Capitolo
2 – Seriamente?
Bellatrix
si lamentò parecchio, non ne voleva sapere di partire
subito, diceva che
necessitava di riposo, dopo quella giornata passata a servire il suo
signore.
Le urlai un po’ in testa, ma fu inutile, si
impuntò e sembrava proprio fosse
peggio di ogni bambino capriccioso. Infantile come molte persone al
mondo,
immatura e soprattutto una psicopatica di prima categoria. Gliene avrei
volentieri consigliato uno buono, ma appena provai a dirglielo mi
urlò contro
che non avrebbe mai e poi mai voluto avere a che fare con i
‘babbani’. Shockata
le chiesi che cosa significasse, visto che mai prima d’allora
avevo sentito
quella parola, e lei altrettanto sorpresa, con tono da schizzopatica mi
spiegò
che i babbani erano i comuni esseri umani, ciò che ero
anch’io tempo addietro, che
non avevano poteri magici.
Avrei
voluto chiedere quale storia ci fosse dietro la magia, ma evitai, anche
perché
ero piuttosto certa che lei prima di tutto non la sapesse; secondo, era
inevitabile sentirla gridare istericamente di nuovo, mentre mi diceva
che non
me la voleva raccontare. Senza la prima non ci sarebbe potuta essere la
seconda, quindi tanto di guadagnato per me!
Dovetti,
alla fine, lasciarla riposare per un paio d’ore, ma non la
persi di vista
nemmeno un secondo, così come tenni d’occhio anche
Lucius e Narcissa. Non si
dovevano nemmeno azzardare a fare una qualche stronzata,
perché se la sarebbero
vista davvero brutta, soprattutto con me.
Allo
scoccare delle due ore, la svegliai, e piuttosto bruscamente.
Con
un calcio la spinsi giù dal letto, e lei rotolò
per terra gemendo per il
dolore; ed io, da stronza quale ero, ridevo come una matta alla vista
di quella
scena. Avevo la sensazione che avrei potuto seriamente metterla in
croce e
divertirmi a sue spese, in un modo o nell’altro, senza
però fare in modo che mi
mandasse a fanculo e provasse a fare una qualche cazzata. Non
perché mi sarebbe
dispiaciuto togliermi davanti quella montata, quanto per il fatto che
sua
sorella Narcissa parve davvero spaventata all’idea che
potessi ferirli ed
ucciderli tutti senza batter ciglio; sentivo che a lei importava
davvero delle
persone che la circondavano, e francamente anche a Lucius. Il problema
presumevo fosse che si erano chinati ad obbedire a questo
‘signore oscuro ‘, di
cui non vollero darmi informazioni, se non quella evasiva del
‘è il mago oscuro
più potente del mondo ‘. Non ebbero nemmeno il
coraggio di pronunziare il suo
nome.
La
cosa mi sembrava alquanto strana e sospetta, come potevano temere quel
mago
sino a quel punto? Era davvero così terrificante,
così carismatico e così
potente da non poter fare nulla per fermare la sua sete di potere? Ci
pensai un
po’ su, poi mi resi conto che non era affatto affar mio,
anche perché mi
servivano i Mangiamorte soltanto per riavere Nessie. Fine della storia,
avrei
poi abbandonato il mondo magico e sarei ritornata a casa, con la
piccolina, ed
avrei finalmente potuto rivedere il sorriso di Edward ed anche quello
di Bella.
Ah, per non parlare di quello del cagnolino domestico che Esme non
faceva altro
che accudire di continuo, mentre io la fissavo contrariata. Non
sapevamo più
come sedarlo, quel cane randagio che non era altro! Fummo costretti a
sorbirci
la sua asfissiante puzza, anche se gli altri bene o male lo
sopportavano, io
però proprio non potevo! Era insopportabile! Poi
piagnucolava di continuo, che
rivoleva la ‘sua’ Renesmee: maledetto lui ed il suo
cavolo di imprinting! Ma
proprio con mia nipote doveva avercelo? Ho sempre cercato di vedere il
lato
positivo della cosa: nonostante quel cane rognoso non mi fosse
chissà quanto
simpatico, dovevo ammettere che sarebbe stata una forte spalla sulla
quale la
bambina avrebbe potuto appoggiarsi o piangere, e l’avrebbe
difesa a qualunque
costo. Lo ammiravo, per questo, avrebbe avuto il coraggio di perdere
persino la
propria vita per salvare quella di Nessie. Ah, beh, sicuramente la vita
della
piccola era più importante e significativa della sua
ignobile esistenza!
