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Autore: Raven Callen    04/10/2012    2 recensioni
Quella maledetta guerra non faceva che seminare morte e distruzione.
Dawn era li, schierata insieme agli altri, piccola Corvonero che attendeva come tutti.
Internamente pregava che quella logorante attesa non finisse mai, che si dilatasse all’infinito, e al tempo stesso che cessasse.
Sentiva ogni secondo bruciato arderle sulla pelle come fosse cenere che andava man mano a ricoprirla, che la avvicinava a quella che, forse, sarebbe stata la sua ultima ora di vita.
Genere: Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dawn
Note: AU, Movieverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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It’s the moment of truth
And the moment to lie
And the moment to live
And the moment to die
 

 
Ancora pochi secondi.
Era quasi il momento di uscire dal castello.
O, per meglio dire, dalle macerie di esso.
 



Heather, in prima fila, si stava dirigendo a passo deciso verso il portone, fiera e letale come un demone dell’inferno.
Sicura. Decisa.
Il mantello, logoro e sbrindellato, frustava l’aria dietro di lei.
I capelli, solitamente sciolti e liberi, erano legati in una crocchia da cui sfuggivano diverse ciocche.
Dal maglione verde oliva spuntava una camicia ingrigita da polvere e calcinacci, con qualche strappo qua e la.
La sua camminata era regale, impettita e determinata.
Nonostante fosse reduce da uno scontro piuttosto cruento aveva il fascino di una pantera.
Da un angolo buio una mano bronzea la prese per un braccio e la trascinò all’ombra di un angolo.
Facile per lei indovinare a chi appartenesse.
- Chica..-
Alejandro Burromuerto. Ovviamente. Solo a lui poteva appartenere quella pelle calda, forte, che profumava di inganni e secondi fini.
Ma c’era qualcosa di diverso stavolta. Paura? Ansia? Protezione?
Non sapeva dirlo.
- Lasciamo subito, Cascamuerto, ho una battaglia da vincere.- sibilò con un tono imperioso.
La presa di Alejandro si fece più salda.
- Heather, non giocare! Questa è la resa dei conti, potremmo non vivere abbastanza a lungo da vedere l’alba di domani.- la sgridò severo, come mai prima d’allora.
La Principessa delle Serpi sembrò perdere per un attimo tutta la sua aria di superiorità.
In fondo, anche lei aveva paura.
Ma non l’avrebbe mai ammesso…
- Lo so.. Ma non mi arrenderò senza combattere! Farò rimpiangere a quei maledetti di essere nati! Li torturerò finché non imploreranno pietà strisciando ai miei piedi, e ancora non sarà abbastanza..-
La risata tonante dell’ispanico rimbombò nell’aria.
- Non cambi proprio mai, chica, nemmeno in situazioni come questa. Sei sempre la solita strega senza cuore.-
Il ghigno dell’asiatica sembrò graffiare l’aria, come se avesse ricevuto un complimento.
- a te, invece, che succede? Dov’è l’Alejandro che fino a due giorni fa diceva di odiarmi, che era solo strategia e che mai avrebbe amato una calcolatrice come me? O forse hai detto “stronza”, ora non ricordo. – e si sfiorò le labbra, con finta espressione innocente.
Aveva colpito nel segno, come sempre.
Burromuerto imitò il ghigno di lei, per non darle soddisfazione.
Ingoiò il boccone amaro, perché sapeva di aver detto solo bugie prima di quel momento.
Lui stimava Heather, l’unica che era riuscita a tenergli testa.
L’unica capace di metterlo nel sacco. Era una sfida continua.
Di fargli provare cose che non aveva mai provato per nessun altra.
Si, quella era la donna giusta per lui.
- potrei non avere più occasioni dopo questa, quindi smetterò di mentire.- disse portandosi ad una spanna da lei. – solo per oggi, solo per ora.-
- che intenzioni hai, razza di spagnolo smielato?-
- secondo te?-
- Non azzardarti!-
- Altrimenti?-
La faccia dell’ispanico era di pura sfida.
- Ti mollo un ceffone e un calcio nei cosiddetti!- rispose lei, pronta, con aria bellicosa.
- Scommettiamo?-
Le labbra di Alejandro si scontrarono con quelle di Heather che, nonostante le minacce precedenti, non lo colpì, anzi, si aggrappò a quel contatto con una disperazione quasi selvaggia.
Nessuno sembrava badare a loro, nessuno si era accorto di quello che poteva essere il loro primo e ultimo bacio.
Non era passato neppure un minuto quando si staccarono, perché loro erano così.
Vivevano attimi assai brevi ma intensi.
Nessuno dei due si sarebbe dimenticato quei secondi, mai.
- ho vinto chica, adesso voglio il mio premio.-
- cosa vuoi da me?-
- strapparti una promessa.-
Con lo sguardo l’asiatica lo invitò a continuare.
- Prometti che sopravvivrai, a qualsiasi costo.-
Lei fece per rispondere con qualcosa di velenoso e acido. L’ennesima bugia. Ma non lo fece.
- vale lo stesso per te. –
In quella promessa reciproca trovarono il calore di un “ti amo” che l’orgoglio impediva loro di pronunciare.
Si scrutarono, potenti titani, poi la calcolatrice scivolò via e sparì.
 
