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Autore: Tinkerbell92    06/10/2012    7 recensioni
DA REVISIONARE (CONTENUTI E FORMA)
Prima fanfiction su Percy Jackson, raccontata, come nei libri, in prima persona.
La storia di una semidea particolare, figlia di una dea impensabile, a partire dal suo arrivo al Campo Mezzosangue. Leila, la ragazza, affronterà varie situazioni, anche sentimentali, accompagnata da una custode molto particolare, venendo, però, continuamente ostacolata dalla madre, che vuole a tutti i costi decidere del suo futuro.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Castellan, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nel segno della Luna'
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 Era una tranquilla giornata di Marzo e mancavano pochi mesi alla fine dell’anno scolastico.
Ancora non mi sembrava vero: era quasi il mio secondo anno consecutivo alla Space Academy e, nonostante le varie scaramucce che avevano macchiato leggermente la mia carriera scolastica, ero ancora riuscita a non farmi espellere.
Sistemai i libri nel mio armadietto grigio, dando una rapida occhiata allo specchio che avevo attaccato sull’anta. I miei capelli biondi erano delicatamente arricciati e scendevano armoniosi lungo la mia schiena. La mia pelle, un po’ più pallida rispetto a quella della gente normale, era ben idratata e non si vedevano segni di brufoli, che di solito ricoprono la faccia delle quattordicenni.
Ammetto che rimasi soddisfatta. Non sono una fissata del look, però mi piace essere carina.
Mentre richiudevo l’armadietto, Maggie mi si accostò sbuffando ed aprì il suo in modo decisamente poco ortodosso. Non sembrava molto di buon umore, così, quando mi guardò, mi finsi interessata alla catenina con il pendaglio a forma di mezzaluna che portava sempre.
- Ehm… l’hai lucidata?
Alzò un sopracciglio, facendomi rendere conto della stupidità della mia domanda, tuttavia alzò le spalle e si sistemò meglio la felpa nera: - Ieri sera. Iniziava ad essere un po’ opaca.
- Capisco- mormorai, mentre sentivo delle vocette acute che si avvicinavano sempre di più.
Maggie alzò gli occhi al cielo, fingendo di cercare qualcosa nello zaino, mentre io mi voltai con un sospiro, mentre qualcuno mi metteva una mano sulla spalla.
Tiffany Hill, la ragazza più popolare della scuola, mi fissava con un sorrisetto da gallina, attorniata dal suo gruppetto di oche starnazzanti. Nonostante fossimo coetanee, Tiffany dimostrava almeno trent’anni: i capelli biondo platino erano cotonati in un modo esagerato, gli occhi azzurri appesantiti da quintali di ombretto e le labbra a canotto erano impiastricciate di un’abbagliante rossetto tinta rosso corallo, che faceva a pugni con i colori della sua uniforme da cheerleader. 
- Ciao Leila- trillò con la sua vocetta acuta, mentre le altre facevano eco con risolini idioti.
- Ciao Tiffany- risposi, senza abbassare lo sguardo – Devi dirmi qualcosa?-
Altra eco di risolini.
Tiffany mi sorrise angelicamente, sistemandosi i capelli: - Beh, in effetti, do’ una festa questa sera, alla Villa Augusta, e volevo invitarti. Viene praticamente tutta la scuola.
- Ah, una festa- borbottai, mentre Maggie, dietro di me, stava facendo il possibile per trattenersi dal farle a pezzi – Credo… di non avere niente da fare stasera, quindi potrei anche venire…
Sia chiaro, non ero molto entusiasta all’idea di partecipare, anche perché il pensiero di tutta quella gente mi dava la nausea, però l’alternativa era passare la serata davanti alla televisione, come accadeva quasi ogni sera.
Ebbi, per un attimo, il presentimento che avrei rimpianto la mia decisione, ma la mia impulsività ebbe il sopravvento, così dissi di sì.
Tiffany battè le mani con aria infantile: - Splendido! Allora ti aspetto! Ragazze!
Heidi Blunt, una delle sue seguaci, con i capelli neri dal taglio a caschetto, aprì la grande borsa rosa che portava a tracolla e tirò fuori una busta bianca e rosa profumata. La diede a Beverly Jones, una ragazza piuttosto inquietante con i capelli raccolti sempre in due lunghe trecce scure, la quale me la consegnò con un movimento quasi meccanico del braccio: - Villa Augusta alle 21.30 in punto. Ti consiglio di essere puntuale.
Suonava quasi come una minaccia, ma io feci finta di nulla e presi la lettera: - Grazie.
