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Autore: Deilantha    03/10/2012    5 recensioni
Pasi è una diciannovenne impulsiva e socievole, dal futuro incerto ma dal buon cuore, che vive una situazione di conflitto in famiglia, sentendosi sempre la pecora nera rispetto ad una sorella apparentemente perfetta. Provando un vuoto affettivo tra le mura domestiche, Pasi si circonda di amici, che reputa la sua vera unità familiare.
Emile è il suo esatto opposto: non è un tipo socievole e vive esclusivamente per la musica, sul cui argomento è terribilmente arrogante. Ma il suo modo di essere così rigido e poco aperto agli altri, nasconde un dolore che il ragazzo si porta dietro dall’infanzia, dovuto ad una madre caduta vittima della depressione quando lui era ancora in fasce.
Emile e Pasi si scontreranno la prima volta che si vedranno, ma le loro vite sono destinate ad incrociarsi e farli crescere nella reciproca conoscenza.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Filrouge'
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Capitolo 32







 

«Pronto?»

«Pasi sono Iulia.»

«Ciao! Come stai Iulia? Che bello sentirti!»

Erano trascorsi due giorni dall’inizio di quella settimana in cui i miei amici più cari, sarebbero stati lontani da me per le vacanze. Si trattava di poco tempo, eppure sentivo già tremendamente la loro mancanza: era difficile che non vedessi almeno uno di loro nell’arco della giornata e trascorrere quarantotto ore senza aver parlato almeno con Rita oppure con Stè, iniziava a mandarmi nel panico. Sapevo quanto fossero importanti per me, ma me ne resi conto maggiormente in quei giorni, in cui non erano disponibili… Persino Sofi mi mancava tantissimo! L’unico ancora nei paraggi era Fede, ma era immerso nel lavoro e nello studio e anche al centro ultimamente non si faceva vedere… La telefonata di Iulia fu quindi come una fonte d’acqua nel deserto, mi risollevò e mi diede l’opportunità di parlare con una persona amica.

«Sto bene grazie!»

«Ma questo non è il tuo numero, vero?»

«No questo è il numero di mia sorella, le sto scroccando una telefonata perché non ho un centesimo nella mia scheda.»

«Ah, capito.»

«Devono servire pure a qualcosa le sorelle, non credi?»

A quell’affermazione sorrisi malinconica: anche io in alcune occasioni, avevo tentato maldestramente di “prendere in prestito” il cellulare di Simona quando ero a corto di credito, ma mia sorella era sempre stata attenta a riporre il suo telefono lontano da occhi (e mani) indiscreti, col risultato che mai una volta ero riuscita ad usarlo e puntualmente reagivo pensando a quanto Simo fosse fastidiosa ed inutile…

«Pasi, ci sei ancora?»

«Sì, sì, eccomi.»

«È tutto ok? Ho detto qualcosa che non va?»

Iulia non sapeva di mia sorella e non aveva la minima idea di quanto la sua battuta mi avesse procurato una fitta al cuore, ma del resto come avrebbe potuto? Non era certo un argomento di cui parlavo facilmente e non volevo nemmeno intristire le persone con un discorso del genere, per cui anche in quell’occasione evitai di tirarlo in ballo e tergiversai.

«No, no, vai tranquilla è tutto ok, davvero.»

«Uhm… ok… ma se per caso avessi bisogno di parlare, conta su di me.»

«Ok, grazie.»

«…»

«Iulia…»

«Sì?»

«Per quale motivo mi hai chiamato?»

«Ah sì, che stupida! Stavolta ero io in sovrappensiero, sono proprio da ricovero!» la sentii ridere allegramente e sorrisi di quel suo modo d’essere così semplice e gioviale, che mi ricordava molto Testa di Paglia.

«Allora, in pratica ieri parlavo con Franz e mi ha detto che hai conosciuto anche tu Luca.»

«Sì, è vero.»

«Bene, dato che in pratica ora ci conosciamo tutti, che ne pensi se uscissimo insieme, una sera?»

«Tutti… cioè tutta la band, più me e te?»

«Esatto! Io, Franz e Fil conosciamo bene Luca e visto che per noi sarebbe una normale uscita tra amici, ho pensato d’includere anche te ed Emile.»

«E… Maurizio?»

«Sì, se vorrà unirsi a noi, anche lui sarà il benvenuto. Sai è un po’ musone e silenzioso quel ragazzo e a volte dimentico persino la sua esistenza!»

Iulia aveva ragione: Maurizio era sempre molto silenzioso, difficilmente esponeva i suoi pareri… questa constatazione, non fece che preoccuparmi maggiormente, alla luce dei discorsi fatti dai ragazzi nei suoi riguardi, qualche giorno prima. Ma tenni quella considerazione per me: Emile sembrava sicuro di sé e non volevo creare un caso dove non c’era… Anche se sentivo di volerne discutere con lui: mi ero ripromessa di non tacere più i miei dubbi e non l’avrei fatto nemmeno in questo caso, anzi soprattutto in quest’occasione, alla luce dei trascorsi tra me e Claudio.

«Mi sembra un’ottima idea! Ma perché lo stai dicendo a me e non ad Emile?»

«Perché ho bisogno di te per mettere in pratica la mia idea…»

«Ok, spara!»

 

 

*****

 

Sentire Iulia, mi aveva risollevato un po’ da quella sensazione di vuoto che provavo per l’assenza dei miei amici, ma il mio gruppo non era così facilmente sostituibile, non è facile rinunciare alla presenza di persone che ti conoscono da anni e che sanno ogni piccolo particolare di te.

Per cui, quando riuscii a ritagliarmi il tempo libero per andare al centro, fui così felice di vedere che Fede fosse presente,  che appena entrai nel suo studio, l’abbracciai di slancio.

«Ehi, non credevo di mancarti così tanto!» scherzò il mio amico, sorpreso dal mio gesto.

«Mi sento persa, Fede! Mi mancano gli altri e anche tu domani andrai via…» Dato che doveva lavorare, avrebbe raggiunto il resto del gruppo solo nel week-end, per trascorrere quegli ultimi due giorni di vacanza insieme agli altri.

«Pasi ma sono solo pochi giorni!»

«Lo so, ma senza di voi mi manca la terra su cui camminare.» mi accoccolai sulla sedia, portando le ginocchia al petto, per cercare un po’ di conforto. Fede dovette comprendere il mio senso di solitudine e sorrise benevolo:

«Prendiamo un gelato e parliamo un po’?»

 

Come al solito, il modo di fare del mio amico, riuscì a calmarmi: gelato alla mano e una buona dose di chiacchiere, fecero sì che la mia ansia da lontananza svanisse del tutto, sostituita dal solito calore familiare che provavo in compagnia dei miei amici. Tornai a sentirmi talmente a mio agio, che osai fare a Fede alcune domande personali che giravano nella mia testa da un po’ di giorni:

«Da quanto tempo non torni in quella casa in montagna?»

Ai tempi in cui lui e Rita erano una coppia di adolescenti, spesso era stato ospite della famiglia della sua ragazza. I genitori di Rita, non potendole dare una sorella o un fratello, non le avevano mai negato la compagnia di un amico/a e persino del suo ragazzo (dettaglio che invece lasciava sempre inorriditi i miei conservatori e arretrati genitori).

Fede sembrò riflettere su quella domanda per un po’, prima di rispondere:

«Credo che siano trascorsi almeno quattro anni.» Aveva un’aria concentrata nel ricordare, chissà che effetto gli avrebbe fatto, tornare in quel luogo pieno di momenti vissuti insieme.

«Io sarei emozionatissima al tuo posto, al pensiero di rivedere un luogo carico di ricordi… e poi mi chiederei di continuo se qualcosa sia cambiato, se la casa abbia subito ristrutturazioni o un nuovo arredamento, se le strade siano ancora uguali… E di sicuro tu e Rita avrete dei luoghi tutti vostri, in cui avrete vissuto momenti speciali… Magari anche un albero su cui avrete inciso le vostre iniziali!»

Iniziai ad immaginare scene da films romantici in cui i miei amici appena adolescenti, scoprivano il potere di quel sentimento nuovo che stavano provando per la prima volta e che li avrebbe uniti per sempre… Dovevo avere gli occhi sognanti, perché Fede mi guardò con aria divertita:

«Dovresti fare la scrittrice di romanzi rosa, sai? La  mia vita non mi è mai apparsa tanto romantica finché non l’hai descritta tu!» Fece un sorriso prima di rispondere alla mia domanda, mantenendo un’espressione serena.

