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Autore: UncleObli    06/10/2012    1 recensioni
La solitudine è come un veleno. Si infiltra subdola nelle crepe della vita quotidiana. E cosa accade quando la speranza, così irresistibilmente effimera, svanisce in un battito di ciglia? Questo è ciò che è accaduto al protagonista di questa storia.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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«Eccoci. Vieni pure.»

Mi pulii i piedi sullo zerbino, ed entrai. La casa di Sally distava non più di cinquecento metri dalla stazione, al primo piano di una linda palazzina bianca. L’appartamento, composto da tre stanze, soggiorno con angolo cottura, bagno e camera da letto, era, nell’insieme, sobrio e funzionale. Onestamente se mi avessero detto che lì ci abitava una ragazza non ci avrei creduto. Inizialmente mi colpì la grande quantità di dipinti che occupavano praticamente ogni centimetro di parete. Erano quadri astratti di grande bellezza, ma l’impressione generale non era né di calore né armonia, a causa dei colori un po’ freddi e degli accostamenti particolari, quasi grotteschi. Nel soggiorno spiccava la presenza di un bel divano di pelle color ocra e di un grazioso tavolino di legno, posizionato davanti al divano. Alla sinistra del divano vi era un immensa libreria, colma di libri di ogni genere, a giudicare dalla copertina. Mi avvicinai immediatamente. Alcuni libri li conoscevo, altri no. Vi erano assai pochi libri di narrativa e la maggior parte dei testi rimanenti svisceravano gli argomenti più disparati: filosofia, arte moderna, medicina, storia giapponese classica erano gli argomenti più amati dalla ragazza, almeno apparentemente. Aggrottai le sopracciglia, sorpreso. Perché mai una semplice prostituta di provincia aveva simili interessi? Non ero sospettoso, beninteso, ma solo curioso. Sally sorrise. Aveva sicuramente intuito il corso dei miei pensieri, ma preferì non commentare. Poggiai a terra lo zaino, poi continuai ad osservare l’appartamento, incuriosito. L’angolo cottura era sorprendentemente spartano, ma ciononostante si capiva a prima vista che ogni singolo utensile era di discreta fattura, e questo contribuiva a delineare la figura di una ragazza sensibile, pragmatica ma allo stesso tempo erudita. Praticamente tutto il contrario della ragazza frivola e ingenua che mi ero dipinto nella mente. Questo naturalmente la rendeva più pericolosa. Non sapevo con certezza cosa l’aveva spinta ad aiutarmi e non mi fidavo certo delle sue parole. In ogni caso ero tutto fuorché in trappola. Fisicamente ero molto più forte di lei, e in caso di necessità avrei potuto andarmene. Lei non era in grado di impedirmelo. Ripetendomi quelle parole nella mente mi tranquillizzai. Sally stava preparando il tè, con gesti rapidi ed efficienti.  La stanchezza dovuta al viaggio soppresse momentaneamente la buona educazione e, senza chiedere alla padrona di casa, mi sedetti sul divano. La ragazza si voltò, e sorrise nuovamente. Lo faceva spesso, notai.

«Fai pure come se fossi a casa tua. Se lo desideri, puoi farti una doccia. Il bagno è in fondo a destra. Ti dispiace se faccio una telefonata? E’ importante. Ah, che qualità preferisci di tè? Io in genere prediligo il tè verde, ma se non è di tuo gradimento posso preparare qualcosa di diverso.»

Io risposi, vagamente sorpreso dalla domanda:

«Mi è indifferente. In realtà non ho mai amato il tè. Da piccolo lo bevevo, ma poi ho smesso. Dev’essere da qualche tempo che non lo assaggio. In ogni caso il tè verde va bene. Dal momento che sono semplicemente un ospite non è neppure necessario che tu mi chieda il permesso per telefonare, ma ti ringrazio della premura. Se non ti dispiace vorrei fare una doccia, il viaggio mi ha spossato.»

La ragazza annuì. Io presi un cambio di biancheria e un asciugamano, quindi mi diressi verso i servizi. Era un bagno piuttosto piccolo, ma funzionale come il resto della casa. Insomma, c’era tutto il necessario, ma niente di superfluo. Mi spogliai, quindi entrai nel box doccia. Accesa l’acqua non poi fare a meno di sospirare. Ero davvero stanco, e potermi rilassare così era veramente piacevole. Mi lavai coscienziosamente, senza fretta. Finita la doccia mi asciugai con l’asciugamano in fretta, e mi vestii. Misi la biancheria sporca in un sacchetto di plastica e uscii dal bagno, rinvigorito. Tornato in cucina notai che Sally non c’era. Sul tavolo però vi era una tazza di tè fumante. Evidentemente lei aveva già bevuto la sua tazza senza attendermi. Mi sedetti, e gustai con calma il gusto fresco  ed esotico della bevanda. Ero a metà della tazza quando Sally ritornò. La ragazza si sedette davanti a me, e mi guardò bere, senza dire una singola parola. Infastidito dal suo sguardo fisso non potei fare a meno di sbottare:

«Cosa c’è?»

«Nulla. Stavo solo cercando di capire cosa diamine può farci un ragazzo come te, pulito e di bell’aspetto, in un posto simile. Per di più sei fuggito di casa. Direi che è una storia che vale la pena di essere ascoltata, non credi?»

Io mi incupii. Capii immediatamente che il momento delle domande e delle risposte era infine arrivato. Lei finora si era dimostrata un’alleata. Mi aveva aiutato, dandomi un posto dove stare. Le dovevo un minimo di sincerità. Sospirai, poi iniziai a raccontare. Ci vollero circa venti minuti per riassumerle in breve la mia situazione. Lei non mi interruppe mai, limitandosi ad ascoltare. Poi mi chiese:

«Quindi, se non ho capito male, stai cercando tua sorella, tale Tracy, e nel frattempo fuggi dal fantasma di tua madre nonché dalla tua matrigna. Interessante. Certo che sei una persona particolare, a dir poco. Perché non potevi semplicemente stare a casa tua? Il mondo è un posto brutto, e non credo troverai la sicurezza, ora che sei da solo e senza conoscenti. Quello che vorrei dire è che dovrai costantemente fuggire e guardarti da chi ti starà già cercando. Non mi pare una vita semplice, per usare un eufemismo. Non voglio farti la morale, proprio io, ma almeno vorrei che fossi a conoscenza delle difficoltà del cammino che stai per percorrere.»

Feci un gesto di assenso.

«Lo so benissimo. Ma non sopportavo quella vita. Mia madre non è Miranda. Mio padre si è affrettato ad ufficializzare una situazione che già da tempo era realtà. Noi non siamo mai stati una vera famiglia. Il nostro centro era mia madre. Scomparsa lei non avevamo più motivo di stare insieme. Tutto qui.»

Sally sorrise, sorniona. Poi si alzò da tavola e mi guardò bene in faccia. Nel suo sguardo c’era qualcosa di diabolico. In quello stesso momento suonò il campanello. Sally schioccò le dita, e mi disse:

«Ah già. Forse non ti avevo avvertito, comunque avremo un ospite a cena. So che è una cosa un po’ improvvisa, ma è una persona che muore dalla voglia di vederti. Immagino che avrete molto da dirvi. Adesso la faccio entrare.»

Sally andò velocemente ad aprire la porta. Entrò in casa una donna dall’aspetto familiare, vestita con ricercatezza. Io non mossi un moscolo, sentendomi gelare. Poi sorrisi, cupo.

«Ciao, Noah.»

Davanti a me c’era Miranda. La mia fuga non era durata che dodici ore.
  
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