Anime & Manga > Vampire Knight
Segui la storia  |       
Autore: Carlos Olivera    06/10/2012    6 recensioni
Una storia nata dalla Round Robin Threads Of Fate, ed ambientata parallelamente ad essa.
E' trascorso un anno da quando Eric Flyer ha sconfitto Valopingius e fermato i piani di suo nonno, discolpandosi dalle accuse a suo carico ed ottenendo la qualifica di Hunter a tutti gli effetti.
Molte cose sono cambiate in questi 12 mesi, e anche lui un po', così sua madre decide di raccomandarlo al suo amico Kaien perché sia inserito nel progetto di scambio culturale che l'Accademia Cross si accinge ad iniziare. Eric vi si trasferisce con una cert'ansia, sia perchè nella scuola si trova la sua eterna nemesi, sia perchè alla Cross è determinata a studiare anche la persona alla quale tiene maggiormente al mondo, e che disgraziatamente attira i vampiri come le mosche con il miele.
Ma la tranquillità durerà poco. Suo nonno Augusto, infatti, non solo non ha rinunciato al suo disegno di creare con le sue mani la prossima tappa dell'evoluzione dei vampiri, ma non ha neanche dimenticato come Kaname, e soprattutto Eric, abbiano fatto naufragare miseramente il suo primo piano. Ma questa volta, Eric potrà contare su un gran numero di compagni ed alleati.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

3

 

 

Il giorno successivo, iniziarono ufficialmente le lezioni.

Tuttavia, sia per la Day Class che per la Night Class, quel primo giorno di scuola era rivolto unicamente agli studenti del primo anno e a quelli ammessi al programma di scambio culturale, così che imparassero ad ambientarsi e a prendere familiarità con la scuola.

Di conseguenza, nelle varie classi della sezione diurna le aule erano praticamente semivuote, tanto che era stato già deciso di raggruppare tutti gli alunni di tutti gli anni in una sola classe, sì da fare un primo incontro conoscitivo e fissare i paletti in vista del nuovo anno scolastico.

Izumi prese posto ad una delle ultime file, e Carmy si sedette accanto a lei; malgrado si conoscessero da solo un giorno cominciavano già a considerarsi buone amiche, senza contare che poi le loro camere erano l’una accanto all’altra.

Unica pecca, Izumi era l’unica ragazza ad aver avuto una stanza singola, cosa che per la verità aveva fatto andare non poco su di giri la sua nuova, e per certi versi irruente, compagna d’avventura; sicuramente c’era di mezzo il direttore, anche se il senso di questa scelta non riusciva a coglierlo del tutto.

Tra i ragazzi c’erano tensione ed attesa.

«Accidenti.» disse Carmy guardandosi attorno «Vengono proprio da tutto il mondo.»

«Così sembrerebbe. È chiaro che il direttore ha molto a cuore la buona riuscita di questo progetto.»

«Da come ne parli, sembra quasi che tu lo conosca.»

«Beh, dire che lo conosco è una parola grossa.» replicò imbarazzata Izumi sfiorandosi il naso «Però ci siamo già incontrati in passato.»

«Sei strana. Questo lo sai, vero?».

La prima lezione fu tenuta dal professor Nagumo, il docente di storia nonché il più anziano per anni di servizio alla Cross, che dopo aver illustrato brevemente, ancora una volta, ai ragazzi le regole della scuola in merito a orari dei pasti, svolgimento delle lezioni, etica dei dormitori e altre cose.

Poi, prima di iniziare, il professore informò i ragazzi che il direttore aveva deciso di sperare entrambi i dormitori, Sole e Luna, in due gruppi distinti, comprendente uno gli studenti degli anni precedenti, e in un altro le matricole ed i partecipanti allo scambio culturale, anche se il motivo di questa scelta non riuscivano a capirlo neppure gli stessi docenti.

«Per questo motivo.» concluse Nagumo «Dovrà essere nominato un capo-dormitorio della vostra sezione.»

