Harry capita per sbaglio in casa di Piton nell'estate del quinto anno, dopo la morte di Sirius. Costretti a una convivenza forzata, i due scopriranno molte cose l'uno dell'altro.
Traduzione a opera di Starliam ed Allison91
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Bene, stavolta ho aggiornato prima. Stiamo per scoprire qualcosa di più sulla strana malattia di Harry. Scommetto che alla fine del capitolo mi chiederete di aggiornare al più presto, visto come finisce in sospeso ;)
Vi ringrazio sempre per l'assiduità con cui leggete (e commentate). Sono contenta di vedere che questa storia così carina è adeguatamente apprezzata.
Per Mezzosecolo: no, l'autrice è americana; studia alla Georgia University.
Non vi trattenfgo oltre: divertitevi!
Starliam
"Ti sei alzato", notò Piton tranquillamente.
"Brillante osservazione", rispose Harry. Si sentiva sempre irritato e
di malumore dopo un pisolino pomeridiano. Una parte di lui voleva
strisciare nuovamente a letto, l'altra parte voleva colpire Piton in
faccia.
Il professore sollevò appena un sopracciglio. "Bene, siamo scontrosi questo
pomeriggio. Ti andrebbe qualcosa da mangiare, oppure una passeggiata; o
devo rispedirti a letto finchè non avrai imparato a comportarti
civilmente?"
Harry si imbronciò, ma rispose: "Voglio andare fuori".
"E' fresco fuori, e sembra che stia per piovere" - Piton condusse Harry
in un guardaroba, dove gli tese un mantello verde con la fodera color
crema - "Tienilo sempre addosso".
Colori Serpeverde: fantastico. Harry si infilò controvoglia il mantello
sulle spalle e chiuse la fibbia, che (sorpresa, sorpresa) era a forma
di serpente. "Che ne è stato del mio mantello?" ricordò
improvvisamente.
"Questo sarà abbastanza caldo", Piton aprì la porta laterale.
"No, il mantello invis... l'altro mantello", Harry si corresse appena
in tempo.
"L'ho messo via, per il momento".
"Non è suo, e qui non siamo a Hogwarts, dove può confiscare le cose
degli studenti" - protestò Harry, sentendo le guance arrossarsi di
rabbia - "E' mio, mio padre l'ha lasciato a me!"
Le labbra di Piton si contorsero in un ghigno, al ricordo del padre del
ragazzo che gli stava davanti. Harry sapeva che Piton stava assaporando
il fatto di avere l'unico figlio di James Potter a Snapdragon,
completamente alla sua mercè. Harry non poteva contrastare il
professore di pozioni, non dal momento che era molto più grande di lui;
e lui non aveva la bacchetta.
"Non discutere con me, Potter", disse Piton in tono aspro. "Questa casa
può sembrare inoffensiva, ma ci sono alcune stanze che non aspettano
altro che ingoiarti tutto intero. Non voglio che tu ti aggiri invisibile e
non rintracciabile, finendo intrappolato da qualche parte per
settimane".
"Ma..."
"So che stai per dire che non lo farai, e che prometterai di non
mettertelo; ma al primo segno di qualche problema, ti infilerai quel
mantello e andrai in caccia di guai; e io dovrò letteralmente
distruggere la casa per trovarti. No, non puoi avere il tuo
mantello".
Harry sbuffò, frustrato: ma riusciva a vedere la logica nel
ragionamento di Piton, anche se non era disposto ad ammetterlo. Il
Mantello dell'Invisibilità era una tentazione, anche con le più nobili
intenzioni di non usarlo. Non voleva finire intrappolato in qualche
angolo della casa, invisibile e impotente.
"Bene, almeno posso avere la mia bacchetta?"
"Non vedo a cosa ti serva", Piton incrociò le braccia. "Sei minorenne:
non puoi usarla fino all'inizio dell'anno scolastico. L'ultima cosa che
voglio è il Ministero della Magia che ti manda un'altra lettera e ti
trascina a un'altra udienza".
"Ma se la casa mi attacca..."
"La casa ti attaccherà solo se mostrerai di avere cattive intenzioni.
