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Autore: Rhaenyra17    04/10/2012    0 recensioni
[Tratto dal primo capitolo]
" ‘Pensaci bene, Bellatrix.. Il Signore Oscuro ci ucciderebbe senza pensarci, se lasciassimo che Draco venga coinvolto in questa faccenda. Lei non si fermerà’ – tentò di sussurrare, in modo che la sentisse solo la sorella. Forse aveva rimosso troppo in fretta la parte in cui il marito le aveva detto che ero un vampiro.
‘Fai uno sbaglio e sei morta’ – mi minacciò Bellatrix.
‘Prima o dopo che ti avrò uccisa?’ – ghignai malefica. "
[Questa storia partecipa al contest "Quando Harry Potter e Twilight diventano più o meno la stessa cosa" indetto da Beth96]
Personaggi: Bellatrix/Rosalie + personaggio obbligatorio: Renesmee.
Genere: Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Lucius Malfoy, Mangiamorte, Voldemort
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Capitolo 2 – Seriamente?

 

 

Bellatrix si lamentò parecchio, non ne voleva sapere di partire subito, diceva che necessitava di riposo, dopo quella giornata passata a servire il suo signore. Le urlai un po’ in testa, ma fu inutile, si impuntò e sembrava proprio fosse peggio di ogni bambino capriccioso. Infantile come molte persone al mondo, immatura e soprattutto una psicopatica di prima categoria. Gliene avrei volentieri consigliato uno buono, ma appena provai a dirglielo mi urlò contro che non avrebbe mai e poi mai voluto avere a che fare con i ‘babbani’. Shockata le chiesi che cosa significasse, visto che mai prima d’allora avevo sentito quella parola, e lei altrettanto sorpresa, con tono da schizzopatica mi spiegò che i babbani erano i comuni esseri umani, ciò che ero anch’io tempo addietro, che non avevano poteri magici.
Avrei voluto chiedere quale storia ci fosse dietro la magia, ma evitai, anche perché ero piuttosto certa che lei prima di tutto non la sapesse; secondo, era inevitabile sentirla gridare istericamente di nuovo, mentre mi diceva che non me la voleva raccontare. Senza la prima non ci sarebbe potuta essere la seconda, quindi tanto di guadagnato per me!
Dovetti, alla fine, lasciarla riposare per un paio d’ore, ma non la persi di vista nemmeno un secondo, così come tenni d’occhio anche Lucius e Narcissa. Non si dovevano nemmeno azzardare a fare una qualche stronzata, perché se la sarebbero vista davvero brutta, soprattutto con me.
Allo scoccare delle due ore, la svegliai, e piuttosto bruscamente.
Con un calcio la spinsi giù dal letto, e lei rotolò per terra gemendo per il dolore; ed io, da stronza quale ero, ridevo come una matta alla vista di quella scena. Avevo la sensazione che avrei potuto seriamente metterla in croce e divertirmi a sue spese, in un modo o nell’altro, senza però fare in modo che mi mandasse a fanculo e provasse a fare una qualche cazzata. Non perché mi sarebbe dispiaciuto togliermi davanti quella montata, quanto per il fatto che sua sorella Narcissa parve davvero spaventata all’idea che potessi ferirli ed ucciderli tutti senza batter ciglio; sentivo che a lei importava davvero delle persone che la circondavano, e francamente anche a Lucius. Il problema presumevo fosse che si erano chinati ad obbedire a questo ‘signore oscuro ‘, di cui non vollero darmi informazioni, se non quella evasiva del ‘è il mago oscuro più potente del mondo ‘. Non ebbero nemmeno il coraggio di pronunziare il suo nome.
