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Autore: La Kurapikina    07/10/2012    1 recensioni
Ciao a tutti!!! E' la prima cosa che scrivo una ff su loro e spero vi piaccia. E' una "riscrizione" con molti cambiamenti della casa della notte dal punto di vista di Damien, in cui la storia prende una piega diversa da quella descritta nei libri, soprattutto per quanto riguarda Jack
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Era morta. Era davvero morta.

Tutti noi novizi sapevamo che rischiavamo di fare la stessa fine da un momento all’altro e per questo i vampiri adulti volevano che superassimo la morte di un nostro compagno il più velocemente possibile e cercavano di non farci pensare ad un nostro possibile tragico destino, ma certo non era facile.

Elizabeth era una delle migliori ragazze che avessi mai conosciuto: sempre dolce e gentile con tutti, aveva sempre una parola di conforto per chi stava male. Di certo non si meritava di morire.

Come potevamo passare sopra ad una cosa simile?

Neferet, veloce e indifferente come era arrivata, chiuse la porta senza aggiungere null’altro e ci lasciò soli con quel nuovo peso sul cuore.

Se ci fossimo pesati in quel momento, con tutto quel dolore ad opprimerci, avremmo raggiunto i massimi livelli di obesità.

“Mi dispiace.” La voce del commissario mi fece trasalire mentre Jack si stringeva maggiormente a me, singhiozzando sommessamente: “La conoscevate?”

Annuimmo lentamente, tranne Jack, che spiegò: “Sono qui da troppo poco per conoscere tutti gli studenti…”

L’uomo guardò le sue lacrime con un punto interrogativo stampato in faccia e: “Percepisco che Damien ritiene questa morte terribilmente ingiusta e, comunque, nessuno, nemmeno la stronza più stronza di questo pianeta, merita di morire. E’ una cosa tanto sbagliata.” Fece il mio ragazzo.

Il mio bellissimo, dolcissimo, splendido ragazzo. Come avrei fatto senza di lui? Lo strinsi maggiormente a me sfiorando con dita tremanti il suo Marchio bicolore.

“Sei davvero un bravo ragazzo, Jack. Troverò il modo di mettere in scacco matto i tuoi genitori. E’ una promessa.” Con queste parole il poliziotto si congedò e noi, dopo appena un attimo di esitazione, ci alzammo desiderando solo di dileguarci il più velocemente possibile: certo non sarebbe stato bello se fosse comparsa Neferet ed avesse deciso di chiudersi nel suo ufficio a fare una “chiacchierata” con noi.

Probabilmente, in quel caso, i lutti alla Casa della Notte di Tulsa sarebbero diventati molteplici.

Sussultai nel momento stesso in cui capii effettivamente ciò che avevo pensato: sapevo che Neferet era una stronza terribile e anche che, soprattutto da quando avevo un Imprinting con Jack, la mia valutazione di lei era scesa fin sotto i piedi del diavolo, ma era addirittura arrivato a ritenerla capace di ucciderci?

“Se non ci avessero pensato i miei genitori, sarebbe senz’altro stata lei ad avvelenarmi.”

Mi voltai verso Jack incrociando il suo sguardo triste e contemporaneamente arrabbiato: “Temo che le tue emozioni m’influenzino troppo. Forse non ragiono più lucidamente.”

Tutti si bloccarono e sentii chiaramente lo sguardo preoccupato delle gemelle posarsi su di noi.

All’inizio non capii: cosa avevo fatto? Avevo forse detto qualcosa di sbagliato?

Poi, nel momento stesso in cui la mano di Jack si sfilò rabbiosa dalla mia, tutti i pezzi del puzzle andarono a posto: era un cretino. Un completo coglione.

“E’ così, quindi? Pensi che io odi Neferet senza motivo? Dimmi, se non avessi un Imprinting con me, cosa penseresti di lei?”

“Io…”

“Te lo dico io: penseresti che abbia momentaneamente perso la strada della Dea, ma che sicuramente è impossibile che arrivi a fare cose tanto crudeli come uccidere Mary e tenerla come soprammobile. Tu ti fidi ancora di lei. Almeno in parte. E questo significa che non ti fidi ancora completamente di me. Sai che ti dico? Fottiti, stronzo.” Con questo simpatico finale Jack si voltò e si allontanò a grandi passi, ma io, da bravo ragazzo pentito, gli corsi dietro chiamandolo per nome e afferrandolo per un braccio, seguito dai ragazzi.

Lo avessi mai fatto: quando lo costrinsi voltare mi scontrai con i suoi bellissimi occhi blu resi irriconoscibili dalla luce che li riempiva. Erano dello stesso colore del sangue.

Senza avere la minima esitazione, Jack mi schiaffeggiò con tanta forza da farmi cadere a terra e: “Non mi toccare.” Mi ringhiò contro. In senso letterale.

La sua voce, di solito così dolce e allegra era irriconoscibile tanto quanto il suo sguardo: suonava come un suono a metà fra il verso di un cane furioso e un lupo mannare affamato.

Ok, so che il paragone non è dei migliori, ma vi basti per capire che faceva veramente paura.

Ma la mia attenzione era concentrata soprattutto su altri due cose: il sangue che gli colava dai palmi delle mani in cui aveva conficcato le unghie e la minacciosa aurea scarlatta che lo circondava.

“No…” sussurrai a me stesso rialzandomi veloce: “No, Jack, ora calmati.” Parlai molto lentamente, scandendo ogni singola parola per farle penetrare bene: “Io so che Neferet è una stronza. So che si merita le peggiori pene e so che sei furioso per quello che ha fatto a tua sorella.”

“Tu non sai niente!”

