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Autore: Moira__03    08/10/2012    3 recensioni
Un nuovo modo di raccontare come io abbia ipotizzato l'inizio della relazione tra Bulma e Vegeta, descrivendo la trama e le situazioni tramite flashfic prettamente introspettive, senza far mancare spazi di quotidianità, discussioni e dialoghi.
Il tutto comincerà da quando Dende ha espresso il desiderio di riportare sulla Terra tutti coloro che erano sul pianeta Namecc eccetto Goku e Freezer. E da lì costruirò la storia su questa coppia
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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-     Confusione     -


Non rientrava nel canone di accettazione della sua indole, ma non riusciva a non essere entusiasta, a tal punto di cominciare a provare fiducia, di quella camera gravitazionale. Nessuna donna sul suo pianeta aveva mai dimostrato un’intelligenza tale da riuscire a costruire con la sola forza del proprio ingegno un macchinario del genere.
E sia pur con molta difficoltà, Vegeta ammise che quella donna terrestre era un genio.
Se solo non fosse per quella sua irritantissima personalità, sarebbe stata una buona serva.
Calciava e tirava pugni nel vuoto alla massima potenza, sotto la pesantezza di una gravità pari a cento.
Aveva deciso di sconfiggere la stanchezza, di fare del suo dolore l’arma che l’avrebbe portato alla gloria. Il dolore dopotutto è solo un fastidio troppo marcato che rende schiavi. Ma lui, nonostante l’abissale distanza che aveva preso nei confronti delle sue abituali azioni che lo rendevano mercenario, rimaneva pur sempre il principe spietato dei saiyan. E questo ricordo gli bastava a fargli rifiutare l’idea di essere sottomesso dal dolore fisico a cui si sottoponeva volontariamente ogni giorno.
Aveva deciso persino di volerlo, nonostante questo lo conduceva verso un masochismo poco salutare. Dopotutto lui era pur sempre un guerriero: avrebbe preferito morire anziché non combattere e arrendersi.
Ma c’era qualcosa, un particolare, un elemento non indifferente di cui non riusciva a liberarsi. Motivo per cui aveva intensificato i suoi allenamenti.
Il suo ego sepolto dalle tradizioni terrestri cercava di emergere ogni qualvolta ritrovava quella presenza. E sapeva che non sarebbe stato un bene lasciarlo libero di sfogarsi e ripercuotere su di lui la sua ira furibonda. Quel pianeta gli serviva, la scienziata gli serviva; non era proprio il caso di far saltare tutto in aria per quell’essere privo di quella spavalderia che dimostrava e che già una volta lui stesso gli aveva strappato di dosso con le sue mani, che altro non avevano fatto di ordinare di farlo fuori.
«Sei proprio carina stasera, tesoro».
Gli sentì proferire in quella sera d’estate, il caldo soffocante e il rumore perenne delle cicale.
Bulma era sbucata dietro la soglia della porta d’ingresso, e inevitabilmente un occhio gli cadde fuori dall’oblò, fermandosi su quel vestitino blu elettrico, troppo attillato per tener lontane le fantasie più erotiche, troppo corto per non desiderare di averla.
Voltando di poco le iridi verso sinistra, notò come Yamcha la guardava. Era assurdo pensare che su quel pianeta un uomo si riduceva ad un agglomerato di sbavatura quando vedeva una donna. E ancora non capiva perché si ostinava a non prenderla lì, davanti casa sua, per sfogare quelle sue voglie visibili da un miglio di distanza sul suo volto ipnotizzato.
Eppure, nonostante la gracilità che i muscoli del terrestre dimostravano nei confronti di quelli di Vegeta, era pur sempre molto più forte di Bulma, e benissimo avrebbe potuto sottometterla.
Ma per un motivo a cui non volle nemmeno dare risposta, ne fu contento.
Ritornò a guardarla, stavolta mentre sfoggiava quel suo fascino sulla passerella che conduceva all’ingresso, percorrendola verso l’esterno. I suoi sinuosi lineamenti emanavano delle scosse dirette sul suo corpo, e dopo avergli bruciato il cervello scendevano, giù, fermandosi lì dove poche donne avevano avuto accesso, solo sotto suo comando.
Bulma arrivò di fronte a Yamcha e gli sorrise. E lui, dopo essersi scrollato di dosso i suoi pensieri impuri, le afferrò il volto e le sfiorò le labbra per poi divorarla di passione.
«Non vorrai guastarmi il rossetto prima di passare tutta la serata?» disse sorridente lei, allontanandosi da quel bacio voglioso.
«Già … ma promettimi che questa notte la passerai con me».
Lei abbassò il capo e sorrise.
 