No,
proprio non potevo smettere di odiare il fatto che fosse un lupo, e che
i suoi
amici avevano provato a far del male al mio Emmett.
Emmett.
Dio, come mi mancava. Avrei voluto dirgli due paroline, sapevo che mi
avrebbe
accompagnata in quel viaggio; lui era la mia di spalla, la
più forte e robusta
dell’intero pianeta. Mi vantavo sempre di averlo al mio
fianco, di sapere che
apparteneva solo e soltanto a me, per sempre. Lui era l’unica
ragione per la
quale non avevo provato, in qualche modo, a farmi ammazzare dai
Volturi, così
come ci aveva provato Edward dopo che gli dissi che Bella era morta.
Proprio non
sapevo tenere la bocca chiusa, col tempo fortunatamente avevo imparato.
Il
bello dell’eternità è che si ha tutto
il tempo che si vuole a propria
disposizione, perché tanto anche se passa, non ti corre di
certo dietro; sei
immune ad esso. La parte peggiore è, ovviamente, la
sensazione del rimanere
immutabile, sempre uguale, senza mai invecchiare nemmeno di una virgola.
‘Ma
sei impazzita!’ – mi ringhiò contro
Bellatrix, cercando invano la sua
bacchetta. Questo non fece altro che farmi ridere malefica
più che mai, sempre
di più, mentre lei mi fissava offesa ed arrabbiata come
probabilmente non era
mai stata prima d’allora.
‘Muoviti, dobbiamo andarcene ‘ – dissi,
smettendo di ridere ma non di sorridere
soddisfatta; ormai ero sicura del fatto che avrei potuto torturarla
come mi
pareva, e che mi sarei divertita parecchio nell’osservare le
sue reazioni.
‘Io
ti ucciderò, prima o poi ‘ –
sussurrò tra sé, ma io la sentii comunque grazie
al mio udito; mi girai e la guardai, visibilmente incuriosita.
‘Prima
ancora di riuscire a trovare una maniera per farmi fuori, sarai
già morta e
sepolta, Bellatrix. Evita, è meglio per tutti, ed ora
sbrigati, ho una nipote
da riprendermi’ – la incoraggiai a camminare e
farmi strada, siccome non mi
avevano di certo portata a fare il giro di perlustrazione della casa. A
parte
il fatto che era grande, poi non ero interessata a vedere quella cupa
ed oscura
casa; più la guardavo, più pensavo alle parole di
Bella e sorridevo
automaticamente. La stupidità umana non aveva di certo
limiti; eppure anch’io,
una volta, ero umana, e se avessi dovuto pensare ai vampiri avrei
immaginato
una casa del genere, buia e piena di bare, dove avrebbero dormito o
sepolto le
ragazze delle quali si erano nutriti.
Ogni
giorno che passava, ero sempre più fiera di aver scelto di
essere ‘vegetariana’
con i Cullen; Carlisle mi aveva rovinato la vita, ma allo stesso tempo
mi aveva
salvata. Io la vedevo così, nonostante il suo unico scopo
era quello di
salvarmi e di non farmi morire così, ero giovane, bella e
piena di sogni. Dopo
la trasformazione i miei sogni cambiarono, e devo dire che non mi ci
volle
molto a realizzarli.
Scendemmo
le scale di casa Malfoy, poi uscimmo in fretta e vidi Bellatrix
agganciare a
volo una scopa, che sicuramente era volante.
‘Dovrei
farti salire sulla mia scopa? Nah, non se ne parla’
– domandò la psicopatica, e
si rispose anche. Prima che potesse dire altro, la precedetti.