«Di sicuro mi farà uno strano effetto: il ragazzino che ero quando ho messo piede in quel luogo per la prima volta, è diverso da ciò che sono ora, stesso il mio rapporto con Rita è diverso e anche la compagnia sarà diversa. Tuttavia quel luogo, almeno per ora, mi parla del passato, racconta un pezzo di vita che ho vissuto con lei… Forse rivederlo, mi farà proprio lo stesso effetto dell’essere tornato insieme a Margherita:  quello di giungere in un luogo che conosci, ma che ha subito cambiamenti capaci di sorprenderti.»

Le parole di Fede, iniziarono a solleticare la mia curiosità e a smuovere maggiormente il mio animo romantico. La sua storia con Rita la conoscevo per ciò che mi aveva raccontato la mia amica e sapevo il modo in cui lei l’aveva vissuta; Federico invece, essendo una persona riservata, non ne aveva mai fatto parola e non era nemmeno un tipo abituato a manifestare i suoi sentimenti. Quelle parole quindi, furono le prime che sentii riguardo a ciò che provava per la mia amica e mi venne spontaneo fargli altre domande in proposito:

«Cosa ti ha spinto a tornare insieme a Rita?» Fede non sembrò seccato dalle mie domande, anzi avrei potuto dire dalle espressioni del suo viso, che fosse sereno e lieto di parlare di quell’argomento.

«Quando mi sono reso conto di provare ancora qualcosa per lei, ho iniziato a dirmi che stavo solo rivivendo il passato e che forse, avevamo esagerato nel cercare di essere amici, dopo ciò che c’era stato tra di noi. Ma poi ho iniziato ad ammirare i nuovi aspetti di Rita: quella sua calma sicurezza, la capacità di organizzare la sua vita senza risentirne in stress e la voglia di dimostrare a se stessa di avere la capacità di crearsi una propria indipendenza. Quando eravamo adolescenti, tendeva a fare i tipici capricci da figlia unica: non era indisponente, né con me, né tantomeno con i genitori, ma non riusciva ad accettare un “no” facilmente e cercava di ottenere quello che voleva attraverso qualche moina…

All’inizio trovavo questi gesti carini, ma a lungo andare iniziarono ad infastidirmi, soprattutto perché nacque dentro di me, una forte rabbia nei suoi confronti. Essendo di famiglia benestante, Rita aveva il mondo ai suoi piedi, mentre io dovevo sudare e contrattare con i miei genitori anche solo per un paio di scarpe e quelle sue lamentele, a causa del rifiuto della madre di comprarle l’ennesimo abito firmato o la trousse più costosa in voga al momento, mi sembravano così infantili, così inutili e poco riguardosi, nei rispetti di chi non aveva la possibilità nemmeno di avere un abito di medio prezzo.»

Federico fece una pausa, ma restò concentrato nel passato: aveva lo sguardo focalizzato su un punto lontano nella stanza, totalmente assorto dai ricordi che stava riportando a galla.

«Poco prima che ci lasciassimo, litigammo furiosamente e quella volta le gridai in faccia tutta la mia rabbia. Le dissi di crescere, di non lamentarsi più per un abito che la madre non le comprava, che al mondo c’era gente che moriva di fame e che con i soldi di quell’abito avrebbe sfamato la propria famiglia per mesi… Le dissi anche che non volevo accanto qualcuno incapace di cavarsela da solo…»

«Quindi tu credi che Rita abbia deciso di vivere per conto proprio, per dimostrarti qualcosa?»

«Non lo so, Pasi… l’ultimo anno delle superiori, lo trascorremmo ignorandoci e persi ogni contatto con lei. Quando ci siamo ritrovati era al secondo anno di università e viveva già da sola… Non so se la sua scelta sia dipesa dalle mie parole o sia stata una sua precisa volontà. Sta di fatto che vederla così cambiata e maturata, contando il fatto che fossi cambiato anch’io, ha riacceso il mio interesse nei suoi confronti e alla fine, non abbiamo potuto evitare di affrontare il fatto che ci amassimo ancora.»

«E avete fatto bene! Il vero amore non conosce ostacoli, voi due siete legati dal Filo Rosso del Destino, non potreste mai separavi!»

Ero talmente entusiasmata da quel racconto, che mi allungai verso Fede, poggiando le mani sulle sue ginocchia. Il mio amico a sua volta sorrise tranquillo:

«Credo che tu abbia ragione. Nonostante abbia provato ad allontanare Rita dalla mia vita, è tornata ad invaderla più prepotentemente di prima. Anche volendo, non credo che potrei mai staccarmi del tutto da lei.»

«Sono così felice quando sento queste cose! Fede devi assolutamente divertirti durante questi due giorni di vacanza: goditi il ritorno in quella casa, mantieniti appiccicato a Rita e fai l’amore con lei ovunque! Riempite quella casa di nuovi ricordi!»

Fede si fece una bella risata davanti al mio entusiasmo:

«D’accordo Cupido, premettendo che non saremo soli, cercherò di godermi questi due giorni al meglio.»

«Esatto! Dimostrate a Sofi che si sbaglia, che il Filo del Destino esiste e che voi due starete sempre insieme.» Appena terminai quella frase però, feci un sospiro, perdendo d’improvviso il mio entusiasmo:

«Come vorrei essere lì con voi… e come vorrei poter fare una mini vacanza anch’io, insieme ad Emile!»

Fede si avvicinò a me e mi diede un buffetto sul ginocchio:

«Arriverà il momento propizio anche per voi, sono sicuro che l’anno prossimo saremo tutti insieme in vacanza, Emile compreso!»

«Sì! Lo trascinerò per i ricci se oserà opporsi!»

«Dovrai prima arrivare a prenderli, quei ricci!» disse il mio amico, sorridendo.

«Lo trascinerò nel sonno, oppure prenderò uno scaletto, mi arrampicherò sulla sua schiena e mi ci incollerò, finché non saremo arrivati a destinazione!»

Fede si fece una grande risata, pensando a me che mi avvinghiavo ad Emile come una cozza allo scoglio e mi disse che sicuramente sarei stata capace di farlo davvero.

Contagiata dalla sua ilarità, iniziai a ridere anch’io, riempiendo di dettagli la mia scalata al Pel di Carota e per svariati minuti, il suono delle nostre risa, riempì la stanza in cui ci trovavamo.

È proprio vero che un momento condiviso in compagnia delle persone più care, è capace di scaldarti l’anima: quel pomeriggio trascorso insieme a Fede, riuscì a togliermi di dosso tutto il vuoto e la malinconia dei giorni precedenti.

 

*****

 

«Si può sapere dove stiamo andando?»

«Sorpresa, lo scoprirai tra poco.»

Alla fine della nostra chiacchierata telefonica, io e Iulia avevamo organizzato nei minimi dettagli quell’uscita di gruppo: la ragazza di Francesco aveva avuto davvero una bella idea, era da tempo che desideravo vedere Emile rapportarsi con i ragazzi della band anche al di fuori del contesto professionale. Da quando Alberto mi disse, la prima volta che lo vidi, che il mio Pel di Carota non faceva altro che intessere rapporti prettamente professionali con gli altri, mi ero sempre sentita in pena per lui.

Io riuscivo a stare in piedi esclusivamente grazie alla presenza dei miei amici e non riuscivo lontanamente a comprendere come Emile avesse potuto vivere per ventidue anni, senza avere lo straccio di un amico accanto. Speravo con tutto il cuore che Fede riuscisse a varcare le mura dietro cui si chiudeva, ma non c’era stata più occasione di vedersi, per loro… Senza contare che all’interno di una band dovrebbe esserci rispetto reciproco e la stessa visione delle cose e fino a quel momento, da quello che ero riuscita a vedere, tra i membri dei GAUS forse c’era del rispetto, ma non era ancora palpabile la coesione tra loro.

Dopo ciò che era accaduto con Claudio, Emile era diventato più morbido e accondiscendente verso il resto del gruppo, ma le sue brutte abitudini erano dure a morire, proprio come la continua paura sul nostro rapporto: restava ancora un piccolo despota, la cui parola doveva essere l’ultima su tutte le decisioni riguardanti il futuro dei GAUS. In un clima simile, se non ci fosse stato anche dell’affetto vero e sincero, quanto a lungo, i ragazzi avrebbero sopportato quel dispotico modo di fare?

Emile doveva cementare l’unione con i GAUS, doveva diventare amico dei suoi musicisti.

E la proposta di Iulia cadde come il cacio sui maccheroni, mi sembrò l’occasione perfetta, per iniziare a far socializzare davvero il mio Pel di Carota con il resto della band.