Tiffany diede un’occhiata dubbiosa a Maggie: - Ehm, immagino che tu non verrai, giusto Moonwalker?-
Mi fece uno strano effetto sentir chiamare Maggie per cognome, anche perché, prima di lei, non avevo mai conosciuto nessuno che si chiamasse “Moonwalker” e faticavo ancora ad abituarmi all’idea.
La mia amica fissò Tiffany Hill con aria annoiata e rispose secca: - Ho di meglio da fare.
- Oh- rispose Tiffany -Pazienza.
Si sistemò l’uniforme e fece cenno alle altre oche di avviarsi: - Finiamo di distribuire gli inviti. A stasera, Leila!
- A stasera- risposi, per niente convinta, mentre le guardavo allontanarsi. Maggie emise una specie di ringhio, come faceva sempre per esprimere la sua disapprovazione, e borbottò scocciata: - Quelle vipere. Le detesto. Non so davvero come tu faccia ad accettare i loro inviti.
- E’ per fare qualcosa di diverso alla sera- mi giustificai – Secondo me dovresti venire anche tu.
- Neanche per sogno!- esclamò scandalizzata Maggie – Non ci tengo. E poi, anche se volessi, non posso.
- Perché?- domandai – Tua zia ha qualche problema?
Lei esitò, come se ci stesse pensando su, poi rispose spiccia: - Ehm… sì, vuole che la aiuti in una cosa… questa sera starò a casa.
Sospirai. Era l’ennesima volta che se la defilava con una scusa molto forzata. Non sapevo perché, ma Maggie non veniva mai alle feste notturne dei nostri compagni di classe. Insomma, sapevo che, come me, era una persona abbastanza asociale, però, perfino io, ogni tanto, dicevo sì a qualche invito, giusto per non passare la serata a deprimermi davanti a qualche film visto un centinaio di volte.
Ma la cosa più strana in assoluto, era che Maggie, alla sera, era sempre molto restia ad uscire. Raramente facevamo dei “pigiama-party” (solo io e lei) a casa mia, ma, in generale, si barricava in casa, soprattutto durante particolari periodi del mese. E non era per via del ciclo, come molti penseranno. Era come se avesse paura di qualcosa, qualcosa che la costringeva a seguire un rigidissimo coprifuoco. Avevo provato ad indagare, ma, ogni volta, lei aveva fatto in modo di cambiare argomento, facendomi intendere che mai e poi mai me ne avrebbe parlato.
Insomma, anche quella volta, la questione fu chiusa in maniera molto spiccia, così, mi rassegnai, avviandomi con lei verso l’aula di Astronomia.
 
Quella sera, quando giunse la fatidica ora, ero sul punto di uscire di casa, quando il cellulare squillò. Risposi, restando molto sorpresa di sentire la voce di Maggie: - Ciao, Leila.
-Hey! E’ successo qualcosa?
- No.
Per un attimo pensai che avesse cambiato idea ed avesse deciso di accompagnarmi, ma poi capii che era impossibile. D’altra parte, la sua voce sembrava molto preoccupata.
- Sei sicura di star bene? E’ successo qualcosa a tua zia?
- No- per un attimo, mi sembrò che la sua voce avesse tremato – Solo che… sei proprio sicura di andare alla festa?
Restai in silenzio un secondo. Che cosa le aveva preso?
- Beh, sì… mi sto già avviando, sono per strada… anche se penso che tornerò a casa presto, perché?
Lei esitò un secondo: - Beh, ecco… non importa. Sta’… sta’ attenta.
- Attenta? Ma a cosa? Maggie, mi stai spaventando….
Udii un sospiro dall’altro capo del telefono, poi Maggie parlò di nuovo: - Non importa. Metti pure giù, non voglio che stai troppo al cellulare. E’ che ho uno strano presentimento. Comunque ci sentiamo dopo, spero che questa volta ti divertirai.
- Ehm… lo spero anch’io- risposi, non senza un filo d’ansia – A dopo.
- A dopo.
Riattaccai con un brivido lungo la schiena. Perché Maggie era così strana? Dal modo in cui mi aveva parlato, sembrava quasi che fosse preoccupata per me, come se sapesse che mi doveva capitare qualcosa di terribile.
E poi quella storia del cellulare… non so perché, ma non voleva quasi mai che lo usassi. Anche mio padre sembrava a disagio per lo stesso motivo e, se non fosse stato un regalo di mia zia per il compleanno, avevo come l’impressione che non ne avrei mai avuto uno.
