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Autore: Bloody_Rose3    09/10/2012    3 recensioni
Dall'introduzione:
«Il giorno in cui verrà ritrovato il pezzo mancante, il più importante, allora il proprietario li riunirà e ne farà la Storia del mondo.»
La promessa del ritorno di un vecchio stile di vita, più agiato, migliore, fa perdere la testa a Scarlett Webb. Una volta molto ricca, ora invece abita in una delle zone meno gradite di Milano, in periferia. Ma le sue profonde conoscenze linguistiche, il suo acume, l'hanno indotta ad andare avanti, e finalmente trova un posto nell'Urban, un giornale nuovo e sempre aggiornato. Il direttore, però, per quanto irresistibile e e apparentemente affabile, ha altri piani per l'ambiziosa e nuova giornalista, di obiettivi del tutto differenti da ciò che è bene. C'è qualcosa di strano nel signor Janowitz, ma ancora più indecifrabile, è il manoscritto che lui le affida. Parla di una Storia, ma quale?
Genere: Generale, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con
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Prologo - Freddo
 

 

Il mio viso è continuamente schiaffeggiato da gocce di pioggia e colpi di vento, il tutto accompagnato da lampi e tuoni. I temporali più violenti sono sempre avvenuti tra luglio e agosto, ma questo novembre si prospetta più freddo del solito. È da giorni che piove e, a differenza delle perturbazioni estive che il più delle volte regalano un arcobaleno, questo maltempo dona soltanto un cielo grigio. E oggi ho anche sforato il mio orario lavorativo. Sono le ventitré passate e riesco soltanto a maledirmi per non aver guardato le previsioni del meteo. Bagnata fradicia, senza ombrello, e ansante per la lunga corsa. In verità sto anche mandando al diavolo il mio capo, il signor Janowitz. Ed ecco la sua limousine nera che mi sfreccia proprio accanto; accantono l'idea di picchiettare sul finestrino per chiedergli un passaggio, ma pare che stanotte nessun taxi sia disponibile. Come se mi avesse letto nel pensiero, quando lo raggiungo al semaforo successivo, il vetro nero si abbassa, rivelando un'atmosfera del tutto differente al suo interno. Il mio capo mi ordina di entrare. Non me lo chiede con cortesia, perché sa che potrei rifiutare. La portiera si apre e mi ritrovo accanto a lui, seduta su un morbido sedile in pelle, a ringraziarlo per il grande favore. Tutto è rivestito di un bianco immacolato, con qualche accenno di beige e bordeaux. Su un lato, il mini-bar sfoggia una varietà di bevande e superalcolici. Ed è tutto così caldo...

«Mi dispiace» esordisce, pur mantenendo la sua solita e fredda espressione. Mi chiedo se sappia provare emozioni. «Ha iniziato a piovere quando ormai era già uscita...»

«Già» sbotto, sfilandomi la giacca bagnata quando comincio ad avvertire un certo calore, e realizzando di essere inzuppata fino al midollo, ed i miei abiti aderiscono al mio corpo rivelando le forme, le quali mi affretto subito a coprire col giubbotto, soprattutto perché il signor Janowitz mi guarda come fa una tigre affamata con una preda ferita. Dovrebbe avere solamente due o tre anni più di me, eppure è così bello, misterioso e... non vorrei citare una parola volgare. Comunque mi sembra troppo giovane per essere così ricco, e la cosa più strana è che non ama stare sotto i riflettori. Penso che Nathane Gad Janowitz non sia il suo vero nome, ma finché mi paga, per me tutto va bene. Sto per chiedergli dell'aumento, pur sapendo che non è la situazione più consona, quando lui propone una cosa migliore «Da domani sarà il nuovo redattore capo, signorina Webb.» Sospira.

«Ma... Sara?»

«Sara è un'incapace, lei è molto più adatta. So quanto ci tiene a questo lavoro. Non crede mica che io non sappia nulla delle vostre conversazioni?» per un attimo penso a quanto sia grandioso essere caporedattore a venticinque anni, in seguito capto la parola “conversazioni”, ed immediatamente mi sento avvampare. Mi chiedo come abbia fatto a scoprirlo. Non ho mai detto nulla riguardo al signor Janowitz, ma ho dovuto ascoltare tutte le fantasticherie di Sara su di lui. Su come sia bello, intelligente e parsimonioso – io dire taccagno – e poi ha detto un migliaio di volte: perfetto. Per Sara è un elogio fondamentale. «Non c'è bisogno di coprire la sua amica. Sono lusingato ma... al momento non cerco alcuna compagna di vita. La prego di riferirle questo messaggio».