Finchè te ne stai lontano dai guai e fai quello che ti viene detto, non
avrai problemi con Snapdragon Manor".
Questa spiegazione non era molto confortante, visto che Harry aveva in
programma di perlustrare ogni centimetro dell'abitazione in cerca di
giratempo, ma non osò dirlo a Piton.
"Adesso, in giardino". Piton aprì la porta, permettendo alla calda luce
di Giugno di penetrare nel buio guardaroba. "Puoi gironzolare fin dove
ti pare, ma non cercare di arrampicarti sul muro".
Piton chiuse la porta dopo che Harry fu uscito nell'ampio giardino.
C'erano aiuole che sembravano estendersi per miglia. Harry riconobbe
alcune delle piante grazie alle lezioni di Erbologia. Diversi grossi
alberi erano ai lati dei viali, e a un centinaio di metri c'era una
panchina.
Harry passeggiò un po', ma si sentì presto stanco. Appena raggiunse la
panchina, vi si sedette e rimase a gaurdare le piante. Forse era ancora
assonnato dal pisolino. Tanto per cominciare non capiva perchè Piton
glielo avesse fatto fare: un altro modo che aveva indovinato per
tormentarlo.
Un'ape svolazzava fra i fiori; Harry la guardò alzarsi e abbassarsi sui
petali, succhiando il nettare. Cercò di ricordare se erano le api che
pungevano e morivano o se si trattava delle vespe. Non che gli
importasse.
Il giardino si estendeva molto lontano, al di là della panchina. Harry
si chiese se a un certo punto terminava oppure curvava dietro la casa.
Si voltò a guardarla. Era buia e scura, dominando il giardino come un
guardiano dall'aspetto malaticcio. Diversamente dalla casa degli
Weasley, Snapdragon Manor sembrava costruita in una sola volta, un
enorme agglomerato di torri, tende e finestre vuote.
Harry guardò su, verso l'alto muro dietro la panchina. Era sicuramente
in grado di arrampicarvisi sopra: era alto all'incirca sette piedi,
fatto di pietre grezze che offrivano un gran numero di appigli per le
mani e appoggi per i piedi. Ma per adesso, si appoggiò pigramente
contro il bracciolo della panchina, per riposarsi un po'. Magari si
fosse portato dietro un libro. Non si considerava un gran lettore: lo
era Hermione e la sua memoria di ferro. Harry si era chiesto più volte
se la sua amica avesse una memoria fotografica, si ricordava così
facilmente tutto quello che leggeva. Non era giusto...
Sentì qualcosa di duro contro il fianco, e Harry mise la mano nella
tasca del mantello. Ci trovò un piccolo libro, non più grande della sua
mano, con le paole "Gordon nel giardino" scritte sulla copertina. Harry
considerò di rimetterlo in tasca ma, naturalmente, la curiosità lo
vinse; e aprì il libro.
Le pagine erano piccole, ma i caratteri erano grandi abbastanza. Era
un'altra storia di fantasia, su un principe e una principessa che
viveano in un giardino e cercavano di uscirne per vedere il resto del
mondo; ma erano sorvegliati da uno spaventoso mostro a due teste.
Il libro all'inizio non aveva più di 20 pagine; ma come Harry ne
voltava una, un'altra appariva alla fine. Ma non gli dava la
possibilità di arrivare fino alla fine per poi tornare all'inizio.
Ovviamente, era il tipo di libri che costringevano coloro a cui piaceva
saltare pagine ad andare dritti in fondo.
Si stava facendo buio, quandi finì la storia. Vide la porta laterale
aprirsi e sentì un insistente: "Potter, vieni dentro!"
Mentre Harry tornava verso casa, non potè fare a meno di pensare che
tutto quello che aveva fatto quel giorno era dormire, mangiare cibo
insipido e leggere storie fantastiche. Eppure, mentre si toglieva il
mantello e seguiva Piton nel lavatoio, si trovò a sperare che il
professore lo avrebbe lasciato andare a dormire presto quella sera: il
pensiero del letto caldo e dei cuscini soffici era molto confortante.
Era ridicolo: neanche i bambini dormivano così tanto.
