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Autore: Mirella__    07/10/2012    6 recensioni
Light ed L.
Due ideali di giustizia differenti.
Per l'intero anime abbiamo visto questi due personaggi affrontarsi, ma mai apertamente e alla fine L ha avuto la peggio.
Il suo allievo, Near, è riuscito dove lui ha fallito mettendo fine al caso Kira
Ma quando uno shinigami, divorato dalla noia, ha a disposizione un piccolo oggettino bianco nulla è per sempre.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Light/Raito, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Buongiorno, o buonasera carissimi lettori!

Direi che questo è un altro capitolo d’introspezione per Light, più sui suoi ricordi del passato, ma gli avvenimenti non mancheranno.

Ringrazio come al solito chi recensisce o mette in una delle tre liste la storia, e anche chi legge in silenzio. Grazie mille, tutti voi mi fate apprezzare davvero ciò che scrivo.

Detto questo vi lascio al capitolo.

 

Buona lettura.

 

La neve ricopre ogni cosa.

 “È questa?” Chiedo a Ryuk, che annuisce senza proferir parola.

Mi chino fino a raggiungere con lo sguardo il punto dove nella fredda scultura si dovrebbe trovare il nome; la mano esita un po’,  ma poi comincia a togliere frettolosamente la poltiglia bianca che lo ricopre.

“Misa Amane”. Leggo sedendomi accanto alla tomba e mettendomi in attesa.

Le probabilità che l’articolo sia solo una montatura di L sono alte, ma non mi preoccupo. Avrei avuto un faccia a faccia con lui prima del previsto, ma sarei riuscito comunque a scappare se la situazione lo avesse richiesto. Le mie ali sono pronte a spiccare il volo.

Poggio la testa sulla fredda lapide. Sono le tre e mezzo del mattino, non c’è nessuno nel cimitero. Il buio mi circonda.

Il fatto che non ci sia anima viva in questo posto valorizza l’ipotesi della montatura dell’articolo perché se quest’ultimo fosse stato autentico, a quest’ora i seguaci di Kira si sarebbero dovuti trovare tutti qui in massa. Ma questa è solo una possibilità.

Misa era una sostenitrice di Kira, nonché una persona di spettacolo ammirata da molti; la rosa sarebbe potuta essere solo l’omaggio di un fan, se non fosse per il fatto che nessuno è mai stato visto offrire questo pegno, e allora vi sorge un’altra ipotesi. Da sostenitrice di Kira, sarebbe stato facile per Misa fondare una setta e lasciare istruzioni precise dopo la sua morte. Ma la ragazza era stata privata del Death Note, dei suoi ricordi, quindi anche questa teoria si sgretolava, a meno che…

“Ryuk, cos’hanno detto a mia madre, a mia sorella e a Misa, sulla mia morte?”

Lo shinigami ci pensa un momento e poi comincia a parlare. “Hanno detto a tua madre e tua sorella che eri stato ucciso per mano di Kira”. 

Annuisco pensando all’ironia della cosa, poi lo incito a continuare. “E cos’hanno detto a Misa?”

“Che eri via per lavoro”.

Faccio una lieve smorfia, non credevo che Misa potesse arrivare a chiudere gli occhi anche davanti a cose chiare come il sole. “Raccontami la sua fine”. Dico alzando il capo verso di lui.

“Non so nulla di preciso, sono rimasto un po’ sulla Terra, giusto per vedere la fine dei guai che avevi seminato, comunque sia, Matsuda si è lasciato sfuggire la verità e la poveretta non ha resistito. Nonostante avesse perso i ricordi legati al Death Note, lei ti amava Light, perciò ha deciso di farla finita per raggiungerti”. Ignoro il tono di voce di Ryuk appositamente drammatizzato e cerco di rilassarmi, ma i miei nervi sono tesi come non mai, non mi piace aspettare, e mi ritrovo a carezzare il marmo bianco, sorprendendomi.

Non provavo niente per Misa, non provo tuttora niente per Misa.

Io sono Kira, e ciò che mi ha riferito Ryuk non cambia i miei sentimenti. Ma allora perché sento questa fitta dolorosa all’altezza dell’addome?

Sorrido tra me e me. “Light, sei troppo sentimentale, troppo legato ai ricordi, troppo umano.”

A meno che non avesse scoperto tutta la verità sulla mia morte, in modo tale che potesse davvero lasciare un messaggio, ma questa è una possibilità a cui dare davvero poche probabilità.

Mi alzo, sto per andarmene, è del tutto inutile restare qui un minuto di più.

Quella rosa non è che il dono che si porta ad un defunto, nient’altro.

Saluto con lo sguardo la tomba della mia servitrice più fedele e volto le spalle, non tornerò mai più in questo posto. Ma quando sto per spiccare il volo, Ryuk mi avverte. “C’è qualcuno che ti osserva Light”.

