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Autore: Koa__    04/10/2012    4 recensioni
«Lui era mio fratello, il mio confidente, il mio migliore amico, il mio compagno, il mio capitano, il mio amante… era il mio T’hy’la, era la persona più importante della mia vita, era tutto il mio mondo!»
[Universo 2009]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James T. Kirk, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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L’imbarazzo di un vulcaniano


Erano da poco passate le sei del mattino quando il primo ufficiale Spock aprì gli occhi, infastidito da un confuso vociare. Il vulcaniano si guardò attorno, stupito dal fatto che avesse dormito tanto a lungo. In genere gli bastavano poche ore per essere completamente riposato ed invece quella notte aveva dormito per quasi sei ore.  
Si mise subito a sedere, notando che ‒ al suo fianco ‒ il capitano ancora dormiva profondamente.

Spock aveva avuto modo di riflettere durante il tempo trascorso nella foresta, aveva capito che Kirk era impaziente di parlare con lui. In effetti, quell’atteggiamento era tipico del suo carattere: Jim era appassionato ed irruente e desiderava avere le risposte alle proprie domande senza indugiare eccessivamente. Quando gli aveva detto che dovevano parlare, però, proprio non era riuscito a guardarlo negli occhi.

 L’imbarazzo che aveva provato quando aveva sentito le parole di McCoy, era stato qualcosa di potente e d’incontrollabile. Il suo stomaco si era contratto, stretto come in una morsa ed una strana sensazione l’aveva pervaso. 
Davvero troppe emozioni, anche per lui. Spock era abituato a provarne, quando era bambino era più volte capitato che la sua parte umana prendesse il sopravvento. Ma, se fino a quel momento era sempre e solo stata la rabbia ad innescare in lui strani meccanismi, ora era qualcosa di ben diverso. Era come se le parole del dottore l’avessero risvegliato all’improvviso.

Qualcosa univa lui e il capitano e Spock sapeva esattamente di cosa si trattava: era il legame. Lo sapeva, doveva essere così, erano giorni che ci pensava e settimane che percepiva distintamente quella strana sensazione alla bocca dello stomaco. Nei momenti in cui lui e Kirk non erano insieme, un fastidio si faceva strada da dentro di lui, appianandosi solo quando erano di nuovo l'uno a fianco dell'altro. Il legame era un qualcosa di eccezionale, di straordinario e lui non poteva credere che si fosse formato proprio con il suo capitano, con Jim. Si trattava di quell’unione fisica e mentale che si formava tra un vulcaniano e il proprio compagno, quel che c’era tra di loro era un niente, un principio, ma Spock non poteva più ignorarlo.
 
 Scivolò fuori dalla tenda evitando accuratamente di fare rumore, inspirò poi a pieni polmoni l’aria frizzante, rimanendo stupito del fatto che gli occhi di tutti fossero puntati su di lui.
«Signor Spock» esordì McCoy con aria divertita, «ha deciso di dare spettacolo?»
Il primo ufficiale guardò il medico senza capire, cosa aveva di sbagliato? Tastandosi il torace, comprese di non essersi vestito: aveva scordato d’indossare la casacca.
«Che succede?» La voce del capitano Kirk interruppe il discorso, mettendo fine alle risate del dottore e allo stupore del resto squadra. Spock si voltò verso il capitano, scoprendo con suo sommo dispiacere che anche Jim era a torso nudo. Non che lui si vergognasse di qualcosa, ma di certo la situazione sarebbe certamente stata equivocata, se lo erano state delle parole e degli sguardi, lo sarebbe statato di certo anche questo. 
«Ah, ora capisco…» commentò Leonard McCoy, sogghignando malizioso.
«Capisco cos…» Le parole del capitano s’interruppero, quando vide lo stato in cui versava il primo ufficiale.
«N-no ecco, noi…»
«Forse è meglio che vi rivestiate» commentò Uhura prima che il capitano scivolasse nuovamente nella tenda, seguito da Spock.
 «Dannazione, Spock!» imprecò il capitano, afferrando la propria casacca. «Non posso diventare rosso in faccia come un idiota, solo perché qualcuno ha accennato al fatto che eravamo seminudi. Io sono il capitano, accidenti e pretendo rispetto dai miei uomini! C’è qualcosa tra di noi? Comunque sia, non sarebbero affari loro.»
Il vulcaniano non ebbe tempo di ribattere, Kirk si rivestì in fretta e furia indossando casacca e stivali e catapultandosi fuori dalla tenda con un'espressione in viso che gli pareva tanto ira. 
«Ha fatto presto, capitano» sentì commentare uno degli uomini della sicurezza mentre lui lo imitava, rivestendosi.