"Bene, quali guai hai trovato in giardino?" Piton fece partire l'acqua
calda dal rubinetto di ferro e passò a Harry una saponetta marroncina.
Harry bagnò le mani nell'acqua calda, godendosi la sensazione di
freschezza che gli dava il sapone unita al calore. "Non ho fatto
niente. Ho solo letto il libro che ho trovato nella tasca, lì sulla
panchina".
Piton sembrò esitante per qualche secondo, poi fece cenno a Harry di
sbrigarsi. Lanciò a Harry un asciugamano per asciugarsi le mani.
Quella sera per cena, Piton aveva salmone con burro e limone, verdure
fresche, riso condito, pudding, e vino rosso. Harry invece aveva una
scodella di riso bianco scondito e un piatto di crackers salati con un
bicchiere d'acqua. Dopo un'occhiata al suo cibo domando: "A che gioco
sta giocando? Cosa c'è che non va con me?"
"Signor Potter, per elencare tutto quello che non va con te ci vorrebbe
fino all'inizio dell'anno scolastico. Perchè non ci lasciamo questa
eccitante lista per più tardi? Mangia la tua cena e basta".
"Sto bene", Harry aveva dei problemi a parlare con calma. C'era davvero
qualcosa che non andava con lui, e Piton lo sapeva. Harry si mise una
mano in tasca alla ricerca della sua bacchetta, prima di ricordare che
Piton gliel'aveva presa. Forse poteva fare della magia senza bacchetta.
Dopotutto, l'aveva già fatta con successo altre volte; per esempio
quando aveva gonfiato zia Marge e quell'incidente allo zoo con il
serpente anni prima. Prese un respiro profondo e chiuse gli occhi.
"Legilimens", mormorò; concentrandosi a fondo.
In realtà non si aspettava di vedere qualcosa: dopotutto Piton era
molto abile in Occlumanzia. Ma il professore doveva aver allentato la
guardia un po' perchè Harry improvvisamente vide un tavolo pieno di
pozioni e ingredienti, molti dei quali gli erano sconosciuti. Le mani
di Piton stavano lavorando con furia. continuava a guardare in un
grande libro aperto vicino a un pezzo di qualcosa che appariva morto e
viscido. Harry cercò di vedere il libro da vicino...
Poi si sentì spingere all'indietro, contro lo schienale della sedia.
Piton era in piedi, la bacchetta puntata contro Harry. "Cosa pensavi di
fare, Potter?" ruggì.
"Niente, stavo solo..."
"Stavi usando la Legilimanzia su di me! Senza il mio permesso e senza
dirmelo, hai deciso di invadere i miei pensieri per vedere cosa potevi
trovare!"
"Lei non me lo diceva"- protestò Harry - "Ho pensato che forse c'era
davvero qualcosa che non andava con me e..."
"Così hai deciso che ne sapevi più di me, e hai deciso di scoprirlo a
tutti i costi!" - tuonò Piton - "Cosa ti avevo detto riguardo al
curiosare nei miei affari personali?"
"Di non farlo, ma..."
Harry si interruppe quando Piton lo afferrò per un braccio e lo tirò su
dalla sedia. Harry si trovò chinato sul tavolo, il naso che quasi
toccava la tovaglia color crema. Una forte mano lo teneva giù prememdo
sulla schiena, e subito Harry sentì una sferzata di fuoco sul
fondoschiena. Sibilò acutamente. Questo faceva più male della mano di
Piton la notte prima. Un altro colpo: Harry sobbalzò e si rese conto
che Piton stava usando la sua bacchetta per sculacciare sonoramente il
fondoschiena del suo agitato ospite. Non poteva succedere di nuovo, non
così presto dopo la prima volta.
"Basta!" Riuscì a gridare Harry fra un sobbalzo e l'altro. "Prometto
che non OW! Lo farò più. AH! Piton, andiamo!"
"Sono il Professor Piton per te!" Brontolò il professore, senza
impietosirsi neanche un po'. Premette un po' di più sulla schiena di
Harry per tenerlo fermo e gli lasciò andare un altro po' di colpi.