Ma per far sì che questo accadesse, sia io che la mia interlocutrice, fummo d’accordo nel non far sapere ad Emile di quella serata fino all’ultimo momento, onde evitare che inventasse scuse per defilarsela.

Per questo motivo, avevo convenuto con Iulia che avrei condotto personalmente quel Testone al punto in cui ci saremmo riuniti, per poi arrivare tutti insieme alla meta della nostra serata.

Ero riuscita a strappargli l’uscita e a darmi anche le chiavi dell’auto: ben sapendo che non avrebbe avuto impegni con la band per quella sera, due giorni prima gli avevo manifestato il mio desiderio di uscire insieme. Emile non era una persona socievole e se c’era una cosa che poco amava, era ritrovarsi in mezzo ad una folla, per cui erano state rare le volte in cui, libero dagli impegni con la band, aveva deciso di mettere il naso fuori casa. Anche se tutte le volte che gli manifestavo il mio desiderio di vita mondana, non si tirava indietro.

E quella volta non fu da meno. Con un’unica eccezione però: gli avevo detto che in quel caso, avrei deciso io dove andare e che sarebbe spettato a me condurre l’auto. Ovviamente, quel Venerdì risultò libero dagli impegni e di conseguenza, gli toccò sopportare di essere scorazzato dalla sottoscritta, senza nemmeno sapere dove fossimo diretti.

«Non posso avere nemmeno un indizio miserabile?»

«No, sono categorica, dovrai avere pazienza.»

«Lo sai che sei una strega sadica, vero?»

«E tu lo sai che sei un curiosone? E poi dici a me che non mi faccio mai gli affari miei!»

«Sono due cose diverse, Pasi! Qui non c’entra la vita altrui, è la mia curiosità che sta impazzendo!»

Sorrisi divertita: «Di’ la verità, sapere che qualcosa sfugge al tuo controllo ti dà fastidio, vero? Ti ricordi quando mi hai prelevato da casa di Rita senza dirmi dove andavamo? Ecco, ora sai come mi sentivo.»

«Ti stai vendicando allora, strega malefica!»

Il tono di Emile era fintamente risentito e sentivo una nota di divertimento nella sua voce, così azzardai un’occhiata veloce verso di lui, prima di tornare sulla strada. Aveva un sorriso soddisfatto e nonostante stesse calando il buio, vidi una luce nei suoi occhi che mi fece sorridere appagata: stava morendo di curiosità, ma si stava divertendo da matti!

 

Arrivammo al punto d’incontro e vidi il furgone di Luca già parcheggiato e i ragazzi tutti in attesa all’esterno: con loro c’era anche Maurizio e ne fui davvero felice.

«E loro cosa ci fanno qui?»

Emile rimase del tutto sorpreso, non si aspettava affatto che avremmo avuto compagnia quella sera.

«Sei deluso?»

«No… sono… sorpreso, spiazzato… non capisco!»

«Bene, non è necessario che tu capisca.» gli diedi un bacio veloce ed uscii dall’auto per salutare Iulia, che mi stava venendo incontro:

«Pasiiii! Ce l’hai fatta allora! Come sono contenta!» Mi abbracciò saltellando mentre il resto del gruppo ci raggiungeva.

«Ehi Duce, alla fine ce l’ha fatta a convincerti, Pasi è davvero la donna dei miracoli!»

«A dir la verità, non sapevo un accidenti! E continuo a non sapere… »

Staccandomi dall’abbraccio di Iulia, lo vidi lanciarmi un’occhiata velenosa ed io di rimando, lo guardai con un sorriso soddisfatto.

«Quindi non sai nemmeno dove siamo diretti?» continuò Filippo, con tono sorpreso.

«No… anzi se qualcuno di voi me lo dicesse, gliene sarei grato!»

Osservai i ragazzi guardarsi complici e successivamente, Luca si rivolse a me con un sorrisetto stampato sul viso: «Allora Pasi, seguici e non perderci di vista.»

Lui e Maurizio si allontanarono in direzione del furgone, mentre i gemelli diedero una pacca alla spalla di Emile, prima  di seguirli sghignazzando.

«Che bastardi!» Emile sorrise lievemente e s’incamminò con me verso la portiera dell’auto.

«Preferisci che guidi io?»

«No, no, guido io: ricordi le condizioni? Tu sta’ buono al tuo posto!» gli feci un gran sorriso e tornammo in auto.

Ci volle un’oretta per raggiungere la meta e durante tutto il tragitto, Emile cercò di distrarsi ascoltando musica, ma qualche volta lo scorgevo con la coda dell’occhio, intento ad osservare la strada, cercando silenziosamente di capire dove fossimo diretti.

Quando raggiungemmo la litoranea, lo vidi rasserenarsi, dandomi l’impressione di aver raggiunto qualche conclusione, ma restò in silenzio, come se volesse accertarsi di ciò che aveva dedotto.

«Ti sei arreso, allora?» Fremevo per sapere cosa stesse pensando.

«No… sto valutando.»

«E non vuoi valutare ad alta voce con me?»

«No… mi hai detto che non devo  chiedere, per cui resterò in silenzio.»

«Ma fare ipotesi non è chiedere…»

«Streghetta… sei per caso curiosa di sapere?» mi guardò con un’espressione maligna e soddisfatta: era riuscito a ribaltare la situazione con un semplice silenzio, ora ero io quella che fremeva per sapere cosa gli passasse per la testa!

«Oh al diavolo! Come ci riesci? Perché deve finire sempre così?»

«Così come, scusa?» Mi guardò con finta aria sorpresa: si stava divertendo un mondo, l’infame!

«In questo modo: con me che scalpito in preda alla curiosità! Non è giusto, sei tu all’oscuro, non io!»

«Forse non lo sono più… o forse semplicemente, so attendere meglio di te.»

Lo guardai con astio:

«Ti odio.»

E in tutta risposta, si fece una risatina e si avvicinò al mio orecchio:

«Io no.»

Il malefico sapeva quanto riuscisse a deconcentrarmi quel suo modo di fare e dovetti fare appello a tutto l’autocontrollo di cui ero a disposizione per non sbandare… La serata stava andando improvvisamente tutta a mio svantaggio!

Aggrottai la fronte e mi chiusi in un silenzio risentito, per tutto il resto del tragitto: con la coda dell’occhio, vedevo Emile osservarmi di tanto in tanto per poi sghignazzare, contento di aver ribaltato la situazione. Di sicuro stava morendo di curiosità, ma non trapelava nulla dal suo volto, né dai suoi gesti: aveva un autocontrollo invidiabile! Solo quando fummo prossimi al punto d’arrivo ed iniziai a rallentare, tornò a parlarmi.

«Hai preso una sciarpa?»

«In pieno Agosto?»

«Sì, devo coprire la gola, se non voglio che l’umidità del mare mi tolga la voce.»

Avendo accostato l’auto lungo la litoranea, fu facile dedurre per lui dove fossimo diretti, ma non sapeva ancora tutti i particolari. O almeno lo speravo…

«Vedrai che non ne avrai bisogno, la tua gola sarà al calduccio.»

Nel frattempo, i ragazzi scesero dal furgone: iniziarono a prendere le cataste di legna e tutto l’occorrente per la nostra serata e fu allora che Emile comprese completamente.

«Un falò?!»

 

*****

 

Adoravo il mare.

In tutte le sue forme.

Lo adoravo quando era calmo e placido e mi sentivo viva quando era in tempesta. Lo amavo d’estate, caldo e accogliente e l’amavo d’inverno, freddo, lontano e malinconico.

E ovviamente, l’adoravo tantissimo di notte.

Amavo il modo in cui la luna si rifletteva frazionata dalle acque, amavo il rumore delle onde nel silenzio della notte e dell’oscurità e amavo trascorrere le ore notturne estive, davanti ad un fuoco sulla spiaggia con il mare a farci da cornice.

Non stavo nella pelle perciò, all’idea di trascorrere una bella serata estiva davanti ad un fuoco, sulla spiaggia, insieme al ragazzo che amavo.

 

Una volta compresa la meta della serata, Emile si dette da fare per dare una mano ad allestire il fuoco e in breve tempo ci ritrovammo tutti sui nostri teli, pronti a condividere un pasto, una bevuta ed una serata tranquilla, tipicamente estiva.

Questo tipo di serate, ero solita viverle in compagnia dei miei amici e non averli con me quella volta, mi mise addosso una strana malinconia: mi sentivo proiettata in un altro mondo, fuori contesto e avvertii la sensazione di non essere del tutto completa.

Ma da un altro punto di vista, ero felicissima.