 
 




- Tranquilla, piccola, vedrai che andrà tutto bene.- disse Geoff, sorridendo alla sua ragazza, ora stretta al suo petto.
E piangeva, Brigette, costretta a combattere una guerra non sua.
Piangeva piano, gemiti appena udibili.
Era una cosina piccola piccola, lei, stretta contro il suo ragazzo.
Geoff la voleva proteggere da tutto il male che si stava rovesciando addosso alla loro placida esistenza.
Insomma, non avevano fatto niente per meritarsi quella sciagura.
- ne sei sicuro?- pigolò lei, stringendosi alla sua camicia.
- sicurissimo. Vedrai, finirà presto. Quando sarà tutto finito ti porto in quell’hotel sul mare dove abbiamo passato le vacanze l’anno scorso.-
E intanto le accarezzava i capelli spettinati.
- promesso?-
- promesso.-
E Brigette si lasciò rincuorare, finse di non sapere che non sarebbe finita presto, che non era certa di essere ancora viva, quando tutto sarebbe finito.
Non voleva pensarci, stava già abbastanza male, voleva illudersi ancora un poco.
Geoff sospirava, senza farsi udire.
Strinse un pochino la presa, per evitare che Brigette lo vedesse in viso.
Per evitare che capisse quanto era falsa quella promessa, quanto fragile fosse.
E stava male, perché stava mentendo alla sua ragazza, ma lo faceva per il suo bene.
- ti proteggerò, Brigette, a qualsiasi costo.-
La surfista, a quelle parole, ricominciò a piangere ancora più disperatamente.
Dalla realtà non si può sfuggire.
Non è possibile aggrapparsi in eterno ad  una bugia.
 





 
- nervosa, Principessa?-
Courtney lanciò un occhiata truce all’arrogante Serpeverde al suo fianco.
- Cosa vuoi Duncan?-
- niente, volevo solo stuzzicarti un po’.- rise, divertito e strafottente come al solito.
- Idiota.- sputò lei, tra i denti.
Per un po’ ci fu solo il ghigno di Duncan e la sua risata.
Poi tutto divenne intollerabilmente serio.
- sei pronto?- chiese Courtney, lo sguardo perso nel vuoto di fronte a se.
Lui finse di non aver capito.
- per cosa?-
Entrambi sapevano che stava mentendo, ma non ci badarono.
- a combattere. –
- tu lo sei?-
- no. -
 
Il teppista non si aspettava una risposta del genere, non da lei.
Cavoli, lei era l’orgogliosa, coraggiosa, inarrestabile Courtney! La saccente So-tutto-io che aveva i voti più alti di tutta Hogwarts.
La migliore in tutto, con uno spiccato talento per gli Schiantesimi e Fatture varie che Duncan aveva avuto modo di sperimentare sulla propria pelle.
Vedere che lei, la più determinata e imperturbabile della scuola, non era pronta metteva una certa paura addosso a Duncan.
Dava l’impressione che non ci fosse più speranza.
 
