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Autore: savage midnight    07/10/2012    2 recensioni
Draco Malfoy è il loro piccolo, vergognoso e sporco segreto
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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From the inside out N.d.T.: torno con una breve traduzione di una storia che mi ha molto colpito. L'originale in inglese è pubblicato a questo link ed è stata scritta per l'ultima edizione del dmhgficexchange Darkest before the dawn del 2011.
Senza anticipare nulla di fondamentale (ODIO quando mi si rovina la trama), l'autrice presenta una deviazione interessante dal finale tutto rosa e fiori dell'ultimo libro. L'ambientazione è volutamente stata lasciata un po' sul vago...e anche i tempi verbali nei paragrafi certe volte possono sembrare confusi per il passaggio tra un flash back e l'altro, ma - garantisco io - la lettura vi darà grandi soddisfazioni.
E tanto per non smentire la mia insanerrrrima passione per le cose colorate, fosforescenti e/o sbrilluccicose in fondo alla pagina potete trovare il bannerino che vi porterà in un batter d'occhio alla recensione su accioDHR.

Buona lettura e alla prossima,

Luxlucis



From the inside out




It is difficult to know at what moment love begins; it is less difficult to know that it has begun.

~ Henry Wadsworth Longfellow ~



Draco Malfoy è il loro piccolo, vergognoso e sporco segreto.

Nessuno ne parla mai. Nemmeno Hermione. A tutti gli effetti, per i membri più anziani dell’Ordine, loro sono ancora dei ragazzini. Parlarne corromperebbe la loro innocenza, come invece non hanno fatto le battaglie, la guerra, la morte.

Il suo nome non viene mai pronunciato. Nessuno vede mai la sua faccia. Lo hanno relegato nell’ombra dopo la fine della guerra e lì è rimasto. Anche quando ne hanno bisogno. Soprattutto quando ne hanno bisogno.

Lei una volta lo ha seguito, durante una missione. Le direttive dell’Ordine sono sempre molto vaghe quando riguardano Draco, ma l’intenzione è sempre molto chiara, precisa, sempre prevedibile. Lei ormai lo sa. I primi tempi non aveva capito che cosa si intendesse quando si diceva che la situazione dei Mangiamorte veniva monitorata, ma la notte in cui ha visto Draco piantare un pugnale nello stomaco di uno di loro e prenderne la maschera ha capito. Ha capito tutto.

Non li biasima, ma certe volte non può fare a meno di odiarli almeno un po’. Li sente sempre parlare di essere più forti, più numerosi, senza accorgersi che stanno spingendo qualcun altro nell’abisso, stanno costringendo qualcun altro a fare il lavoro sporco che loro non si abbasseranno mai a fare, perché fare questo significherebbe perdere tutto quello per cui hanno lottato in primo luogo.

Lei razionalmente lo capisce, ma sa anche che questa era una decisione da prendere all’inizio, prima di perdere così tanto. Stanno permettendo all’oscurità di entrare indisturbata, strisciante e silenziosa attraverso le crepe, ed è tutto inutile perché hanno già rinunciato praticamente a tutto.

A Ron non piace parlare di questa storia e Harry non ha nessun altro interesse che non sia Ginny o i progetti di una futura famiglia da costruire in pace. Non fa più parte dell’ordine, lo ha lasciato poco dopo la guerra, pensando – forse a ragione – di aver già fatto il suo dovere, di aver già offerto la sua parte di sacrifici, di aver perso abbastanza tanto da non aver più nulla da offrire.

È stato il giorno del matrimonio di Harry, qualche settimana prima che lui e Ginny si spostassero in Francia per costruire la loro nuova vita da sposati, che Hermione ha realizzato che Ron ha sempre voluto bene a Harry un poco di più che a lei, in una maniera che, ai primi tempi, le aveva fatto stringere lo stomaco.

Lo ha lasciato andare. Alla fine.

Sette mesi dopo ha seguito Draco nell’ombra. E da allora non è ancora riuscita a trovare la strada per uscirne.