Ero felice perché finalmente io ed Emile avevamo avuto una serata speciale, dedicata al solo divertimento. Ed ero felicissima che il mio Pel di Carota fosse finalmente uscito con la sua band per puro piacere, senza alcuna motivazione professionale.

Probabilmente era la prima volta che si concedeva un’uscita simile ed ero felice che fosse con i suoi musicisti: dovevano cementare la loro unione, dovevano essere amici prima di essere colleghi, se volevano andare avanti!

 

Disposti com’eravamo, fu facile riuscire a parlare tra noi: dopo aver mangiato i panini super imbottiti che aveva preparato Iulia e aver bevuto le birre portate da Luca, la serata proseguì serena, pervasa da un’atmosfera rilassata e intima che solo la notte, il fuoco e un po’ d’alcool riescono a dare. Emile ovviamente non fu un chiacchierone, ma partecipò ai discorsi senza problemi e persino Maurizio interagì, con mia somma gioia. Forse se avessero trascorso più serate simili, quei ragazzi sarebbero riusciti a cementare i loro rapporti anche con il chitarrista e magari tutti i dubbi sulla sua lealtà al gruppo, si  sarebbero volatilizzati.

Nonostante la sensazione d’incompletezza iniziale, quella serata si rivelò molto piacevole anche per me e spinta dall’atmosfera tranquilla, provai a sperare che si avverasse anche un piccolo desiderio personale:

«Andiamo a fare il bagno, più tardi?»

«Non è possibile: non voglio rischiare.»

«Ma cosa? Temi uno squalo assassino?»

«No streghetta, temo l’umidità. Se mi espongo troppo, potrebbe risentirne la voce. E poi non ho nemmeno il costume…»

«Ma non devi mica cantare domani e il costume l’ho portato io.»

«Lo so, ma non posso nemmeno sapere quanto mi durerebbe un eventuale abbassamento di voce, per cui non voglio rischiare.»

«Uff!»

Sconsolata, mi lasciai andare su di lui: sapevo che non avrebbe acconsentito. 

Nonostante le mie rassicurazioni, prima di accendere il fuoco Emile continuò a preoccuparsi per la sua voce e cercò un modo per proteggersi la gola, finché si ricordò di aver lasciato in auto la sua kefiah di salvataggio e andò subito a prenderla per coprirsi. Sapevo quindi che non avrebbe accettato di rischiare fino a quel punto, ma avrei voluto fare un romantico bagno notturno con lui e quindi tentai ugualmente la sorte, ben sapendo di avere poche speranze. 

L’idea che avesse bocciato la mia proposta m’innervosì al momento, ma poi riflettendoci su, mi dissi che tutto sommato, anche senza fare il bagno si stava divinamente bene: eravamo seduti su un telo che ci proteggeva dalla sabbia umida, Emile era appoggiato ad uno spuntone roccioso ed io ero accoccolata tra le sue braccia, dandogli la schiena. Quell’abbraccio mi circondava e mi dava calore facendomi sentire amata, protetta e in comunione totale con lui, mentre la luce e le fiamme del falò davano a quella notte stellata, un’atmosfera serena e accogliente.

Dopo la mia richiesta, come se fosse stato lui a ricevere un rifiuto, Emile improvvisamente si ritirò nei suoi pensieri: gli capitava spesso di chiudersi in quel modo e sapevo che era parte di quel suo carattere introverso per cui, pur non comprendendo questa propensione al mutismo, normalmente non lo importunavo, interrompendo quei momenti di comunione con se stesso.

Ma quella sera non volevo che si estraniasse, non quando si trovava finalmente in compagnia.

«A cosa stai pensando?»

«Guardavo le stelle: è così immenso il cielo, così vasto, che ogni volta che l’osservo non posso evitare di pensare a quanto siamo piccoli, a quanto poco lasciamo di noi, rispetto a questa vastità immensa…» poggiò il mento sulla mia testa «… eppure, nonostante questo pensiero sia così poco rassicurante, osservare il cielo stellato mi mette calma, mi rasserena. Come se stessi  dialogando con l’universo intero… strano, eh?»

Gli feci un cenno affermativo con la testa e alzai gli occhi verso quell’immensità scura che ci sovrastava, costellata di punti luce che sin dalla notte dei tempi, erano stati un punto di riferimento per gli esseri umani. Forse Emile non aveva tutti i torti, forse nel nostro continuo guardare al cielo, c’era il richiamo inconscio alla voce del Creato, all’essenza di tutto ciò che era l’Universo… era vero che guardando il cielo ci si sentiva più sereni…

Quante cose di noi stessi in quanto creature viventi, ancora non sapevamo… Quando mi soffermavo a riflettere su certi argomenti, mi rendevo conto che la nostra società, così “evoluta” e in avanguardia in molti campi, stava perdendo di vista proprio l’essenziale: il suo contatto con il creato, la ragione per cui noi esseri umani, come tutti gli esseri viventi, eravamo lì su quel pianeta in quell’universo.

Erano quesiti così immensi, eppure così universali…

Questo era il lato positivo del mutismo di Emile: osservando e riflettendo, a volte si poneva delle domande che mi  portavano a considerazioni che non avrei mai avuto altrimenti o che semplicemente, lasciavo che rimanessero in un angolo del mio cervello a riposare.

Quelle considerazioni  esistenziali però, ebbero fine presto, poiché all’improvviso, il  vociare di Francesco interruppe il corso dei miei pensieri:

«Allora Duce, smettila di fare lo scansafatiche e intonaci una canzone.» aveva una chitarra in mano, ma sembrava propenso a porgerla ad Emile.

«Mi fate lavorare anche stanotte?  Se io canto, tu suoni bello mio!»

«Fil perché non canti tu?»

La domanda di Iulia mi aveva colto totalmente di sorpresa: non avrei mai immaginato che il bassista dei GAUS fosse un cantante!

«Filippo, tu canti?»

«Beh, oddio no… cantavo nel coro della chiesa…»

«Appunto Fil! E se non ricordo male, hai anche una bella voce, forza canta!»

«Ma no, sono fuori esercizio… voglio risparmiare le vostre orecchie!»  Filippo rise divertito, ma notai il lieve imbarazzo sul suo viso nell’essere all’improvviso, al centro dell’attenzione. A quel punto intervenne Emile:

 «Allora facciamo così: Francesco suona, io canto e Filippo mi accompagna come seconda voce.»

«Perché non fate qualche duetto, Duce? Magari guardandovi negli occhi con amore… sareste una bella coppia.»

«E se invece cantassimo tutti insieme? I più bravi copriranno le stecche dei peggiori e ci divertiremo tutti, che ve ne pare?» disse Filippo, togliendosi dagli impicci ed io accolsi l’idea con gioia:

«Sono d’accordissimo! Cantiamo tutti insieme!»

«Sì ma io non suono.»  continuò imperterrito Francesco, sfidando Emile che, dal canto suo, prese la chitarra sorridendo malefico, la qual cosa mi costrinse a spostarmi per dargli modo di poggiarla in grembo.

Probabilmente, Francesco prese quel puntiglio perché voleva godersi la vicinanza della sua ragazza, dato che appena si liberò della chitarra, Iulia si appoggiò a lui come avevo fatto io poco prima con il mio Pel di Carota. Non saprei dire se quella presa di posizione indispettì Emile o gli diede fastidio il fatto che fossimo stati costretti a separarci, sta di fatto che in risposta al puntiglio di Francesco, iniziò ad intonare delle note che fecero morire dal ridere sia Luca che Filippo.

 

Lay beside me

Tell me what they've done

Speak the words I wanna hear

To make my demons run

The door is locked now



Conoscevo quella canzone, era “Unforgiven II” e tutto sembrava, tranne divertente… Non riuscivo a comprendere per quale motivo avessero reagito in quel modo…

Io li guardai sorpresa e quando vidi anche Iulia sorridere mentre Francesco guardava Emile sconvolto, mi venne spontaneo chiedere il motivo di quelle reazioni:

«Ma cosa succede?»

Fu Filippo ad illuminarmi: «Devi sapere che Francesco odia con tutto il cuore i Metallica, per cui ogni volta che partono le note di un loro brano, fa quella faccia e si rifiuta di ascoltare.»

A quel punto, compresi in pieno lo sguardo perfido di Emile: si era vendicato del capriccio di Francesco ed ora suonava con una luce divertita negli occhi, mentre il suo chitarrista diventava blu.

 

Lay beside me

Under wicked sky

The black of day

Dark of night

We share this paralyze

The door cracks open

 

«Ok, ok, ho capito! Dammi quell’arnese!» allungò la mano per prendere la chitarra, ma Emile, sadico, si scansò continuando imperterrito a suonare:

 

But there's no sun shining through

Black heart scarring darker still

But there's no sun shining through

No, there's no sun shining through

No, there's no sun shining



Incapace di tollerare una nota di più, Francesco si alzò stizzito:

«Quando avrete finito con questo strazio, chiamatemi!»

