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Autore: Rhaenyra17    02/10/2012    0 recensioni
[Tratto dal primo capitolo]
" ‘Pensaci bene, Bellatrix.. Il Signore Oscuro ci ucciderebbe senza pensarci, se lasciassimo che Draco venga coinvolto in questa faccenda. Lei non si fermerà’ – tentò di sussurrare, in modo che la sentisse solo la sorella. Forse aveva rimosso troppo in fretta la parte in cui il marito le aveva detto che ero un vampiro.
‘Fai uno sbaglio e sei morta’ – mi minacciò Bellatrix.
‘Prima o dopo che ti avrò uccisa?’ – ghignai malefica. "
[Questa storia partecipa al contest "Quando Harry Potter e Twilight diventano più o meno la stessa cosa" indetto da Beth96]
Personaggi: Bellatrix/Rosalie + personaggio obbligatorio: Renesmee.
Genere: Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Lucius Malfoy, Mangiamorte, Voldemort
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Salve! Eccomi con il primo capitolo della storia.. 
Vorrei chiedervi, questa volta, se vi andrebbe di recensire, così tanto per farmi sapere se vi piace la storia D: (?)
Enjoy the chapter!
xx






Capitolo 1 – L’incontro.

 
 

Dalle 8 del mattino circa, la stazione si movimentò di colpo, e dovetti dire addio alla pace dei sensi, sbuffando sonoramente scocciata. Non appena adocchiai, però, dei bambini e degli adulti con enormi valigie e gabbie con gufi, o dei gatti o addirittura rospi e pipistrelli, mi concentrai e prestai attenzione.
Li vidi oltrepassare il muro di fronte a loro scomparendo al proprio interno: non avevo mai visto una cosa simile, ed ero terribilmente affascinata e anche leggermente sorpresa. Calcolando che era piuttosto difficile sorprendermi, era un gran passo avanti. Il mondo dei Maghi iniziò a intrigarmi improvvisamente, e sorridendo tra la divertita e la maligna, oltrepassai il muro senza fare una piega.
Non appena mi trovai dall’altro lato, non potei fare a meno di guardarmi attorno: mura di mattoni come quelle della stazione, quella dall’altro lato del muro, un treno antico, nero, con un cartello rosso davanti che portava la scritta ‘Hogwarts Express’ in bianco, e sotto il numero 5972.
Guardai poi alla mia destra: tanti bambini che salutavano le proprie mamme, ricambiando calorosamente i loro docili abbracci, affettuosi, altri invece che semplicemente salutavano i compagni e ridendo salivano in treno. Mi sentivo dannatamente disorientata, e non potevo fare a meno di essere sorpresa alla vista di quella parte del mondo dei Maghi. Era solamente l’inizio.
Silenziosamente, senza dar confidenza a nessuno, mi apprestai a salire in treno, senza che nessuno mi notasse. O perlomeno, sembrava che nessuno mi avesse notata, ma la mia chioma bionda e i miei occhi dorati, era impossibile non notarli; come era impossibile non esserne incontrollatamente affascinati.
Entrai in uno degli scompartimenti e mi sedetti vicino al finestrino, chiusi gli occhi e attesi che il treno partisse. Lo fece dopo un bel po’ di tempo, forse troppo per i miei gusti.
Anche il viaggio durò troppo: passai davvero tutta la giornata in treno, e l’unica cosa che potevo fare era battere a ripetizione il piede a terra, facendo quasi tremare tutto il treno; non che non tremasse già di suo quel vecchio rottame!
Sospirai di sollievo non appena quest’ultimo si fermò e fui la prima a fiondarsi fuori. A tutta velocità, mi avvicinai a un omone grasso e barbuto, che aveva una lanterna in mano e che assolutamente non poté fare a meno di guardarmi tra il sorpreso ed anche lo spaventato, in un certo senso. Tutti erano comunque affascinati da me; talmente affascinati da non riuscire a proferire parola.