***

La seconda volta che si era ritrovata, raggelata e con il cuore in gola, a seguirlo attraverso le strade di Londra l’aveva scoperta. Era stata spinta contro il muro di una malandata caffetteria prima di accorgersi anche solo che lui era lì. Si era aspettata rabbia, furia, anche un coltello alla gola, ma quando l’aveva guardato in faccia l’unica cosa che aveva visto era stata delusione. E la vergogna era passata talmente veloce nel suo sguardo che in realtà non era nemmeno sicura ci fosse mai stata.

“Malfoy…”

“Che cosa stai facendo qui?” La sua voce era tesa, controllata, senza quella nota strascicata e lamentosa che ricordava dai tempi della scuola.

Deglutendo rumorosamente, aveva deciso di dire la verità: sarebbe stato più veloce ed era stanca di mentire. “Ti ho visto…”

“Io ho lasciato che vedessi.”

Aveva chiuso la bocca di scatto. Non era sicura del significato delle sue parole e trovava la confusione una sensazione particolare. Non era confusa molto spesso. E rimaneva senza parole altrettanto raramente.

“Perché?”

Si ricorda ancora di come aveva sorriso, una lenta e pigra piega della bocca che non apparteneva al Malfoy che pensava di conoscere. In quel momento non lo sapeva ancora, ma quel gesto aveva cambiato ogni cosa.

“Così posso guardarti correre via.”

Non aveva più detto niente quella notte, invece aveva fatto l’ultima cosa che avrebbe voluto fare e la prima che lui si era aspettato facesse.

Era corsa via.

***

Avevano perso Luna durante le settimane seguenti.

Nessuno aveva immaginato che sarebbe stato Malfoy a ritrovarla. Quando era arrivata la chiamata Hermione non aveva detto nulla agli altri, aveva solo preso la sua bacchetta e si era fatta strada fino ad un magazzino abbandonato nel cuore di Londra.

Solo quando l’aveva visto accanto ad un corpo che era troppo immobile e troppo pallido in mezzo alle ombre e alle macerie, aveva capito che non stavano vincendo, non esattamente. Avevano scaricato tutte le tenebre sull’unica persona che pensavano fosse nata per quello e poi avevano aspettato e sperato. Sperato che quello avrebbe riaggiustato ciò che era andato in pezzi. Sperato che alla fine di tutto avrebbero ancora potuto chiamarsi i buoni della situazione.

Quella era stata la notte in cui l’Ordine non aveva avuto altra scelta che guardare Draco negli occhi. E lei li aveva osservati tutti, mentre si erano piegati per la vergogna quando lui aveva adagiato il cadavere di Luna sul tavolo e se ne era andato.

Lo aveva seguito. Aveva deciso senza esitazioni o tentennamenti e si era lasciata l’Ordine alle spalle. Si era lasciata tutti loro alle spalle.

Lo aveva raggiunto tre isolati dopo e si trovata di nuovo contro ad un altro muro. Questa volta però c’era anche il pugnale ed era trasalita, mentre lui cercava inutilmente di conficcarlo nel mattone di fianco alla sua testa. Ma il mattone non collaborava e così era caduto al suolo, dimenticato da entrambi.

Poi le aveva nascosto il volto nel collo, le mani le avevano stretto i capelli e poteva giurare di aver sentito qualcosa a metà tra un singhiozzo e un grido attutito dalla sua pelle, ma non poteva esserne sicura.

“Draco,” aveva detto piano, e si era sorpresa quando lo aveva cinto istintivamente con le braccia. Le aveva passate sotto le sue, che in quel momento era tese e appoggiate al muro dietro di lei, e gli aveva posato le mani sulle spalle, conficcando le unghie nei muscoli che si era trovata sotto le dita.

“Li ho uccisi tutti,” aveva sussurrato con voce roca, il suo respiro caldo le lambiva la guancia. “Li ho distrutti per aver fatto quello per cui io ero nato.”

“Non sei nato per questo.”

Ma l’avevano creduto, vero? L’avevano creduto tutti, a parte Piton. L’avevano sepolto sotto i crimini e i peccati di suo padre, avevano usato il suo nome e il suo retaggio per vincolarlo e alla fine avevano avuto anche il coraggio di sentirsi traditi quando aveva ceduto ed era stato schiacciato dal peso dei loro dubbi.