«Lo dobbiamo eleggere noi?» domandò Carmy

«No, se ne occuperà il direttore. Il candidato sarà informato personalmente entro questa settimana.

Ora, possiamo iniziare la lezione».

In realtà, la mente di Izumi era ancora altrove.

Quello che era successo la sera prima era ancora bene impresso nella sua mente, e non le aveva fatto chiudere occhio.

Una parte di lei si sforzava di pensare che era scontato che prima o poi sarebbe accaduto qualcosa del genere; conosceva Eric abbastanza bene da sapere che non sopportava di affrontare situazioni per lui impossibili da controllare, e saperla in quella scuola di vampiri doveva rientrare senza dubbio una di queste. D’altro canto però, aveva sempre ritenuto e riteneva tuttora spropositata, per quanto comprensibile, quella sua naturale diffidenza per i suoi simili.

Su una cosa però, passato il momento di rabbia e risentimento iniziali per la reazione esagerata di Eric, sentiva di potergli dare ragione: di certo c’era che Kaname non era il genere di persona di cui potersi fidare, e da quel momento in avanti ne sarebbe stata il più lontano possibile.

Al contrario, il ragazzo con i capelli d’argento, Zero, che ora non era presente in classe, le aveva fatto un’impressione diametralmente opposta, anche se, ancora una volta, non era stata in grado di leggerne le emozioni, il che un po’ la spaventava.

«Signorina Asakura?» sentì dire all’improvviso

«Eh… Sì!?» rispose lei riavendosi dai suoi pensieri e ributtata a forza nella realtà

«Capisco che i suoi voti siano i più alti tra quelli di tutte le persone presenti qui, ma le sarei comunque grato se prestasse un po’ di attenzione.»

«Mi scusi, non accadrà più».

 

La lezione durò, almeno per quel giorno, solo fino all’ora di pranzo, e non appena ebbe fine tutti gli studenti si ritrovarono in refettorio.

Paragonato alle schifezze che propinavano nella maggior parte delle scuole, la Cross aveva un servizio di cucina degno di un hotel a 4 stelle, il che giustificava se non altro gli alti costi per la retta.

Nel caso di Izumi, oltre alle tasse ridotte in quanto membro del progetto di scambio, era riuscita a scalare ulteriormente le spese grazie a due borse di studio, una risalente all’anno prima per i buoni voti negli esami finali e un’altra con l’ottimo test d’ingresso sostenuto per ottenere l’ammissione al collegio.

I suoi genitori e la sua famiglia non se la passavano male, con un padre caporeparto in una rispettabile azienda di componenti per aerei e una madre che insieme a due amiche gestiva da anni un famoso manga-café ad Akihabara, ma pesare economicamente sulle spalle dei genitori era una cosa che non le era mai piaciuta; durante i primi anni delle superiori, in aperto contrasto con le direttive scolastiche, aveva lavorato part-time in vari esercizi commerciali, soprattutto locali per famiglie.

«Secondo te chi verrà scelto come capo-dormitorio?» domandò Carmy mentre si sedevano ad uno dei tavoli

«Non ne ho idea. Però mi pare una decisione un po’ affrettata. Voglio dire, affidare una simile responsabilità ad uno studente appena trasferito.»

«Tu hai detto di aver conosciuto il direttore. Forse sceglierà te.»

«Ne sarei onorata, ma non sono sicura che mi farebbe piacere. Puoi credermi se ti dico che già amministrare una classe di trenta studenti può essere un vero incubo, figuriamoci un dormitorio intero».

Ad Izumi poi cadde l’occhio su di un’altra ragazza, il cui aspetto e modo di apparire sembravano avere, a voler essere franchi, ben poco a che vedere con una scuola come la Cross.

Piercing e tatuaggi in bella vista, con l’uniforme mezza sbottonata e gli anfibi al posto delle scarpine scolastiche, se ne stava spaparanzata su una sedia con le gambe sul tavolo massaggiando al cellulare, in barba alle regole che vietavano telefonini e affini in qualsiasi posto all’infuori dei dormitori.