"Ormai dovresti aver capito che quando le persone ti tengono nascosto
qualcosa, probabilmente è per il tuo bene. Ma no, tu insisti nel voler
scoprire tutto. La conoscenza può essere molto, molto pericolosa per la
tua salute; potresti essere ucciso per il fatto di sapere troppo e
troppo presto. Quindi, quando io dico 'stai fuori dai miei affari',
intendo sia fisici che mentali".
"Lo farò, lo farò" , si lamentò Harry.
"Dico sul serio, Potter; farai meglio a darmi ascolto, o ti troverai in
questa posizione di nuovo".
Piton gli dette un ultimo, forte colpo e poi lo spinse di nuovo sulla
sua sedia. Harry strinse i denti nel cadere sulla dura sedia, sulla
quale pochi minuti fa si era sentito comodo e a suo agio. Non era
giusto. Aveva il diritto di sapere le cose che lo riguardavano, e se
aveva qualcosa che non andava. L'intero maledetto mondo magico era così
pieno di segreti complotti. Il bruciore al sedere gli disse che era
meglio non dividere questa opinione con il professore di pozioni.
Piton si sedette con calma, come se non fosse successo nulla. "Mangia
Potter. Non farmelo ripetere di nuovo".
Ricacciando indietro le lacrime, Harry guardò il suo cibo. Per essere
onesto (cosa che odiava essere in quel preciso momento), era sorpreso
che Piton avesse interrotto la sculacciata così presto. Il professore
gli aveva dato appena una dozzina di buoni colpi. Rispetto alla
sculacciata infinita della notte precedente, Piton ci era andato
leggero; non era il tipo che ripeteva a Harry cosa fare o cosa non fare
per due volte.
Era sicuramente perchè Piton sapeva che Harry aveva qualcosa che non
andava. Ci era andato leggero con lui perchè era malato, o in fin di
vita, o maledetto, o...
"Potter, se devo dirti un'altra volta di mangiare, ti darò un'altra
dose di quella disciplina di cui sembri avere un disperato bisogno", lo
minacciò Piton.
Harry respirò a fondo e prese la forchetta. Il riso era caldo e
leggermente salato, ma gli rimaneva bloccato in gola, e Harry aveva dei
problemi a inghiottirlo. Ne prese un altro paio di bocconi prima di
mettere giù la forchetta, frustrato.
"Almeno bevi tutta l'acqua", Piton indicò con la testa il
bicchiere.
L'acqua non era fredda, solo a temperatura ambiente; ma Harry iniziò a
berla con difficoltà, pregando di non scoppiare in lacrime. Si sentiva
bruciare gli occhi, ma rifiutava l'idea di piangere di nuovo davanti a
Piton.
La cena continuò in silenzio, e Harry cercò di non agitarsi troppo, sul
suo sedere in fiamme. Due sculacciate in due giorni... Neanche i
bambini più turbolenti venivano sculacciati tanto spesso. Harry aveva
sperato che quella della sera prima fosse stato solo uno sfogo,
qualcosa che Piton doveva fare prima di poter stare con lui senza
problemi. A Harry non era piaciuto neanche un po', ma emotivamente era
stato un bene aver buttato tutto fuori con un bel pianto. Ma aveva
sperato che quel tipo di punizioni fosse un caso, qualcosa che non
sarebbe stato usato di nuovo. Si era aspettato che Piton lo minacciasse
di sculacciarlo di nuovo; solo per tenerlo in riga, ma non che lo
facesse veramente...
Harry si spostò un po', chiedendosi perchè la sedia doveva essere così
maledettamente dura. Aveva sbagliato a usare la Legilimanzia su Piton.
Lui almeno lo avvertiva prima di invadere la sua mente, e lo aveva
fatto solo durante le loro lezioni di Occlumanzia; non lo aveva fatto
quando stava seduto a un tavolo, solo perchè era un ficcanaso. E se
avesse visto qualcosa di orribile?
Piton era stato un Mangiamorte, era stato a molti incontri con
Voldemort, aveva fatto cose cattive e terribili ad altre persone, era
stato pronto a morire per un ideale sbagliato. E che gli piacesse o
meno, c'erano molte cose che Harry non conosceva del mondo magico.
