusione, forzando qualcosa che
era
destinato a formarsi lentamente.
Non
credevo che in quella cronaca giornaliera, Stè avesse
tralasciato qualcosa, per
cui mi sorpresi quando rivedendoci, tornò
sull’argomento.
«C’è
una cosa che non ti ho detto, Testarossa.» Ci eravamo
accomodati sulla solita
panchina del parco, con la nostra bibita fresca in mano.
«Spara
allora, che aspetti?» Il suo viso si fece grave e malinconico
ed iniziai a
preoccuparmi: cosa diavolo era accaduto?
«Durante
questa settimana sono stato davvero bene: l’aria era pura e
c’era una
temperatura fresca che risollevava l’animo… ho
pensato a quanto stessi patendo
tu qui e mi è dispiaciuto per te!» mi fece un
sorriso un po’ malinconico e
proseguì «Ma a metà della vacanza,
c’è stata una giornata in cui ha piovuto a
dirotto tutto il tempo: ero annoiato perché non potevo fare
alcunché
all’esterno e dovevo restare chiuso in casa, anche se poi
Rita mi ha dato
qualcosa da fare…» fece una piccola pausa, prima
di continuare, come a darsi
coraggio: «Il giorno dopo, il cielo è rimasto
grigio e cupo e quando mi sono
svegliato, mi sono abbattuto nel rivedere quel cielo
ombroso… e mi è venuta in
mente lei…»
Mi
si strinse il cuore in un morsa di ferro: Stè era forte e
portato al sorriso,
ma sapevo che dentro di sé, il suo cuore era ancora ridotto
ad uno straccio. E
compresi perché non me ne aveva parlato per telefono: quello
era un dolore troppo
grande e troppo intimo, dovevamo condividerlo di persona, donandoci il
sostegno
reciproco, come avevamo sempre fatto.
L’abbracciai
senza aprire bocca e lui continuò il suo racconto:
«Non
so perché mi sia venuta in mente quella mattina: il giorno
prima, tutta quella
pioggia mi aveva dato fastidio perché volevo uscire, ma la
cosa è finita lì.
Quella mattina invece, ho iniziato a pensare che con la presenza di
Simona,
quel luogo sarebbe stato bellissimo anche con un cielo così
triste e pesante. Nel
pomeriggio ho fatto una passeggiata nel bosco per cercare sollievo, mi
mancava
l’aria in casa e ho sperato che una passeggiata nei boschi mi
avrebbe fatto
bene…» lo sguardo di Stè si fece
distante, «… ho trovato una roccia e mi ci
sono seduto su ma è stato peggio: ho guardato il paesaggio e
ho sentito una
fitta nel petto, perché avrei voluto averla accanto a me in
quel momento. Ma a
differenza di tutte le altre volte in cui ci fantasticavo su, dicendomi
che
prima o poi ce l’avrei fatta, stavolta sapevo che non avrei
più avuto occasioni
per provare a dirle ciò che sentivo…»
mi strinsi più forte a lui «E sai la cosa
più penosa qual è stata? Rendermi conto che mi
sarebbe bastato anche solo
vederla in lontananza, anche ammirarla da lontano, pur di sapere che
fosse ancora
viva.»
Testa
di Paglia serrò le sue braccia intorno a me, ma tra i due a
commuovermi fui io,
travolta dal mio dolore e dal suo e dal senso di colpa per non essergli
stata
accanto in quel momento.
«Stè
mi dispiace così tanto… se fossi stata
lì, avresti potuto sfogarti con me…
invece ti sei tenuto tutto dentro…»
Inspiegabilmente, sentii il mio amico
sorridere…
«Non
preoccuparti per questo, hai avuto una degna sostituta.»
«Rita.»
La
nostra amica–mamma era la persona più adatta a cui
confidare certi stati d’animo,
aveva sempre una parola confortante per tutti. Non dubitai che fosse
stata una
mia degna sostituta, se non persino più brava di me nel
dargli conforto. Anche
se l’idea di essere stata sostituita, non mi stava risultando
gradevole…
«No
Testarossa, non si tratta di Rita… sto parlando di
Sofia.»
«EHHHH?!»
Mi
staccai sorpresa da quell’abbraccio: Sofia che consolava
Stefano, era una scena
da universo parallelo! Cosa diavolo le era accaduto? E cosa diavolo era
successo tra loro due, per avvicinarsi così?
«Esatto:
la nostra piccola Nonna Sofia ha avuto la mia stessa idea e
passeggiando per il
bosco, si è imbattuta in me e le mie lacrime.»