«Smontante il campo!» lo sentì ordinare, con tono perentorio. «Voglio tutto pronto in cinque minuti; Uhura chiami l’Enterprise e gli dica di mandare la navetta uno alle coordinate d’atterraggio. Spock!» gridò mentre lui usciva e si metteva sull’attenti.

Il vulcaniano osservò l’espressione del suo viso con interesse. Interpretare gli atteggiamenti del capitano Kirk non era così facile come poteva sembrare. Il suo viso e i suoi occhi erano lo specchio delle mille emozioni che provava; soltanto pochi istanti prima, Spock era sicuro che Jim fosse imbarazzato per la situazione, ora invece gli pareva arrabbiato. Lo sguardo duro e deciso e la bocca serrata e le mani strette a pugno, erano chiari sintomi d’ira; Spock però conosceva una cosa di lui, una particolarità del suo carattere che l’aiutò a capire. Kirk rispettava molto i propri collaboratori, ma allo stesso tempo pretendeva altrettanto rispetto da parte loro. Non s’immischiava mai nei fatti privati degli uomini dell’equipaggio e ‒ altrettanta riservatezza ‒ pretendeva per sé stesso.

Ora sembrava più preoccupato della reazione dei suoi uomini a quella falsa notizia, che al fatto in sé.
«Se ha bisogno d’aiuto per stipare i campioni prelevati chiami Scotty e gli dica di teletrasportare ogni cosa a bordo.»
Spock annuì con un leggero cenno del capo:
«Tutto è già pronto e catalogato, signore», rispose.
 «Almeno qualcuno che lavora c’è; avete sentito? Forza!» urlò prima di smontare la propria tenda.

 

*

 

Il primo ufficiale Spock entrò nella propria cabina, posando il tricorder sulla scrivania accanto al letto. Si spogliò degli abiti, riponendoli ordinatamente nell’armadio e indossò la vestaglia di seta. 
La stoffa liscia e fresca dava una piacevole sensazione alla sua pelle verdastra e, in una qualche maniera, lo rilassava. Si stese quindi sul letto, osservando il soffitto della propria stanza prima di chiudere gli occhi.

Stranamente si sentiva stanco. La notte precedente aveva dormito per molte ore e quando si era svegliato, accanto al capitano, aveva provato una strana sensazione di pace e beatitudine. Possibile che le parole del dottore l’avessero sconvolto fino a quel punto? Indubbiamente le affermazioni di McCoy l’avevano imbarazzato, il che non era soltanto illogico, ma del tutto insolito. Ciò che gli aveva dato maggiormente da pensare, però, era quella strana sensazione che lo pervadeva; un insolito pensiero fisso… Come se, finalmente, tutto quadrasse. Era come se quel senso di benessere, che sentiva spesso quando era in compagnia di Kirk, avesse finalmente trovato una collocazione logica. Di sicuro erano pensieri da attribuire alla consapevolezza d'avere un legame.

Ci aveva riflettuto a lungo mentre raccoglieva minerali nella foresta ed esaminava rocce con il tricorder. E, nonostante tentasse con tutte le sue forze di sopprimerla, quella sensazione di completezza continuava a tornargli alla memoria, come se Jim Kirk fosse lì: in un angolo della sua mente.

Anche in quel momento, se chiudeva gli occhi e si concentrava, riusciva a percepire il nervosismo e l’inquietudine del capitano. Non era illogico che provasse anche per emozioni del capitano, perché non c’era nulla di più potente del legame, ma ugualmente si sentiva strano. Percepire i senitmenti di Jim, la sua confusione, la sua insicurezza, il suo affetto per i suoi uomini, per la sua nave, per lui... Erano solo sensazioni, echi lontani di sentimenti forti ed appassionati, tuttavia lui li percepiva ugualmente e ne era sconvolto. 

