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Autore: Fannie Fiffi    05/10/2012    6 recensioni
Ok questa è tipo una follia perché non porto a termine mai niente, ma va bè!
Gli avvenimenti sono tutti collocati verso il finale della terza stagione, ma le cose potrebbero andare diversamente. L'inizio della storia fra l'originale Klaus e la vampira Caroline. Vi posto una parte del 1° capitolo:
E così voltandomi le spalle se ne andò. Klaus se ne era veramente andato, come mi aveva detto e mentre osservavo l’ibrido non potei fare a meno di chiedermi se e quando lo avessi rivisto. Perché quei dubbi, se tutto ciò che io e i miei amici volevamo stava accadendo? Perché sentivo quello strano sentimento sconvolgermi il petto e trasmettermi l’impulso di seguirlo?
Dal capitolo 11:
« Forse dovremmo rientrare. » spezzai il silenzio.
« Tu vuoi? »
« No» dissi alzando lo sguardo per fermarlo nel suo.
Lui annuì sorridendo.
« Perché mi hai detto che te ne saresti andato da Mystic Falls e poi sei rimasto? »
« Le prospettive cambiano. »
« Non è una risposta. »
« Non volevo lasciarti. »
Oh, questa si che lo era. Rimasi interdetta per un attimo, poi continuai, decisa ad ottenere le mie tanto agognate risposte.

Avviso importante: potrebbe contenere tracce di OOC.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Stefan Salvatore, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Heaven’s in your eyes.
 
 
 
 
Pov Caroline
 
 
 
 
Mi rigirai per l’ennesima volta fra le leggere lenzuola bianche, arrotolandole fra le gambe e sbuffando pesantamente.
Era la seconda notte consecutiva che passavo senza chiudere occhio, troppo occupata a crogiolarmi nei pensieri senza fine. Quando questo non accadeva, ci pensava il senso di colpa nei confronti di Tyler a mangiarmi lo stomaco.
Perché tutto doveva essere così stupidamente ed enormemente difficile?
Fissavo il soffitto bianco come se improvvisamente ci si potesse proiettare sopra la soluzione a tutti i miei problemi. Sfortunatamente per me però, questo non accadeva mai.
Rimaneva sempre quel bianco troppo opprimente.
 
Erano passati due giorni dall’ultima volta che lo avevo visto e sentito. Dopo quello che era successo – non osavo nemmeno chiamarlo con il suo nome – ero immediatamente scappata.
Ero scappata da lui, da quella casa, dalla sua presenza così maledettamente ingombrante.
Ero arrivata a casa e mi ero chiusa dentro, sperando di lasciare fuori i pensieri che lo riguardavano.
Mi ero resa conto però che potevo perfino arrivare in Alaska: non mi sarei liberata di quel
sentimento sconosciuto e al contempo familiare.
“Quello da cui scappi non fa che rimanere con te più a lungo.” * pensai sconfortata dalla consapevolezza di quanto potesse essere vero.
Avevo sempre desiderato cose buone e giuste, cose che era lecito ricercare e che potevo conquistare facilmente. Per tutta la mia vita avevo voluto cose semplici, niente che mettesse in pericolo me o le persone che amavo.
Cosa dovevo fare ora che quello che desideravo era quello a cui non avrei mai dovuto pensare?
È strano come a volte i nostri desideri siano capaci di distruggerci, annientarci ed essere contemporaneamente giusti e sbagliati. Dopo quello che era accaduto fra me e Klaus la confusione aveva cominciato a prendere posto fisso nei pensieri, giungere anche nei momenti in cui cercavo di distrarmi e portarmi in un vortice di macchinazioni e propositi a cui non  avrei mai dovuto ambire.
Non sapevo più cosa fare, come agire, a chi dare ragione. Come sempre due parti di me si sfidavano e io me ne stavo ferma e immobile mentre le emozioni prendevano il sopravvento su tutto il resto. Da quando avevo conosciuto Klaus era come se fosse nata una nuova me, come se fosse emersa una persona totalmente diversa da quella che ero prima ed ora questa nuova Caroline cercasse di far sprofondare la vecchia me: non riuscivano ad andare d’accordo, ognuna determinata a prevalere sull’altra.
 