A quel punto Emile iniziò ad alzare la voce:

 

What I've felt

What I've known

Turn the pages

Turn the stone

Behind the door

Should I open it for you?

Yeah

What I've felt

What I've known

Sick and tired

I stand alone

 

Tutti se la ridevano, persino Iulia ridacchiava, richiamando senza successo il suo ragazzo e ben presto mi unii a loro ridendo di gusto, per poi seguire il nostro cantante, in un coretto allegro e scanzonato.

Quando il mio Pel di Carota terminò di suonare quel pezzo e intonò un’altra canzone, Iulia si alzò per riportare all’ovile Francesco, Luca si accese una sigaretta e iniziò a battere le mani sulle gambe a tempo di musica, mentre Maurizio restò chiuso nel suo solito mutismo e Filippo canticchiò sommessamente. Io mi godetti la voce di Emile che in quel frangente, accompagnata solo dalla chitarra, risultava più calda e mi faceva vibrare le corde dell’anima con quel tono così graffiante che avevo sempre amato.

Quando Francesco tornò tra di noi, sembrò avere ancora un’espressione risentita e si accomodò accanto al fratello: si guardarono per la frazione di un secondo, sorrisero di un divertimento tutto personale e in seguito il primo accompagnò Filippo, alzando la voce, in modo che lo facesse anche suo fratello. Non so se Francesco fece quel gesto per dare sicurezza al gemello, che sembrava vergognarsi del suo timbro vocale, o solo per partecipare attivamente al coretto, ma quell’occhiata che si scambiarono mi trasmise calore e fui felice di aver visto un accenno del loro legame, quella sera.

Ero sensibile ai legami familiari, non avendo un buon rapporto con i miei genitori e ancor più rispetto al rapporto tra due fratelli/sorelle. Mi piaceva trovare negli altri ciò che io non avevo avuto: anche se mi rendeva malinconica, era bello vedere come due fratelli potessero essere davvero uniti.

Iulia si accomodò accanto a Francesco, ma mentre i due gemelli canticchiavano, la vidi rivolgersi a Luca che, finita la sua sigaretta, era rimasto a battere il tempo sulle sue gambe. Anche loro due sembravano avere una buona familiarità, ma non mi stupii dato che erano amici da tempo. L’unico che interagiva poco tra noi era Maurizio, così quando alla fine della seconda canzone, Francesco disse che avrebbe scelto lui la successiva, scatenando un dibattito, ne approfittai per avvicinarmi al silenzioso chitarrista:

«Non ti stai divertendo?»

Mi accomodai accanto a lui e sembrò quasi intimidito dalla mia vicinanza, allontanandosi da me, seppur impercettibilmente: mi rivolse uno sguardo quasi spaventato, ma ciò che mi meravigliò fu che per la prima volta riuscii a vedere l’espressione dei suoi occhi.

Maurizio tendeva a coprirsi il viso con acconciature tipicamente Emo: una frangia scomposta era perennemente chinata sulla sua fronte e spesso gli copriva gli occhi. A volte era stirata su un lato del viso, altre volte invece era più gonfia e calata su tutta la larghezza della fronte. Quella sera, grazie alla luce diretta del falò, riuscii a vedere oltre le ombre di quei capelli, che sembrava portare come una maschera che celasse il suo animo al resto del mondo. Dopo l’iniziale stupore, tornò a guardare davanti a sé, prima di rispondermi:

«Sì, è una bella serata.»

«E perché non canti anche tu? È più bella l’atmosfera se cantiamo tutti insieme.»

«Non sono bravo a cantare…» parlava quasi per monosillabi: mi ricordò terribilmente Emile quando lo conobbi. Il mio Pel di Carota aveva le sue ragioni per essere diffidente verso gli altri, ma Maurizio perché lo faceva? Possibile che anche nel suo caso si celasse qualche trauma personale, dietro la sua chiusura?

«Nemmeno io sono brava, ma tanto quando si canta insieme non si sente!» gli sorrisi conciliante… e lo vidi accennare un sorriso:

«Si sente, si sente… la nota stonata si sente sempre.» il suo tono sembrò amaro… che si riferisse a se stesso con l’aggettivo “nota stonata”?

«Un bravo musicista sa coprire la nota stonata… e poi anche lei ha il diritto di esistere!» incrociai le braccia al petto e lo guardai, calcando l’assoluta convinzione della mia teoria. Maurizio tornò a guardarmi con una luce perplessa nello sguardo, prima di rivolgersi di nuovo al fuoco:

«Sì… forse hai ragione.»

«Certo che…»

«Pasiiii!» Iulia interruppe il mio discorso, prendendomi per un braccio. «Dai vieni con me, fammi compagnia.»  

Mi alzai, trascinata dalle sue mani.

«Ma dove andiamo?»

«Qui sulla spiaggia, facciamo una passeggiata.»

 

*****

 

Quella era una serata davvero magnifica: il mare era tranquillo e si sentiva solo il rumore dello sciabordio a riva, la luna illuminava il cielo di quella luce fredda e ovattata dall’umidità, sembrando quasi una presenza evanescente e intorno a noi la serata era relativamente silenziosa, visto che distavamo qualche metro dalla strada e dai rumori del traffico. Era una notte da sogno e trascorrerla in compagnia, fu la scelta migliore in assoluto.

Soddisfatte di come avevamo organizzato la serata e del suo esito, io e Iulia iniziammo a gioire della nostra perfetta collaborazione e facemmo il punto delle situazioni più soddisfacenti della serata, ridendo di tutti i momenti sereni che avevamo vissuto e della riuscita interazione di Emile con i suoi musicisti. A quel proposito, mi venne in mente la scena tra Iulia e Luca e la curiosità mi assalì:

«Tu e Luca siete molto amici?»

«Io e Luca? Uhm… a dir la verità, non lo so nemmeno se siamo amici o semplici conoscenti… perché?»

«Curiosità… è bello vedere che hai legato con gli amici del tuo ragazzo… forse perché vorrei tanto che Emile  facesse lo stesso con i miei…»

«Ah, capisco… beh, devi mettere in conto che le due situazioni sono diverse, io non ho il carattere di Emile e soprattutto, conosco Luca praticamente da sempre.»

«E allora come fai a dire che siete solo conoscenti?»

«Perché in un modo o in un altro, me lo sono sempre ritrovato accanto.»

Feci la faccia più confusa che avevo… questa descrizione non collimava con il mio concetto di “conoscente”…

Iulia rise e poi continuò.

«Che faccia hai fatto Pasi! Ma hai ragione, non ti ho  detto tutto: Luca era un mio compagno di classe alle medie e poi il caso ha voluto che diventasse anche il ragazzo di mia sorella.»

«Davvero?!»

«Sì! Tutti credevano che Flavia avrebbe finito col fare coppia con Fil, sai era carino vedere due sorelle con due fratelli… ma a quanto sembra quei due non sono minimamente interessati l’uno all’altra.»

«Allora non può essere un conoscente, Luca in pratica è come un fratello per te!»  ripensai a Testa di Paglia e al pensiero che se fosse riuscito a diventare il ragazzo di Simona, ne sarei stata davvero felice, perché avrei avuto un ulteriore conferma che Stè era parte della mia famiglia…

«Beh, no… non è che ci conosciamo poi così tanto: a scuola non parlavamo molto, io avevo il mio gruppetto mentre lui se ne stava con il suo e lui e Flavia ormai si sono lasciati, quindi è solo un amico… Un fidato e caro amico, di Franz e Fil.» mi sorrise conciliante.

«Ah, capito… beh non è detto che non diventiate amici anche voi!»

Le sorrisi speranzosa e d’improvviso, mi venne in mente un altro dettaglio:

«Ma anche tu e tua sorella siete gemelle?»

«No, Flavia è più piccola di me di un anno, ma ci somigliamo molto, almeno esteticamente.»

«Proprio come…» stavo per aggiungere “me e Simona”  a quella frase, quando mi bloccai di colpo.

«Come chi, Pasi?» Iulia mi guardava dubbiosa, in attesa di risposta: in fondo non aveva senso nasconderle di mia sorella, avrebbe accresciuto maggiormente in me il dolore per averla persa e inoltre non era qualcosa di cui vergognarsi… 

«Proprio come me e mia sorella: eravamo molto simili esteticamente, ma non potevano esserci due persone più diverse.»