L’aspetto non si poteva certo dire rassicurante, ma Izumi non riusciva a scorgere niente di minaccioso o comunque oscuro nei suoi grandi occhi scuri.

Al contrario, Carmy non sembrava dello stesso avviso.

«Ma si può tenere un comportamento simile a scuola?».

Come si suole dire, da che pulpito viene la predica, arrivò quasi a pensare Izumi.

Forse la sua nuova amica non arrivava a quel punto, ma tra schiamazzi notturni, ceffoni ai ragazzi che ci provavano con lei e uno strano e morboso attaccamento verso tutto ciò che considerava suo, tra cui la stessa Izumi, neanche lei era quello che si poteva definire uno stinco di santo.

Izumi era così presa dal tentare di capire quella strana, e per certi versi curiosa, ragazza bionda, da non accorgersi di essere a sua volta oggetto di sguardi continui da parte di Zero, che obbedendo alle disposizioni del direttore si era accomodato allo stesso tavolone e teneva perennemente un occhio sulla ragazza, pronto ad intervenire in qualsiasi momento.

A prima vista sembrava una persona assolutamente normale, e gli venne da domandarsi per quale assurdo motivo il direttore ne avesse apparentemente così tanta paura, al punto da ordinargli di sorvegliarla di continuo.

Avrebbe voluto chiederglielo, ma guarda caso quando era andato a cercarlo poco dopo essersi alzato Shezka gli aveva detto che il direttore era partito quella mattina prestissimo per una convocazione urgente alla sede dell’associazione.

 

Dieci ore prima

Loira

 

Il castello di Chatres, secolare residenza estiva della famiglia Rohan persa nelle campagne della Loira, appariva da lontano come un’aggraziata e maestosa montagna di pietra immersa in un oceano verdeggiante.

Solitamente, la famiglia vi trascorreva il periodo tra maggio e settembre, sì da sfuggire alla calura umida e opprimente di Parigi, ma era comunque abitato per buona parte dell’anno da domestici e servitori che provvedevano a mantenerlo in piena efficienza.

Tenutario e proprietario del castello per otto mesi l’anno era il dottor Raoul Durand, uno dei massimi esperti al mondo di genetica, vampirologia e studi storici sulla Stirpe della Notte.

A parte il fatto che i Rohan, i suoi soli padroni, coloro che ne avevano fatto un vampiro ormai secoli addietro, gli proibivano in ogni modo di incontrare la sua adorata figlia Elodie, era un uomo tutto sommato felice: aveva fondi a volontà, un laboratorio tutto suo con un intero squadrone di scienziati al suo servizio, e fino a quando i suoi padroni se ne restavano a Parigi di fatto era lui a dettare la legge a Chatres.

Eppure, nonostante tutto ciò, negli ultimi tempi sembrava essere accaduto qualcosa dentro di lui.

Quel feroce ardore e sete di conoscenza che lo aveva guidato per buona parte della sua vita, spingendolo anche a scelte e decisioni che più volte aveva segretamente rimpianto, pareva essere scomparso, distrutto da un male di vivere che a poco per volta gli stava togliendo ogni stimolo.

O almeno, questo era quello che pensavano i suoi collaboratori ed il personale del castello.

Non partecipava più agli esperimenti, a malapena si informava di come procedessero, e anche i vari convegni e seminari in giro per il mondo si erano drasticamente ridotti.

Qualcuno diceva che, probabilmente, si era stufato di fare il galoppino per quei nobili tronfi ed arroganti.

Per salvare la vita di sua figlia aveva venduto la propria ai Rohan, i quali, mascherando l’ipocrisia e l’avidità dietro la maschera della benevolenza, ora stavano sfruttando indegnamente il suo genio e le sue scoperte per accrescere di popolarità e prestigio.

