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Autore: Catharine    04/10/2012    0 recensioni
A soli trent’anni Gillian Kent è un avvocato di successo, londinese, sposata con Denny, un newyorkese atipico che la ama alla follia. Ma Gillian ha un passato oscuro, dal quale vuole tenersi fortemente alla larga. Un passato che sembra inseguirla, per prenderla e dilaniarla con le sue fauci letali. Nel corso degli anni ha cercato di seppellirlo, senza tuttavia mai troncare anche l’ultimo sottile filo, il più importante. L’ultimo collegamento è situato proprio in casa sua, nel profondo della cassaforte , dentro un cofanetto di velluto blu. Perché quell’estate, in Cornovaglia, successe qualcosa di inspiegabile che Gill ha raccontato per quattordici anni solo a se stessa. Poi , in un uggioso giorno di settembre arriva una cartolina, niente di più, e Gillian decide di tornare a St.Agnes. Passato e presente sono destinati di nuovo ad incontrarsi . Questa volta Gillian potrebbe non farcela.
Genere: Mistero, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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St. Agnes 1997 – Catastrofe all’orizzonte

La sabbia scintillava, accarezzata dal mare spumoso che si scontrava con gli scogli della baia dando vita ad un mare di spruzzi. Mi tolsi le scarpe e i calzini e avvicinai i piedi alla riva; dietro di me Pitt stava a cavalcioni su uno scoglio cercando di afferrare un granchio che lo avrebbe certamente pizzicato. L’acqua era fresca e il contrasto con l’aria calda che avvolgeva St. Agnes quel giorno mi fece sentire bene.
<<  Gill, l’ho preso, l’ho preso ! >> Pitt si dimenava sullo scoglio, intento a non farsi mordere dal granchio. Corsi verso di lui giusto in tempo per vedere come quel crostaceo colossale allungasse la sua chela micidiale e quasi tranciasse il dito del mio amico. Un rivolo di sangue sgorgò dalla ferita aperta. Pitt lo guardò e i suoi occhi rotearono verso l’alto: il sangue gli provocava svenimenti quasi istantanei. Lo sentii respirare affannosamente per alcuni secondi serrando forte gli occhi e stringendo i lembi della ferita aperta con l’indice e il pollice della mano destra. Tolsi delicatamente la sua mano e sciacquai il taglio con abbondante acqua salata. Con la coda dell’occhio vidi l’animale assassino tuffarsi tra gli spruzzi.
<< È tanto profondo? >> chiese lui senza guardarmi.
<< Dai Pitt, non fare la femminuccia!>> risi malefica. Non avevo il coraggio di dirgli che forse ci sarebbero voluti i punti, o avrei dovuto trasportarlo a casa della nonna in braccio.
<< Allora dovrei finire di dissanguarmi a momenti … >>
<< Ehm , si, certamente. Però, ecco, forse sarebbe meglio andare da qualcuno …. >>
<< Maledetto granchio! >>
Risalimmo la scogliera  verso est, era più ripida, ma avremmo raggiunto direttamente lo chalet dei nonni. Il sole era perpendicolare alle nostre teste e sembrava spaccare le pietre, il caldo si era fatto ancora più soffocante. In tutta la mia vita non avevo mai vissuto una giornata più calda lì a St. Agnes.
<< Gill se smettessi di correre te ne sarei grato. Nel caso in cui te lo fossi dimenticato mi sto dissanguando!>>
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<< Io potrei morire dissanguato molto prima ! >>
Non rallentai il passo, se lo avessi fatto ero sicura che non saremmo mai arrivati a casa entro la fine del giorno solare. Approdai sul soffice prato e mi misi seduta ad aspettarlo. Si era avvolto il dito attorno alla maglietta e la sua pelle chiara brillava sotto il sole. Era abbastanza smilzo, poco atletico, soprattutto cosi infortunato. Mi suscitò un moto di tenerezza: era così … indifeso ! Nei suoi occhi verdi smeraldo, che sembravano veramente pietre preziose incastonate nella bianca roccia della sua pelle si leggeva ancora l’innocenza dei nostri anni passati. Ricordai quando eravamo bambini, giocavamo a rincorrerci, costruivamo castelli di sabbia e rubavamo i dolci dalla credenza della mamma di Pitt per poi mangiarli finché i conati ci impedivano di mandar giù anche solo un bicchiere d’acqua. Sapevo che, se lo avessi proposto, avremmo potuto andare ad abbuffarci  di caramelle gommose al lampone e crema di nocciole.
