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Autore: nowtellmeastory    03/10/2012    5 recensioni
Dal capitolo 7:
“Aspetta un attimo Christ –lo interruppe Zacky sgranando gli occhi- ci stai dicendo che abbiamo in casa una ragazzina minorenne scappata di casa, e che se i genitori lo vengono a sapere, finiremo TUTTI nei casini??” Okay, si era incazzato.
Johnny annuì con aria colpevole.
“Oh, ma tu e Matt vi siete bevuti il cervello?!?!” Iniziò a dire.
“Andiamo Zacky, cosa avresti fatto tu al posto nostro?” Ebbe l’istinto di provare a proteggerla. Strano!
“Che cazzo di situazione!” Si mise a ridacchiare Brian.
“E tu Jimmy?? Non dici nulla??” Insisteva Zacky.
“Io.. beh.. a dire la verità io avrei fatto la stessa cosa, Zacky..” il ragazzo era rimasto molto sorpreso dalla giovanissima età di Gwen, ma non riusciva proprio a vederne i lati negativi. Lui vedeva solo una ragazza che andava protetta, e anche se la conosceva da nemmeno 24 ore, poteva dire tranquillamente di volerle bene.
E se volete sapere di più, basta solo leggere! :)
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Matthew Shadows, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 39
 
 

Il giorno dopo mi svegliai completamente distrutta, un po’ per la festa, un po’ per la nottata passata a fare skate. Mi misi a pensare alla sera precedente, fissando il soffitto.
Quando arrivammo lì, ovviamente, essendo molto
 tardi, non c’era nessuno se non un paio di ragazzi che si allenavano e si dividevano una birra. Stavano andando via, quando notarono noi e si avvicinarono freneticamente.
“Ma tu sei Jimmy Sullivan! Il batterista degli A7x!” Jimmy rise e annuì.
“Si, in persona!”
“Cristo Santo! Possiamo avere un autografo?” Aggiunse l’altro, frugando nel suo borsone e tirando fuori un pennarello indelebile, prendendo poi in mano il suo skate.
“Ma certo! Come ti chiami?” Disse il batterista prendendo il pennarello e privandolo del tappo.
“Derek!” Rispose l’altro, mettendogli lo skate sotto agli occhi.
Jimmy firmò con tanto di dedica e poi passò all’altro ragazzo, di nome Cody, facendo lo stesso sul suo skate.
“Grazie mille, sei il migliore!” Disse Cody completamente esaltato, andando via con l’amico che ci salutò agitando la mano. Io avevo assistito passivamente alla scena, ed ero rimasta sbalordita dalla reazione dei due ragazzi.
“Wow.. i vostri fan vi amano sul serio. Osservai sorridendo, riprendendo a camminare.
“Già, sono molto legati a noi, come noi lo siamo a loro. Alcuni, soprattutto quelli che abitano qui ad Huntington, ci seguono da quando suonavamo nei locali per quei cinquanta dollari a testa, e non ci hanno mai lasciato. Senza loro non saremmo mai arrivati qui, a questo punto.” Disse in tutta sincerità. Io annuii e preparai l’attrezzatura, mettendo poi il caschetto.
Inutile dire che solo per imparare la giusta postura ci persi una buona mezz’ora, fra braccia, schiena, gambe e piedi. Iniziai a camminare lentamente su quell’aggeggio, attenta a non cadere, e sembrava anche che stesse andando bene! Ma non appena provai la prima rampa, innocua e quasi piatta, presi la prima caduta, cascando di fianco. Mi rialzai e sistemai i capelli.
“Riproviamo!” Dissi convinta.
“Dai, ti tengo e poi ti lascio.” Salì con me sul bordo della rampa e io stessa mi diedi la posizione. Al mio ‘tre’ lui mi lasciò e io percorsi la rampa in modo molto incerto, ma comunque decente, senza prendere cadute, tranne alla fine, quando persi l’equilibrio.
E così andammo avanti per almeno due ore, fra rampe, cadute, forza per rialzarsi e tanta determinazione. Arrivai al punto in cui non ressi più la stanchezza, e dopo l’ultima caduta, restai distesa sulla rampa per riprendere fiato senza però muovermi.
“Ehy, stai bene?” Jimmy pensava che mi fossi fatta seriamente male, invece stavo solo riposando. Si piegò sulle ginocchia e mi guardò.
“No, no.. –risi col fiato corto- sto bene, sto solo riprendendo aria nei polmoni.”
“Ci fermiamo qui. Hai fatto già dei passi avanti e poi sei stanca, è stata una giornata pesante.” Sorrise e si rialzò, tendendomi la mano. La afferrai e mi tirai su, massaggiandomi poi le gambe doloranti. Skate e tacchi andrebbero coordinati a ore di distanza..
“Concordo, sono distrutta. Però mi sono divertita, grazie.” Sorrisi e gli diedi il cinque, che lui ricambiò entusiasta del lavoro svolto su di me. Tornammo a casa stanchi morti, si può dire che stavamo in piedi per miracolo, così, dopo una doccia veloce a testa, ci rintanammo nelle nostre camere per recuperare le ore di sonno perso.