Forse, fu per questo che il dottore, un uomo così dimesso e gentile, giunse a prendere una decisione simile.

Era una sera apparentemente come tante altre.

Il dottore, da vampiro ex-umano quale era, preferiva lavorare di giorno e dormire di notte, e come al solito si fece portare la cena in camera.

Mangiò poco, giusto il minimo necessario a sentirsi sazio, nonostante avesse ordinato un pasto molto più esotico e sfarzoso del solito, con pesce ricercato, verdure di stagione e frutti esotici, quindi, dopo aver speso alcuni minuti camminando avanti e indietro come un’anima in pena, gettato il vassoio da una parte si accomodò nuovamente sulla sua scrivania, recuperò un pezzo di carta ed iniziò a scrivere una lettera alla propria figlia lontana.

 

Mia dolcissima Elodie

Forse, un giorno, qualcuno ti racconterà quello che è successo oggi.

Voglio comunque che tu sappia, qualsiasi cosa ti dicano, che il mio non è stato il gesto folle di una mente malata.

Quello che ho fatto, e quello che farò, è destinato unicamente a noi, e al raggiungimento della nostra felicità.

I giorni in cui eravamo schiavi, prima o poi, dovranno pur finire. E nel mio piccolo, voglio fare quanto è in mio potere per fare sì che ciò possa accadere.

Siamo sull’orlo di un cambiamento radicale.

Il mondo che conoscevamo, o che credevamo di conoscere, sia degli umani che dei vampiri, sta per crollare miseramente, sotto il peso di una forza e di un potere che non possono essere fermati.

Probabilmente questo non è altro che il naturale processo dell’evoluzione, che seleziona i più forti per la sopravvivenza a discapito dei deboli e degli ottusi, ma se potrà contribuire a cambiare almeno un pochino la misera condizione di quelli come noi, allora forse la sua ineluttabilità non sarà poi questa grande tragedia.

Sei sempre stata la luce dei miei occhi, anche e soprattutto dal giorno in cui questi nostri occhi hanno perso la possibilità di poterla vedere, e lo sarai per sempre.

In quanto tuo padre sono fiero di te, e in cuor mio spero che ciò che farò potrà esserti di aiuto.

Addio, amore mio.

Addio, mia sola gioia.

Con affetto.

 

Terminate quelle poche righe, quell’ultimo sfogo che mai sarebbe stato visto da alcuno, il dottore si alzò, appoggiandosi con le braccia al pesante ripiano di legno per farsi forza e darsi coraggio.

Ciò che stava per fare avrebbe probabilmente cambiato il destino di molte persone.

Raoul prese un paio di respiri profondi, volgendo un ultimo sguardo alla foto di sua figlia appoggiata sul tavolo, quindi, alzati gli occhi in quella direzione, si avvicinò ad una piccola nicchia nel muro, proprio accanto al grande letto a baldacchino, scostando con gesto rapido la tendina che lo ostruiva.

Al suo interno, riposto con cura, un grosso cilindro metallico, come una specie di enorme batteria, con sopra una piccola tastiera numerica ed un display rosso virtuale.

Il dottore lo guardò, togliendogli gli occhiali e strofinandosi un momento ora gli occhi ora la fronte, poi, rompendo ogni indugio, digitò un codice sulla tastiera, e sullo schermo a quel punto comparve un timer da cinque minuti.

«Perdonatemi.» disse spingendo il bottone d’accensione, ed iniziando così a far scorrere inesorabili i secondi.

Quasi nello stesso momento, la lussuosa e prestigiosa limousine di rappresentanza della famiglia Rohan stava percorrendo l’ultimo tratto di strada che dalle pendici della collina portava fin sul vasto piazzale antistante il castello, dove il patriarca ed i suoi congiunti avevano deciso di trascorrere una piacevole settimana di vacanza.