“Sto impazzendo.” Pensai ancora mentre cambiavo nuovamente posizione. Mi stesi su un lato e guardai fuori dalla finestra, il cielo ancora buio e la luna alta in cielo.
 
 
Pov Klaus    
 
 
« Pensavo che con i secoli avresti imparato, ragazzo.  »
Non appena udii quella voce mi girai di scatto, sorpreso e spaventato allo stesso tempo di rivederlo dopo tanto tempo.
Incontrai subito il suo sguardo duro, arrabbiato e deluso che mi scrutava con un’aria di superiorità e disgusto.
« Cosa avrei dovuto imparare? » chiesi titubante, piegando la testa da un lato e osservandolo bene. Era esattamente uguale all’ultima volta che lo avevo visto, ma c’era qualcosa che mi suggeriva che la sua presenza non poteva essere reale. Mi concentrai nuovamente sul suo viso a cui avevo imparato a tener testa, ma che in fondo ancora temevo.
« Nessuno ti amerà mai, rimarrai solo per il resto del tuo inutile tempo. » disse l’uomo davanti a me scoppiando a ridere e guardandomi come fossi l’essere più stupido sul pianeta.
« Ho smesso di credere alle tue parole quando hai giurato di uccidermi. Purtroppo non ci sei mai riuscito. » risposi a tono, seppure dentro di me qualcosa si fosse irrimediabilmente spezzato. Non ero mai stato indifferente ai continui insulti di quell’uomo che per tanto tempo avevo considerato un modello da seguire, ma che poi si era dimostrato semplicemente qualcuno di cui mi sarei sbarazzato.
« Sei solo un illuso, lei non ti amerà mai. » questa volta non c’era traccia di sarcasmo nella sua voce, il suo sguardo fiero e tagliente mi perforava e pian piano sentivo tutte le mie difese crollare.
« Se avessi saputo subito che non eri mio figlio biologico, avrei ucciso te e il tuo schifoso padre fin da subito.  » continuò pronunciando le parole che distrussero definitivamente tutte le maschere e le mura che avevo creato per proteggermi. Ero indifeso di fronte alla forza del suo sguardo e delle sue parole. Rimasi impassibile mentre lui continuava a scrutarmi con aria di sfida. Involontariamente una lacrima scese dai miei occhi, sola, com’ero io. Fu quello forse a darmi la spinta per abbattermi contro Mikael e colpirlo
Direttamente  nel cuore con il pugnale che era appena apparso dal nulla nella mia mano destra.
Restai a vederlo bruciare e consumarsi per un tempo infinito, mentre con lui morivano nuovamente tutte le mie debolezze.
Chiusi gli occhi fra le sue urla agghiaccianti che si ripetevano continuamente nella mia mente
 
Li riaprii in quelli che sembravano i secondi successivi a quello che era accaduto.
Questa volta mi trovavo nel mio letto, il silenzio era tangibile ed era rimasta solo un’eco lontana delle grida dell’uomo.
“Solo un incubo, era solo un incubo.” Mi ripetei mentre mi muovevo lentamente fra le lenzuola completamente bagnate dal mio sudore.
Mi girai verso il comodino d’ebano e controllai la sveglia: le 4. am.
Strinsi forte il tessuto cercando di far sparire lo sgradevole panico che ormai avevo imparato a controllare. Lo stesso incubo che tormentava tutte le mie notti da fin troppo tempo si era ripresentato e io non potevo far altro che aspettare che il dolore passasse.
 