La cosa mi sembrava alquanto strana e sospetta, come potevano temere quel mago sino a quel punto? Era davvero così terrificante, così carismatico e così potente da non poter fare nulla per fermare la sua sete di potere? Ci pensai un po’ su, poi mi resi conto che non era affatto affar mio, anche perché mi servivano i Mangiamorte soltanto per riavere Nessie. Fine della storia, avrei poi abbandonato il mondo magico e sarei ritornata a casa, con la piccolina, ed avrei finalmente potuto rivedere il sorriso di Edward ed anche quello di Bella. Ah, per non parlare di quello del cagnolino domestico che Esme non faceva altro che accudire di continuo, mentre io la fissavo contrariata. Non sapevamo più come sedarlo, quel cane randagio che non era altro! Fummo costretti a sorbirci la sua asfissiante puzza, anche se gli altri bene o male lo sopportavano, io però proprio non potevo! Era insopportabile! Poi piagnucolava di continuo, che rivoleva la ‘sua’ Renesmee: maledetto lui ed il suo cavolo di imprinting! Ma proprio con mia nipote doveva avercelo? Ho sempre cercato di vedere il lato positivo della cosa: nonostante quel cane rognoso non mi fosse chissà quanto simpatico, dovevo ammettere che sarebbe stata una forte spalla sulla quale la bambina avrebbe potuto appoggiarsi o piangere, e l’avrebbe difesa a qualunque costo. Lo ammiravo, per questo, avrebbe avuto il coraggio di perdere persino la propria vita per salvare quella di Nessie. Ah, beh, sicuramente la vita della piccola era più importante e significativa della sua ignobile esistenza!
No, proprio non potevo smettere di odiare il fatto che fosse un lupo, e che i suoi amici avevano provato a far del male al mio Emmett.
Emmett. Dio, come mi mancava. Avrei voluto dirgli due paroline, sapevo che mi avrebbe accompagnata in quel viaggio; lui era la mia di spalla, la più forte e robusta dell’intero pianeta. Mi vantavo sempre di averlo al mio fianco, di sapere che apparteneva solo e soltanto a me, per sempre. Lui era l’unica ragione per la quale non avevo provato, in qualche modo, a farmi ammazzare dai Volturi, così come ci aveva provato Edward dopo che gli dissi che Bella era morta. Proprio non sapevo tenere la bocca chiusa, col tempo fortunatamente avevo imparato. Il bello dell’eternità è che si ha tutto il tempo che si vuole a propria disposizione, perché tanto anche se passa, non ti corre di certo dietro; sei immune ad esso. La parte peggiore è, ovviamente, la sensazione del rimanere immutabile, sempre uguale, senza mai invecchiare nemmeno di una virgola.
‘Ma sei impazzita!’ – mi ringhiò contro Bellatrix, cercando invano la sua bacchetta. Questo non fece altro che farmi ridere malefica più che mai, sempre di più, mentre lei mi fissava offesa ed arrabbiata come probabilmente non era mai stata prima d’allora.
‘Muoviti, dobbiamo andarcene ‘ – dissi, smettendo di ridere ma non di sorridere soddisfatta; ormai ero sicura del fatto che avrei potuto torturarla come mi pareva, e che mi sarei divertita parecchio nell’osservare le sue reazioni.
‘Io ti ucciderò, prima o poi ‘ – sussurrò tra sé, ma io la sentii comunque grazie al mio udito; mi girai e la guardai, visibilmente incuriosita.
‘Prima ancora di riuscire a trovare una maniera per farmi fuori, sarai già morta e sepolta, Bellatrix. Evita, è meglio per tutti, ed ora sbrigati, ho una nipote da riprendermi’ – la incoraggiai a camminare e farmi strada, siccome non mi avevano di certo portata a fare il giro di perlustrazione della casa. A parte il fatto che era grande, poi non ero interessata a vedere quella cupa ed oscura casa; più la guardavo, più pensavo alle parole di Bella e sorridevo automaticamente. La stupidità umana non aveva di certo limiti; eppure anch’io, una volta, ero umana, e se avessi dovuto pensare ai vampiri avrei immaginato una casa del genere, buia e piena di bare, dove avrebbero dormito o sepolto le ragazze delle quali si erano nutriti.
Ogni giorno che passava, ero sempre più fiera di aver scelto di essere ‘vegetariana’ con i Cullen; Carlisle mi aveva rovinato la vita, ma allo stesso tempo mi aveva salvata. Io la vedevo così, nonostante il suo unico scopo era quello di salvarmi e di non farmi morire così, ero giovane, bella e piena di sogni. Dopo la trasformazione i miei sogni cambiarono, e devo dire che non mi ci volle molto a realizzarli.