“Draco,” aveva detto ancora e questa volta gli aveva posato la mano sulla guancia perché la guardasse negli occhi. Non aveva detto nulla ma l’aveva fissata attraverso le palpebre pesanti, la mandibola serrata.

“Noi combattiamo perché vogliamo farlo,” aveva continuato e per un momento si era chiesta se era ancora vero, se lo era mai stato. “Tu invece combatti perché ti hanno fatto credere che devi. Lo hanno fatto tutti. Non credi conti più neanche con chi sei schierato.”

Serrò gli occhi e lei lo sentì deglutire rumorosamente. “Sono nato Mangiamorte, Hermione. Sono stato cresciuto per diventare uno di loro, per uccidere. E io non sono stato…non ho potuto…sono scappato e alla fine sono diventato comunque così. Ma questa volta doveva avere un significato. Io volevo…avrei voluto…”

“…salvarci,” aveva mormorato. E ora Luna era morta e tutto quello, le missioni, il sangue e le morti – niente aveva più un senso perché non erano ancora al sicuro. Non lo era nessuno.

Appoggiandogli la fronte sul petto aveva continuato, “Non ci devi nulla, Draco. Noi non siamo un debito da pagare e tu non sei uno strumento da utilizzare. Combatti se vuoi, se c’è qualcosa per cui ha senso lottare, non perché non è rimasto più nulla. Capisci?”

A quel punto l’aveva fissata negli occhi e lei non aveva abbassato lo sguardo, con forza e determinazione, anche se una parte di lei stava tremando al suono delle sue stesse parole.

“Tu e l’Ordine…non ci state aiutando,” aveva aggiunto. “Non possiamo più essere i ragazzini che eravamo ai tempi di Hogwarts, nonostante tutto l’impegno che ci stanno mettendo nel crederci ancora così. Non possiamo più essere quelle persone e sopravvivere. E tu non puoi combattere una guerra per conto tuo.”

Il silenzio era durato per istanti interminabili, poi lui aveva abbassato gli occhi ed era indietreggiato di un passo, inginocchiandosi di fianco a lei. Aveva udito il grattare del metallo sul pavimento prima che si alzasse di nuovo con il pugnale in mano e un incerto mezzo sorriso sul volto.

“Non so come altro fare,” aveva detto.

Poi si era voltato, scomparendo nell’oscurità, e Hermione non l’aveva più visto per altri tre mesi.

***

Non era al funerale e lei non lo aveva mai visto nei corridoi di Grimmauld Place durante la notte. Non poteva seguirlo non avendo la minima idea di dove fosse e si è chiesta più volte se qualcuno di loro sapesse dove abitava.

La pesante cappa di vergogna che li aveva oppressi tutti quando Draco si era presentato nella loro cucina ricoperto di sangue e con Luna tra le braccia, si era dissipata nel giro di pochi giorni. Prima Hermione era stata convinta che fosse solo questione di sopravvivenza, per soffocare il dubbio e il senso di colpa, per agire nel modo necessario a rimanere vivi, per quanto logora fosse diventata la loro esistenza. Ora tutta questa segretezza sapeva di un ostinato rifiuto, la negazione categorica che le cose stavano cambiando, spostandosi d’equilibrio. Le fondamenta stavano marcendo sotto i loro piedistalli eppure si rifiutavano ancora di abbassare lo sguardo, rimanendo volutamente ignoranti sulla rovina che li circondava.

Era stato per questo che, dopo due bicchieri di vodka di troppo e a stomaco vuoto, era andata da Arthur Weasley.

“Hermione,” l’aveva accolta con un sorriso tirato, mentre la guardava marciare attraverso la cucina. Stava cucinando dei biscotti, lo aveva notato subito, e le era sembrato talmente casalingo lì in piedi con i guanti da forno e un grembiule che aveva quasi cambiato idea. Quasi.

Aveva sbarrato appena gli occhi quando Hermione si era fermata a pochi centimetri dal suo volto. “Sei…?”

“Devo parlare con Draco.”

“Draco Malfoy? Per quale motivo? Va tutto bene?”

“No, per niente,” aveva sbottato “Devo. Parlare. Con Draco. Quindi o usi la tua bacchetta o mi dai il suo numero di telefono, altrimenti ti si assicuro che sviscerare anche il più piccolo segreto dell’Ordine diventerà la mia unica missione, perché non sono certo così ingenua da pensare che Draco sia l’unico. Quindi: bacchetta o numero. Scegli tu.”