 
 
Pov Caroline
 
Fin da piccola mi ero sempre chiesta perché i secondi scorressero così lentamente ma allo stesso tempo così velocemente.
Il tempo e il suo incessante fluire avevano suscitato in me una sincera curiosità: spesso nei pomeriggi estivi mi ritrovavo a fissare l’orologio e lo scorrere delle lancette. Non avrei mai pensato che, per me, quell’orologio non si sarebbe mai fermato.
Il tempo avrebbe continuato a scorrere per sempre, le città sarebbero cambiate e qualsiasi cosa intorno a me sarebbe mutata inesorabilmente.
Io invece sarei rimasta la stessa per l’eternità.
 
Un’ansia indefinibile mi attanagliò lo stomaco, la sensazione di panico che provavo ogni qualvolta mi avventurassi in pensieri del genere era viva e forte.
Mi alzai dal letto e, comandata da qualche strano impulso che non provavo da tempo, mi diressi verso la camera di mia madre.
La porta era socchiusa e un leggero spiraglio di luce entrava dalle finestre aperte. Il letto matrimoniale in cui mia madre dormiva sola da più di dieci anni mi invitava ad accomodarmi.
Entrai sulle punte e guardai l’ora sulla sveglia: le 4.05 am.
Sospirai il più silenziosamente possibile ed entrai nel letto. Il corpo addormentato di mia madre si mosse leggermente mentre io posavo i piedi nudi fra i suoi.
 
« Hai i piedi freddi. » sussurrò senza voltarsi, la voce ancora impastata dal sonno.
« Non sento più freddo. » marcai le parole ricordandole che la mia temperatura non sarebbe mai più scesa o salita.
« Vuoi parlarne? » chiese lei girando il volto verso di me ma senza guardarmi.
« Cosa? » capii che non si riferiva alla mia temperatura corporea.
« Quando c’è qualcosa che ti spaventa vieni sempre qui. Ormai non succedeva da anni. »
« Va tutto bene… » sussurrai stringendomi ancora più nelle coperte.
Lei non rispose, annuì semplicemente e mi diede di nuovo le spalle.
Dopo pochi minuti di silenzio parlai: « Mamma? »
« Dimmi. »
« Sono quattro giorni che non vado a scuola. » confessai subito, anche se non era quello il peso che mi opprimeva.
Passarono alcuni istanti in cui temetti che si fosse riaddormentata, chiusi gli occhi cercando di prendere sonno e poi la sentii dire semplicemente: « Lo so. »
Io sorrisi anche se non poteva vedermi e circondai i suoi fianchi con un braccio, appoggiando il volto alla sua schiena e annusando lo stesso profumo che ormai conoscevo da diciassette anni.
Lei strinse forte le mie mani e le accarezzò. In quel gesto c’era più di quanto potessi pensare.
 
 
 