Madame Rohan e suo marito Gerard videro con i loro stessi occhi il loro stupendo maniero secolare venire improvvisamente sventrato da una terrificante, gigantesca esplosione, che come un tuorlo surriscaldato fece letteralmente sbriciolare il guscio che lo ricopriva sotto la spinta incontenibile di un mare di fuoco, fiamme ed energia. Detriti e macerie furono scagliati a migliaia di metri di altezza, per poi precipitare in ogni direzione come una letale pioggia di meteoriti.

«Ma che diavolo…» esclamò il patriarca.

Un grosso pezzo di mattone, per poco, non colpì in pieno la macchina, e anche se l’autista per fortuna fu abbastanza veloce ed attento da riuscire a schivare la vettura finì comunque sull’erba accanto alla strada, fortunatamente senza provocare nulla ai passeggeri a parte un grosso spavento.

I coniugi Rohan e la loro figlioletta più piccola fecero appena in tempo a scendere dalla macchina, per poi assistere coi loro occhi alla caduta rovinosa di quella piccola parte di castello rimasta in piedi dopo lo scoppio, mentre il cielo notturno della Loira si tingeva di inquietanti e bellissime sfumature vermiglie.

 

Era già da qualche anno che il direttore non metteva piede alla sede giapponese dell’Associazione, e una convocazione così improvvisa poteva significare una cosa sola: guai in vista.

Il timore che qualcosa stesse accadendo si tramutò in certezza quando, accolto nell’ufficio della direttrice generale dell’Associazione Hunter, trovò ad attenderlo, oltre alla direttrice stessa, anche il suo vecchio e caro amico Yagari.

Erano diversi mesi che Yagari non metteva piede in Giappone.

Quando, un anno prima, il direttore ed Eric avevano scoperchiato il vaso di pandora svelando gli intrallazzi e gli accordi segreti che stavano dietro l’Incidente Manovic, come era stato rinominato, Toga si trovava negli Stati Uniti, ed aveva perciò ricevuto l’incarico di fare piazza pulita di tutte le mele marce presenti in Nord e Centro America, un incarico che l’aveva tenuto impegnato per quasi dodici mesi.

«Yagari. Non sapevo fossi tornato.»

«Avresti preferito ricevere una comunicazione scritta?»

«Spiritoso».

Il direttore però, a differenza del solito, si fece serio quasi subito.

«Allora, che è successo?»

«C’è stato un attentato ai danni della famiglia Rohan.» rispose secca la direttrice

«Che cosa!?» esclamò Kaien incredulo

«È così.» disse Yagari «Qualcuno ha piazzato una grossa bomba a scissione nel loro castello di campagna, dove stavano andando a trascorrere alcuni giorni di vacanza.»

«E loro come stanno!? Voglio dire, se la sono cavata.»

«Fortunatamente la bomba è esplosa prima che raggiungessero il castello.» rispose la direttrice, che subito dopo però si incupì «Però, ci sono stati oltre trenta morti, soprattutto domestici e inservienti. E inoltre…»

«Cosa?»

«Tra le probabili vittime dell’attentato ci sarebbe anche il dottor Raoul Durand, il padre della signorina Elodie».

A quel punto, Kaien capì, e un brivido gli corse lungo la schiena; ecco perché era stato convocato.

«Un momento!» esclamò immaginando cosa Yagari e la direttrice dovevano avere in mente «Non starete mica pensando che il bersaglio fosse proprio lui!?»

«A prescindere da chi gli attentatori volessero colpire.» disse la direttrice «Resta comunque un fatto di una gravità estrema. Una delle più importanti famiglie nobili europee, nonché membro del Consiglio degli Anziani, ha subito un attentato all’interno dei suoi stessi domini, salvandosene solo per un vero miracolo.»

«C’è qualche idea su chi possano essere i responsabili?»

«Ancora no, ed è questo il problema. All’interno del Consiglio c’è chi fa pericolosa insinuazioni.»

«Non staranno mica pensando che siamo stati noi!? L’Associazione non fa cose simili!»