Non aveva idea di come si fosse formato il legame, evidentemente la vicinanza fisica e mentale che avevano avuto in quei mesi, l’aveva fatto nascere e crescere lentamente. Certo, era ancora più strano il fatto che tutto fosse nato proprio da Uhura. Tra di loro c’era stata una bella amicizia, si erano scambiati qualche bacio, ma nulla di più. Per lei non sentiva niente che non fosse stima e profondo rispetto. Nyota era una valida xenolinguista ed una stimata professionista, l’aveva frequentata perché la reputava interessante e, solo successivamente, la loro amicizia era mutata in un tenero sentimento. Quel bacio che si erano scambiati nella sala del teletrasporto, poco prima che lui e Kirk affrontassero Nero, era stato il loro ultimo bacio.

Fare una cosa del genere in pubblico, in quella maniera così umana, era stato inopportuno e Spock aveva faticato a fargli capire quanto era stato inopportuno. Uhura non aveva mai mostrato interesse per la sua metà vulcaniana, per le tradizioni del suo popolo e per la logica. Anzi, ne era infastidita e il più delle volte la infuriava il pensiero di doverci avere a che fare. Era come se Nyota rifiutasse la sua metà vulcaniana, come se accettasse di lui solo il lato umano. Quella sua pericolosa e indomabile metà terrestre che il primo ufficiale a fatica riusciva a domare, era proprio quello che lei aveva voluto.

Di tanto in tanto si soffermava a ricordare quel periodo in cui erano stati compagni, Spock faticava a spiegare il senso del proprio comportamento anche a sé stesso, di certo aveva a che fare con quanto capitato a sua madre e a Vulcano. Lo sconvolgimento emotivo di quel periodo aveva lasciato profondi strascichi, tanto che ancora ne risentiva profondamente.

Successivamente furono le parole del vecchio Spock a convincerlo ad imbarcarsi sull’Enterprise. Nei suoi intenti c’era stata la volontà d’unirsi alla congrega vulcaniana, ma le parole del vecchio ambasciatore l’avevano in qualche modo colpito. Quella frase circa la sua amicizia con Kirk ancora gli ronzava in testa; che si stesse riferendo al legame? E che il vecchio sé stesso già sapesse che la loro unione si sarebbe ugualmente formata, nonostante gli sconvolgimenti causati da Nero e dalla sua armata?
Indubbiamente qualcosa di potente lo legava a Jim, qualcosa che non era minimamente paragonabile alla tenera amicizia che aveva condiviso con Uhura. Le risposte alle sue domande potevano essere svelate e, se il vecchio ambasciatore era al momento irreperibile, Nyota l’avrebbe certamente ascoltato.


Il primo ufficiale accese con attenzione le piccole candele profumate che teneva riposte nel cassetto della scrivania, le posò quindi a terra accanto al grande cuscino color porpora che usava per la meditazione. Vi si sedette sopra, chiudendo gli occhi ed inspirando profondamente.
 
Aveva bisogno di meditare!

 

*



Il tenente Uhura uscì dalla cabina del capitano dirigendosi verso il ponte di comando. Aveva consegnato un messaggio di priorità uno da parte dell’ammiraglio Pike ed ora s’apprestava a far ritorno alla propria postazione. Ciò che era successo in missione aveva notevolmente cambiato la sua visione d’insieme. Era come se si fosse risvegliata da un lungo sonno, una sorta di stato di grazia che l’aveva fatta sperare a lungo che, un giorno o l’altro, Spock sarebbe tornato da lei. Nonostante si sentisse sollevata di sapere finalmente la verità, il suo cuore ancora stentava a credere a ciò che aveva visto. Quello sguardo scintillante che era passato come un lampo nelle iridi di Spock, le aveva fatto comprendere ogni cosa. Il suo amato vulcaniano guardava il capitano Kirk nello stesso identico modo in cui lei aveva guardato il suo uomo, durante tutta la durata della loro storia.

