Buongiorno,
o buonasera carissimi lettori!
Direi che
questo è un altro capitolo d’introspezione per
Light, più sui suoi ricordi del
passato, ma gli avvenimenti non mancheranno.
Ringrazio
come al solito chi recensisce o mette in una delle tre liste la storia,
e anche
chi legge in silenzio. Grazie mille, tutti voi mi fate apprezzare
davvero ciò
che scrivo.
Detto
questo vi lascio al capitolo.
Buona
lettura.
La neve
ricopre ogni cosa.
“È
questa?” Chiedo a Ryuk, che annuisce senza
proferir parola.
Mi chino
fino a raggiungere con lo sguardo il punto dove nella fredda scultura
si
dovrebbe trovare il nome; la mano esita un po’,
ma poi comincia a togliere frettolosamente la poltiglia
bianca che lo
ricopre.
“Misa
Amane”. Leggo sedendomi accanto alla tomba e mettendomi in
attesa.
Le
probabilità che l’articolo sia solo una montatura
di L sono alte, ma non mi
preoccupo. Avrei avuto un faccia a faccia con lui prima del previsto,
ma sarei
riuscito comunque a scappare se la situazione lo avesse richiesto. Le
mie ali
sono pronte a spiccare il volo.
Poggio la
testa sulla fredda lapide. Sono le tre e mezzo del mattino, non
c’è nessuno nel
cimitero. Il buio mi circonda.
Il fatto
che non ci sia anima viva in questo posto valorizza l’ipotesi
della montatura
dell’articolo perché se quest’ultimo
fosse stato autentico, a quest’ora i
seguaci di Kira si sarebbero dovuti trovare tutti qui in massa. Ma
questa è
solo una possibilità.
Misa era
una sostenitrice di Kira, nonché una persona di spettacolo
ammirata da molti;
la rosa sarebbe potuta essere solo l’omaggio di un fan, se
non fosse per il
fatto che nessuno è mai stato visto offrire questo pegno, e
allora vi sorge
un’altra ipotesi. Da sostenitrice di Kira, sarebbe stato
facile per Misa
fondare una setta e lasciare istruzioni precise dopo la sua morte. Ma
la
ragazza era stata privata del Death Note, dei suoi ricordi, quindi
anche questa
teoria si sgretolava, a meno che…
“Ryuk,
cos’hanno detto a mia madre, a mia sorella e a Misa, sulla
mia morte?”
Lo
shinigami ci pensa un momento e poi comincia a parlare.
“Hanno detto a tua
madre e tua sorella che eri stato ucciso per mano di Kira”.
Annuisco
pensando all’ironia della cosa, poi lo incito a continuare.
“E cos’hanno detto
a Misa?”
“Che
eri
via per lavoro”.
Faccio
una lieve smorfia, non credevo che Misa potesse arrivare a chiudere gli
occhi
anche davanti a cose chiare come il sole. “Raccontami la sua
fine”. Dico
alzando il capo verso di lui.
“Non
so
nulla di preciso, sono rimasto un po’ sulla Terra, giusto per
vedere la fine
dei guai che avevi seminato, comunque sia, Matsuda si è
lasciato sfuggire la
verità e la poveretta non ha resistito. Nonostante avesse
perso i ricordi
legati al Death Note, lei ti amava Light, perciò ha deciso
di farla finita per
raggiungerti”. Ignoro il tono di voce di Ryuk appositamente
drammatizzato e cerco
di rilassarmi, ma i miei nervi sono tesi come non mai, non mi piace
aspettare,
e mi ritrovo a carezzare il marmo bianco, sorprendendomi.
Non
provavo niente per Misa, non provo tuttora niente per Misa.
Io sono
Kira, e ciò che mi ha riferito Ryuk non cambia i miei
sentimenti. Ma allora
perché sento questa fitta dolorosa all’altezza
dell’addome?
Sorrido
tra me e me. “Light, sei troppo sentimentale, troppo legato
ai ricordi, troppo
umano.”
A meno
che non avesse scoperto tutta la verità sulla mia morte, in
modo tale che
potesse davvero lasciare un messaggio, ma questa è una
possibilità a cui dare
davvero poche probabilità.
Mi alzo,
sto per andarmene, è del tutto inutile restare qui un minuto
di più.
Quella
rosa non è che il dono che si porta ad un defunto,
nient’altro.
Saluto
con lo sguardo la tomba della mia servitrice più fedele e
volto le spalle, non
tornerò mai più in questo posto. Ma quando sto
per spiccare il volo, Ryuk mi
avverte. “C’è qualcuno che ti osserva
Light”.
Per un
attimo rimango immobile, mentre con la coda dell’occhio mi
guardo alle spalle.
Non ho paura, ma sono sorpreso, non avrei messo la mano sul fuoco sul
fatto che
qualcuno si presentasse davvero.