Il
mio sguardo doveva essere allucinato, ma ero soprattutto curiosa di
sapere come
si fosse svolto quell’evento che aveva
dell’incredibile.
«Si
è avvicinata a me e mi ha incitato a parlare, mi ha
ascoltato e poi mi ha
stretto la mano.»
«W-O-W!»
Quel
gesto, fatto da qualcun altro sarebbe stato un normale segno di
empatia, ma
conoscendo Sofi e quanto fosse difficile per lei esternare
ciò che sentiva, si
trattava di un grande passo in avanti!
Sull’onda
di quei pensieri ebbi anche la risposta alla mia domanda: Sofi e
Stè erano
accomunati da un sentimento inespresso, da un amore che non avevano
rivelato e
sicuramente la nostra amica, non doveva aver avuto
difficoltà ad immedesimarsi
nel dolore di Stefano.
«Sono
davvero senza parole… Che cambiamento!»
«Già…
Sofi sta screscendo… chi l’avrebbe mai detto che
ti avrebbe sostituito!»
«Sì,
ma non facciamone un’abitudine, eh!? Sono io il tuo padre
confessore!» cercai
di mantenere un tono ironico, ma dentro di me sentii una forte gelosia,
al
pensiero che Stè avesse trovato una nuova confidente. Sapevo
di essere una
persona possessiva e in quel momento compresi che avrei sempre lottato
per
difendere il mio legame con il mio migliore amico e con tutte le
persone che
amavo.
Stè
mi sorrise e tornò ad abbracciarmi: «Non
preoccuparti Testarossa, lo sai che la
mia preferita sei tu.»
Come
una bambina capricciosa che è stata appena accontentata,
sorrisi soddisfatta e
m’immersi nuovamente tra le braccia del mio amico, godendomi
quel momento di
calore umano che tanto mi era mancato.
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NDA
Posso dirvi che sono
quasi emozionata? Eh, posso? Vabbè, ve l'ho detto.
È trascorso talmente tanto tempo da quando ho pubblicato il
capitolo precedente, che stavo dimenticando persino cosa si prova ad
aggiornare questa storia.
In questi mesi non sono stata del tutto ferma: nonostante la mia Musa
sia stata bastardissima e molto capricciosa, ho ugualmente continuato a
scrivere e tra qualche one-shot da contest e un paio di capitoli
sofferti di Love Sucks, ho messo su anche questo che doveva essere
l'ultimo di Rosso come il Destino. Ma alla fine, i sei mesi trascorsi
dall'ultimo aggiornamento, si sono fatti sentire anche qui,
perché questo capitolo 32, è arrivato ad essere
lungo esattamente 32 pagine, per cui ho deciso di dividerlo.
Quindi, posso dirvi in via ufficiale che avete appena finito di leggere
il penultimo capitolo. Non credo di allungarmi ancora, come ho
già fatto ripetute volte, quando ho annunciato il termine e
poi ho continuato a scrivere, perché il prossimo capitolo
è praticamente completo, devo solo limare alcune
imperfezioni e al massimo, aggiungere dettagli. Ma non credo che possa
allungarsi al punto da essere diviso ulteriormente, anche se posso
dirvi sin da adesso, che sarà un capitolo bello lungo, anche
più di questo. Per cui, se preferite una lettura
più breve divisa in due parti, fatemelo sapere e
agirò di conseguenza, altrimenti preparatevi ad una lunga
lettura (almeno mi faccio perdonare questo ritardo ignominioso!)
:D
Ovviamente, spero che ciò che abbiate letto, vi sia piaciuto e che nonostante l'estremo ritardo di pubblicazione, siate ancora legate a questa storia e non vi siate stancate di attendere. Per me è molto importante, perché è il mio primo figlio e sarò sempre legata ai miei bambini per cui sarei davvero felicissima, se anche voi che l'avete letta, foste legati ad Emile e Pasi e a tutti gli altri personaggi. Spero di non deludervi sul finale e spero che una volta terminata, questa storia rimanga in qualche modo, con voi. Di me, ovviamente, sarà sempre parte, una parte davvero importante e profonda.