Per un attimo rimango immobile, mentre con la coda dell’occhio mi guardo alle spalle. Non ho paura, ma sono sorpreso, non avrei messo la mano sul fuoco sul fatto che qualcuno si presentasse davvero.

Lo scintillio di una collana attira la mia vista sino al loro nascondiglio e ora, dopo un breve bisbiglio, la figura che porta al collo il gioiello si avvicina esitante.

Flemmaticamente porta le mani al cappuccio, quasi come se fosse indecisa sul da farsi, tuttavia quando smaschera il suo viso lo fa con determinazione, fissando i suoi occhi nei miei.

Resto colpito dal suo sguardo. Così vuoto, assente, mi ricorda in qualche modo quello di L, forse anche per le profonde occhiaie che lo segnano, ma il colore degli occhi, quel castano così chiaro, ma allo stesso tempo intenso, mi ricorda proprio quello di Misa. Il volto è pallido, i lunghi capelli neri lo incorniciano e mettono in risalto le labbra carnose.

Sicuramente una bella donna, niente da ridire, ma la somiglianza con Misa è assurdamente marcata.

Non è intimidita da me, nonostante le mie ali siano ben visibili alla luce della luna, ma mi sorride e s’inginocchia posando una rosa rossa ai miei piedi, le altre figure, sembrano invece essersi paralizzate sul posto.

“Sapevamo che saresti tornato. Kira”

La sua voce spezza l’incantesimo che blocca gli altri, e allora mi accerchiano, scoprono il loro viso e imitano la ragazza, prostrandosi d’innanzi a me.

“Ave Kira, il Dio del nuovo mondo”.

Quell’appellativo però, non mi da la soddisfazione che mi aspetto.

Quelle parole sono vuote, non hanno alcun senso, semplicemente  perché dettate dalla disperazione di quegli uomini che ostacolano la propria vista perché vogliono vedere solo ciò che desiderano.

Ancora non sono un Dio, devo ancora vincere le mie battaglie per diventarlo. L e Near aspettano la mia prima mossa.

Sento premere sotto la mia camicia l’arma più potente che il mondo intero abbia mai conosciuto. Poggio una mano su quel punto e comincio a parlare con la ragazza.

“Chi sei?”

Lei alza il viso verso di me, radiosa nel vedere che le ho rivolto la parola. “Sono Hikari Amane, sorella maggiore di Misa Amane”.

“Hikari Amane?” Sussurro. Ecco spiegata la somiglianza col secondo kira. Non sono sorpreso della sua presenza, nonostante non l’abbia mai vista prima d’ora, ho sempre considerato la possibilità di un legame tra lei e Misa.  “Perché sei qui?” ,

“Misa Amane ci ha detto che dovevamo attendere, che il nostro Dio sarebbe presto arrivato. Ha voluto che ponessimo una rosa il ventotto di febbraio sulla sua tomba per lasciarti un segnale. Non sappiamo il motivo della data”.

Io sì. Il ventotto febbraio è il mio compleanno.

Tuttavia continuo a non capire le ragioni di Misa.

“E questo ve lo ha detto poco prima del suo suicidio?”

Lei annuisce con un cenno del capo.

Il mio volto rimane impassibile.

Misa ha sempre avuto fiducia in me, ma arrivare a credere che io stesso potessi tornare in vita è a dir poco stupido. Nemmeno io riesco a credere che sto camminando, respirando; come aveva fatto quella ragazza a pensare sul serio ad una possibilità del genere?

“E perché si sarebbe suicidata se aspettava il mio ritorno?”

“Il dolore era troppo grande”

“Avrebbe dovuto aspettare”. Mi ritrovo a dire senza nemmeno volerlo. Scuoto la testa e mi rivolgo di nuovo alla ragazza. “Come faccio a credervi? Potreste essere dei semplici poliziotti”.

Hikari si alza, porta le mani dietro il collo e slaccia la collana per poi porgermela, un lieve tremore tradisce però il suo aspetto  composto, ha paura di me.

Il ciondolo, nero, con dei finissimi disegni in oro, ha la forma di un cuore, non è piccolo, tutt’altro, ma ha un’aria stranamente familiare.

Lo apro e rimango sorpreso da quello che vi trovo.

Io, Misa ed L sorridiamo davanti ad un obiettivo. O meglio, Misa sorride, io e Ryuzaki siamo soffocati da uno dei suoi abbracci.

Ricordo a stento quel giorno, forse perché è stato uno dei più imbarazzanti della mia vita e ho cercato in tutti i modi di non pensarci.

 

Flash Back

 

“Ragazzi, adesso basta. Non ce la faccio più. Io voglio uscire!” Misa sculettava come una gallina mentre camminava nella stanza scuotendo l’indice della mano in segno di disapprovazione.