 
La mattina seguente mi svegliai ancora nel letto di mia madre.
Lei ovviamente non c’era, ma stare semplicemente fra le sue braccia mi aveva aiutato più di qualsiasi altra cosa. Lentamente spostai lo sguardo verso la sveglia e notai due cose:
primo, l’orario indecente. Erano le 10 del mattino e per l’ennesimo giorno avevo saltato la scuola. Secondo, un post – it di mia madre mi avvisava che per oggi sarei potuta rimanere a casa ma che al più presto avrei dovuto ricominciare a frequentare assiduamente i corsi scolastici se volevo diplomarmi con il minimo della decenza.
Era incredibile quanto la scuola nel giro di pochi anni avesse perso importanza: quando ero più piccola la mia più grande preoccupazione era prendere voti alti e prestare attenzione alle lezioni, ora ricordavo a malapena di doverci andare.
Mi stiracchiai per l’ultima volta e mi alzai, dirigendomi in cucina e riordinando le idee dei giorni passati.
Tranne la famiglia Mikaelson, dopo le ricerche di Tyler non avevo più visto i miei amici.
Dovevo scusarmi con tutti loro per il mio stupido comportamento e per averli ignorati.
Improvvisamente un pensiero mi colpì: Elena non era ancora venuta a sapere di quello che c’era tra me e Klaus.
Ero riuscita a confidarmi con Bonnie, la sostenuta per eccellenza nei confronti dei vampiri, ma non con lei. Mi sentii profondamente colpevole per aver omesso alla mia migliore amica quel piccolo dettaglio che pian piano era diventato sempre più grande, coinvolgendo una parte sempre più importante di me.
La realtà era che avevo paura: ero spaventata da come avrebbe potuto reagire, dall’odio che sicuramente avrebbe provato nei miei confronti dopo quella terribile rivelazione, dal disgusto che avrebbe provato sentendosi tradita. Perché in fondo era questo che avevo fatto: avevo tradito la mia migliore amica, mi ero schierata dalla parte del nemico.
Ma Klaus era davvero un nemico? O solo io riuscivo a percepire l’infinita gamma di emozioni che sprigionava con ogni gesto?
Sebbene non avessi dimenticato tutti gli errori che aveva commesso, in qualche modo ero riuscita a perdonarlo ancor prima di interiorizzare razionalmente i guai che aveva provocato. La strana connessione che c’era fra noi due aveva creato un altrettanto strano moto di empatia. Avevo imparato a filtrare l’odio e la rabbia dai suoi occhi, riuscendo a vedere realmente quello che nascondevano: dolore, frustrazione, redenzione, pentimento, solitudine.
Era questo che mi aveva sempre colpito nei suoi gesti e nei movimenti involontari del suo corpo: immediata, profonda e incomparabile paura di rimanere solo.
In quel contatto che riuscivamo a mantenere anche da lontano, riuscivo a percepire le motivazioni che l’avevano spinto a creare un esercito di ibridi e distruggere la propria famiglia, e in qualche modo le avevo accettate e comprese.
In lui percepivo quel bisogno d’amore potente come una fiamma sempre viva. Vedevo che stava cercando di nasconderlo,di celarlo in ogni modo perché in fondo la sua umanità era sempre restata intatta e viva dentro di lui, e la verità era che temeva la sua stessa paura.
 

Quando giustifichiamo i suoi malumori, il suo cattivo carattere, la sua indifferenza o li consideriamo conseguenze di una infanzia infelice e cerchiamo di diventare la sua terapista, stiamo amando troppo.
(Robin Norwood, Donne che amano troppo.)
 