Lo scintillio
di una collana attira la mia vista sino al loro nascondiglio e ora,
dopo un
breve bisbiglio, la figura che porta al collo il gioiello si avvicina
esitante.
Flemmaticamente
porta le mani al cappuccio, quasi come se fosse indecisa sul da farsi,
tuttavia
quando smaschera il suo viso lo fa con determinazione, fissando i suoi
occhi
nei miei.
Resto
colpito dal suo sguardo. Così vuoto, assente, mi ricorda in
qualche modo quello
di L, forse anche per le profonde occhiaie che lo segnano, ma il colore
degli
occhi, quel castano così chiaro, ma allo stesso tempo
intenso, mi ricorda
proprio quello di Misa. Il volto è pallido, i lunghi capelli
neri lo
incorniciano e mettono in risalto le labbra carnose.
Sicuramente
una bella donna, niente da ridire, ma la somiglianza con Misa
è assurdamente
marcata.
Non
è
intimidita da me, nonostante le mie ali siano ben visibili alla luce
della
luna, ma mi sorride e s’inginocchia posando una rosa rossa ai
miei piedi, le
altre figure, sembrano invece essersi paralizzate sul posto.
“Sapevamo
che saresti tornato. Kira”
La sua
voce spezza l’incantesimo che blocca gli altri, e allora mi
accerchiano,
scoprono il loro viso e imitano la ragazza, prostrandosi
d’innanzi a me.
“Ave
Kira, il Dio del nuovo mondo”.
Quell’appellativo
però, non mi da la soddisfazione che mi aspetto.
Quelle
parole sono vuote, non hanno alcun senso, semplicemente
perché dettate dalla disperazione di quegli
uomini che ostacolano la propria vista perché vogliono
vedere solo ciò che
desiderano.
Ancora
non sono un Dio, devo ancora vincere le mie battaglie per diventarlo. L
e Near
aspettano la mia prima mossa.
Sento
premere sotto la mia camicia l’arma più potente
che il mondo intero abbia mai
conosciuto. Poggio una mano su quel punto e comincio a parlare con la
ragazza.
“Chi
sei?”
Lei alza
il viso verso di me, radiosa nel vedere che le ho rivolto la parola.
“Sono
Hikari Amane, sorella maggiore di Misa Amane”.
“Hikari
Amane?” Sussurro. Ecco spiegata la somiglianza col secondo
kira. Non sono
sorpreso della sua presenza, nonostante non l’abbia mai vista
prima d’ora, ho sempre
considerato la possibilità di un legame tra lei e Misa. “Perché
sei qui?” ,
“Misa
Amane ci ha detto che dovevamo attendere, che il nostro Dio sarebbe
presto
arrivato. Ha voluto che ponessimo una rosa il ventotto di febbraio
sulla sua
tomba per lasciarti un segnale. Non sappiamo il motivo della
data”.
Io
sì. Il
ventotto febbraio è il mio compleanno.
Tuttavia
continuo a non capire le ragioni di Misa.
“E
questo
ve lo ha detto poco prima del suo suicidio?”
Lei
annuisce con un cenno del capo.
Il mio
volto rimane impassibile.
Misa ha
sempre avuto fiducia in me, ma arrivare a credere che io stesso potessi
tornare
in vita è a dir poco stupido. Nemmeno io riesco a credere
che sto camminando,
respirando; come aveva fatto quella ragazza a pensare sul serio ad una
possibilità del genere?
“E
perché
si sarebbe suicidata se aspettava il mio ritorno?”
“Il
dolore era troppo grande”
“Avrebbe
dovuto aspettare”. Mi ritrovo a dire senza nemmeno volerlo.
Scuoto la testa e
mi rivolgo di nuovo alla ragazza. “Come faccio a credervi?
Potreste essere dei
semplici poliziotti”.
Hikari si
alza, porta le mani dietro il collo e slaccia la collana per poi
porgermela, un
lieve tremore tradisce però il suo aspetto
composto, ha paura di me.
Il
ciondolo, nero, con dei finissimi disegni in oro, ha la forma di un
cuore, non
è piccolo, tutt’altro, ma ha un’aria
stranamente familiare.
Lo apro e
rimango sorpreso da quello che vi trovo.
Io, Misa
ed L sorridiamo davanti ad un obiettivo. O meglio, Misa sorride, io e
Ryuzaki
siamo soffocati da uno dei suoi abbracci.
Ricordo a
stento quel giorno, forse perché è stato uno dei
più imbarazzanti della mia
vita e ho cercato in tutti i modi di non pensarci.
Flash
Back
“Ragazzi,
adesso basta. Non ce la faccio più. Io voglio
uscire!” Misa sculettava come una
gallina mentre camminava nella stanza scuotendo l’indice
della mano in segno di
disapprovazione.
Io e
Ryuzaki, ammanettati, non riuscivamo più a reggerla, forse
era stato proprio
per questo che quella volta l’accontentammo.