Aveva l'impressione che ogni anno scoprisse sempre di più quanto era
ignorante, dopo essere cresciuto come un babbano per undici anni.
Odiava ammetterlo, ma Piton probabilmente aveva più conoscenza del
pericolo di quanta ne avrebbe mai avuta lui.
"Qualunque cosa tu stia pensando, Potter" - Piton interruppe
bruscamente i suoi pensieri - "Non mi aspetto che cambi il tuo
comportamento. Puoi stare seduto lì quanto ti pare a tenere il broncio,
ma finchè starai sotto il mio tetto, mi obbedirai".
Con le guance di un rosso ancora più acceso, Harry distolse lo sguardo.
Quella notte Harry andò a letto con molte meno storie della sera prima.
Appena entrò in bagno con attenzione, armato di un pigiama e di una
spazzola di legno, non accedde niente di insolito. Tutto gli oggetti
per la pulizia rimasero ai loro posti, e Harry si lavò i denti senza
altri aiuti.
Piton stava cercando qualcosa nella sua borsa nera, quando Harry
rientrò. Il ragazzo roteò gli occhi, ma entrò nel letto e aprì la bocca
per il termometro.
"A quant'è?" chiese pochi minuti dopo, quando Piton riprese il
termometro.
"38.4", rispose Piton.
Harry scosse le spalle. "Quindi forse ho preso un'infreddatura o una
leggera influenza. Tutti si ammalano".
"Quand'è stata l'ultima volta che ti sei ammalato?" chiese Piton,
prendendo una fiala ancora più grande di pozione.
Harry cercò di pensare. Era stato un po' di tempo prima. Si era mai
ammalato ad Hogwarts?
"Succede" - insistè, ma con meno decisione - "E come sa che non sia un
effetto collaterale di quella schifosa pozione? A volte, gli effetti
collaterali delle medicine sono peggio della malattia stessa, come
dicono in televisione".
"E a volte" - ghignò Piton - "Tu mostri di sapere meno cose sulle
pozioni di quante ne ritenessi possibile. Una volta per tutte, le
medicine e le pozioni sono due cose diverse".
"Mi lasci dormire stanotte senza prendere la pozione", lo blandì Harry,
fissando con disgusto la mistura. Gli sarebbero serviti almeno cinque
sorsi per finirla tutta.
Piton aprì la bocca per dire qualcosa; ma esitò e ordinò: "Prendila,
Potter, e smetti di farmi buttare via il tempo".
Harry portò la fiala alla bocca e cerchè di berla il più in fretta
possibile. Imprecò fra sè e sè, era sempre più cattiva ogni volta che
la prendeva. Se continuava così, alla fine della settimana avrebbe
ingoiato galloni di robaccia. La rese a Piton con una smorfia e si
voltò nel letto, tirandosi le coperte addosso. Voleva solo che Piton se
ne andasse, così avrebbe potuto stare steso immerso nell'oscurità e
nella preoccupazione.
"Questa tua auto-commiserazione è così piacevole" - osservò Piton
mentre abbassava le luci - "Ti stai comportando come il marmocchio
viziato che ho sempre pensato che fossi, desideroso di avere il mondo
ai suoi piedi, pronto a soddisfare ogni tua richiesta".
"Oh, stia zitto!" Sbottò Harry.
Si aspettava che Piton gli desse una pacca sul suo già dolorante sedere
per la sua insolenza, ma il professore di Pozioni spense l'ultima luce
prima di rispondere: "Educazione, signor Potter. Dubito che tu voglia
un altro assaggio della mia mano o della bacchetta così presto. Domani
scriverai un tema su come rispettare e obbedire a una persona più
grande. Trenta centimetri, con una lista delle punizioni adatte per la
mancanza di rispetto e la disobbedienza. Essendo un saputello così
arrogante, sono sicuro che conoscerai un sacco di punizioni adatte per
chi non riesce a stare in riga".