Arrivai a Villa Augusta, rigirandomi tra le dita il bigliettino d’invito. Era bianco, con decori floreali nell’angolo superiore sinistro, ed era intriso del profumo di Tiffany, ossia Chanel N°5. Le scritte erano in corsivo, delicatamente arricciate, e dicevano: “Invito alla Super Mega Festa di Tif. Villa Augusta, ore 21.30-00.30. Ci divertiremo!”
 Dubitavo fortemente di questo, anche perché “Super Mega Festa” già suonava molto stupido, comunque decisi che quella sera avrei cercato di comportarmi in maniera diversa. Dopotutto, quei ragazzi erano miei compagni di scuola da quasi due anni, praticamente un record. Forse sarei riuscita a superare i miei problemi e, per una volta, a diventare un po’ più socievole.
Oh, come mi sbagliavo!
Superai l’enorme cancello di ferro, un po’ arrugginito per via del tempo, e diedi una rapida occhiata al sentiero davanti a me. La villa si trovava ad un centinaio di metri da di là, per arrivarci, bastava solo seguire la stradina di sassi che attraversava un fitto boschetto.
Avevo percorso quella strada un centinaio di volte, però, dovevo ammettere che al buio era un tantino inquietante.
Mi sistemai il vestitino color verde acqua che avevo indossato e, dopo aver fatto un bel respiro, mi inoltrai nell’oscuro sentierino.  Era parecchio scomodo camminare in mezzo ai sassi con i tacchi, ma decisi di non pensarci. Erano le nove e trentacinque, di sicuro Tiffany non mi avrebbe fatto storie per cinque minuti di ritardo, anche se mi faceva strano che tutti fossero già arrivati.
Avevo visto le macchine nel parcheggio, ma erano già tutte vuote e nel boschetto non c’era anima viva, a parte qualche animaletto che sbucava fuori, curioso, di tanto in tanto.
La luce della luna piena illuminava la stradina sassosa.
Improvvisamente, udii un fruscio tra la vegetazione. Mi fermai, pensando che fosse qualche animale che vagava per di là, ma poi, uno strano senso di pericolo si impadronì di me.
Il fruscio diventava sempre più vicino.
D’istinto, afferrai la corda della borsetta, pronta a colpire qualsiasi cosa avesse tentato di aggredirmi. Può sembrare stupido, ma vi assicuro che, se prende nel punto giusto, la fibbia d’oro della mia borsetta può fare molto male.
Feci un passo all’indietro, vedendo la vegetazione muoversi e, all’improvviso, qualcosa sbucò fuori.
Sospirai, quando vidi Beverly Jones, avvolta nel suo abitino fucsia, che mi fissava con la sua solita aria minacciosa. I tacchi delle sue scarpe erano a dir poco vertiginosi ed i suoi capelli scuri erano raccolti sulla nuca.
- Ah, Beverly… immagino tu sia arrabbiata per il ritardo…
Mi bloccai di colpo, quando vidi i suoi occhi neri brillare di una luce spaventosamente sinistra.
- Leila Ssswift… ti sstavo asspettando…
La sua voce suonava stranamente diversa, quasi sibilante.
Feci un passo indietro: - Che stai dicendo? Sei sicura di star bene?
In tutta risposta, lei sibilò furiosa, mostrandomi una lingua biforcuta. Sì, biforcuta. 
La sua pelle color caramello iniziò ad assumere una brutta tonalità verdastra, le sue pupille si assottigliarono, diventando due piccole fessure verticali. Ma la cosa più inquietante furono le sue gambe, o meglio, quello che erano diventate: sotto il vestito, si snodavano due orrende code di serpente.
- Che cosa sei?- urlai terrorizzata, mentre lei mi fissò famelica.
Iniziai a correre, sentendo l’orrendo sibilo della donna-serpente che mi inseguiva.
Il sentiero divenne più buio, perché la luna era stata oscurata da una nuvola.
Continuai a correre, senza voltarmi indietro, ma, si sa, con i tacchi era pressoché impossibile mantenere l’equilibrio, così inciampai, sbucciandomi di brutto le mani e le ginocchia sui sassolini. La mia borsetta volò poco più avanti di me.
Sentii un sibilo spaventoso sopra di me e, girando la testa, vidi Beverly che mi fissava con i suoi orrendi occhi serpentini. Presi un sasso e glielo lanciai in fronte, facendola sibilare di dolore e, a fatica, avanzai carponi verso la mia borsetta.