Ignorando il fatto che la sua voce era salita di almeno tre ottave e che le ombre intorno a lui sembravano essere diventate improvvisamente vive, continuai, bene attento a non far trasparire minimamente la mia paura: “Quello che intendevo prima è che ho bisogno di pensare lucidamente per trovare le prove della sua stronzaggine. Senza prove non si va da nessuna parte. Tutto qui.” Non sapevo nemmeno io se stessi dicendo la verità, ma, con una capacità che non credevo di avere, mi autoconvinsi al punto da riuscire a trasmettergli sicurezza.

“Tu… mi stai mentendo.” Le sue proteste si erano fatte di colpo deboli, come la sensazione di pericolosità che lo aveva circondato fino a quel momento. L’aria intorno a lui era di nuovo normale.

“Come potrei mentirti?” risposi, per la prima volta sicuro di ciò che dicevo, con un sorriso dolce: “Io ti amo.” E questa era la più assoluta e dannata verità.

Finalmente, Jack mi corse incontro gettandomi le braccia al collo e mettendosi a piangere contro il mio collo: “Scusami. Sono tanto cretino da farmi pena da solo. Devo imparare a stare un po’ più calmo.”

“Tranquillo, piccolo, va tutto bene.” Ma, mentre lo dicevo, cercai in tutti i modi di bloccare la mia mente e le mie emozioni: ero terrorizzato. Quelle ombre si erano davvero animate e si erano messe a vorticare fameliche intorno al mio ragazzo. Soprattutto intorno alle sue mani sanguinanti (che, fra l’altro, in quel momento mi rendevano veramente difficile concentrarmi, soprattutto perché il profumo del sangue di Jack mi faceva sentire così… così… si. Beh, insomma, si è capito no?!)

Riordinando i pensieri e continuando a stringere il corpicino del ragazzo biondo che mi era praticamente incollato addosso e non smetteva di singhiozzare, mi voltai verso i ragazzi e lessi nei loro occhi il più totale terrore.

Evidentemente nemmeno a loro era sfuggita la presenza di quelle inquietanti ombre viventi. Quella non era di sicuro una manifestazione del potere di Nyx. Proprio no. Quello era male. Era davvero molto male.

“Ma che belle riunione di sfigati nerd. Oh, ma vedo che c’è una nuova aggiunta. Ti sei fatto il ragazzo, Damien.”

Oh, no! Tutti ma non lei.

“Vattene Afrodite.” Zy fece un grande passo avanti fronteggiandola, ma la stronzissima bionda ribatte subito, con una scioltezza da brividi: “Tesoro rilassati, non c’è bisogno che mi sbrani. Anche se, beh, capisco che per te l’idea non sarebbe poi tanto male… è stata piuttosto evidente la tua passione per il sangue. Sicura di essere una matricola normale? Ho sentito di quei ragazzi umani morti. Dissanguati, vero? Strano che tu non sia già accorsa a dare una leccatina in giro.”

Zoey sbiancò e, per quanto avrebbe voluto trovare qualche rispostaccia con cui liquidarla, fu costretta ad incassare ed arretrare, sconfitta.

Ma Jack, che, quando voleva, sapeva essere stronzo come una vipera infuriata, si allontanò da me raggiungendo a grandi passi quella bionda platinata: “E tu, Afrodite? Tu sei andata a dare una leccatina al sangue di quei poveri ragazzi o ti limiti al culo di Neferet?”

Fu il turno di Afrodite di sbiancare, ma fu solo un attimo: “Che linguetta interessante… se non fossi gay amico di sfigati saresti un buon candidato per entrare nel mio circolo. Certo, dovrei insegnarti le buone maniere, ma non saresti male.”

“Preferisco strapparmi i denti uno alla volta che passare un solo secondo con una troia come te. Ma, infondo, non ti meriti nemmeno che io sprechi il mio tempo con te. Evapora, spilungona bionda e rifatta.”

Giuro che, difronte all’espressione furiosa e sconvolta di Afrodite, dovetti trattenermi dal ridere, cosa che invece le gemelle non si curaro minimamente di fare scoppiando in risatine evidentemente canzonatorie.

La Font se ne andò senza trovare niente da ribattere. Sculettava persino meno del solito.

“Cavolo, Jack, l’hai stesa! Non è mica una cosa da tutti i giorni zittire quella strega infernale!” saltò su Stivie Rae mentre Erik quasi si slogava il collo nella foga di annuire.

Jackie arrossì abbassando timidamente lo sguardo: “Ma, non ho fatto niente di che.”

Quel ragazzo era strano. Quel ragazzo aveva una molteplice personalità.

Quel ragazzo era il mio ragazzo e lo avrei tenuto il più stretto possibile.

Visto che praticamente stavamo dormendo in piedi, decidemmo che era decisamente ora di andare a nanna, ma, prima che potessimo fare un solo passo, lo strilletto semi terrorizzato di Zy ci bloccò sul posto.

“Che c’è!” esclamarono contemporaneamente le gemelle, ma lei non rispose, limitandosi ad indicare la finestra alla nostra destra,

Una davvero pessima copia di Elizabeth Niente Cognome ci stava fissando da dietro il vetro con la bava alla bocca e gli occhi spiritati.

“Che cazzo!” sentii strillare Jack, che mi si appiccicò addosso in stile cozza.

“Ah, cavolo!” Ecco Zoey.

“Oh, dea!” Questo era Erik.

“Che brutta cosa, che brutta cosa di merda…” decisamente erano le voci delle gemelle.

“Per tutte le galline bollite!” Ok, ammetiamolo, chi avrebbe detto una cosa simile all’infuori di Stivie Rae.

E così, dopo che tutti avevano commentato più o meno volgarmente la situazione, mi sentii in dovere di aggiungere, a semplice scopo informativo: “Questa è una cosa strana.”

  
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