Venti  minuti dopo si era allontanata da Grimmauld Place con un pezzetto di carta in una mano e un biscotto nell’altra.

***

E questi sono i fatti che l’hanno portata ad essere ferma in piedi di fronte ad uno squallido sottotetto alla periferia della città. È talmente distante, talmente in contrasto con la tenuta dei Malfoy che Hermione non riesce a trattenere un brivido involontario. Non c’è nulla dell’oscurità che incombe sui vecchi corridoi di Grimmauld Place o delle ombre in una strada scura e malfamata vicina alla stazione di King’s Cross. Lì c’è dell’altro. Ci sono incuria ed abbandono. Quello è un angolo della città dimenticato da tutti perché era troppo poco presentabile, troppo trascurato per far parte del loro mondo.

Non c’è un campanello. Ha già alzato il pugno per bussare quando cambia idea ed entra senza dire una parola. Dubita fortemente che lui sarebbe venuto ad aprirle in qualsiasi caso e si chiede se lascia aperta la porta di casa sua per arroganza o per indifferenza.

Lo trova in cucina che sta preparando la cena senza magia,  con un coltello in mano che taglia a pezzetti un peperone rosso mentre in una padella sta sfrigolando dello spezzatino di manzo. Alza lo sguardo appena la sente entrare e la mano che sta reggendo il coltello si blocca all’improvviso.

Sembra…rilassato, nonostante l’iniziale tensione della sua mandibola quando l’ha vista. Non avrebbe mai immaginato di vedere Malfoy con i pantaloni della tuta, ma riesce a scorgere il materiale grigio e comodo di cui sono fatti attraverso il bancone della cucina. La maglietta blu che sta indossando è evidentemente molto vecchia e straportata, il logo con rana e pesca quasi completamente scomparso. I capelli gli sono cresciuti dall’ultima volta che l’ha visto e, così lunghi sulla fronte e davanti agli occhi, hanno un aspetto soffice e pulito.

Non è come se lo era aspettato ed in quel momento si rende conto di non essere neppure sicura di cosa si fosse aspettata. Un uomo distrutto che si lamenta in angolo? Un killer consumato che affila i coltelli nel salotto? Non lo conosce per niente, non l’ha mai conosciuto, e a quel punto le viene in mente che forse non lì per salvare qualcuno. Magari è lì solo per imparare.

“Ciao,” dice alla fine.

Lui la fissa per un istante, infine riabbassa lo sguardo e continua a tagliare il suo peperone a cubetti per poi passare ad una cipolla.

“Che cosa stai facendo qui, Granger?”

“Non lo so,” ammette lei. “Pensavo…pensavo che magari potremmo parlare un po’ l’uno con l’altro. Invece di l’uno all’altro. Non ti conosco davvero e mi piacerebbe. Sapere chi sei, intendo.”

E basta. È già fin troppa onestà per quella sera. La verità è un duro lavoro, non c’è da stupirsi che l’hanno evitata per così tanto tempo.

Draco non dice nulla per un lungo istante. Non alza neppure gli occhi per guardarla. Lei aspetta, l’imbarazzo si fa strada strisciante lungo il suo collo, mentre lui rimane immobile, con il capo abbassato. Il rumore della carne che sfrigola e frigge è insopportabilmente forte nel silenzio e Hermione sa, con infallibile certezza, che si è spinta troppo oltre.

Sta già per andarsene quando lui le parla, “Hai fame?”

Si ferma sulla soglia della porta, con il cuore in gola. E in quel momento si rende conto di quanto costerà loro quell’onestà. Di quanto si sgretolerà sotto i loro occhi cadendo a pezzi.

Si volta e la risposta le si legge facilmente sul volto, nel suo sorriso. Si siede su uno sgabello mentre lui ricambia il gesto, piccolo, reale e ancora vagamente pericoloso.

Che vada pure tutto in pezzi, pensa, rassicurandosi tra sé e sé.

Perché può anche essere stato il loro piccolo e lurido segreto, ma non permetterà mai che diventi il suo.



accioDHR!

   
 
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