«Il fatto è che la considerazione del Consiglio nei confronti dell’Associazione è molto diminuita dopo quello che tu e Flyer avete scoperto l’anno scorso.» disse Yagari

«Prima di fare i moralisti, dovrebbero ricordare che anche tra di loro c’erano parecchi elementi degenerati che appoggiavano il conte Lorenzi e la sua politica.

E adesso che il Conte è scomparso dalla circolazione, non mi sorprenderebbe se qualcuna di queste schegge impazzite avesse iniziato ad agire per conto proprio.»

«Può essere.» rispose la direttrice «Ma dobbiamo tenere in conto anche un’altra possibilità.»

«E sarebbe?»

«La possibilità che l’obiettivo fosse proprio il dottor Durand».

Al direttore bastò fare due più due per capire.

«Ora capisco. Se chi ha colpito voleva uccidere il dottore, probabilmente vorrà uccidere anche sua figlia.»

«Le ricerche del dottore, condotte anche con il supporto della famiglia Rohan» disse Yagari «Hanno provocato per decenni diverse perplessità tra le frange più radicali e conservatrici del Consiglio. Può darsi che qualcuno, per non voler colpire un suo parigrado come il patriarca dei Rohan, abbia comunque deciso di passare dalle parole ai fatti togliendo di mezzo la fonte del problema.»

«La figlia del dottor Rohan ha subito parecchie operazioni e sperimentazioni genetiche, che l’hanno resa un esemplare di vampiro quasi unico nel suo genere. Se chi ha colpito voleva porre fine alle sperimentazioni e alle ricerche indiscriminate condotte dal dottor Rohan, è verosimile che cercherà anche di far sparire l’incarnazione stessa dei risultati del suo lavoro.»

«So dove state cercando di arrivare. E col dovuto rispetto, direttrice, non mi piace per niente. Il mio progetto di scambio culturale non ha niente a che vedere con tutto questo.»

«Ma sta coinvolgendo molti giovani eredi di alcune delle più potenti famiglie del mondo, le quali, appena la notizia diverrà di dominio pubblico, non faticheranno a giungere alle nostre stesse conclusioni.»

«Conclusioni ridicole, basate sul niente. I miei ragazzi sono persone pulite, dalla mentalità aperta e molto promettenti. Non a caso, sono stato proprio io a sceglierli.»

«Non ci siamo capiti. Il problema non è l’integrità dei vampiri che studiano alla Cross, ma la loro stessa sicurezza. Se le nostre considerazioni sul dottor Rohan si rivelassero fondate, cosa accadrà se chi ha assassinato lui volesse tentare di fare la stessa cosa anche con sua figlia? La sicurezza stessa di tutti quei nobili vampiri sarebbe in pericolo.

E questo, caro direttore, è un rischio che l’Associazione non ha alcun interesse ad assumersi.»

«Se è solo questo il problema, sarà sufficiente implementare la sicurezza.»

«Ed è per questo motivo che l’abbiamo mandata a chiamare. I vertici dell’Associazione hanno esaminato a fondo il problema, e abbiamo convenuto che, almeno per ora, la cosa migliore da fare sia assegnare il qui presente Hunter Yagari alla salvaguardia degli studenti della Cross.

Inoltre, a breve arriverà alla scuola anche l’Hunter incaricato di sorvegliare sulla condotta dell’Hunter Flyer, che ad essere sincera non capisco ancora che cosa ci sia venuto a fare lì da voi.»

«Ero sicuro che saremo giunti ad un compromesso.»

«Ma si ricordi, direttore. Anche l’Associazione ha il suo limite di tolleranza. Un passo falso di troppo, e potrà dire addio sia al suo progetto di Scambio che alla sua scuola».

 

Al termine della giornata, Izumi decise di andarsene a letto più presto del solito.