Il prossimo (e *sigh* ultimo) capitolo, sicuramente non tarderà come questo, conto di pubblicarlo nel giro di un paio di settimane al massimo.E giusto perché sono un grande bradipo e perché tutto ciò che faccio è sempre un po' sofferto, arrivo solo al penultimo capitolo, con le immagini dei miei bambini. Ho impiegato due vite per trovare i visi perfetti per tutti loro e purtroppo, in alcuni casi (per non dire in quasi tutti) ho dovuto armeggiare di Photoshop per rendere l'aspetto giusto (viso, capelli, occhi etc etc) con risultati non sempre eccelsi. La foto che ritrare Francesco e Filippo è abbastanza orrida e conto di cambiarla o di migliorarla, ma almeno, potete farvi un'idea dei volti di quei due. So che sicuramente, arrivati a questo punto, avrete tutte un'immagine precisa di loro, ma almeno, sapete come li vedo io :D
Questo è l'album in cui potete vedere tutti i volti dei miei bambini:
Rosso come il Destino per immagini - Album Fotografico
Per ora è scarno, ma conto di riempirlo con
altre immagini che rammentino alcuni momenti della storia, oltre a
mostrare i volti di tutti i personaggi.
Hope you Like it ^_^
Ah, stavo per dimenticare: se volete sentire, Unforgiven II, la canzone che Emile canta sulla spiaggia (per la gioia di Francesco xD), è qui sotto, sia in versione originale che acustica (più simile a come l'ha cantata Emile):
*Disclaimer*
A me questa song piace e non ho nulla contro i Metallica,
sia chiaro, mi dissocio dalla mia creatura! :P
Buon ascolto ^_^
Angolo dei Ringraziamenti
Un grazie di proporzioni cubitali, ve lo meritate esclusivamente per la pazienza che avete avuto, nell'attendere quest'aggiornamento. Odio far aspettare, ma purtroppo, la mia Ispirazione è stata davvero pessima, se non inesistente per mesi.
I grazie più
sentiti, vanno come sempre alla mia beta/tomodachi Fiorella Runco,
madrina ufficiale di questa storia, che per prima mi ha invogliata a
pubblicarla e che ogni volta che legge un capitolo, mi fa sentire come
se avessi scritto un capolavoro <3
Un milione di grazie alle mie sorelline speciali, che hanno letto
questa storia sin dall'inizio: Niky, Vale, Concy, Saretta: con le vostre recensioni e
l'affetto che avete dimostrato a questo racconto, senza contare la
partecipazione emotiva, avrei perso una delle maggiori spinte a
continuare. Un grazie infinito non ve lo leva proprio nessuno!
Così come un grazie immenso va alla mia Cicci, che ha
letto una serie interminabile di capitoli in pochi giorni, rimettendosi
in pari con gli aggiornamenti e scoprendo una certa affinità
con Emile, che è ormai il suo gemellino (e come
potrei non adorarti per questo, moglie?
<3<3<3).
Un grazie immenso va Dreamer_on_earth
e a ThePoisonofPrimula/hitori_janai,
che si sono legate ad Emile e Pasi in modo splendido: ogni vostra
recensione, mi ha fatto sentire speciale, ogni vostra dimostrazione
d'affetto verso i miei bambini, mi ha riempito di gioia. Grazie,
grazie, grazie, davvero! <3<3
Un grazie grandissimo va a KiraYashal,
la mia adorata admin, perché si è appassionata
dal primo capitolo e ha a cuore questa storia al pari di chi l'ha
seguita dalla sua nascita. Grazie davvero tantissimo, per il tuo
affetto e la partecipazione!
E un grandissimo grazie, va a Sheylen, la
mia omonima, che sta leggendo questa storia, lasciando puntualmente una
recensione ad ogni capitolo, nonostante i numerosi impegni la
tengano lontana dal sito spesso e volentieri. Grazie davvero
tantissimo. <3
E grazie tanto ma davvero tanto ad Ana-chan ed Ely,
perché anche se si sono fermate nella lettura, so che hanno
apprezzato questa storia e che continuano a sostenermi. Grazie
sorelline, davvero tanto tanto ma proprio tanto!
Un grandisimo e immenso grazie va anche ad Airis, una
delle mie bloodysisters, che nel giro di tre giorni, ha letto questa
storia tutta d'un fiato, facendomi sentire davvero molto, ma molto, ma
molto contenta e soddisfatta. Non sai che gioia mi hai dato sister,
grazie davvero tantissimo!!!!!
E ovviamente, grazie tantissimo
a tutte voi che leggete in silenzio, che avete avuto la pazienza di
attendere che aggiornassi, senza abbandonare questa storia e che mi
fate sentire in grado di scrivere qualcosa che possa
appassionare. (me lo lasciate un ricordo al
prossimo capitolo? *me fa gli occhi dolci*)
Grazie davvero a tutte voi, dalla prima all'ultima!!
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Grazie grazie e sempre più grazie!!
ARIGATOU GOZAIMASU!!!!!!