‘Ho bisogno di parlare con il preside di questa scuola’ – dissi a quello che classificai come il guardiano accompagna - studenti del castello di Hogwarts. Quest’ultimo fu in procinto di chiedermi perché, ed ebbe addirittura l’istinto di fare un qualche incantesimo alla “spaventosa e affascinante biondina che si trovava davanti”. Un istinto, però, che dovette reprimere. Semplicemente annuì e mi disse di seguirlo, così come avvertì i bambini di tenere il passo per andare alle barche.
Prima di farlo, però, mi indicò una carrozza, trainata da cavalli alati neri, con gli occhi stranamente bianchi.. Sbattei più volte le palpebre, per capire se avevo iniziato inspiegabilmente a soffrire di allucinazioni, o quei cavalli esistevano davvero. Mi ricordai poi in che mondo mi trovassi e sospirai, annuii e ringraziai freddamente quell’omone, che i bambini chiamavano calorosamente Hagrid. Mi avviai in fretta verso quelle strane carrozze, ci salii sopra con agilità e con una grazia che le ragazze lì presenti non avrebbero mai avuto, nemmeno nei loro sogni; nemmeno con la magia.
Quattro degli studenti di Hogwarts salirono sulla mia stessa carrozza ma non ci feci caso; perlomeno, non ero assolutamente interessata a quei ragazzini. La mia priorità era raggiungere chi dirigeva la scuola e chiedere aiuto. Dovevo trovare la piccola Nessie, prima che fosse troppo tardi; se le fosse successo qualcosa, non me lo sarei mai perdonata. Eppure sapevo bene che non avevo alcuna colpa, ma ero troppo affezionata alla piccola per evitare di pensarla in quel modo.
Continuavo a fissare i cavalli alati, e non potei proprio evitare di chiedere ai presenti cosa fossero e se qualcuno di loro riuscisse a vederli.
Una di loro, capelli biondi e mossi che le arrivavano sul sedere, occhi chiari, anche se non mi applicai a distinguere bene il colore, e un sorriso non timido, ma nemmeno spavaldo, alzò la mano e pronunciò un flebile ‘io’.
‘Si chiamano Thestral, sono completamente pacifici se non vengono disturbati, e possono esser visti solo da chi ha visto la morte’ – sussurrò appena la ragazza, che non pareva affatto spaventata da me, ma semplicemente affascinata – ‘ Come ti chiami?’ – chiese, poi.
‘Rosalie’ – dissi distrattamente, continuando a guardare i Thestral, anche se ormai la mia mente era altrove; ricordai il momento della mia, di morte, e del salvataggio disperato di Carlisle. Sospirai.
‘Io sono Luna Lovegood’ – mi sorrise calorosamente ma evitò di porgermi la mano, sicura del fatto che non gliel’avrei stretta nemmeno morta. In effetti, ero già morta, ma Luna non poteva di certo saperlo..
Annuii distratta, poi accavallai distrattamente le gambe e presi a guardarmi le mie mani ben curate, le unghie ricoperte di uno smalto color rosso fuoco, e non fiatai più.

Fortunatamente quel viaggio in carrozza durò ben poco, e giungemmo ben presto al castello. Lasciai scendere prima gli altri, poi scesi io e li seguii, giusto per capire dove dovevo andare.
Non appena varcai la soglia del castello, rimasi colpita da quelle statue enormi di soldati poste tutte intorno a me, le fiamme accese e le risa di tutti gli studenti. Non credevo potesse esistere qualcuno felice di andare a scuola, ma i maghetti e le streghette parevano esserlo. Non ci pensai oltre e li seguii su per delle scale, e arrivai in una specie di torre piena di scalinate, ed alla loro vista spalancai gli occhi ed aprii lievemente la bocca.
Non mi ero, di certo, spaventata o sorpresa per le troppe scale che c’erano, semplicemente quelle non erano le solite scale cui ero abituata: si muovevano. Ero certa di non aver mai visto né sognato una cosa del genere, e mai avrei pensato di essere affascinata dalla magia. Eppure dovetti ricredermi.
Una donna piuttosto anziana, gli occhi blu, i capelli legati grigi, bacchetta alla mano, mi si parò davanti, si presentò dichiarando di chiamarsi Minerva McGrannit e mi chiese chi fossi. Le dissi di aver necessità di parlare col preside per una questione delicata, e nonostante non ispirassi fiducia a quella professoressa, mi fece strada sino ad una sala immensa, con quattro tavoli marroni lunghi quanto tutta la sala, tantissime panche tutte vicine dove molti studenti sedevano e chiacchieravano animatamente.