‘Ho
il mio Thestral, non ti preoccupare proprio, psico’
– le affibbiai quel
diminutivo, constatando il fatto che avrei dovuto chiamarla sempre
psicopatica
e quasi mai Bellatrix, era meglio psico. Lei mi guardò in
cagnesco, poi scrollò
le spalle e montò sulla scopa, mentre piuttosto in fretta mi
avvicinai al mio
cavallo alato e ci montai sopra; quest’ultimo volò
ed io gli ordinai di seguire
quella pazza sulla scopa volante. Sicuramente il cavallo avrebbe riso a
crepapelle, se solo avesse capito sul serio i miei rimandi alla pazzia
di
Bellatrix, ma dovetti accontentarmi di ghignare da sola.
Anche
sulla scopa mostrava di essere senza ritegno: volava a tutta
velocità, quasi
nemmeno sapesse che esisteva il pericolo e che avrebbe potuto
tranquillamente
cadere o andare a sbattere contro qualcosa, semplicemente volava in
fretta e
rideva, rideva e rideva ancora. Sbuffai, stanca di sentire
quell’isterica
risata.
‘Puoi
smetterla di fare la gallina e chiudi quel becco che ti ritrovi,
psico?’ – le
urlai, nel tentativo di farmi sentire; un tentativo che,
fortunatamente, andò
in porto subito. Lei mi guardò irritata e, per dispetto,
continuò a ridere per
un bel po’. Sospirai, capendo che le buone maniere che
Carlisle ed Esme mi
avevano insegnato, mi sarebbero servite a ben poco con lei, nonostante
fosse
costretta a sorbirmi e a portarmi da quegli stronzi che avevano Nessie,
così dissi
al cavallo di andare più veloce e raggiungerla. Non appena
lo feci, non potei
evitare di darle uno scappellotto, facendola ringhiare, incazzata come
una
belva.
‘Ti
ho già detto di smetterla, e non mi piace
ripetermi’ – le stavo praticamente
svelando e mostrando, senza farmi alcun problema, tutti i lati peggiori
di me,
e lei non faceva altro che adeguarsi perché, alla fin fine,
nonostante
appartenesse ad una specie ben peggiore di me, aveva lo stesso
carattere
ribelle. Ma era decisamente cento volte più psicopatica e
schizzata di me;
soprattutto, però, era cattiva.
Di
nuovo fece per prendere la bacchetta, come di consuetudine, ma non
trovandola
si innervosì ulteriormente e spinse sia me sia il cavallo.
Offesa ed irritata
dal suo gesto, presi la sua bacchetta e feci per spezzargliela: non che
volessi
farlo davvero, ma lei doveva credere che l’avrei fatto senza
pentirmene
affatto. Doveva starsene buona, i maghi oscuri mi avevano creato
già abbastanza
guai e non ne volevo altri. Mi serviva soltanto sistemare la pessima
situazione
che avevano creato, cercando di far uscire vivi tutti, così
pace e amore ai
nostri due mondi, che sarebbero tornati ad essere ben distinti e
separati.
‘NO!’
– urlò lei, tentando di afferrarla, ovviamente
invano.
‘Smettila
di provocarmi in tal modo, Bellatrix,
non gioverebbe a me e nemmeno a te ‘ – anche io ero
testarda e volevo sempre
vincere, prevalere sugli altri, essere la migliore, eppure lei mi
batteva di
gran lunga sulla testardaggine. Era persino più ribelle di
me, non voleva proprio
sentir ragioni, mentre io rimanevo ad ascoltare, seppur controvoglia.
Lei
mi ringhiò contro, e sicuramente seguirono delle mentali
imprecazioni che si
astenne dal pronunziare ad alta voce; non era così stupida,
allora, un minimo
di intelligenza ce l’aveva. Forse. Avevo ancora parecchi
dubbi a riguardo, però
non mi interrogai oltre, quella volta.
Volammo
per circa un’ora, prima di scendere in uno strano posto, nel
bel mezzo di una
foresta che somigliava vagamente a quella che avevo precedentemente
visto ad
Hogwarts, quando il guardiacaccia, Hagrid, era andato a procurarmi il
Thestral.