«Eravate

«Sì… Simona è morta sette mesi fa…»

Il viso di Iulia, da curioso si fece d’improvviso pallido e un’espressione di assoluto dispiacere le si dipinse sul volto:

«Oh, mio Dio Pasi, io non ne avevo idea! Davvero scusami, ti ho riempito la testa di storie tra me e mia sorella e non ho fatto altro che farti star male! Scusami davvero!»  mi prese la mani tra le sue, guardandomi con un volto in cui campeggiava un senso di colpa che non sopportavo.

«No Iulia, non preoccuparti, puoi parlarne quanto vuoi.  Evitare l’argomento non mi farà riavere mia sorella indietro e ormai me ne sono fatta una ragione, stai tranquilla.» le sorrisi, ma non potevo scommettere su quanto fosse realmente aperto, perché nonostante le parole che le avevo rivolto, pensare a Simona mi causava ancora troppo dolore per poterne parlare alla leggera. Iulia continuò ad osservarmi col viso costernato e senza dire altre parole, si avvicinò a me e mi strinse in un abbraccio:

«Vorrei poterti aiutare in qualche modo… non oso nemmeno immaginare il dolore che ti stai portando dentro… se io perdessi mia sorella, mi sentirei persa!»

«Beh in verità, il nostro rapporto non era molto profondo… io non capivo lei e lei non capiva me… ma avrei voluto tanto riuscire a farlo… avrei tanto voluto esserle più vicina.»

Nel parlare di Simona, mi sfuggì una lacrima e la mia voce s’incrinò: Iulia commossa, mi strinse più forte a sé.

«Pasi se vuoi parlarmene, starò zitta e muta ad ascoltarti finché vorrai sfogarti… Tendo a chiacchierare troppo, ma sono anche capace di ascoltare.» mi guardò seriamente, cercando di mostrare la sua buona fede.

«Lo so… e ti ringrazio davvero tanto…» portai una mano al viso per asciugarmi quella singola lacrima traditrice, «… però non frenarti nel parlarmi di tua sorella, a me fa piacere sentire le tue storie e non voglio che tu non ti senta libera di essere te stessa… ok?» Toccò a me guardarla con espressione decisa.

«Ok…» mi rivolse ancora il suo sguardo preoccupato, finché, come dopo essere stata colta da un’improvvisa consapevolezza esclamò:

«Oh, mio Dio: quindi tu hai perso tua sorella ed Emile la madre, nel giro di pochi mesi?»

«Sì, in effetti è così… bella coppia, eh?»  sorrisi ironica.

«Cielo che storia! Però sono sicura che questo vi ha avvicinato davvero tanto, è nel dolore che spesso si formano i legami più forti.»  Oppure se ne spezzano altri, pensai, riandando con la mente al rapporto dei miei genitori, che avevo visto più freddo e distante.

«Sì, è probabile… in effetti, abbiamo trascorso insieme più momenti critici che sereni!»

«Allora dovete rimediare! Dovete assolutamente riempire la vostra unione di momenti felici, per scacciare la tristezza dai vostri cuori!»

«È quello che cerco di fare… GAUS permettendo!» dissi, con una nota più amara di quanto avessi voluto, nella voce.

«Lo so che è difficile Pasi… ma sono sicura che una volta terminata la promozione di quest’album, ci sarà più spazio anche per noi, nelle loro vite.»

«Lo spero… ma d’altronde, sapevo a cosa andavo incontro stando con Emile… e anche se per me è difficile, mi farò forza e mi abituerò a doverlo dividere con la musica. Senza di lei sarebbe incompleto, è una parte imprescindibile del suo essere e se dovesse privarsene, sarebbe solo una persona a metà, che non avrebbe molto da offrire né a se stesso, né a me.»

«WOW! Pasina sei davvero saggia!»

Stavolta toccò a me ridere, guardando l’espressione sorpresa di Iulia: «Non ho detto nulla che tu non pensi già.»

«È vero… ma in qualche modo sentirlo dire, fa un altro effetto… è bello rendersi conto che abbiamo la stessa visione della cosa!»

Iulia mi abbracciò felice: più la conoscevo, maggiormente mi rendevo conto di quanto dovesse essersi sentita sola all’interno di quel ristretto gruppo di supporto dei GAUS, di cui lei era sempre stata unico membro.

Con tutta certezza, a lungo andare ci saremmo conosciute ugualmente, ma in quel frangente, ringraziai il Destino che mi aveva messo in quel fast food, che mi aveva accompagnato con Serena (per quanto insopportabile fosse) e che una sera come un’altra, aveva fatto sì che Iulia fosse in quel luogo, inconsciamente pronta per incontrarmi.

 

*****

 

Come tutte le cose della vita, anche quella serata meravigliosa terminò, non prima di averci visto ancora intorno al falò, a chiacchierare. Quando l’umidità iniziò a farsi pressante e la legna fu sul punto di terminare, decidemmo di andarcene. Lungo il tragitto, ci fermammo a prendere una crêpe alla Nutella e prima di arrivare alle nostre rispettive abitazioni, ci salutammo nello stesso punto in cui ci eravamo incontrati all’andata.

Quella notte rimasi a dormire da Emile, concludendo alla perfezione una serata già meravigliosa.

Prima di addormentarci però, iniziai ad arrovellarmi con alcune domande.

«Emile…»

«Mmm…?»

Nonostante avessi guidato io anche al ritorno, il più stanco tra i due era il mio Pel di Carota, che sembrava già mano nella mano di Morfeo.

«Pensi davvero che Maurizio vi tradirà?»

Come se avessi sganciato una bomba, lo vidi aprire immediatamente gli occhi prima di guardarmi:

«Come ti vengono alla mente queste cose, a quest’ora?»

«Non so… beh no, lo so… stavo ripensando a questa serata e mi è venuto in mente che quando ci ho parlato, Maurizio mi ha dato l’impressione di avere qualcosa da nascondere, ma non ho visto cattiveria nel suo sguardo… mi ha ricordato te.»

«Me?»

«Sì… ha quello stesso modo di fare diffidente che hai anche tu…»

«Avrà la coda di paglia.»

«Ma per cosa, scusa?»

«Perché è amico di Claudio.»

«Ma non gli si può fare una colpa per le sue amicizie!»

«Lo so, infatti non l’abbiamo buttato fuori dal gruppo…»  Emile sbadigliò «… ma evidentemente lui si sente colpevole lo stesso… E di certo non poteva comportarsi serenamente nei tuoi confronti, dato il modo in cui il nostro ex batterista si è comportato con te.»

«Hai ragione, a questo non avevo pensato… Ma quindi pensi che in rispetto a Claudio, manterrà sempre un certo distacco verso di voi?»

«Non lo so Pasi e comunque a quest’ora non riesco a pensare granché… di certo anche se dovesse tradirci, non potrà far nulla per metterci i bastoni tra le ruote: l’album è registrato, il contratto è firmato, non può ricattarci in alcun modo e seppure decidesse di sparire da un momento all’altro, posso sostituirlo senza battere ciglio.»

Mi strinsi a lui ripensando a quelle parole: Maurizio non mi era sembrato un cattivo ragazzo e sperai che le cose tra lui e la band si potessero risolvere in futuro senza dover arrivare a un’altra separazione.

Prima che il mio Pel di Carota ritornasse ad abbracciare Morfeo, decisi di torturarlo un’ultima volta: il completo successo di quella serata, sarebbe dipeso dalle risposte che mi avrebbe dato.

«Emile…»

«Mmm…?»

«Come hai fatto a vivere senza amici?»

A questa domanda, si girò su un lato, costringendomi ad allentare la presa su di lui. Si puntellò la testa con un braccio, mi mostrò un sorriso ironico e mi rispose:

«Stanotte sei in vena di domande esistenziali?»

«Giuro che non apro più bocca, dopo.» portai le dita sulla bocca in un gesto infantile che non facevo da quando ero alle elementari, Emile sorrise abbassando sconfortato la testa e dopo un sospiro mi rispose.

«Non ne sentivo il bisogno.»

«Ma non è possibile! Tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci comprenda, qualcuno con cui condividere ciò che amiamo o ciò che facciamo!»

A quel punto lo imitai prendendo la sua stessa posizione: ora eravamo perfettamente uno di fronte all’altra, potevo guardarlo direttamente negli occhi, mentre mi rispondeva.

«Ho sempre avuto la musica per questo. Se c’era lei, non mi sentivo solo. E soprattutto, la musica non è ipocrita, come gli esseri umani.»

«Ma non sono tutti ipocriti!»

«Quelli che ho conosciuto io, sì.»