Avrebbe voluto cercare immediatamente un chiarimento con Eric, ma sentiva che dopo quanto successo bisognava lasciar passare almeno un po’ di tempo, se non altro per permettere a quella testa matta di sbollire un po’ della sua rabbia e del suo orgoglio.

Così, dopo qualche ora spesa a studiare, sul fare delle undici la ragazza si infilò sotto la doccia, approfittando anche del fatto, più unico che raro nel Dormitorio Sole, di avere a propria disposizione un bagno tutto suo, un lusso che tutti i suoi compagni, sfortunati loro, invece non possedevano.

Fattasi una salutare e piacevole doccia ristoratrice, Izumi si sistemò i lunghi capelli neri, sciogliendo la coda di delfino in cui solitamente terminavano, si infilò la camicia da notte e si preparò per andare a dormire.

Mentre finiva di pettinarsi, osservando la propria immagine riflessa nel grande specchio ovale, per la prima volta da tre giorni a quella parte si ritrovò a pensare seriamente a quello che stava facendo, a dove si trovasse e a tutto il resto.

E allora, l’assalì una strana malinconia.

A ben pensarci, forse non era poi così da biasimare l’atteggiamento di Eric nei suoi confronti.

Che si volessero un bene dell’anima l’un l’altro era un fatto che ormai avevano capito da tempo, e anche se in passato aveva spesso criticato quel suo essere troppo protettivo ora Izumi, alla luce di tutta una serie di considerazioni prima trascurate, cominciava a comprendere quante e quali preoccupazioni dovessero starsi agitando nell’anima di quel ragazzo apparentemente così freddo, ma nella realtà così affezionato a ciò che, come lei, gli era caro.

Di colpo non seppe cosa fare; non voleva creare ad Eric più preoccupazioni di quante già non ne avesse, ma non voleva neanche lasciarlo da solo in un posto che sicuramente odiava, così come odiava ancora, nonostante tutto, i suoi compagni vampiri.

Decise di prendersi un po’ di tempo per decidere; sarebbe rimasta vicina ad Eric, almeno per il momento, e se per un motivo o per l’altro le cose fossero andate male avrebbe eventualmente riconsiderato le sue posizioni.

Ma il destino, troppo spesso, è beffardo, e nel modo più crudele possibile volle subito metterci del suo.

Izumi era talmente presa dai suoi pensieri e dai suoi dubbi da dimenticare di prestare attenzione a ciò che le stava intorno, e allungando la mano verso il bordo del lavandino per riporre la spazzola nel suo contenitore sfiorò senza volerlo il bordo spigoloso della cornice dello specchio, intagliata a formare pregevoli ma pericolosi arabeschi art nouveau.

«Ahi.» mugugnò lasciando cadere la spazzola.

Dapprincipio pensò di essersela cavata con un semplice graffietto, ma come si guardò la mano vide una piccola goccia di sangue sgorgare da un altrettanto minuscola ferita sulla sommità dell’indice destro e colorare di un rosso vivo e brillante prima il dito, poi il resto della mano, disegnando un solco come la lava nella roccia.

«Mio Dio!» esclamò con gli occhi spalancati per il terrore.

 

 

Nota dell’Autore

Eccomi qua!^_^

Allora, che ve ne pare di questo nuovo capitolo?

Adesso cosa succederà?

Scintille di sicuro, ma condite da parecchie sorprese, e spero anche qualche inatteso (per voi) colpo di scena.

Mi dispiace solo per Emma: avevo promesso a Flea botte da orbi tra lei ed Eric, ma purtroppo, come al solito, ho dovuto fermarmi anzitempo per non scrivere l’ennesimo capitolo chilometrico.

Mi rifarò con il prossimo, lo prometto.

Avviso subito che la settimana prossima sarò fuori casa da mercoledì mattina a giovedì sera, quindi non sono sicuro di riuscire ad aggiornare prima di sette giorni, anche se prometto di fare il possibile.

A presto!^_^

Carlos Olivera

  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Vampire Knight / Vai alla pagina dell'autore: Carlos Olivera