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Autore: MeiyoMakoto    09/10/2012    1 recensioni
IMPORTANTE
la storia inizia dopo la scelta dei Campioni, in Harry Potter e il Calice di Fuoco; è la prima volta in cui Harry e Cedric si trovano faccia a faccia. I due Campioni di Hogwarts, insieme, da soli... Se dovesse succedere qualcosa che cabiasse drasticamente la trama, succederebbe adesso (e non sto parlando di un pairing Harry/Cedric)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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 Algabranchia in pugno e un corteo di Grifondoro alle spalle, Harry si avviò verso il Lago Nero con il cuore in gola.
‘Sei emozionato, Harry?’, gli domandò timidamente Ginny, che evidentemente era stata troppo occupata a sgomitare tra la folla per raggiungerlo per pensare a una domanda un po’ più originale.
‘Elettrizzato.’, rispose il ragazzo sorridendole.
L’apatia di qualche settimana prima era scomparsa, spazzata via dall’entusiasmo trascinante che tutta Hogwarts emanava.
All’improvviso la processione di Grifondoro lo abbandonò, gettandosi sugli spalti per accaparrarsi i posti migliori; solo quattro persone restarono dov’erano.
‘Buona fortuna.’, gli disse Ginny dandogli una pacca sulla spalla. Ron sbuffò.
‘Miseriaccia, quanto sei rigida! E’ così che si saluta un amico in un momento così?’
‘Preferiresti che pomiciassero?’, borbottò Meg a bassa voce. Poi si rivolse a Harry. ‘In bocca al lupo... E occhi aperti, mi raccomando.’
Le sopracciglia aggrottate e lo sguardo teso della ragazza contrastavano in modo inquietante con le facce allegre che avevano circondato Harry fino a quel momento.
‘Crepi.’, rispose meccanicamente il ragazzo. ‘Starò attento, non ti preoccupare.’
L’amica esitò per un momento, poi gli  strinse le spalle in un abbraccio veloce. Harry sentì un moto di tensione nello stomaco: non aveva mai visto Meg abbracciare nessuno per tutto il tempo che aveva passato a Hogwarts… Le sue più sincere condoglianze avrebbero avuto un effetto meno allarmante. Appena la ragazza si fu ritratta Hermione gli saltò al collo.
‘Oh, Harry, andrai alla grande!’, esclamò.
‘Vedete, ragazze? E’ così che si fa.’, disse Ron a Meg e Ginny. Allontanò gentilmente -ma anche con fermezza- la sua ragazza dall’amico e gli cinse le spalle con un braccio. ‘Fai vedere a Diggory di che pasta sei fatto, Harry!’
Il ragazzo annuì debolmente e si diresse verso il ponte, lasciandosi alle spalle gli amici. Ad ogni passo si sentiva più eccitato, le grida dei compagni che gli rimbombavano nelle orecchie. Eppure…
Accidenti a Meg, riesce a mettermi ansia anche quando mi abbraccia!, pensò con rabbia.
 
‘Campioni, tutti ai vostri posti!’, chiamò Ludo Bagman puntandosi la bacchetta alla gola. ‘Pronti, partenza… VIA!!’
Harry prese un respiro profondo, ingoiò una manciata di Algabranchia e si tuffò. L’impatto con l’acqua gelida gli diede l’impressione di venire trafitto da milioni di spilli, ma il peggio doveva ancora venire: seguirono un acuto dolore al collo e un senso di soffocamento così forte che il ragazzo aprì la bocca e inspirò, prima di rendersi conto che così facendo avrebbe solo riempito i polmoni d’acqua. Con sua grande sorpresa e sollievo, però, scoprì che il senso di soffocamento era sparito e poteva respirare tranquillamente; contemporaneamente, il suo corpo sembrò adattarsi anche alla temperatura dell’acqua. Fece una piccola capriola dalla gioia, e così facendo scoprì che i suoi arti adesso erano palmati ed ogni movimento gli era naturale come sulla terraferma.
Ma non c’era tempo da perdere: aveva solo un’ora per trovare le Sirene e quello che nascondevano, anche perché la l’effetto  dell’Algabranchia non durava un secondo di più.
 
 
Venti minuti dopo sguazzava ancora tra le alghe senza una meta precisa, quando sentì qualcosa afferrargli la gamba. Si voltò di scatto e puntò la bacchetta verso il nemico, ma questi allentò subito la presa e alzò le braccia: era Cedric. Harry stette in guardia: Diggory era pur sempre un avversario. Il ragazzo gli fece cenno di seguirlo, ma Harry non si mosse, neanche quando Cedric gli fece segno che il tempo scorreva. Il Tassorosso lo guardò esasperato e, da dietro la bolla che gli avvolgeva il viso in modo da farlo respirare, Harry lo vide sillabare una parola: draghi. Finalmente capì e si decise a seguirlo; Cedric voleva ripagarlo dell’informazione sulla prima prova.
“Credeva nel gioco leale”, ricordò, ripensando alla sera in cui Meg aveva fatto la sua comparsa a Hogwarts, pochi mesi prima.
Finalmente i due ragazzi raggiunsero il cuore del Lago Nero, e nella luce scarsa e verdognola Harry scorse delle figure squamose che li fissavano immobili. Il ragazzo sussultò: quegli esseri selvaggi non assomigliavano né alle figure delle sirene che apparivano in alcune vetrate della scuola né tantomeno alle fanciulle graziose o ammaliatrici che i Babbani amavano tanto nelle storie. Eppure le lunghe code coperte di scaglie non lasciavano dubbi; si fece coraggio e si preparò ad affrontare le Sirene. Cedric gli diede una gomitata e indicò quattro figure legate per un piede al fondo del lago, sorvegliate da alcuni tritoni. Harry non riconobbe nessuno a prima vista, ma ben presto distinse la chioma argentea di Luna, che perfino a quella distanza faceva il suo effetto ondeggiando nella corrente. Con un groppo in gola capì che era lei che avrebbe dovuto riportare in superficie.
Come mai proprio Luna?, si chiese, ma non fece in tempo a formulare una risposta, perché Cedric fece di nuovo cenno che bisognava sbrigarsi e sguazzò verso i quattro ostaggi. Harry fece per seguirlo quando sentì un’altra stretta alla caviglia. Si voltò di scatto, ma stavolta il suo aggressore stavolta non lo lasciò andare facilmente: il ragazzo riconobbe la pelle viscida e pallida e le dita d’acciaio di un Avvicino. Prima che avesse il tempo di ricordarsi il modo giusto per liberarsene decine di mani sottili lo afferrarono. Si divincolò e provò a fare qualche incantesimo, ma per tutta risposta un Avvicino gli strappò la bacchetta di mano e la spezzò in due; cerò di sferrare calci e pugni a qualche demone acquatico, ma ottenne in cambio morsi e unghiate. Esausto, si lasciò trascinare sempre più giù, senza riuscire a vedere altro che la nuvola di squame verde pallido che lo circondava.
Sto arrivando, Harry Potter, lo rassicurò una voce stridula nella sua testa. Non temere.
Harry sussultò.
Ho le allucinazioni, si disse: com’era possibile che avesse appena sentito la voce di Dobby? Eppure con la coda dell’occhio vide un raggio di luce verde, e tutti gli Avvicini scapparono terrorizzati, lasciandolo finalmente libero; ed ecco a poca distanza da lui un piccolo elfo che lo guardava stralunato, circondato da una bolla.
Ora sei al sicuro, Harry Potter, continuò la voce di Dobby. Ma non per molto: torneranno presto. Vieni con me, io conosce il modo per portarti dalle Sirene sano e salvo.
Con un tocco delicato del dito spinse la sua bolla in avanti e si allontanò in un lampo. Il ragazzo, ancora intontito, si affrettò a seguirlo.
Grazie, Dobby, provò a comunicargli, ma dall’assenza di reazioni capì che questa strana telepatia funzionava solo per l’elfo. Nuotarono quindi in silenzio per molti minuti… Troppi. Harry sentiva il respiro farsi sempre più stentato, segno che l’ora stava per scadere. Cercò di comunicare al compagno che dovevano sbrigarsi se non voleva che morisse soffocato, e proprio in quel momento l’elfo s’infilò in una larga tubatura di ferro arruginito che a prima vista il ragazzo aveva scambiato per una pietra, coperto com’era di alche e anemoni. Quando fu anche lui nel tubo, vide che Dobby si stava arrampicando su una scaletta che culminava in una botola. Con le ultime forze che gli rimanevano, lo raggiunse in tutta fretta e lo imitò.
L’aria benedetta gli invase i polmoni insieme ad una puzza nauseante di muffa e chiuso, l’odore più dolce che Harry avesse mai sentito in vita sua.
‘Grazie, Dobby, sei un amico.’, ansimò.
A quelle parole l’elfo sussultò e qualcosa sembrò accendersi nel suo sguardo: il ragazzo non avrebbe saputo dirlo con precisione, ma sembrava quasi che si fosse appena svegliato da un brutto sogno.
‘Sì… Amico…’, mormorò. ‘Harry Potter… Amico…’
Fece un passo verso Harry, ma una luce azzurrina balenò nella penombra e Dobby venne sbattuto di lato.
‘Non ci provare neanche, lurida bestiola!’, sibilò una voce che Harry conosceva fin troppo bene. ‘Imperio!
Ma l’elfo si voltò con rabbia verso la voce e strillò a pieni polmoni: ‘NO!! MAI PIU’!’
Si gettò di nuovo verso Harry, ma un altro Schiantesimo lo tramortì.
‘DOBBY!’, urlò Harry cercando di rialzarsi a soccorrerlo, senza successo.
‘Ringrazia che non fosse un Avada Kedavra.’, ghignò la solita voce. ‘Quest’elfo ha un padrone generoso… Il Signore Oscuro ha altri piani per lui.’
‘Dobby non ha padroni, Dobby è un elfo libero!’, gracchiò il ragazzo voltandosi a guardarlo con odio. ‘Al contrario di te, Codaliscia.’

  
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