Scendemmo
in mezzo agli alberi; Bellatrix lasciò cadere la scopa al
suolo, poi mi guardò
contrariata e mi porse la mano.
‘Mi
serve la bacchetta’ – disse semplicemente.
‘Perché
dovrei dartela?’ – chiesi, allora. Se non mi avesse
dato spiegazioni, non
gliel’avrei data, non ci avrei nemmeno pensato.
‘Vuoi
rivedere quella bambina si o no?!’ – mi
sbraitò contro, stufa dei miei
atteggiamenti. Almeno eravamo in due a non sopportarci, eppure
rimanevamo lì.
‘Spiegami
perché ti serve la bacchetta’ – mi
sembrava impossibile arrivarci, proprio non
capivo a cosa le servisse e non mi fidavo abbastanza da donargliela.
Avrebbe
potuto fare qualunque cosa, ed io avrei dovuto stare
sull’attenti, pronta a
balzarle sul collo ed ucciderla. Ma avrei, poi, perso
l’opportunità di rivedere
mia nipote.
‘E’
incantato, il luogo in cui dobbiamo andare. Devo farmi
riconoscere’ – mi
rispose, sbuffando e cercando di tenere la calma. Aveva smesso di
ringhiarmi
contro, ed apprezzai leggermente la cosa; potendo la cosa essere
effettivamente
possibile, decisi di darle la bacchetta, ma non prima di averle fatto
una
piuttosto ovvia raccomandazione.
‘Non
appena hai finito me la ridai, o magari me la riprendo con la
forza’ –
l’informai, scrollando le spalle e guardando attentamente
ogni suo singolo
movimento. Lei sbuffò, mentre si alzava la manica di quello
strano giubbotto di
pelle che indossava sopra quello strano abito nero. Era tutta vestita
di nero;
ma un po’ di colori no, eh? Non avrebbero fatto male a questi
maghi i colori..
potevo capire che erano ‘oscuri’, però
non credevo che manifestassero con il
nero ovunque la propria oscurità! Era una cosa strana,
contorta, così ovvia e
semplice, eppure non la capivo, non me ne capacitavo affatto.
Notai
uno strano tatuaggio (di che colore? Nero, ovviamente!) :
c’era un teschio
sopra, un serpente sotto. Ero tentata dal chiedere cosa fosse, ma
preferii
farmi una mia idea; pensai quindi che fosse una specie di marchio che
ogni
Mangiamorte possedeva, il problema era che non capivo a cosa servisse.
Il
semplice riconoscersi era troppo scontato e banale.. forse era un
tributo al
loro signore, o chissà cosa.
Bellatrix
puntò la bacchetta sopra di esso, chiudendo gli occhi ed
alzando il capo,
rivolgendolo verso un albero situato di fronte ad essa, poi
pronunciò ad alta
voce una strana parola, che classificai in seguito come un incantesimo.
Dal
nulla, si aprì un varco, e mentre il varco si apriva
l’albero si spostò,
facendo tremare la terra sotto i nostri piedi; approfittai degli attimi
di
concentrazione di Bellatrix, non rivolta ovviamente a me, per sfilarle
rapidamente la bacchetta dalle mani. Ormai aveva smesso di puntarla, il
varco
si era aperto, non le serviva più, decisamente. Lei mi
guardò in cagnesco.
‘Seguimi
senza fiatare’ – disse – ‘Mi
metterai nei guai, altrimenti, e sarà peggio per
te e tua nipote’.
Annuii senza fare
polemiche, e mi
limitai a seguirla.