Scendemmo le scale di casa Malfoy, poi uscimmo in fretta e vidi Bellatrix agganciare a volo una scopa, che sicuramente era volante.
‘Dovrei farti salire sulla mia scopa? Nah, non se ne parla’ – domandò la psicopatica, e si rispose anche. Prima che potesse dire altro, la precedetti.
‘Ho il mio Thestral, non ti preoccupare proprio, psico’ – le affibbiai quel diminutivo, constatando il fatto che avrei dovuto chiamarla sempre psicopatica e quasi mai Bellatrix, era meglio psico. Lei mi guardò in cagnesco, poi scrollò le spalle e montò sulla scopa, mentre piuttosto in fretta mi avvicinai al mio cavallo alato e ci montai sopra; quest’ultimo volò ed io gli ordinai di seguire quella pazza sulla scopa volante. Sicuramente il cavallo avrebbe riso a crepapelle, se solo avesse capito sul serio i miei rimandi alla pazzia di Bellatrix, ma dovetti accontentarmi di ghignare da sola.
Anche sulla scopa mostrava di essere senza ritegno: volava a tutta velocità, quasi nemmeno sapesse che esisteva il pericolo e che avrebbe potuto tranquillamente cadere o andare a sbattere contro qualcosa, semplicemente volava in fretta e rideva, rideva e rideva ancora. Sbuffai, stanca di sentire quell’isterica risata.
‘Puoi smetterla di fare la gallina e chiudi quel becco che ti ritrovi, psico?’ – le urlai, nel tentativo di farmi sentire; un tentativo che, fortunatamente, andò in porto subito. Lei mi guardò irritata e, per dispetto, continuò a ridere per un bel po’. Sospirai, capendo che le buone maniere che Carlisle ed Esme mi avevano insegnato, mi sarebbero servite a ben poco con lei, nonostante fosse costretta a sorbirmi e a portarmi da quegli stronzi che avevano Nessie, così dissi al cavallo di andare più veloce e raggiungerla. Non appena lo feci, non potei evitare di darle uno scappellotto, facendola ringhiare, incazzata come una belva.
‘Ti ho già detto di smetterla, e non mi piace ripetermi’ – le stavo praticamente svelando e mostrando, senza farmi alcun problema, tutti i lati peggiori di me, e lei non faceva altro che adeguarsi perché, alla fin fine, nonostante appartenesse ad una specie ben peggiore di me, aveva lo stesso carattere ribelle. Ma era decisamente cento volte più psicopatica e schizzata di me; soprattutto, però, era cattiva.
Di nuovo fece per prendere la bacchetta, come di consuetudine, ma non trovandola si innervosì ulteriormente e spinse sia me sia il cavallo. Offesa ed irritata dal suo gesto, presi la sua bacchetta e feci per spezzargliela: non che volessi farlo davvero, ma lei doveva credere che l’avrei fatto senza pentirmene affatto. Doveva starsene buona, i maghi oscuri mi avevano creato già abbastanza guai e non ne volevo altri. Mi serviva soltanto sistemare la pessima situazione che avevano creato, cercando di far uscire vivi tutti, così pace e amore ai nostri due mondi, che sarebbero tornati ad essere ben distinti e separati.
‘NO!’ – urlò lei, tentando di afferrarla, ovviamente invano.
‘Smettila di provocarmi in tal modo,  Bellatrix, non gioverebbe a me e nemmeno a te ‘ – anche io ero testarda e volevo sempre vincere, prevalere sugli altri, essere la migliore, eppure lei mi batteva di gran lunga sulla testardaggine. Era persino più ribelle di me, non voleva proprio sentir ragioni, mentre io rimanevo ad ascoltare, seppur controvoglia.
Lei mi ringhiò contro, e sicuramente seguirono delle mentali imprecazioni che si astenne dal pronunziare ad alta voce; non era così stupida, allora, un minimo di intelligenza ce l’aveva. Forse. Avevo ancora parecchi dubbi a riguardo, però non mi interrogai oltre, quella volta.