I miei pensieri furono interrotti dal rumore di un piatto caduto e frantumatosi. Doveva provenire sicuramente dalla cucina, così balzai giù dal letto e corsi di fretta al piano di sotto, per vedere se qualcuno si fosse ferito. Ma in cucina c’era solo Brian che stava armeggiando con i fornelli e con quel piatto, ormai irrecuperabile.
“Ma buongiorno!” Dissi sbadigliando, ancora con gli occhi chiusi e i capelli arruffati.
“Ti ho svegliata io?” Chiese cercando di sembrare sereno e a suo agio in mezzo a quegli oggetti. Mi chinai di fianco a lui e lo aiutai a riprendere i cocci del piatto.
“No, ero già sveglia.” Sorrisi e mi rialzai, posando i cocci nella spazzatura e strofinando gli occhi assonnati.
“Stavo cercando di preparare la colazione, ma non è roba per me. –Si grattò la nuca e fissò il piano cottura. Io cercai di trattenere le risate e ci riuscii a stento, abbassando lo sguardo e stringendo le labbra- So che vorresti ridere!” Mi disse poi mentre si voltava a guardarmi, imbronciato come un bambino.
“Io? No, figurati.” Dissi con un sorrisone. Lui alzò le spalle e prese due tazze, latte, cereali, due cucchiai e andò a sedersi, invitandomi con un gesto della mano.
“Anche stamattina andremo avanti con latte e cereali!” Disse ridendo. Io mi unii alla sua risata e lo raggiunsi, sedendomi vicino a lui e mettendo i cereali nella mia tazza.
“Ma dove sono tutti?” Chiesi aggiungendo il latte.
“Sono andati a prendere delle cose per gli strumenti, corde, piatti, cose così.” Mi rispose mentre gli passavo il latte. Poi aggiunse i cereali e lo guardai.
“Come mai tu non ci sei andato?” Chiesi ancora, iniziando a mangiare.
“Perché io ho un vero e proprio calendario per la cura delle mie chitarre. –Annuì convinto- Ogni chitarra ha il suo giorno di manutenzione e quindi non ho bisogno di svalvolare a destra e manca. E’ tutto ordinato e prestabilito!” Lo fissai col cucchiaio in bocca, inarcando un sopracciglio. Non potevo credere a quello che aveva detto, peggio di un maniaco!
“Mh, capisco!” Dissi poco convinta quando riuscii a riprendermi.
“Com’è andata ieri con Jimmy?” Mi chiese poi, prima di mangiare la cucchiaiata di latte e cereali.
“Bene, ne sono uscita viva ed è già qualcosa.” Mi misi a ridere.
“Hai già deciso cosa farai?” Mi chiese diventando serio, ma sereno, dopo aver fatto due secondi di silenzio.
“Deciderò stasera, dopo aver visto la casa e aver parlato con papà.” Risposi annuendo.
“Forse non si nota, ma posso assicurarti che sono più nervoso di quanto lo sia mai stato in vita mia.” Fece una piccola risata e poi si voltò a guardarmi. Gli accarezzai i capelli e gli sorrisi.
“Non posso permettermi di sbagliare questa volta. E’ il mio futuro.” Gli dissi in un sussurro.
“Lo so.” Rispose lui allo stesso modo.

La giornata passò tranquilla, mio padre venne a prendermi nel primo pomeriggio e insieme andammo alla casa nuova. Mi mostrò la struttura e mi fece vedere la mia stanza, vuota e dalle pareti immacolate. Mi disse che per lui non era un problema, avrei potuto dipingerla come volevo. Passai un po’ di tempo lì a pensare, per qualche ora andai in giro con mio padre per vedere la città e capire come sarebbe stato vivere lì. L’idea non era male. Iniziare una nuova vita con lui, riprendere la abitudini di qualsiasi adolescente, farmi degli amici e magari continuare gli studi, riuscendo così a diplomarmi. Mi sarei impegnata sul serio e avrei reso orgoglioso mio padre, non gli avrei mai spezzato il cuore, mai. E poi dall’altro lato c’erano i ragazzi. Ognuno di loro era diventato una colonna portante della mia vita. Con che coraggio li avrei abbandonati?
“Tesoro, tutto bene?” Mi chiese mio padre mentre eravamo in auto e io mi ero persa con lo sguardo sul paesaggio che stavamo attraversando, fra mille pensieri.
“Si, tutto bene. Domani ti farò sapere cosa ho deciso.” Gli dissi continuando a guardare fuori. Mi prese una mano e la strinse amorevolmente.
“Andrà tutto bene. Pensa solo a te stessa, è la tua vita, non preoccuparti di noi. Pensa al tuo bene.” Mi disse poi, lasciando la mia mano per poter afferrare il volante.
Quella sera a cena restai silenziosa quasi tutto il tempo, fino a che decisi di interrompere i ragazzi con un teatrale colpo di tosse.
“…Cioè, capisci? Hanno dato un goal al giocatore nonostante fosse palesemente in fallo! Cazzo, se questo è spirito sportivo, non oso immaginare cosa andranno a fare ai mondiali!”
“Matt, è così, nello sport non c’è una e dico UNA cosa pulita, tutta la stessa merda!” Tutti erano impegnati a parlare di football e Matt esprimeva con decisione le sue impressioni sull’ultima partita mandata in tv. Tutti avevano idee diverse, forse perché anche le squadre che tifavano lo erano, ma in quel momento, non poteva importarmene di meno, con tutto il rispetto eh! Così, dicevo, quando tossii, tutti si voltarono verso me cercando di capire cosa succedesse.
“Ragazzi.. –dissi tenendo gli occhi sul mio piatto- ho preso una decisione.”
Da un momento all’altro, tutti gli sguardi mi furono addosso, in attesa della dolceamara notizia.

 
 
 
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Mi scuso da adesso per non aver risposto alle recensioni, ma siccome gli impegni come sempre non mi lasciano tempo e mancano due capitoli alla fine, mi sono concessa per comodità (purtroppo) di non rispondere alle recensioni, anche se vorrei. Ma prometto che alla fine farò un'unica grande risposta, sotto l'epilogo.
Per il resto, si, mancano due capitoli (il prossimo e poi l'epilogo) per la fine di questa storia! Cosa ne pensate di quest'ultimo, invece? Anche se non risponderò, sappiate che leggerò una per una TUTTE le recensioni! :)
  
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