Harry brontolò a denti stretti, ma non disse niente. Piton era il più
malvagio, il più basso, il più crudele, il più cattivo, il peggiore
uomo che avesse mai camminato sulla faccia della terra. Anche Voldemort
era propenso per una veloce tortura e una rapida morte, non per questo
lento tormento prolungato che gli stava logorando i nervi.
"Adesso dormi, e non uscire dal letto fino a domattina", ordinò
Piton.
Harry sentì Piton muoversi nella stanza ancora per qualche minuto, ma
il ragazzo si rifiutò di dirgli altro. Si accontentava di stare al buio
e odiare il professore.
Era nel dormiveglia, sentendosi come peso morto, quando qualcosa lo
voltò sulla schiena. Harry poteva sentire delle parole, qualcosa simile
a un incantesimo, ma erano incomprensibili e non avevano senso.
Stava sognando, sognava qualcosa di totalmente ridicolo. Harry si voltò
nuovamente su un fianco e sprofondò nel sonno.
La mattina dopo, riuscì a malapena ad aprire gli occhi, da quanto erano
pesanti. "Piton", sussurrò.
Il professore fu al suo fianco in un attimo, con un asciugamano bagnato
in mano.
"Buongiorno, signor Potter. No, non alzarti. Oggi rimarrai a letto
ancora un po'". Sistemò la pezza bagnata sulla fronte di Harry e prese
la borsa nera che Harry ormai odiava.
Harry deglutì, cercando di calmare il panico, nonostante si sentisse
annebbiato.
"Per favore, cos'ho che non va? Prometto che starò qui, buono e
tranquillo, se me lo dice".
Piton aggrottò la fronte, poi prese il termometro. "D'accordo, apri la
bocca". Harry prese il termometro, e Piton gli prese il polso per
sentire le pulsazioni. "Avevi mai viaggiato con la Metropolvere,
prima?"
"Shì, divershe volte", rispose Harry, sempre con il termometro in
bocca.
"Bene, mio padre pensava che fosse un modo di spostarsi ridicolo.
Saltare fuori dai camini della gente, senza alcun rispetto della
proprietà privata, diceva. Non permise mai a nessuno di noi di
spostarsi così da questa casa".
"Ma cossa sc'entra..."
"Tranquillo, Potter, lo hai promesso".
Piton si accertò che il termometro fosse sotto la lingua di Harry prima
di continuare.
"Circa venti anni fa, mio padre fece scollegare questa casa della
Metropolvere. Disse che chi voleva parlare con noi poteva
Materializzarsi davanti alla porta e bussare. Comunque, due anni fa,
visto che era ormai morto da cinque anni, ho fatto ricollegare alla
Metropolvere uno dei camini di questa casa".
"Sì" - annuì Harry, facendo attenzione a tenere il termometro in bocca
- "E' cossì che shono arrivato".
"No, il camino collegato alla Metropolvere è quello nel mio studio,
cinque porte più in basso. Il camino dal quale sei arrivato non è
collegato alla Metropolvere; non è collegato a niente. Non è mai stato
usato da quando mio padre l'ha chiuso".
Gli occhi di Harry si spalancarono: "Ma come..."
"E' questa la domanda, Potter. Se qualcuno cercasse di usarlo, immagino
che verrebbe risputato nel camino dal quale è partito. Ma conosco una
sola persona che è riuscita a passare di là da quando è stato chiuso.
Sono sicuro che puoi immaginare di chi si tratta".
Gli occhi di Harry si splancarono ancora di più. "Voldemort? E' shtato
qui? Ma shignifica.."
Piton prese il termometro, ma Harry lo precedette: "39", lesse,
guardando Piton nervosamente. "E' piuttosto alta, non è vero? Dovrei
avere i brividi e... e..."
"Ti senti qualcos'altro, oltre alla stanchezza?" Chiese Piton,
prendendogli il termometro.
"No, no, mi sento solo come se avessi fatto una lunga corsa o un duro
allenamento di Quidditch, e tutto quello che voglio è raggomitolarmi
nel letto e dormire. Ma non ho nient'altro, niente". Harry cercò di
respirare con calma, ma il panico si faceva rapidamente strada nei suoi
sensi.