Volammo per circa un’ora, prima di scendere in uno strano posto, nel bel mezzo di una foresta che somigliava vagamente a quella che avevo precedentemente visto ad Hogwarts, quando il guardiacaccia, Hagrid, era andato a procurarmi il Thestral.
Scendemmo in mezzo agli alberi; Bellatrix lasciò cadere la scopa al suolo, poi mi guardò contrariata e mi porse la mano.
‘Mi serve la bacchetta’ – disse semplicemente.
‘Perché dovrei dartela?’ – chiesi, allora. Se non mi avesse dato spiegazioni, non gliel’avrei data, non ci avrei nemmeno pensato.
‘Vuoi rivedere quella bambina si o no?!’ – mi sbraitò contro, stufa dei miei atteggiamenti. Almeno eravamo in due a non sopportarci, eppure rimanevamo lì.
‘Spiegami perché ti serve la bacchetta’ – mi sembrava impossibile arrivarci, proprio non capivo a cosa le servisse e non mi fidavo abbastanza da donargliela. Avrebbe potuto fare qualunque cosa, ed io avrei dovuto stare sull’attenti, pronta a balzarle sul collo ed ucciderla. Ma avrei, poi, perso l’opportunità di rivedere mia nipote.
‘E’ incantato, il luogo in cui dobbiamo andare. Devo farmi riconoscere’ – mi rispose, sbuffando e cercando di tenere la calma. Aveva smesso di ringhiarmi contro, ed apprezzai leggermente la cosa; potendo la cosa essere effettivamente possibile, decisi di darle la bacchetta, ma non prima di averle fatto una piuttosto ovvia raccomandazione.
‘Non appena hai finito me la ridai, o magari me la riprendo con la forza’ – l’informai, scrollando le spalle e guardando attentamente ogni suo singolo movimento. Lei sbuffò, mentre si alzava la manica di quello strano giubbotto di pelle che indossava sopra quello strano abito nero. Era tutta vestita di nero; ma un po’ di colori no, eh? Non avrebbero fatto male a questi maghi i colori.. potevo capire che erano ‘oscuri’, però non credevo che manifestassero con il nero ovunque la propria oscurità! Era una cosa strana, contorta, così ovvia e semplice, eppure non la capivo, non me ne capacitavo affatto.
Notai uno strano tatuaggio (di che colore? Nero, ovviamente!) : c’era un teschio sopra, un serpente sotto. Ero tentata dal chiedere cosa fosse, ma preferii farmi una mia idea; pensai quindi che fosse una specie di marchio che ogni Mangiamorte possedeva, il problema era che non capivo a cosa servisse. Il semplice riconoscersi era troppo scontato e banale.. forse era un tributo al loro signore, o chissà cosa.
Bellatrix puntò la bacchetta sopra di esso, chiudendo gli occhi ed alzando il capo, rivolgendolo verso un albero situato di fronte ad essa, poi pronunciò ad alta voce una strana parola, che classificai in seguito come un incantesimo.
Dal nulla, si aprì un varco, e mentre il varco si apriva l’albero si spostò, facendo tremare la terra sotto i nostri piedi; approfittai degli attimi di concentrazione di Bellatrix, non rivolta ovviamente a me, per sfilarle rapidamente la bacchetta dalle mani. Ormai aveva smesso di puntarla, il varco si era aperto, non le serviva più, decisamente. Lei mi guardò in cagnesco.
‘Seguimi senza fiatare’ – disse – ‘Mi metterai nei guai, altrimenti, e sarà peggio per te e tua nipote’.
 Annuii senza fare polemiche, e mi limitai a seguirla.