Uscimmo
tutti insieme, passeggiando per negozi con lei che urlava come una
matta
soffermandosi su ogni vetrina, e venendo assaliti da fan sfegatati che
ben
spesso io e Ryuzaki dovemmo allontanare, circa una ventina di volte. Ma
la cosa
più imbarazzante non fu questa, Watari era via quel giorno,
per un motivo che
non mi era stato dato sapere, e quindi io e il più grande
detective del mondo
dovemmo uscire con quelle manette.
La gente
ci osservava straniti mentre costeggiavamo l’attrice,
lanciando qualche
risolino e battuta che non riuscivo proprio a sopportare, al contrario
di L,
che se ne stava tranquillo, sorridendo persino a coloro che lo
prendevano in
giro.
Un altro
grido da oca di Misa.
Ci
eravamo appena fermati in un parco, davanti ad una panchina, circondata
da
fiori e piante d’ogni tipo.
A quella
vista non aveva resistito.
Aveva
afferrato la catena, con una forza sovrumana, e ci aveva trascinato
fino in
quel punto. Aveva ripescato dalla borsa una macchina fotografica e
aveva
pregato un passante d’immortalarci.
Fine
flash back
“Tieni”.
Dico porgendole il gioiello, “non è una prova
sufficiente”.
Ma lei
indietreggia e scuote la testa. “Misa ha detto che devi
tenerlo tu”. Prende la
collana dalle mie mani e l’allaccia al mio collo. Vedo la
catena scomparire
sotto la stoffa e sento il ciondolo freddo posarsi sul mio petto.
Quando
alzo nuovamente lo sguardo, la donna mi fa cenno di seguirla.
Gli altri
uomini si rimettono il cappuccio, aspettano che io cominci a camminare,
per poi
seguirmi.
Non sono
molti, una decina più o meno, sono organizzati, si capisce
dal loro silenzio,
dalla loro postura.
Il
sentiero che percorriamo non porta all’uscita del cimitero,
ma mi lascio
scortare, come se non mi fossi accorto di nulla e presto Hikari si
ferma.
“Questo
non è il massimo dei confort, ma se vogliamo uscire da qui,
passando del tutto
inosservati, dovremmo passare da qui”.
Guardo il
tombino ai suoi piedi, non do nessun segno se non un sì
secco.
“Per
quelle”. Mi dice lei allungando una mano verso le mie ali.
Mi scosto
lievemente e lei si blocca.
“Non
saranno un problema”. Dico ritraendole del tutto.
I
presenti trattengono il fiato, mentre Hikari annuisce tra sé
e mi dice di
seguirla.
Non so
come vedere questo suo disinteressamento verso la mia natura, ormai si
vede che
non sono più del tutto umano, ma a lei sembra non importare,
da questo punto di
vista mi ricorda la sorella che passava sopra i miei eccessi e
la mia indifferenza pur
di starmi accanto.
“Non
è un
bel posto per un Dio, non è vero Light?” Ryuk mi
sorride, per quanto il suo si
possa definire sorriso, e mi sta alle spalle trattenendo le risate.
Non do
segno di difficoltà alla gente che mi circonda, ma lo
shinigami mi conosce bene
e sa quali pensieri mi balenano per la testa.
I
condotti sotterranei sono umidi, scivolosi, è difficile
starvi in equilibrio,
faccio fatica per mettere due passi in fila.
Io, che
ho carezzato con mano la realtà di librarmi in alto, cosa
che tutti gli uomini
desiderano ardentemente almeno una volta di fare, ora sono costretto a
camminare a testa bassa sotto terra, tra quelle anguste pareti,
così strette.
File
d’immagini
mi scorrono davanti agli occhi.
Sono Light,
un fragile umano all’orlo
della pazzia ridotto allo stremo delle forze che cerca inutilmente di
salvarsi
scrivendo un paio di nomi su un semplice pezzo di carta…
Ritorno al
presente.
No,
quella situazione non si presenterà mai più, non
mi ridurrò nuovamente in quel
modo.
Accelero il
passo, costringendo gli altri ad aumentare il loro e finalmente
giungiamo alla
fine di quell’orribile baratro.
Le scale
portano all’uscita, finalmente, ma mi trattengo dal
percorrerle di corsa.
Mantengo
la mia compostezza anche quando, giunti all’esterno, Hikari
mi fa segno di
salire su un’automobile, nonostante il continuo sospetto che
quel mezzo mi porti
verso un’imboscata di L.
Non
c’è
niente nel comportamento
della ragazza
che renda ovvia una conclusione simile, ma il detective ha dei validi
collaboratori,
Naomi Misora ne era la prova e sicuramente ce ne sarebbero state altre
al suo
livello, devo mantenere alta la guardia e cercare una qualsiasi
discontinuità
nel comportamento della donna.
Poggio la
testa contro il vetro dell’auto e osservo la città
sfilarmi davanti, mentre la sorella
di Misa da istruzioni al conducente…