 
***
 
 
Dopo un’attenta riflessione su tutti i pro e i contro che sarebbero derivati dal dire la verità ad Elena, avevo deciso di rischiare il tutto per tutto.
Senza pensarci avevo indossato la prima tuta che avevo trovato – indumento che un anno fa non avrei nemmeno avuto nell’armadio – e mi ero incamminata verso la tenuta dei Salvatore, dove ero sicura di trovare la mia amica.
Davanti all’imponente porta in legno scuro, la mia convinzione era vorticosamente scesa e non mi sentivo per niente sicura. Presi un bel respiro e bussai, ma sfiorando la porta questa si aprì rivelandomi l’ingresso della villa.
Feci un passo avanti sentendo delle voci provenire dalla cucina e, incamminandomi, mi schiarii la voce e mi feci coraggio.
Una volta arrivata nella stanza, quello che vidi mi sconvolse e non poco: una sorridente e impeccabile Shannon se ne stava comodamente appoggiata al piano cucina mentre  Damon, a pochissima distanza dal suo volto, la guardava con il suo solito sguardo da stallone.
Da quanto si conoscevano? Mi ero evidentemente persa qualche passaggio.
Li osservai per qualche altro secondo e poi decisi di parlare.
« Ciao a voi » dissi spiazzata e imbarazzata, spostando velocemente lo sguardo tra i due.
Damon si limitò a uno dei suoi sorrisini compiaciuti e ad un gesto della mano, mentre Shannon si voltò, mi sorrise amabilmente e rispose con imbarazzo: « Eih Caroline! »
Io ricambiai con un sorriso leggermente tirato e, cercando un espediente per rimediare all’imbarazzo generale, chiesi: « Da quanto vi conoscete? » ma cambiai subito rotta cercando di essere il più naturale possibile.  « Ehm, no, volevo dire… come va? »
« Diciamo che a quanto pare rimarrò in città per un po’, quindi girando per la zona ho conosciuto i famosi fratelli Salvatore… In ogni caso va tutto bene! » rispose Shannon riprendendosi egregiamente dall’impaccio iniziale.
Io annuii alla meglio e cercai di tirarmi fuori da quella situazione: sebbene stessero solo parlando, vederli così intimi aveva suscitato una strana sensazione.  La cosa strana era vedere come Damon guardasse la vampira vicino a noi, come se ne fosse totalmente preso. Cosa praticamente impossibile – o quasi – dato il suo platonico amore per Elena.
Accantonai questi pensieri e chiesi semplicemente: « Stef ed Elena sono in casa? »
Questa volta fu il moro a rispondere e a prendere parola per la prima volta. « Sì, sono nella camera di Stefan. »
Io assentii e, rivolgendogli un ultimo cenno, mi diressi verso la camera del più piccolo dei Salvatore. Non mi preoccupai di bussare ed entrai come se niente fosse.
Purtroppo la scena che mi si parò davanti non era proprio delle più caste: i corpi di Elena e Stefan, coperti (solo) dalle lenzuola, si muovevano piuttosto velocemente fra loro mentre mugolii e risatine si diffondevano per l’intera stanza.
Per mia fortuna si resero conto della mia presenza e si bloccarono subito, mentre Elena si copriva il viso dalla vergogna e Stefan sbuffava imbarazzato.
« Oh. Mio. Dio. » sibilai schifata girandomi di scatto e dando le spalle ai due fornicatori, fornendogli così modo di ricomporsi.
« Caroline! Ma non sai cosa vuol dire bussare?! » urlò quasi Elena in preda alla vergogna mentre io uscivo dalla stanza e mi richiudevo la porta alle spalle.
« DAMON! » Urlai arrabbiata verso il maggiore dei Salvatore che, sebbene parecchio lontano, avrebbe sicuramente udito il mio rimprovero. Gli costava tanto avvisarmi?!
Mi appoggiai al muro aspettando che i due si vestissero e riprendessero un aspetto decente.
Dopo circa cinque minuti uscirono entrambi dalla stanza.
« Siete tornati insieme? Seriamente?! » chiesi felici di rivederli finalmente assieme e uniti, così come avevo sempre sperato.
Da un lato avevo anche invidiato il loro amore, capace di sopportare qualsiasi ostacolo e pericolo. Un amore più forte del dolore, della separazione… perfino della morte.
Niente e nessuno era mai riuscito a separare quelle due anime che si appartenevano inesorabilmente.
Elena annuì commossa e rivolse uno sguardo pieno d’amore a Stefan, anch’egli sorridente.
« Voglio sapere i dettagli! » esclamai battendo le mani e saltellando felice.
Stefan scoppiò in una risata e disse: « Li saprai… prima o poi ».
 