«Uhm… ok, allora diciamo che sei stato sfortunato… ma i ragazzi della band non sono ipocriti, stasera ti sei divertito, vero?» qualche altra domandina precisa come quella e il quesito sarebbe stato risolto…

«Sì, è stata una bella serata.»

«E non è bello condividere qualcosa con gli altri esseri umani?»

«Certo che lo è, ma per le relazioni bisogna essere portati. Io non sono socievole come te, non so stare in compagnia, non mi sento a mio agio. Stasera è andata bene perché si trattava dei ragazzi, che conosco da tempo, ma con un altro tipo di compagnia non garantisco che mi sarei divertito allo stesso modo.»

Probabilmente stava alludendo al mio gruppo di amici e la cosa per un attimo mi rattristò, ma lo scopo della serata sembrava pienamente raggiunto, per cui mi focalizzai su quel pensiero appagante senza dare spazio a riflessioni cupe... anche perché Morfeo stava richiamando anche me e non avevo la forza di pensare ancora a lungo!

«Quindi in compagnia del tuo gruppo ti senti bene, a tuo agio, vero?»

«Sì, perché li conosco da tempo.»

«Quindi usciresti di nuovo con loro?»

«Pasi, dove vuoi andare a parare con questo interrogatorio?»

Lo guardai soddisfatta: «Non credi che una band di musicisti che siano anche amici, sia molto più solida e attraente?»

Sul viso di Emile, fece capolino un sorriso di comprensione.

«Sei proprio una strega.»

 

*****

 

 

«Stèèèèè!»

Quella settimana d’isolamento dai miei amici, giunse alla sua fine e il giorno stesso in cui tornarono dalla loro vacanza, mi precipitai a salutare il mio migliore amico. C’incontrammo davanti ad un bar, per prendere qualcosa di fresco e chiacchierare un po’, ma quando lo vidi arrivare, incurante della folla, gli corsi incontro e gli saltai letteralmente al collo, abbracciandolo.

«Quanto mi sei mancato, Testa di Paglia!»

«Anche tu mi sei mancata, Pasi!»

Era stato difficile vivere quella settimana senza i miei amici, la famiglia che avevo scelto per me, ma più di tutti mi era mancato lui, i suoi sorrisi, i suoi abbracci e quell’animo solare che sapeva risollevarmi anche solo respirando la stessa aria.

Durante quella settimana di vacanza, il mio migliore amico aveva provveduto a chiamarmi quasi ogni giorno, per raccontarmi l’andamento delle vacanze. Mi aveva raccontato di quanto fosse grande la casa dei genitori di Rita, del bosco circostante, del paesino tranquillo a pochi chilometri di distanza e di come avesse incontrato tante persone simpatiche. Mi raccontò della prima escursione per i boschi con Sofi, quella più lunga e bella fatta insieme a Rita e quella finale fatta con tutto il gruppo riunito, all’arrivo di Fede.

E non si lesinò dal raccontarmi, seppur per sommi capi, come procedeva il rapporto tra Sofi e Lucien, raccontandomi del giorno in cui il cugino di Emile era stato accanto alla nostra amica, perdendosi l’escursione per prendersi cura di lei, della volta in cui era stato capace di farla giocare ad un videogame e di quell’ultima escursione, in cui Sofi sembrava aver trovato una luce nuova in se stessa, quando una caduta rovinosa di Lucien l’aveva fatta ridere di gusto. Ero contenta che quei due si stessero avvicinando: Sofi aveva i suoi ritmi ed io intromettendomi, avevo solo creato confusione, forzando qualcosa che era destinato a formarsi lentamente.

Non credevo che in quella cronaca giornaliera, Stè avesse tralasciato qualcosa, per cui mi sorpresi quando rivedendoci, tornò sull’argomento.

«C’è una cosa che non ti ho detto, Testarossa.» Ci eravamo accomodati sulla solita panchina del parco, con la nostra bibita fresca in mano.

«Spara allora, che aspetti?» Il suo viso si fece grave e malinconico ed iniziai a preoccuparmi: cosa diavolo era accaduto?

«Durante questa settimana sono stato davvero bene: l’aria era pura e c’era una temperatura fresca che risollevava l’animo… ho pensato a quanto stessi patendo tu qui e mi è dispiaciuto per te!» mi fece un sorriso un po’ malinconico e proseguì «Ma a metà della vacanza, c’è stata una giornata in cui ha piovuto a dirotto tutto il tempo: ero annoiato perché non potevo fare alcunché all’esterno e dovevo restare chiuso in casa, anche se poi Rita mi ha dato qualcosa da fare…» fece una piccola pausa, prima di continuare, come a darsi coraggio: «Il giorno dopo, il cielo è rimasto grigio e cupo e quando mi sono svegliato, mi sono abbattuto nel rivedere quel cielo ombroso… e mi è venuta in mente lei…»

Mi si strinse il cuore in un morsa di ferro: Stè era forte e portato al sorriso, ma sapevo che dentro di sé, il suo cuore era ancora ridotto ad uno straccio. E compresi perché non me ne aveva parlato per telefono: quello era un dolore troppo grande e troppo intimo, dovevamo condividerlo di persona, donandoci il sostegno reciproco, come avevamo sempre fatto.

L’abbracciai senza aprire bocca e lui continuò il suo racconto:

«Non so perché mi sia venuta in mente quella mattina: il giorno prima, tutta quella pioggia mi aveva dato fastidio perché volevo uscire, ma la cosa è finita lì. Quella mattina invece, ho iniziato a pensare che con la presenza di Simona, quel luogo sarebbe stato bellissimo anche con un cielo così triste e pesante. Nel pomeriggio ho fatto una passeggiata nel bosco per cercare sollievo, mi mancava l’aria in casa e ho sperato che una passeggiata nei boschi mi avrebbe fatto bene…» lo sguardo di Stè si fece distante, «… ho trovato una roccia e mi ci sono seduto su ma è stato peggio: ho guardato il paesaggio e ho sentito una fitta nel petto, perché avrei voluto averla accanto a me in quel momento. Ma a differenza di tutte le altre volte in cui ci fantasticavo su, dicendomi che prima o poi ce l’avrei fatta, stavolta sapevo che non avrei più avuto occasioni per provare a dirle ciò che sentivo…» mi strinsi più forte a lui «E sai la cosa più penosa qual è stata? Rendermi conto che mi sarebbe bastato anche solo vederla in lontananza, anche ammirarla da lontano, pur di sapere che fosse ancora viva.»

Testa di Paglia serrò le sue braccia intorno a me, ma tra i due a commuovermi fui io, travolta dal mio dolore e dal suo e dal senso di colpa per non essergli stata accanto in quel momento.

«Stè mi dispiace così tanto… se fossi stata lì, avresti potuto sfogarti con me… invece ti sei tenuto tutto dentro…» Inspiegabilmente, sentii il mio amico sorridere…

«Non preoccuparti per questo, hai avuto una degna sostituta.»

«Rita.»

La nostra amica–mamma era la persona più adatta a cui confidare certi stati d’animo, aveva sempre una parola confortante per tutti. Non dubitai che fosse stata una mia degna sostituta, se non persino più brava di me nel dargli conforto. Anche se l’idea di essere stata sostituita, non mi stava risultando gradevole…

«No Testarossa, non si tratta di Rita… sto parlando di Sofia.»

«EHHHH?!»

Mi staccai sorpresa da quell’abbraccio: Sofia che consolava Stefano, era una scena da universo parallelo! Cosa diavolo le era accaduto? E cosa diavolo era successo tra loro due, per avvicinarsi così?

«Esatto: la nostra piccola Nonna Sofia ha avuto la mia stessa idea e passeggiando per il bosco, si è imbattuta in me e le mie lacrime.»

Il mio sguardo doveva essere allucinato, ma ero soprattutto curiosa di sapere come si fosse svolto quell’evento che aveva dell’incredibile.

«Si è avvicinata a me e mi ha incitato a parlare, mi ha ascoltato e poi mi ha stretto la mano.»

«W-O-W!»

Quel gesto, fatto da qualcun altro sarebbe stato un normale segno di empatia, ma conoscendo Sofi e quanto fosse difficile per lei esternare ciò che sentiva, si trattava di un grande passo in avanti!

Sull’onda di quei pensieri ebbi anche la risposta alla mia domanda: Sofi e Stè erano accomunati da un sentimento inespresso, da un amore che non avevano rivelato e sicuramente la nostra amica, non doveva aver avuto difficoltà ad immedesimarsi nel dolore di Stefano.

«Sono davvero senza parole… Che cambiamento!»