Io e Ryuzaki, ammanettati, non riuscivamo più a reggerla, forse era stato proprio per questo che quella volta l’accontentammo.

Uscimmo tutti insieme, passeggiando per negozi con lei che urlava come una matta soffermandosi su ogni vetrina, e venendo assaliti da fan sfegatati che ben spesso io e Ryuzaki dovemmo allontanare, circa una ventina di volte. Ma la cosa più imbarazzante non fu questa, Watari era via quel giorno, per un motivo che non mi era stato dato sapere, e quindi io e il più grande detective del mondo dovemmo uscire con quelle manette.

La gente ci osservava straniti mentre costeggiavamo l’attrice, lanciando qualche risolino e battuta che non riuscivo proprio a sopportare, al contrario di L, che se ne stava tranquillo, sorridendo persino a coloro che lo prendevano in giro.

Un altro grido da oca di Misa.

Ci eravamo appena fermati in un parco, davanti ad una panchina, circondata da fiori e piante d’ogni tipo.

A quella vista non aveva resistito.

Aveva afferrato la catena, con una forza sovrumana, e ci aveva trascinato fino in quel punto. Aveva ripescato dalla borsa una macchina fotografica e aveva pregato un passante d’immortalarci.

 

Fine flash back

 

“Tieni”. Dico porgendole il gioiello, “non è una prova sufficiente”.

Ma lei indietreggia e scuote la testa. “Misa ha detto che devi tenerlo tu”. Prende la collana dalle mie mani e l’allaccia al mio collo. Vedo la catena scomparire sotto la stoffa e sento il ciondolo freddo posarsi sul mio petto.

Quando alzo nuovamente lo sguardo, la donna mi fa cenno di seguirla.

Gli altri uomini si rimettono il cappuccio, aspettano che io cominci a camminare, per poi seguirmi.

Non sono molti, una decina più o meno, sono organizzati, si capisce dal loro silenzio, dalla loro postura.

Il sentiero che percorriamo non porta all’uscita del cimitero, ma mi lascio scortare, come se non mi fossi accorto di nulla e presto Hikari si ferma.

“Questo non è il massimo dei confort, ma se vogliamo uscire da qui, passando del tutto inosservati, dovremmo passare da qui”.

Guardo il tombino ai suoi piedi, non do nessun segno se non un sì secco.

“Per quelle”. Mi dice lei allungando una mano verso le mie ali.

Mi scosto lievemente e lei si blocca.

“Non saranno un problema”. Dico ritraendole del tutto.

I presenti trattengono il fiato, mentre Hikari annuisce tra sé e mi dice di seguirla.

Non so come vedere questo suo disinteressamento verso la mia natura, ormai si vede che non sono più del tutto umano, ma a lei sembra non importare, da questo punto di vista mi ricorda la sorella che passava sopra i miei eccessi e la mia indifferenza pur di starmi accanto.

 

“Non è un bel posto per un Dio, non è vero Light?” Ryuk mi sorride, per quanto il suo si possa definire sorriso, e mi sta alle spalle trattenendo le risate.

Non do segno di difficoltà alla gente che mi circonda, ma lo shinigami mi conosce bene e sa quali pensieri mi balenano per la testa.

I condotti sotterranei sono umidi, scivolosi, è difficile starvi in equilibrio, faccio fatica per mettere due passi in fila.

Io, che ho carezzato con mano la realtà di librarmi in alto, cosa che tutti gli uomini desiderano ardentemente almeno una volta di fare, ora sono costretto a camminare a testa bassa sotto terra, tra quelle anguste pareti, così strette.

File d’immagini mi scorrono davanti agli occhi.

Sono Light, un fragile umano all’orlo della pazzia ridotto allo stremo delle forze che cerca inutilmente di salvarsi scrivendo un paio di nomi su un semplice pezzo di carta…

Ritorno al presente.

No, quella situazione non si presenterà mai più, non mi ridurrò nuovamente in quel modo.

Accelero il passo, costringendo gli altri ad aumentare il loro e finalmente giungiamo alla fine di quell’orribile baratro.

Le scale portano all’uscita, finalmente, ma mi trattengo dal percorrerle di corsa.

Mantengo la mia compostezza anche quando, giunti all’esterno, Hikari mi fa segno di salire su un’automobile, nonostante il continuo sospetto che quel mezzo mi porti verso un’imboscata di L.

Non c’è niente nel  comportamento della ragazza che renda ovvia una conclusione simile, ma il detective ha dei validi collaboratori, Naomi Misora ne era la prova e sicuramente ce ne sarebbero state altre al suo livello, devo mantenere alta la guardia e cercare una qualsiasi discontinuità nel comportamento della donna.

Poggio la testa contro il vetro dell’auto e osservo la città sfilarmi davanti, mentre la sorella di Misa da istruzioni al conducente…

  
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