- no, non lo sono.-
Sospirò, abbandonando la testa fra le mani, le dita che si massaggiavano le tempie in cerchi concentrici e ripetitivi.
Qualcosa si era impossessato di lui, si ripeté Duncan nei minuti a venire, perché si era ritrovato ad abbracciarla senza neanche accorgersene.
Incredibile che l’avesse fatto. Incredibile che Courtney non si fosse scostata.
Incredibile che li, l’una tra le braccia dell’altro, si trovassero così maledettamente bene.
- andrà tutto bene.- e Courtney si ritrovò a fissarlo in quelle iridi di ghiaccio, sorpresa. – te la caverai alla grande.-
- lo dici come se fosse un esame. Chi ti dice che ne sia capace?-
- Me lo ha riferito l’occhio nero che mi hai causato due mesi fa, quando mi hai Schiantato contro quel libro di Divinazione. Sono i Mangiamorte, qui, che devono avere paura.-
E Duncan si sentì fiero di se quando la udì ridere.
- Non appena avremo preso a calci quegli idioti, ti va di cenare con me?-
La ragazza strabuzzò gli occhi, incerta se considerarlo uno scherzo o meno.
- Ma.. tu sei un Serpeverde e io una Grifondoro. Siamo diversi.-
- E allora?-
La ragazza aprì la bocca, ma la richiuse poco dopo.
Duncan aveva ragione.
- Tu devi prima uscirne vivo, e poi ne parliamo.-
- Magnifico, ti aspetto al Paiolo Magico alle sei.-
La risposta che ottenne fu una sberla in piena fronte.
Ma non c’era problema.
Andava bene così.
 
 





- tutto bene, Gwen?-
La gotica sorrise a quella voce.
- Si, tutto bene. -
- Non preoccuparti, tesoro. Se qualcuno si azzarda anche solo a sfiorarti ci pensa  Leshawna a cambiargli i connotati.-
Sorrisero entrambe, rincuorate.
- andrà tutto bene, tranquilla. Non devi temere niente.- si aggiunse un ragazzo alle sue spalle.
- Trent.. Grazie.-
Non sapeva cosa rispondergli, lei. Non sapeva cosa bisognava dire, per rincuorarlo, prima di una battaglia.
- cerca di non farti ammazzare.-
- Me la caverò.-
Il chitarrista prese a frugare nelle tasche del mantello.
- tieni.- disse poi, porgendole una collana con un ciondolo a forma di frullatore. – l’ho trovata sulle scale. Penso che tu voglia riaverla.-
- come fai a sapere che è mia?- non riusciva, Gwen, a nascondere la sorpresa nella voce.
Trent non disse nulla, le sorrise enigmatico.
- ci vediamo dopo, allora.-
E fece per andarsene.
- aspetta!-
Neanche se n’era accorta di averlo afferrato per un lembo della manica.
- voglio che la tenga tu. – sorrise, porgendogli il ciondolo.
Rimasero a fissarsi, lei che gli offriva la collana e lui con la mano protesa per afferrarla.
Si sentiva strana, Gwen, come se non fosse a pochi minuti da una sanguinosa battaglia, ma semplicemente in uno di quei parchi babbani in cui si rifugiava quando tornava per le vacanze estive, o nei corridoi della scuola.
Trent le dava un senso di normalità che non riusciva a spiegarsi.
- Vorrà dire che te la restituirò a combattimento concluso.- e rise, passandosi una mano tra i capelli.
Rise anche lei.
Era una promessa, quella.
Una promessa sincera. Una promessa di vita.





Angolo della pseudo-autrice:

Salve! Ecco a voi il secondo - sudato.- capitolo.
L'ho scritto e sistemato a tempo di record e ne sono molto soddisfatta (spero piaccia anche a voi)
Il pezzo del brano è della stessa canzone del capitolo precedente:
diciamo pure che tutta la storia (o quasi) ha come sottofondo codesta canzone.
Spero che vi piaccia a tal punto da spingervi a lasciare un commento, anche piccolo.
Per un'autrice in erba come la sottoscritta *indica se stessa con un sorrisone a 32 denti* i vostri commenti sono preziosi.
  
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