Io annuii sinceramente felice e mi fiondai tra le loro braccia, stringendo entrambi con mia presa ferrea.
« Woh! » esclamò Elena felice di quel mio slancio di dolcezza.
« Ho bisogno di parlarti… » proferii staccandomi dai due e assumendo un’espressione seria.
« Si tratta di…? » chiese Stefan lasciando in sospeso la domanda e facendomi capire di aver compreso.
Io annuii senza dire niente e lui aggiunse: « Beh, vi lascio sole. » sorrise ad entrambe e, dandomi una pacca sulla spalla per infondermi coraggio, si avviò verso il piano inferiore.
Io con un cenno del capo indicai alla mia amica lo studio di Stefan ed entrando nella stanza mi sedetti sul divano a due posti. Tamburellai il cuscino vicino a me per farle capire di raggiungermi e lei si sedette. La sua espressione era tranquilla, probabilmente non immaginava che quello che stavo per dire avrebbe distrutto per sempre la nostra amicizia.
« Prima di cominciare, » parlò Elena « volevo sapere come stai… è un po’ che non ci sentiamo e non mi hai raccontato del ritorno di Tyler. » chiese premurosa.
Io la guardai per un attimo cercando le parole giuste e infine spostando lo sguardo sulle mie mani intrecciate.
« E’ tutto molto difficile, devo ammetterlo, ed è un po’ che non ci parliamo. Abbiamo discusso e al momento non sono pronta a rivederlo. »
Elena annuì dispiaciuta e mi accarezzò il braccio cercando di confortarmi.
« Allora? Cosa volevi dirmi? »
« Prima di tutto sappi che io ti voglio bene. Ti voglio così tanto bene che sto per distruggere tutto pur di essere sincera con te… » le mie parole fecero subito breccia in lei, poiché la vidi sbarrare gli occhi e deglutire. Non rispose, così continuai.
« Sei la mia migliore amica e con te ho superato quasi tutti i miei problemi: l’abbandono di mio padre, la mia nuova natura, Tyler, Matt, la morte di mio padre…
Ci siamo sempre aiutate l’una con l’altra perché sapevamo di essere una famiglia. Tu sei la mia famiglia e non so dove stia trovando il coraggio per dire quello che sto per dire…
Ho commesso un grave errore. Un errore imperdonabile per cui pagherò per il resto della mia vita. L’errore che mi ha portato alla perdita della mia migliore amica, un errore che però non posso fare a meno di continuare a ripetere. »
« Caroline mi stai seriamente spaventando. Cosa è successo? » chiese la mia amica con un’espressione impaurita e confusa.
Io che ancora non l’avevo guardata negli occhi, alzai lo sguardo e osservai bene quelle iridi in cui avevo visto amore, dolore, felicità. Sentii le lacrime salire agli occhi e cominciai a percepire quella fastidiosa sensazione di sofferenza: la mia umanità stava cercando di prevalere mentre il mio istinto di vampiro cercava di sopprimerla.
Scoppiai a piangere e non potei fare niente per impedirlo. Mi passai una mano sul volto per cercare di rimuovere i residui di tutto quel dolore, ma più cercavo di rimuoverle e più nuove lacrime giungevano sulle mie guance.
« Mi dispiace così tanto, Elena. » sussurrai nel pianto, cercando di trasmetterle il vero rammarico che stavo provando.
Presi un respiro profondo e parlai, era giunto il momento di dirle la verità una volta per tutte.
« Credo di provare qualcosa per Klaus. »
 
 
 
 
 
 
Commento:
Salve a tutti miei amati lettori!
Come posso farmi perdonare per l’incredibile ritardo con cui pubblico?
Sappiate che non mi sono affatto dimenticata né di voi né della storia, sono semplicemente super impegnata con la scuola e non ho avuto il tempo materiale per scrivere.
Spero che durante la mia assenza non abbiate abbandonato la storia T.T
Non ho niente da dire su questo capitolo, lascio a voi le opinioni… fatemi sapere cosa ne pensate così saprò se sto andando nella direzione giusta o meno (:
 
Ringrazio i lettori silenziosi, coloro che recensiscono, coloro che inseriscono fra seguite/preferite/ ricordate.
Un ringraziamento speciale va alla mia amata beta Ivy che sopporta i miei scleri e migliora i capitoli, correggendo lì dove la mia distrazione fa degli errori. Grazie veramente tesoro mio!
Un grande bacio va ad Ambra, mia moglie, che mi manca tanto tanto :’( I always love you, sis.
Saluto anche tutte le altre sisters, NON VI HO DIMENTICATE <3
 
Ultima cosa e poi mi dileguo.
Tutti coloro che leggono la mia storia e di cui leggo le storie, spero che leggano questa cosa: ho letto tutti i vostri capitoli e sono tutti meravigliosi, purtroppo non ho avuto tempo di recensire ma provvederò a farlo nel weekend.
 
Un grande bacio e ancora grazie per tutto quello che fate!
  
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