La professoressa fece cenno sia a me sia agli studenti del primo anno dietro di lei che avrebbero dovuto seguirla, e camminammo per tutta la sala sotto lo sguardo attento e curioso di tutti i presenti. Non ci feci molto caso, ero abituata agli sguardi di tutti puntati addosso a me, e poi mi piaceva essere al centro dell’attenzione, quando si trattava di sguardi curiosi e non di sguardi indiscreti.
‘Mettetevi tutti qui, e attendete, per favore’ – disse la professoressa McGrannit, indicando quel poco di spazio libero dove i neo - maghetti si disposero, ponendosi l’uno di fianco all’altro. – ‘Prego, se vuole seguirmi. Albus, vieni un momento per favore, la ragazza necessita di parlare con te, ed è piuttosto urgente, pare’ – annunciò silenziosamente ad un uomo anziano, barba e capelli bianchi e lunghi, sguardo fiero e sottile, nascosto da dei simpatici occhiali a mezzaluna. Quest’ultimo annuì sorridendo e si alzò, seguendo me e la McGrannit. Uscimmo da una porta vicino al tavolo dove c’erano tutti i professori e il preside, e ci trovammo in un corridoio buio; ma a questo rimediò colui che la professoressa aveva chiamato Albus che, con uno schiocco di dita, fece accendere i lumi tutt’attorno a noi.
Ero sempre più affascinata, ma avevo una questione più urgente a cui pensare e distolsi immediatamente lo sguardo dalle fiammelle, riponendolo negli occhi chiari del preside.
‘Non sono qui per far del male a qualcuno o robe del genere. Dei maghi malvagi, che voi sicuramente conoscete con il nome di ‘Mangiamorte’ hanno rapito mia nipote, ed io sono venuta qui per riprendermela. Speravo poteste indirizzarmi verso questi’ – semplice, breve e conciso, fu il mio discorso.
Il preside annuì, poi sospirò e parve sinceramente dispiaciuto per la situazione in cui mi trovavo.
‘Sapevo che i Mangiamorte stessero architettando qualcosa, ma francamente non avevo idea che sarebbero arrivati a tal punto. D’altro canto, bisogna aspettarsi di tutto da quelle persone, sono la peggior specie di maghi esistenti al mondo. Qui a Hogwarts non li troverà di certo, mi lady, ma sono sicuro che se andrà in questo posto ‘ – e magicamente, per l’appunto, comparve sul palmo della sua mano un bigliettino con sopra scritto un indirizzo – ‘Troverà qualcuno che, in qualche modo, potrà darle una mano. Ma l’avverto: non serviranno maniere buone per convincere codeste persone ad aiutarla; due delle persone che risiedono in quell’abitazione sono Mangiamorte. Segua l’istinto, sono certo che troverà risposta alla domanda che sicuramente le starà balenando in testa’ – e mi sorrise, caldo.
Annuii, poi puntai i miei occhi dorati in quelli del preside.
‘Non sono una tipa da buone maniere, non c’è da preoccuparsi. La ringrazio ‘ – dissi, accennando un sorriso malefico.
‘Il nostro guardiacaccia Rubeus Hagrid le procurerà un Thestral, con il quale potrà recarsi lì. Dubito che lei sappia usare una scopa, non facendo parte di questo mondo ‘ – annuii lievemente per fargli capire che ci aveva azzeccato in pieno.
Il preside entrò di nuovo in quell’enorme sala, e chiamò quell’omone barbuto con il quale avevo precedentemente parlato. Gli disse in fretta di procurarmi un Thestral, e quest’ultimo mi fece cenno di seguirlo.
Lo feci, e dopo aver camminato un po’, uscimmo dal castello e ci avvicinammo ad una foresta dagli alberi enormi, cupa non di certo come le foreste ed i boschi che avevamo noi a Forks. Quella si, che incuteva terrore; ma non lasciai trasparire emozioni, come mio solito.