«Sì, signor Janowitz» rispondo, fissando le mie dita che minacciano di dilaniarmi le ginocchia. Sto morendo di vergogna, Sara!

«Lei dove abita?» finisco di mordicchiarmi le labbra e mi ricompongo.

«Vicino a San Donato, Ponte Lambro, via degli Umiliati» rispondo, e so che si starà chiedendo che razza di indirizzo è, o se addirittura esista davvero, talmente è lontano dalla sede dell'Urban. Invece mi rivolge un mezzo sorriso comprensivo, e dice: «Ci sono stato, un paio di volte. È molto distante...» Perché mai un tipo mondano come lui dovrebbe andare un paio di volte in periferia? E Ponte Lambro non è neanche particolarmente interessante come zona. «Già. Per cui mi va anche bene scendere qui» ribatto, e penso che quel “è molto distante”, voglia dire “è troppo distante per me”, il che equivale ad un “scenda!”. Alla mia destra la M bianca su sfondo rosso segnala la metropolitana al di sotto, e proprio accanto vi sono le scale che portano ai binari. «Non starà mica dicendo sul serio?!» esclama d'un tratto, e poi grida all'autista la via e di aumentare la velocità. Preferisco non rispondere, e per tutto il tragitto non faccio che guardare oltre il finestrino, avvertendo gli occhi del signor Janowitz su di me. Preferirei dormire sotto la pioggia piuttosto che stare da sola con lui! Vorrei tanto poter fare cambio con Sara...

Superiamo l'ospedale Monzino, cogliendo delle occhiate curiose da parte dei passanti ancora in giro. Mi volto verso il mio capo, che non storce il naso come mi aspettavo, ma rimane impassibile, come sempre. Sembra una statua ellenica, ricca di dettagli, sfarzo, luce... è così composto e indifferente. Stupidamente, mi ritrovo a fare paragoni tra i miei boccoli biondo cenere ed i suoi lunghi capelli di un biondo platino. In realtà sono di una tonalità simile alla mia, ma lui pare emanare un bagliore innaturale da ogni particella del suo corpo. Mi guarda all'improvviso, e mi sorride, divertito. Ho sempre avuto la sensazione che riesca a capire cosa pensi la gente, e mi sento nuda e inerme dinanzi a lui; senza rendermene conto, incrocio le braccia sul petto, come se sia davvero scoperta.

«Come mai una famiglia inglese come la sua è venuta proprio in questa zona di Milano?» domanda d'un tratto, quando ormai bastano pochi passi per giungere al mio portone. La limousine si ferma proprio accanto al condominio, ma il direttore mi trattiene proprio quando me ne sto per andare. «Mi scusi, se sono stato impertinente».

«No... si figuri. Mia madre è italiana, e mio padre ha da sempre amato l'Italia, per cui ha deciso di stabilirvisi. Quando... la sua azienda è andata in bancarotta, ecco...» non so come proseguire, quando penso alla mia bellissima villa di quand'ero più piccola.

«Capisco». Lo ringrazio silenziosamente per aver deciso di interrompermi. Credo che il mio disagio sia stato evidente sin dall'inizio. «Non l'avrei mai detto, se non fossero per il cognome ed i suoi dati. Dall'accento la si scambierebbe per una milanese, davvero». Vorrei chiedergli lo stesso, sulla sua provenienza, ma mi mordo la lingua prima che questa mi faccia fare figuracce. Apro la portiera e faccio appena in tempo per tirare fuori la gamba dalla vettura, e filarmela, prima che lui richiami nuovamente la mia attenzione: «Scarlett» rabbrividisco da capo a piedi nel sentire pronunciare il mio nome con quella freddezza.

«Sì?»

«Conosco chi vive qui. Stia attenta... mi serve viva». Come se io non sappia nulla della gente che risiede qui! Prima di chiudere il portone, osservo l'auto allontanarsi silenziosamente, e sospiro di sollievo per essere finalmente a casa. Non so come mi comporterò domani, ma scommetto che il mio capo agirà come al solito, mentre io muoio di imbarazzo, soprattutto per la faccenda di Sara... Sara! