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Autore: Killapikkoletta    09/10/2012    1 recensioni
Un mondo che non ricorda il suo passato, una città che vorrebbe governare su tutto. Ma c’è chi sa, chi ricorda e deve essere eliminato. I ribelli stanno preparando il contrattacco…. Felici Hunger Games che possa la buona sorte sempre essere a vostro favore.
(Momentaneamente in sospeso)
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Girando per le strade del “distretto”, ancora non mi ero abituata a considerarmi un’abitante di Panem, la mia ansia e preoccupazione non faceva che aumentare. Mi ero rifiutata di leggere i cartelli che pubblicizzavano i primi Hunger Games della storia di Panem e ancora non riuscivo a credere che la gente non ricordasse nulla del suo passato. Non si accorgevano che vivevamo in un distretto fasullo? Tutto intorno a noi era solo un’illusione. Un enorme castello di carte in equilibrio precario e che il minimo refolo d’aria avrebbe fatto crollare. In fondo bastava stare al loro gioco, seguire il corso della storia, vivere come i protagonisti del libro. Già, ora sì che mi riconoscevo! La solita, vecchia e determinata Giorgia che avrebbe fatto di tutto pur di tornare alla normalità.
“Silvia! Ho un’idea!”, la mia amica mi guardò preoccupata. Tante volte avevo esordito con quella frase e la conclusione non era mai stata quella sperata.
“Tra una settimana, proprio il giorno della mietitura compirò diciannove anni e sarò in salvo. Quello che dovremo fare in seguito è…”
“C’è un problema”, mi interruppe Silvia tappandomi la bocca “a quanto pare non hanno seguito alla lettera il libro di Suzanne Collins perché agli Hunger Games parteciperanno i ragazzi tra i diciotto e i ventiquattro anni.”
“Che cosa?!” che sfortuna! Ma perché?! Non era giusto! Proprio quando stavo riacquistando fiducia in me stessa, ricevevo una notizia che mi faceva sprofondare di nuovo nella più nera disperazione.
“Non pesarci troppo, in fondo c’è solo un foglietto con il tuo nome.” Non poteva scegliere parole peggiori.
“Ho già sentito questa frase, e non è finita bene.”
“Insomma qual era questa idea?” Silvia cercò di cambiare discorso e io decisi di abboccare al suo insulso tentativo di distrarmi.
“Dobbiamo comportarci, agire, pensare come avrebbe fatto Katniss”, dissi fiera di aver avuto quella fantastica idea.
“Cioè?” scossi la testa. Come faceva a non capire era talmente ovvio!
“Ribelli. Dobbiamo farci trovare preparati. Fare in modo che tutti sappiano cosa hanno perso e che cosa stanno vivendo: una bugia.”
“E come facciamo? Giorgia questa è la vita reale non è semplice come far parte di un film o di un libro! Noi non siamo le protagoniste! Noi possiamo morire!”
“È proprio qui che ti sbagli, ognuno è il protagonista della propria vita e noi possiamo vincere così come ha fatto Katniss. Inizieremo col far leggere e conoscere a tutti la storia di Panem e degli sventurati amanti del distretto 12”, tesi la mano e aspettai guardandola fissa negli occhi. Alla fine si convinse e mi strinse la mano sorridendo.
“Ti aiuterò amica mia, anche dovesse costarmi la vita.”
“Non ti preoccupare Silvia, ci sarò io a proteggerti ”, la rassicurai stringendola forte tra le braccia.
Ci avviammo verso la nostra nuova casa, una costruzione cubica di cemento armato con piccole finestre dalle quali entrava a mala pena la luce. Tutto l’edificio contava due stanze, una grande che fungeva da salotto camera da letto e angolo cottura e una più piccola dove c’erano doccia e gabinetto. Girai in tondo per alcuni minuti, prima di mettermi seduta sul divano accanto a Silvia.
“Nei giorni che rimangono, dobbiamo riscrivere il libro”, dissi sicura di me “a quanto pare ogni copia è andata distrutta, ma per fortuna noi l’abbiamo letto così tante volte da ricordarli quasi completamente a memoria.”
“Lo sai che sarà impossibile finire in una settimana”, mi rimproverò Silvia scuotendo la testa.
“Allora finiremo dopo la mietitura. E dobbiamo trovare il modo di sensibilizzare anche i componenti degli altri distretti.” Silvia aveva l’aria assente, buon segno significava che mi stava dando corda e stava seriamente pensando ad una soluzione.
“Forse potremmo riuscire a contattare Alessio e Federica e creare una specie di passaparola tra i distretti”, disse entusiasta della sua trovata. Annuii, ce la potevamo fare. Avremmo sconfitto anche noi Capitol City e avremmo riconquistato la nostra libertà.
 
Passammo i seguenti giorni cercando di ricordare i tre libri fin nei minimi dettagli e ricreare così l’opera completa. Una settimana passò in fretta e il giorno della mietitura Silvia mi venne a svegliare portandomi la colazione a letto.
“Tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri a Giorgia…tanti auguri a te!” Mi aveva preparato un dolcetto con su scritto diciannove, aveva avuto un pensiero davvero gentile. Ma io non volevo festeggiare. Non avevamo ancora finito di scrivere il terzo libro, il più importante, e nessuno ancora sapeva quello che aveva perso. Sospirai e mandai giù un boccone di dolce al cioccolato, chissà dove era riuscita a trovare il cacao per farlo? Il distretto 6 non era uno dei più poveri, ma non navigavamo nell’oro.
“Grazie”, dissi senza entusiasmo per poi accorgermi dell’espressione triste della mia amica “davvero, mi hai fatto molto felice non mi aspettavo un regalo!”
Silvia si alzò dal letto e insieme ci andammo a preparare, indossammo dei vestiti che ci erano stati recapitati da Capitol City e lei mi pettinò con cura i capelli. Silvia era bravissima a creare trecce sempre particolari e stupende e anche quella volta mi stupì. Aveva intrecciato i miei lunghi capelli castani a spirale bloccandoli al centro della testa con un numero indefinito di forcine, invisibili a chiunque si fosse avvicinato ad osservare la sua creazione. Una volta terminata la preparazione, uscimmo di casa e seguimmo il flusso di gente diretta alla piazza centrale del distretto.
Era stato montato un grande palco e i palazzi affacciati sulla piazza erano tappezzati con stendardi raffiguranti lo stemma i Capitol City. Uno schermo gigante continuava a trasmettere ininterrottamente delle immagini raffiguranti il popolo in fermento nella capitale di Panem. A destra e a sinistra del palco si erano raggruppati già dei ragazzi, alcuni piangevano altri tremavano. C’era chi non si voleva separare dalla propria famiglia e chi con la testa alta e lo sguardo fiero andava in contro al suo destino. Presi la mano di Silvia e la strinsi mentre la piazza andava riempendosi, ormai mancava poco, ancora qualche minuto e qualcuno di noi sarebbe stato nominato tributo del proprio distretto.
Una musica orecchiabile si diffuse in tutto lo spazio circondante e zittì il mormorio di genitori e ragazzi. Sul palco salì un uomo grassoccio e sudaticcio, che continuava ad asciugarsi l’enorme testa pelata con un fazzoletto di stoffa. Arrivò saltellando sulle corte gambette fino al microfono al centro della piattaforma rialzata e ci picchiettò sopra con il dito gonfio e rosso.
“Benvenuti, benvenuti ai primi Hunger Games. Come già tutti sapete un ragazzo e una ragazza verranno scelti per rappresentare ogni distretto. Solo una coppia sarà la vincitrice, solo un distretto riceverà onore e gloria.” Bene per lo meno non avrei dovuto uccidere un mio concittadino, qual ora fossi stata scelta, e avere un compagno e alleato mi avrebbe aiutato.
“Vediamo chi avrà l’onore di rappresentare il distretto 6 in questa primissima edizione dei giochi”, continuò l’omino avvicinandosi ad una delle due ampolle di vetro posizionate ai lati del palco. Infilò una mano e iniziò a rovistare con molta calma, toccando ogni foglietto al suo interno. Il cuore mi batteva all’impazzata, non ce la facevo più a sopportare quell’attesa. Finalmente ne afferrò uno con la sua enorme mano sudata e si diresse nuovamente verso il microfono. Aprì il foglietto e si schiarì la voce prima di leggere. Strinsi ancora più forte la mano della mia amica e lei fece lo stesso, era giunto il momento della verità.
“Giorgia Skyes, la rappresentante del distretto 6 sarà Giorgia Skyes.” Mi salirono le lacrime agli occhi e Silvia si gettò tra le mie braccia. Affondai la faccia nei suoi folti e ricci capelli biondi per poi allontanarla e dirigermi verso il palco, ogni passo era sempre più faticoso e la meta sembrava irraggiungibile. Sentivo tutti gli occhi puntati su di me e avevo il fiatone per quanto forte batteva il mio cuore. Salii sul palco mostrando quanta più determinazione potessi, volevo essere la nuova Katniss ora potevo a tutti gli effetti. Un pacificatore mi accompagnò al fianco dell’omino grassoccio che stava aprendo il foglietto con il nome del mio alleato, guardai in direzione del gruppo di ragazzi che in silenzio aspettavano di sapere chi di loro avrebbe avuto la sfortuna di accompagnarmi dentro l’arena. Molti di loro avevano abbassato lo sguardo, sperando forse così di non essere notati e scampare al pericolo altri invece mi guardavano tristi a quanto pare non pensavano sarei potuta tornare viva. Ma come dargli torto? Ero alta si e no un metro e sessanta e pesavo a mala pena cinquanta chili, chiunque mi avrebbe giudicato una povera ragazza indifesa.
“Il rappresentante del distretto 6 sarà Josh Hutcherson.” Sgranai gli occhi. Impossibile! Mi voltai osservando la folla di ragazzi che si divideva in due per lasciar passare un ragazzo moro e muscoloso. Era proprio lui! L’attore che aveva interpretato Peeta Mellark! Sorrisi, che ironia. Avrebbe partecipato per la terza volta agli Hunger Games, ma stavolta sarebbe stato sul serio in pericolo. Avrebbe rischiato davvero la sua vita. Arrivò di fronte a me e mi strinse la mano sorridendomi.
Mentre scendevamo dal palco e venivamo accompagnati al municipio per gli ultimi saluti lui mi si avvicinò e sussurrando appena mi parlò all’orecchio “Non preoccuparti, so quello che faccio. Sono già stato lì dentro e usciremo vivi costi quel che costi.” Detto questo si lasciò trascinare lontano continuando a guardarmi curioso dalla mia mancata incredulità per la rivelazione. Ora ero più sicura di me, il mio piano avrebbe funzionato. Josh sapeva, ricordava tutto. Non sarei rimasta al lungo nell’arena e nessuno dei ventiquattro tributi sarebbe morto quell’anno.

  
  
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