‘Aspetta qui’ – ordinò il guardiacaccia, e quasi gli azzannai il collo per i modi usati; non mi pareva proprio di avergli dato confidenza, e lui se la prese comunque. Era un uomo alquanto rozzo, quello, ma ero certa avesse un cuore d’oro. Quella fu la motivazione per la quale non lo uccisi senza pensarci. Lo vidi arrivare poco dopo con un Thestral.
‘Stai attenta, tieniti forte’ – mi mise in guardia Hagrid.
Lo guardai in cagnesco: non aveva proprio idea di chi avesse di fronte, ovviamente, però mi dava fastidio essere sottovalutata anche dagli sconosciuti, solo perché ero una donna. La vedevo così, anche se magari le intenzioni del guardiacaccia erano tutte in buona fede.
Salii in fretta sul Thestral, che aprì subito le ali e spiccò il volo, mentre semplicemente annunciai ad alta voce il posto in cui avrebbe dovuto portarmi. Non avevo idea di come funzionasse, non ebbi il tempo di chiedere, dovetti quindi affidarmi semplicemente al mio istinto.
 

Appena arrivai fuori quella specie di castello, non potei far altro che pensare una cosa: i maghi che risiedevano in quella casa dovevano per forza essere della peggior specie. Ricordai la prima volta che Bella mise piede in casa nostra, e sbalordita disse ad Edward che credeva che si sarebbe trovata in una casa cupa, piena di bare, e non di certo così aperta e luminosa. Chissà cos’avrebbe detto vedendo la dimora di quei tipi, i Malfoy. Non mi fece di certo paura, figuriamoci se una tipa come me potesse temere la peggior specie di maghi oscuri esistenti in circolazione all’epoca. Il mio peggio l’avevo già passato, ovvero la morte. Cos’avevo da perderci?
‘Renesmee’ – mi rispose la coscienza, che, nonostante sembrasse non funzionante per lo stato di insolito shock in cui si trovava, era stranamente lucida, tanto quanto la mia mente che mi lasciava tranquillamente modo di pensare.
Sbuffai più volte, da quando scesi dal cavallo alato fino a quando non arrivai fuori al cancello della dimora di quei tipi. La domanda che non potei proprio fare a meno di pormi, fu ‘come faccio ora ad entrare, o a bussarli?’. Pensandoci, ero pur sempre un vampiro, avrei potuto romperlo o scavalcarlo tranquillamente, se solo non avessi dovuto entrare nella dimora di maghi. Tutto era stregato, ogni mio sforzo sarebbe stato vano.
‘Bene, ed ora come entro?!’ – ringhiai rabbiosa, e mi trattenni a stento dallo sferrare un calcio nel ferro.
‘Posso aiutarla?’ – una voce mi giunse alle orecchie, così spontaneamente guardai di fronte a me e mi apparve dinanzi un uomo dai capelli tra il biondo ed il bianco, lisci, lunghi abbastanza da arrivare più giù delle esili spalle che l’uomo si ritrovava, coperte da un mantello nero che scendeva giù sino alle caviglie. Gli occhi tra l’azzurro cielo ed il grigio erano impuntati nei miei dorati, occhiaie abbastanza accennate spiccavano sotto i suoi occhi, le labbra sottili appena aperte per mostrarmi il suo ringhio alquanto silenzioso.
‘Lo spero per voi’ – dissi, minacciosa. Desideravo minacciarlo direttamente, mostrandogli ciò che ero veramente e dandogli un assaggio di ciò che potevo fare, ma il fatto che avesse la magia dalla sua parte mi scoraggiava di gran lunga. Non potevo rischiare, per il bene di Renesmee, ovviamente.
 ‘Si accomodi pure ‘ - disse l’uomo, ghignando appena e voltandomi immediatamente le spalle; aprì il cancello agitando semplicemente la bacchetta, ed io feci finta di non essere sempre più sorpresa ed affascinata da quel mondo.
Lo seguii in silenzio.
Entrammo in quell’oscuro castello, e la prima stanza che scorsi grazie alla fioca luce che s’intravedeva fu quella da pranzo. Fu proprio lì che quel signore mi fece cenno di accomodarmi; grazie al mio caratteraccio, incrociai le braccia al petto e sbuffai sonoramente, mentre lo trafiggevo con lo sguardo nel tentativo di fargli capire che ero seria e non avevo intenzione di perdere tempo, né di fare stupidi giochetti.