 
 


 
 
 
 
-     Determinazione     - 
 
 
E’ impossibile sfuggire a quei sentimenti che ti legano tanto stretta da non dar nemmeno lo spazio per muovere un solo muscolo. Stringono, e se provi a fuggire ti colpiscono con il rimorso di ricordi favolosi.
Yamcha lo aveva conosciuto a sedici anni, quell’età in cui si cerca il principe azzurro, in cui si sogna di trovare quell’uomo forte e coraggioso che tiene sempre pronto il piedistallo su cui farti salire, quello che ti porge un anello saturo di fedeltà e amore, promettendo l’eternità. Ma la realtà abolisce quest’idea. E’ impossibile, come immaginare l’immensità dell’universo.
La realtà riserva tutt’altro di ciò che contengono i sogni, non a caso si chiamano così. Irraggiungibili e inesistenti, e quando si crede di averli raggiunti, si ripiomba nuovamente per terra, spinti direttamente dalle sorprese che riserva la realtà della vita.
E lei, che il principe azzurro non esisteva, lo aveva scoperto dopo due anni passati con Yamcha.
Lei cresceva, mentre Yamcha rimaneva sempre lì, pronto ad amare prima l’amore per lui stesso anziché lei, ponendola persino al terzo posto, dietro la lotta.
E ancora adesso rivedeva in quegli occhi saturi di desideri sconci, un’infantilità troppo marcata che eliminava l’uomo che rivelava il suo fisico, rendendolo ancora schiavo delle sue insaziabili voglie.
Lei avrebbe voluto vedere il suo uomo guardarla con occhi diversi, con occhi sicuri e impenetrabili, magari anche un’indifferenza velata che lo rendesse più forte dei suoi istinti primordiali.
Sapeva di essere una bella donna, ma non voleva che sul suo uomo doveva essere solo questo effetto a trionfare.
Era abituata ai visi attoniti che in continuazione la guardavano, persino quando era in tuta. Perché, nessuno poteva negarlo, lei era fortemente attraente. E di ragazzi che erano sempre pronti a guardarla in quel modo, li trovava in ogni angolo della strada.
E adesso li riscontrava anche su Yamcha.
Lui non era cresciuto, e probabilmente mai ci sarebbe riuscito. Perché era troppo attaccato alla bellezza esteriore delle cose, a volte molto di più di quella interiore.
A Bulma piaceva vestirsi bene, un po’ provocante. Ma non le piacevano più quegli occhi marroni a cui sarebbe dovuta essere legata con catene d’acciaio. E lei si vestiva in quel modo soprattutto per lui, per vederlo cambiare, per spronarlo a provarci. Quasi per farlo abituare.
E quella sera aveva ritrovato nuovamente quegli occhi che la divoravano con avidità.
Finse un sorriso.
«Credo si possa fare, dipende dal tuo comportamento di stasera» gli fece un occhiolino, portando entrambe le braccia sulle sue possenti spalle e intrecciare le mani sopra la sua testa.
Quella sera però c’era stata qualcosa in più a spingerla a mostrarsi bella e ad indossare quel vestito striminzito. Forse perché aveva sperato di incontrare Vegeta, di vedere come lui si sarebbe comportato, nonostante il rischio a cui si era sottoposta consapevolmente vestita in quel modo.
Tutti gli uomini li aveva conosciuti. Ma forse, gli occhi di un saiyan, l’avrebbero guardata in modo diverso da come lei perennemente percepiva.
Sapeva che era in quella camera, in quel giardino. E non per una circostanza fortuita stava attendendo dinanzi alla sua capsula, più del dovuto, a dispetto del suo odio di sostare così a lungo lì a causa degli occhi attenti dei suoi genitori curiosi.
Sperava che la vedesse e fu ormai dilaniante il dubbio che conservava le eventuali azioni che avrebbe attuato il saiyan.
Lo avrebbe rifatto, e agli occhi di Vegeta non sarebbe sfuggita.
Guardò Yamcha negli occhi e sorrise, stavolta spontanea, ma non perché avesse di fronte l’uomo che avrebbe dovuto amare con tutta se stessa, ma perché la sua mente era divagata verso altri pensieri che sarebbero diventati il suo tormento, la sua sfida.
«E poi questa è la nostra prima serata insieme da quando sei tornato qui» allargò il sorriso e forzò un bacio.
E nel segreto di quel sentimento nuovo che le stava nascendo, conducendola verso la voglia di vedere quel principe in balia delle sue curve, si nascondeva un nuovo scopo sconosciuto persino a lei stessa. Ma far ingelosire un saiyan era sin troppo fuori dai canoni del possibile. 
   
 
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