Non potei fare a meno di spalancare la bocca e guardarmi attorno, dopo essere entrata in quel varco: mi si parò dinanzi un castello grande quasi quanto quello di Hogwarts, delle bandiere con i teschi. Ma non fu di certo quello a sorprendermi e lasciarmi senza fiato, tanto quanto tutte le stelle che c’erano in cielo. Prima, volando, non ne avevo vista nemmeno una, ma lì ce n’erano a migliaia. Ammirandolo, notai pure uno strano dettaglio: un teschio grande e verde, dal quale usciva un serpente che strisciava, imponente e che decisamente risaltava all’occhio, si muoveva. Era fumo verde, alla fine, niente di particolare, niente di concreto, eppure nonostante fosse spaventoso, era uno spettacolo non indifferente. Mai in vita mia avevo visto una cosa del genere, e mai più l’avrei rivista dopo aver lasciato quel mondo. Se non fossi stata una vampira, se non fosse stato il mio destino quello di vivere con i Cullen e nascere da un padre che mi viziò in ogni modo possibile e mi promise come sposa al peggior uomo del mondo, mi sarebbe davvero piaciuto nascere qui. Magari non con i maghi oscuri, ma con gli altri maghi: essere una bambina come quelli che avevo visto salire gioiosamente in treno e mangiare assieme ai compagni alla mensa, in quell’enorme sale della scuola di magia. Mi sarebbe davvero piaciuto vivere una vita così, ma cercai di rimuovere quei pensieri, quelle voglie e soprattutto mi convinsi che, una volta finita la mia missione lì, avrei dovuto dimenticare tutto. Tutto. Fare come se questo mondo non fosse mai esistito, e come se non ci avessi mai messo piede. Sarebbe sicuramente stato difficile, ma, avendo superato addirittura la mia morte, avrei potuto fare di tutto.
Bellatrix notò che mi ero persa a guardare il cielo, così mi scrollò con leggerezza: ero certa, però, che l’avesse fatto per la sua poca voglia di entrare in contatto con me, quindi sospirai, rivolgendole lo sguardo e facendole cenno di farmi strada. Lei annuì, distratta, e continuò a camminare con me al suo seguito.
Entrammo finalmente dentro quell’immenso castello, un po’ meno buio di casa Malfoy, dato che c’erano a circa ogni due metri di distanza, delle lanterne accese.
Sentimmo delle risate. Ah, quindi i Mangiamorte, i maghi oscuri e cupi, sapevano anche cosa fosse ridere? Sicuramente Bellatrix aveva riso prima, ma era malefica, non era sinceramente divertita. Le risate che sentivo sembravano sincere, spontanee, di persone che avevano la mente libera da ogni pensiero.
Ci avvicinammo a loro, i tacchi della psico che facevano un rumore pazzesco, e avrei voluto seriamente spezzare, i miei si sentivano invece poco e niente. Girammo l’angolo e la visione che mi si parò avanti fu la più strana e sconvolgente che avessi mai visto in vita mia, e che mai mi sarei aspettata di vedere.
I due Mangiamorte erano divertiti, sembravano quasi ubriachi, come se avessero bevuto quantità di alcolici tutti insieme, pronti a passare la notte insonni, per poi addormentarsi per qualche ora e risvegliarsi con lancinanti mal di testa e i postumi della sbornia che s’erano presi.
Ma non avevano bevuto, erano lucidi, perfettamente concentrati, dannatamente divertiti, eppure io mi ero preoccupata così tanto.

Mi mancava la forza di muovermi, di respirare, di proferire parola. In parte non mi importava, perché non necessitavo di muovermi, potevo anche non respirare, ma avrei dovuto parlare per attirare l’attenzione di mia nipote.
Avrei voluto farlo sul serio, per rassicurarla e dirle che era tutto finito, che presto saremmo andate via da quel lugubre ed oscuro luogo in cui ci trovavamo, che non avrebbe mai più rivisto quegli uomini, pronti a farle del male ed ucciderla senza ripensamenti e senza provare nemmeno un minimo di dispiacere.
Non leggevo i loro pensieri come avrebbe potuto fare Edward, non sentivo né potevo dominare le loro emozioni e i loro stati d’animo come Jasper, non potevo prevedere il futuro come faceva Alice: tutto quello che mi serviva, era sapere che mia nipote sarebbe stata al sicuro tra le mie braccia.

  
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