L’uomo scrollò le spalle e si mise a sedere, dandomi le spalle.
‘Allora, cosa le serve?’ – iniziò col dire, ma non risposi, notando sull’uscio della porta una donna dai capelli lunghi, ricci, neri ed elettrizzati, i suoi occhi neri mi scrutavano attenti e per un attimo fui certa che le passò per la mente di puntarmi contro la sua bacchetta, che teneva ben stretta nella sua mano destra. Il suo vestito nero gli arrivava fin giù alle caviglie, e da lì si notavano gli stivali neri con tacchi alquanto bassi; almeno per i miei standard.
‘Chi è lei?’ – la sua voce da psicopatica mi avrebbe fatta rabbrividire, se solo avessi avuto paura di qualcosa. Il biondo si rivolse a lei e le fece cenno di accomodarsi, e a differenza mia la donna lo fece in silenzio, continuando a scrutarmi sospettosa. Mi dava un fastidio tremendo essere squadrata dalla testa ai piedi in quel modo, ma non potevo assolutamente permettermi di perdere il controllo. Lei non era Jacob, non potevo di certo dire quello che mi passava per la testa, perché non mi avrebbe risposto per il solo sfizio di controbattere; pensandoci, poi, mi resi conto del fatto che non avrebbe proprio risposto.
‘Ce lo dirà lei stessa, perché ancora non si è presentata nemmeno a me’ – confessò, tranquillo, l’uomo.
‘Lucius, hai fatto entrare in casa una sconosciuta?’ – ringhiò la donna.
‘Bellatrix, sarà pure casa mia questa, no?’ – quel Lucius rispose così, freddandola con un semplice sguardo. Sbuffai sonoramente, mentre quella Bellatrix, contrariata, iniziò a battere ripetutamente il piede sul pavimento.
‘Mi chiamo Rosalie, so che siete Mangiamorte e che i vostri amici hanno qualcosa di mio che non gli appartiene affatto ‘ – strinsi più forte i pugni, evitando però di trafiggermi i palmi con le unghie e di rovinarmi con facilità estrema lo smalto.
‘Dovrebbe quindi importarci qualcosa?’ – chiese la psicopatica, iniziando a ridere a crepapelle, e Lucius rise di gusto assieme a lei. Non ci vidi più dalla rabbia, quella strega mi dava troppo fastidio: velocemente mi avvicinai a lei e le afferrai la chioma elettrizzata che si ritrovava, gli chinai il capo da un lato e feci per azzannarle il collo, ma mi fermai giusto in tempo.
‘Ci metterei due secondi ad ucciderti, anzi, uccidervi ‘ – mi corressi – ‘Quindi direi proprio che, si, deve importarvi qualcosa. E tu, strega psicopatica che non sei altro’ – le girai il viso facendola voltare verso di me, trafiggendo i suoi occhi cupi e scuri con i miei dorati e quasi luminosi – ‘mi aiuterai a riprendermi ciò che è mio. Mi sono spiegata bene?’ – notai che stava provando a prendere la sua bacchetta, che aveva precedentemente posato sul tavolo di legno scuro.
La spinsi lontano dal tavolo e la bloccai vicino al muro, mostrandole i miei canini piuttosto affilati ed il mio sguardo da psicopatica. Potevo esserlo anche io; che credeva, di essere per caso l’unica pazza in circolazione?
‘Si calmi, Rosalie’ – quel Lucius provò a placare la mia ira e calmare gli animi, anche se gli riusciva piuttosto male, siccome era il primo a cui tremava la voce – ‘V-vedrà che riavrà ciò che le serve, l’aiuteremo, però si calmi’ – era letteralmente un cacasotto, quel Lucius. Lo guardai, senza calmarmi affatto, anche se apparentemente era tutto sistemato.
Non lo sarebbe stato davvero, finché non avrei riavuto Renesmee tra le mie braccia.
‘Non ti aspettare che mi schiavizzerò ad un vampiro, Lucius!’ – urlò Bellatrix contro quell’uomo, che ero sicura non fosse suo marito, né suo fratello, né suo amico; d’altronde, non mi interessava davvero il loro legame di parentela, fu solo la curiosità del momento.