Non
potei fare a meno di spalancare la bocca e guardarmi attorno, dopo
essere
entrata in quel varco: mi si parò dinanzi un castello grande
quasi quanto
quello di Hogwarts, delle bandiere con i teschi. Ma non fu di certo
quello a
sorprendermi e lasciarmi senza fiato, tanto quanto tutte le stelle che
c’erano
in cielo. Prima, volando, non ne avevo vista nemmeno una, ma
lì ce n’erano a
migliaia. Ammirandolo, notai pure uno strano dettaglio: un teschio
grande e
verde, dal quale usciva un serpente che strisciava, imponente e che
decisamente
risaltava all’occhio, si muoveva. Era fumo verde, alla fine,
niente di
particolare, niente di concreto, eppure nonostante fosse spaventoso,
era uno
spettacolo non indifferente. Mai in vita mia avevo visto una cosa del
genere, e
mai più l’avrei rivista dopo aver lasciato quel
mondo. Se non fossi stata una
vampira, se non fosse stato il mio destino quello di vivere con i
Cullen e
nascere da un padre che mi viziò in ogni modo possibile e mi
promise come sposa
al peggior uomo del mondo, mi sarebbe davvero piaciuto nascere qui.
Magari non
con i maghi oscuri, ma con gli altri maghi: essere una bambina come
quelli che
avevo visto salire gioiosamente in treno e mangiare assieme ai compagni
alla
mensa, in quell’enorme sale della scuola di magia. Mi sarebbe
davvero piaciuto
vivere una vita così, ma cercai di rimuovere quei pensieri,
quelle voglie e
soprattutto mi convinsi che, una volta finita la mia missione
lì, avrei dovuto
dimenticare tutto. Tutto. Fare come se questo mondo non fosse mai
esistito, e
come se non ci avessi mai messo piede. Sarebbe sicuramente stato
difficile, ma,
avendo superato addirittura la mia morte, avrei potuto fare di tutto.
Bellatrix
notò che mi ero persa a guardare il cielo, così
mi scrollò con leggerezza: ero
certa, però, che l’avesse fatto per la sua poca
voglia di entrare in contatto
con me, quindi sospirai, rivolgendole lo sguardo e facendole cenno di
farmi
strada. Lei annuì, distratta, e continuò a
camminare con me al suo seguito.
Entrammo
finalmente dentro quell’immenso castello, un po’
meno buio di casa Malfoy, dato
che c’erano a circa ogni due metri di distanza, delle
lanterne accese.
Sentimmo
delle risate. Ah, quindi i Mangiamorte, i maghi oscuri e cupi, sapevano
anche
cosa fosse ridere? Sicuramente Bellatrix aveva riso prima, ma era
malefica, non
era sinceramente divertita. Le risate che sentivo sembravano sincere,
spontanee, di persone che avevano la mente libera da ogni pensiero.
Ci
avvicinammo a loro, i tacchi della psico che facevano un rumore
pazzesco, e
avrei voluto seriamente spezzare, i miei si sentivano invece poco e
niente.
Girammo l’angolo e la visione che mi si parò
avanti fu la più strana e
sconvolgente che avessi mai visto in vita mia, e che mai mi sarei
aspettata di
vedere.
I
due Mangiamorte erano divertiti, sembravano quasi ubriachi, come se
avessero
bevuto quantità di alcolici tutti insieme, pronti a passare
la notte insonni,
per poi addormentarsi per qualche ora e risvegliarsi con lancinanti mal
di
testa e i postumi della sbornia che s’erano presi.
Ma
non avevano bevuto, erano lucidi, perfettamente concentrati,
dannatamente
divertiti, eppure io mi ero preoccupata così tanto.
Mi
mancava la forza di muovermi, di respirare, di proferire parola. In
parte non
mi importava, perché non necessitavo di muovermi, potevo
anche non respirare,
ma avrei dovuto parlare per attirare l’attenzione di mia
nipote.
Avrei voluto farlo sul
serio, per rassicurarla e dirle che era tutto finito,
che presto saremmo andate via da quel lugubre ed oscuro luogo in cui ci
trovavamo, che non avrebbe mai più rivisto quegli uomini,
pronti a farle del
male ed ucciderla senza ripensamenti e senza provare nemmeno un minimo
di
dispiacere.
Non leggevo i loro
pensieri come avrebbe potuto fare Edward, non sentivo né
potevo dominare le loro emozioni e i loro stati d’animo come
Jasper, non potevo
prevedere il futuro come faceva Alice: tutto quello che mi serviva, era
sapere
che mia nipote sarebbe stata al sicuro tra le mie braccia.