Le mani e le ginocchia ferite mi bruciavano da morire, ma non potevo di certo fermarmi a pensare al dolore.
Afferrai la corda della borsa e mi alzai, giusto in tempo per vedere il mostro Beverly che mi soffiava contro, rivelando delle fauci orribilmente affilate.
- Stammi lontana!- gridai – Non so cosa tu sia, ma lasciami in pace!
In tutta risposta, Beverly mi caricò, colpendomi con una spallata che mi fece fare un bel volo sull’erba del boschetto.
Mi alzai dolorante. Ansimavo. Il mio vestito aveva degli strappi qua e là, uno dei miei tacchi era rotto ed avevo lividi, graffi e sbucciature ovunque. Alcuni ciuffi di capelli mi ricadevano scompostamente sul viso.
Sentivo lo strisciare delle due code della donna-serpente e, senza riflettere, cercai una via di fuga verso l’uscita.
Zoppicavo vistosamente, anche per via del tacco che avevo perso, ma cercavo di guadagnare più terreno possibile.
- Aiuto!- gridai, con le lacrime agli occhi – Per favore, qualcuno mi aiuti!
Stavo per perdere le speranze, mentre sentivo Beverly avvicinarsi, quando mi scontrai con qualcuno.
Delle mani calde mi afferrarono ed io cacciai un grido acutissimo. Tuttavia mi accorsi che, colei che mi teneva, non era Beverly.
- Maggie!- esclamai, quasi sollevata – Grazie al cielo! Ti prego, andiamo via di qui!
Lei mi fissò con un’espressione preoccupata, il volto semi-nascosto dal cappuccio della felpa.
- Stai bene?
- Maggie, andiamocene, o ci raggiungerà!
Mi abbracciò, con fare materno, mentre mi sentivo irradiare da un calore rassicurante.
Era un’altra particolarità di lei: il suo corpo emanava un calore particolare, che nessun altro essere umano sarebbe stato capace di avere.
In quel momento, però, ero troppo spaventata per domandarmi il perché Maggie fosse sempre così calda, così mi scostai dal suo abbraccio e la fissai dritta negli occhi: - Maggie andiamo via o…
Mi bloccai quando lei guardò seria una punto alle mie spalle. Sentii il solito orrendo sibilo e gridai di nuovo: - Oddio! Lei è qui!
Beverly sibilava furiosamente, ma Maggie non sembrava intimorita. Si mise tra me e la bestia e parlò con voce ferma: - Vattene!
Beverly soffiò, mentre io cercai di tirare via Maggie per un braccio: - Ma che cosa vuoi fare? Scappa!
La mia amica si liberò dalla mia presa e mi disse: - Allontanati. A lei ci penso io.
- Maggie, io non ti lascio qui…
- Leila, vai!- mi ordinò, con un tono tale che feci un passo all’indietro per lo spavento.
Mentre Beverly stava per lanciarsi all’attacco, Maggie guardò con un sorriso la luna piena, che era appena spuntata dalle nubi e, tirandosi giù il cappuccio della felpa, emise un terribile ringhio verso il mostro.
- Adesso vedrai, maledetta!
Quando vidi quello che stava succedendo, crollai seduta con la bocca e gli occhi spalancati.
Maggie iniziò ad ingrossarsi, con le orecchie ed il viso che si allungavano paurosamente, mentre una fitta peluria grigia iniziava a coprire il suo corpo. Beverly fece un salto indietro, visibilmente terrorizzata, mentre, tra me e lei, si ergeva la terribile figura di un gigantesco lupo dal pelo scuro e lievemente argentato, con delle zanne lunghe e candide e degli artigli da far paura.
Un tremendo ululato squarciò il silenzio della notte.
Beverly tentò, terrorizzata, di scappare, ma Maggie la raggiunse con un balzo, azzannandola al collo con i suoi denti aguzzi. Un urlo soffocato e Beverly si disintegrò, lasciando cadere a terra un vestitino fucsia nuovo di zecca.
Emisi un gemito strozzato, quando il lupo si voltò ed avanzò verso di me. I suoi profondi occhi scuri mi fissarono in un modo inaspettatamente dolce. Allungai la mano e toccai il folto pelo della creatura.
Un lupo mannaro. Maggie era un lupo mannaro.
Gettò uno sguardo rapido alla luna e mi fece un cenno con la testa, che intuii significasse di montarle in groppa. Obbedii senza pensarci un attimo e, in poco tempo, correvamo rapide per le strade della città, illuminate dai raggi di una tonda e candida luna.
  
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