‘Non credo tu abbia molta scelta, psicopatica’ – le dissi, acida come mio solito, trattenendomi a stento dal farle del male, sul serio però.
‘Cos’è tutto questo chiasso?’ – un’altra chioma mezza bionda, mezza nera, apparve nella sala da pranzo, occhi sbarrati e visibilmente spaventata. Parve ancor più spaventata dopo aver incontrato i miei occhi, tuttavia si avvicinò all’altro biondo e gli poggiò un bacio sulle labbra. Mi trattenni a stento dal vomitare: come si poteva stare con un uomo che un altro po’ aveva persino paura della sua stessa ombra? Perché quel Lucius dava proprio quell’impressione: l’impressione di un cacasotto che si era sottomesso. A chi o cosa, non lo sapevo, né mi interessava.
Le fu spiegata la situazione da un’agitata Bellatrix, che continuava imperterrita a guardarmi schifata, ed io ricambiavo volentieri le sue occhiate, disgustata e divertita dalla sua inconfondibile agitazione.
‘E se non collaborate, ci metterò meno di un minuto ad uccidervi tutti. Nessuno escluso’  - minacciai, per rendere l’idea di ciò che avrei potuto fare, di ciò che ero assolutamente disposta a fare nel caso non avessi ritrovato mia nipote.
‘Lo faremo, non rischieremo mai fino a questo punto ‘ – disse in fretta la donna, che mi pareva si chiamasse Narcissa.
‘Perché parli al plurale, sorella? Parla per te!’ – le sbraitò contro la psicopatica, incrociando le braccia al petto e guardando altrove.
‘Non fare la stupida, Bella! Non vorrei succedesse qualcosa a te, o a Lucius.. o a Draco ‘ – Bellatrix la guardò torva.
‘Il Signore Oscuro potrebbe trovare tranquillamente un altro giovane Mangiamorte ad Hogwarts’ – scrollò le spalle e si avvicinò alla sua bacchetta, così corsi a prenderla e tenerla tra le mie mani, finché non si sarebbe arresa alle mie volontà. E lo avrebbe fatto, prima o poi, non aveva scelta.
‘Dammi la bacchetta!’ – mi urlò, digrignando i denti.
‘Fammi arrivare a mia nipote, e la riavrai. Sino ad allora non avrai la tua bacchetta’ – le dissi, convinta ed intenzionata più che mai a non ridarle la bacchetta prima del limite stabilito. Dovevano capire che facevo sul serio, non mi sarei tirata indietro.
‘Nipote?’ – domandò, con un filo di voce, Narcissa.
‘Si, nipote. I vostri cari amici hanno rapito mia nipote, e vi giuro che ucciderò tutti i maghi necessari per giungere a lei. Ma visto che rischierebbe Renesmee, non posso fare un passo del genere. Quindi..’ – ed indicai Bellatrix – ‘Visto che mi sembri più cazzuta di questi due qui’  - feci un cenno col capo per indicare il maritino e la moglie che si tenevano infantilmente per mano – ‘Mi condurrai tu stessa da lei, che ti piaccia o no’.
‘E cos’otterrò, in cambio?’ – non sapevo se stesse semplicemente prendendo tempo per pensare ad un modo per riprendersi la bacchetta, che non le avrei mollato per nulla al mondo, oppure volesse sul serio qualcosa in cambio.
‘La tua incolumità, e quella dei tuoi cari’ – dubitavo seriamente che potesse tenere a qualcuno, ma non sapevo dove giocarmela.
‘Pensaci bene, Bellatrix.. Il Signore Oscuro ci ucciderebbe senza pensarci, se lasciassimo che Draco venga coinvolto in questa faccenda. Lei non si fermerà’ – tentò di sussurrare, in modo che la sentisse solo la sorella. Forse aveva rimosso troppo in fretta la parte in cui il marito le aveva detto che ero un vampiro.
‘Fai uno sbaglio e sei morta’ – mi minacciò Bellatrix.
‘Prima o dopo che ti avrò uccisa?’ – ghignai malefica.

  
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