"Chiederò agli elfi di portarti qualcosa da bere" - Piton spinse Harry
contro il cuscino - "Per adesso, la cosa migliore che puoi fare è stare
qui e riposare".
"Ma cosa vuol dire?" Harry si morse le labbra nervosamente. "Voldemort
ha maledetto il camino? Se non è collegato, come ho fatto ad arrivarci?
Perchè non sono capitato nel suo studio?"
"Perchè il mio studio è nella lista come Studio del Professor Piton, non come
Snapdragon Manor. E non penso che il Signore Oscuro abbia posto una
maledizione sul camino: lo ha utilizzato una volta sola sedici anni fa.
Lasceremo che tutto passi da solo. Ora, mi avevi promesso che se ti
avessi detto la verità saresti rimasto 'buono e tranquillo'? Mostrami
la pretesa tutta Grifondoro di mantenere le proprie promesse, e
rilassati".
Era facile per Piton dirlo, pensò Harry con rabbia mentre si stendeva
sul cuscino e cercava di digerire tutte le informazioni che aveva
ricevuto. Era spaventoso pensare che poteva essere stato maledetto da
Voldemort non intenzionalmente. O era stato il camino a maledirlo?
Harry non aveva mai sentito parlare del signor Piton, ma visto lo
sguardo cupo, quasi amaro che il professore aveva quando parlava di suo
padre, Harry poteva immaginare che quell'uomo sarebbe stato capace di
mettere una maledizione sul camino.
Harry era certo di non essersi riaddormentato; ma la prossima cosa che
sentì fu una mano dietro la nuca e l'orlo di un bicchiere che veniva
spinto contro le sue labbra. Era quell'orribile pozione, ma il
bicchiere spingeva con insistenza la sua bocca.
"Bevi, Potter". La voce di Piton proveniva come da una nebbia profonda.
"Coraggio, ancora un po'. Quasi finito".
La mano lo lasciò ricadere con delicatezza sul cuscino, e Harry si
riaddormentò immediatamente. La volta successiva che si svegliò, sapeva
che stava per accadere qualcosa di brutto. Il suo intero corpo era
attraversato da un formicolio, piccoli aghi di eccitazione che lo
solleticavano ovunque. Cercò di respirare con calma, ma qualcosa
percorreva il suo corpo, aguzzandogli i sensi e facendogli battere il
cuore con forza.
Piton era seduto in un angolo della stanza, passandosi lentamente un
dito sulle labbra sottili. Guardava Harry con un'intensità che lo fece
spaventare. Il professore sbattè le palpebre appena una volta, mentre i
suoi occhi percorrevano tutto il corpo di Harry, alla ricerca di
qualcosa.
Harry lo odiava. Odiava essere l'oggetto di interesse che le persone
fissavano, odiava i sussurri che lo accompagnavano dovunque anbdasse,
odiava essere diverso dai suoi amici, odiava tutto ciò che faceva parte
dell'essere il dannato Ragazzo Sopravvissuto, odiava essere bloccato là
con Piton per chissà quanto. Si sentiva arrabbiato, furioso oltre ogni
ragionevole limite.
Tutto il corpo era diventato caldo. Lanciò via le coperte e rimase in
pigiama. Quel giorno sarebbe stato orribile. Non gli era permesso
alzarsi, e quando lo avrebbe fatto, Piton gli avrebbe fatto scrivere
quello stupido tema.
"Ti odio!" urlò improvvisamente a Piton. "Ti odio davvero!"
Piton si alzò lentamente in piedi, e Harry per un attimo temette di
prendersi un'altra dolorosa punizione dal severo professore. Ma subito
dopo a Harry non importò più: avrebbe accolto con gioia qualunque cosa
gli impedisse di sentirsi così debole e impotente.
"Potter", disse Piton con voce roca, gli occhi spalancati.
Harry seguì la direzione del suo sguardo. Per poco non urlò, quando
vide una fiamma accesa sul suo stomaco, proprio sopra l'ombelico. Senza
avvertimenti, il petto di Harry prese fuoco. Il suo intero corpo fu
sommerso dalle fiamme, ogni parte di lui si era trasformata in un
attimo in un frenetico inferno.