<< Si è fermato il sangue? >>
<< Sta rallentando, credo di poter resistere per ancora due ore, prima di stramazzare al suolo. >>
<< Non esagerare ora. >>
La nonna ci accolse con un sorriso che svanì subito quando vide lo squarcio sul dito di Pitt.
<< Oh, Santo Cielo! >> I suoi occhi marroni, lo stesso marrone dei miei, si spalancarono per l’apprensione. Cinque punti di sutura dopo, Pitt sedeva sulla poltrona con il ghiaccio sul dito infortunato, gemendo e mugolando, mentre la nonna friggeva il pesce. L’odore che scivolava in ogni angolo della casa era intenso, talmente intenso che sembrava quasi di poterlo vedere, toccare; sembrava si fosse depositato su ogni mobile, vestito e persino la mia pelle puzzava di pesce.
<< Il nonno dov’è ? >> chiesi , notando la sua assenza.
<< Nell’orto , ovviamente … >> Ovviamente. Nonno Anthony aveva una passione smodata per le piante e il suo orto sembrava il giardino dell’ Eden. Adoravo innaffiare le verdure, vederle crescere, acquisire dimensioni colossali, colorarsi con pigmenti vivaci, odorare il loro profumo intenso e squisito. Le mie preferite erano senza dubbio le melanzane: violacee e lucide , sembravano oggetti di plastica, talmente erano perfette; solo il profumo deciso e aromatico le tradiva. Ricordo quando diedi a tutti i frutti dell’orto un nome. Toby il pomodoro, Josephine la carota, Mary la zucca,  Omar il cavolo ed infine, in onore della mia migliore amica di St. Agnes, Kelly la melanzana. I miei pensieri presero  un’altra direzione. Ricordai i capelli rossi, e liscissimi come i miei, la pelle lattea , quasi cristallina e il suo sorriso amichevole e cordiale. Passavo quasi tutto il mio  tempo con Kelly le estati precedenti, all’ombra del grande platano sotto casa sua, dove suo padre ci aveva costruito una piccola casetta in legno dove potevamo giocare da mattina fino a sera. Sospirai. Erano tre anni che non vedevo Kelly; dopo  l’incidente che aveva strappato la vita a sua madre non era più venuta. Mi era mancata moltissimo, l’avevo invitata a casa mia a Londra per un mese di seguito, invano. Allora non riuscivo a capacitarmi del perché non volesse vedermi, avevo anche obbligato i miei ad andarla a prendere a Plymounth, senza successo. Finii per odiarla. Solo dopo qualche tempo, quando mia nonna paterna morì, riuscii a capire, ad immaginare, quello che poteva provare nel cuore. Mi sentii terribilmente in colpa, non le avevo telefonato per oltre sei mesi, neanche per chiederle come stava. Non che lei avesse mai chiamato per sfogarsi, ma era nello stile di Kelly non chiedere mai nulla, essere orgogliosa e timida allo stesso tempo. Mi attaccai al telefono per nove mesi di seguito, senza avere successo. Kelly era scomparsa nel nulla, nessuno rispondeva in casa sua. Mamma e papà ipotizzarono che si fosse trasferita, ma a me quell’idea non andò mai giù. Come poteva sopportare di lasciare la casa in cui aveva vissuto con la mamma?
I miei pensieri furono bruscamente interrotti dal trillo del telefono. La nonna si pulì le mani nel grembiule e alzò la cornetta .
<< Pronto qui casa Thompson, chi parla? >> la nonna assumeva un tono buffo al telefono, quasi fosse una segretaria professionale.
<< Cosa?! >> la sua voce fu appena un sussurro, il suo volto una maschera di dolore. Cadde sulle ginocchia. Io e Pitt ci alzammo a soccorrerla, mentre nonna Emma piangeva lacrime silenziose e ascoltava lo sconosciuto, sconosciuto almeno per me, che parlava dall’altra parte della linea. Mai , in tutta la mia breve vita, avevo visto nonna Emma piangere.

  
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