«Tenente Uhura.» La voce profonda di Spock la fece sussultare, Nyota si voltò verso il proprio superiore stupendosi della strana luce che c’era nei suoi occhi. Ad uno sconosciuto poteva sembrare il solito insipido vulcaniano, ma Uhura lo conosceva abbastanza bene da sapere che qualcosa lo stava turbando, qualcosa che, probabilmente, aveva a che fare con ciò che aveva detto a McCoy la sera precedente.
«Sì, signore» rispose, mettendosi sull’attenti.
«Tenente, vorrei parlare con lei circa quanto affermato ieri sera al dottor McCoy» disse, serio.
«Ieri sera?» domandò in risposta.
«Gradirei sapere dove ha reperito le informazioni circa la mia presunta relazione con il capitano Kirk» spiegò il vulcaniano.
 
A quell’affermazione, il primo ufficiale, vide qualcosa cambiare nell’espressione di Nyota.
«E posso sapere il motivo per cui ora vieni da me a chiedere spiegazioni?»
«Credo di non comprendere» rispose Spock, confuso.
«Non mi parli da mesi, tanto che non ho fatto altro che chiedermi perché mi avessi lasciata senza dirmi una sola parola. E ora tu vieni a chiedermi delucidazioni su qualcosa? Se non conoscessi voi vulcaniani, direi che mi stai prendendo in giro».
«Mi pare ovvio che tu sia arrabbiata per la fine della nostra amicizia.»
«E per quale motivo non dovrei esserlo? Mi hai lasciata senza dirmi nulla e la “nostra amicizia” è finita senza che nemmeno me ne rendessi conto. Semplicemente sei sparito nel nulla! E la cosa ridicola è che solo ieri sera, guardandoti con Kirk, mi sono resa conto dei veri motivi; volevi sapere dove avevo reperito le informazioni? Ti ho guardato negli occhi e mi è bastato vedere come si illumina il tuo sguardo quando lo c’è lui, per capire che ne sei innamorato. Non sei poi tanto bravo a nascondere le tue emozioni, il che è ridicolo considerando il fatto che passi la gran parte del tuo tempo libero a meditare per sopprimerle. E ora, comandante, se permette, devo tornare alla mia postazione.»
 

Girando su sé stessa, Uhura imboccò il corridoio alle sue spalle sparendo poi nel turbo ascensore. Aveva esagerato? Probabilmente sì, ma poco le importava; da tempo voleva sapere e quando se l’era trovato davanti, in tutta la sua algida bellezza, non era proprio riuscita a trattenersi.
 

 

*

 

Spock rimase solo nell’affollato corridoio, poco lontano dalla cabina del capitano. Conosceva piuttosto bene il carattere di Nyota e sapeva che, quando desiderava ardentemente qualcosa, la otteneva. Sapeva anche quanto fosse passionale, ma d’altronde la passione era il sentimento che contraddistingueva la stragrande maggioranza degli esseri umani; la sua rabbia era quindi del tutto comprensibile, anche se illogica.

Certo lui non l’aveva fatto apposta, semplicemente era stato preso da altro. Per tutti quei mesi era vissuto in una sorta di bolla di sapone in cui c’erano solo lui e Kirk; per il vulcaniano era esistito solo lui e ora ne pagava le conseguenze.

Come aveva potuto non accorgersi della nascita legame? 
Ed ora, come poteva provare tutto quell’imbarazzo?
 
«Capitano Kirk a comandante Spock.» La voce del capitano, proveniente dall’interfono, gli fece inverdire maggiormente le guance. 

Doveva risolvere quella situazione al più presto.


Continua…


Il titolo è ovviamente retorico e il capitolo, per quanto io abbia accentuato le reazioni di Spock, si tratta comunque di reazioni e sentimenti emersi in maniera infinitesimale. Almeno per un occhio distratto… essendo lo Spock del film e non quello della TOS, l’ho creato leggermente più incline ai sentimenti e all’esibizione dei sentimenti, proprio come lo vediamo nel film.
   
 
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