«Già… Sofi sta screscendo… chi l’avrebbe mai detto che ti avrebbe sostituito!»

«Sì, ma non facciamone un’abitudine, eh!? Sono io il tuo padre confessore!» cercai di mantenere un tono ironico, ma dentro di me sentii una forte gelosia, al pensiero che Stè avesse trovato una nuova confidente. Sapevo di essere una persona possessiva e in quel momento compresi che avrei sempre lottato per difendere il mio legame con il mio migliore amico e con tutte le persone che amavo.

Stè mi sorrise e tornò ad abbracciarmi: «Non preoccuparti Testarossa, lo sai che la mia preferita sei tu.»

Come una bambina capricciosa che è stata appena accontentata, sorrisi soddisfatta e m’immersi nuovamente tra le braccia del mio amico, godendomi quel momento di calore umano che tanto mi era mancato.

 





















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NDA  

Posso dirvi che sono quasi emozionata? Eh, posso? Vabbè, ve l'ho detto. 
È trascorso talmente tanto tempo da quando ho pubblicato il capitolo precedente, che stavo dimenticando persino cosa si prova ad aggiornare questa storia. 
In questi mesi non sono stata del tutto ferma: nonostante la mia Musa sia stata bastardissima e molto capricciosa, ho ugualmente continuato a scrivere e tra qualche one-shot da contest e un paio di capitoli sofferti di Love Sucks, ho messo su anche questo che doveva essere l'ultimo di Rosso come il Destino. Ma alla fine, i sei mesi trascorsi dall'ultimo aggiornamento, si sono fatti sentire anche qui, perché questo capitolo 32, è arrivato ad essere lungo esattamente 32 pagine, per cui ho deciso di dividerlo. 
Quindi, posso dirvi in via ufficiale che avete appena finito di leggere il penultimo capitolo. Non credo di allungarmi ancora, come ho già fatto ripetute volte, quando ho annunciato il termine e poi ho continuato a scrivere, perché il prossimo capitolo è praticamente completo, devo solo limare alcune imperfezioni e al massimo, aggiungere dettagli. Ma non credo che possa allungarsi al punto da essere diviso ulteriormente, anche se posso dirvi sin da adesso, che sarà un capitolo bello lungo, anche più di questo. Per cui, se preferite una lettura più breve divisa in due parti, fatemelo sapere e agirò di conseguenza, altrimenti preparatevi ad una lunga lettura (almeno mi faccio perdonare questo ritardo ignominioso!)  :D

Ovviamente, spero che ciò che abbiate letto, vi sia piaciuto e che nonostante l'estremo ritardo di pubblicazione, siate ancora legate a questa storia e non vi siate stancate di attendere. Per me è molto importante, perché è il mio primo figlio e sarò sempre legata ai miei bambini per cui sarei davvero felicissima, se anche voi che l'avete letta, foste legati ad Emile e Pasi e a tutti gli altri personaggi. Spero di non deludervi sul finale e spero che una volta terminata, questa storia rimanga in qualche modo, con voi. Di me, ovviamente, sarà sempre parte, una parte davvero importante e profonda.

Il prossimo (e *sigh* ultimo) capitolo, sicuramente non tarderà come questo, conto di pubblicarlo nel giro di un paio di settimane al massimo. 

E giusto perché sono un grande bradipo e perché tutto ciò che faccio è sempre un po' sofferto, arrivo solo al penultimo capitolo, con le immagini dei miei bambini. Ho impiegato due vite per trovare i visi perfetti per tutti loro e purtroppo, in alcuni casi (per non dire in quasi tutti) ho dovuto armeggiare di Photoshop per rendere l'aspetto giusto (viso, capelli, occhi etc etc) con risultati non sempre eccelsi. La foto che ritrare Francesco e Filippo è abbastanza orrida e conto di cambiarla o di migliorarla, ma almeno, potete farvi un'idea dei volti di quei due. So che sicuramente, arrivati a questo punto, avrete tutte un'immagine precisa di loro, ma almeno, sapete come li vedo io :D 

Questo è l'album in cui potete vedere tutti i volti dei miei bambini:

Rosso come il Destino per immagini - Album Fotografico


Per ora è scarno, ma
conto di riempirlo con altre immagini che rammentino alcuni momenti della storia, oltre a mostrare i volti di tutti i personaggi. 
Hope you Like it ^_^
 

Ah, stavo per dimenticare: se volete sentire, Unforgiven II, la canzone che Emile canta sulla spiaggia (per la gioia di Francesco xD), è  qui sotto, sia in versione originale che acustica (più simile a come l'ha cantata Emile):



*Disclaimer*
A me questa song piace e non ho nulla contro i Metallica, sia chiaro, mi dissocio dalla mia creatura! :P

Buon ascolto ^_^





Angolo dei Ringraziamenti 

Un grazie di proporzioni cubitali, ve lo meritate esclusivamente per la pazienza che avete avuto, nell'attendere quest'aggiornamento. Odio far aspettare, ma purtroppo, la mia Ispirazione è stata davvero pessima, se non inesistente per mesi. 

I grazie più sentiti, vanno come sempre alla mia beta/tomodachi Fiorella Runco, madrina ufficiale di questa storia, che per prima mi ha invogliata a pubblicarla e che ogni volta che legge un capitolo, mi fa sentire come se avessi scritto un capolavoro <3 
Un milione di grazie alle mie sorelline speciali, che hanno letto questa storia sin dall'inizio: Niky, Vale, Concy, Saretta: con le vostre recensioni e l'affetto che avete dimostrato a questo racconto, senza contare la partecipazione emotiva, avrei perso una delle maggiori spinte a continuare. Un grazie infinito non ve lo leva proprio nessuno! Così come un grazie immenso va alla mia Cicci, che ha letto una serie interminabile di capitoli in pochi giorni, rimettendosi in pari con gli aggiornamenti e scoprendo una certa affinità con Emile, che è ormai il suo gemellino (e come  potrei non adorarti per questo, moglie? <3<3<3). 
Un grazie immenso va Dreamer_on_earth e a ThePoisonofPrimula/hitori_janai, che si sono legate ad Emile e Pasi in modo splendido: ogni vostra recensione, mi ha fatto sentire speciale, ogni vostra dimostrazione d'affetto verso i miei bambini, mi ha riempito di gioia. Grazie, grazie, grazie, davvero! <3<3
Un grazie grandissimo va a KiraYashal, la mia adorata admin, perché si è appassionata dal primo capitolo e ha a cuore questa storia al pari di chi l'ha seguita dalla sua nascita. Grazie davvero tantissimo, per il tuo affetto e la partecipazione! 
E un grandissimo grazie, va  a Sheylen, la mia omonima, che sta leggendo questa storia, lasciando puntualmente una recensione ad ogni capitolo,  nonostante i numerosi impegni la tengano lontana dal sito spesso e volentieri. Grazie davvero tantissimo. <3
E grazie tanto ma davvero tanto ad Ana-chan ed Ely, perché anche se si sono fermate nella lettura, so che hanno apprezzato questa storia e che continuano a sostenermi. Grazie sorelline, davvero tanto tanto ma proprio tanto!  
Un grandisimo e immenso grazie va anche ad Airis, una delle mie bloodysisters, che nel giro di tre giorni, ha letto questa storia tutta d'un fiato, facendomi sentire davvero molto, ma molto, ma molto contenta e soddisfatta. Non sai che gioia mi hai dato sister, grazie davvero tantissimo!!!!!

E ovviamente, grazie tantissimo a tutte voi che leggete in silenzio, che avete avuto la pazienza di attendere che aggiornassi, senza abbandonare questa storia e che mi fate sentire in grado di scrivere qualcosa che possa appassionare. (me lo lasciate un ricordo al prossimo capitolo? *me fa gli occhi dolci*) 
Grazie davvero a tutte voi, dalla prima all'ultima!!

demigirlfun Heaven_Tonight, Jude92, lillay, Minelli, samyoliveri, smokeonthewater, Tattii, Thebeautifulpeople., Aly_Swag, firstlost_nowfound, incubus life, JennyChibiChan, kikka_love94, princy_94, Ami_chan, Amy_, Camelia Jay, chicchetta, costanzamalatesta, cris325, Deademia, epril68, georgie71, gigif_95, IriSRock, Iulia_E_Rose, jejiia, KarlyCatt, kiki0882, LAURA VSR, Lilly Aylmer, matt1, myllyje, nicksmuffin, Origin753, petusina Queensol, sel4ever, smile_D, Veronica91, you are special, _anda

Grazie grazie e sempre più grazie!! 

ARIGATOU GOZAIMASU!!!!!!


   
 
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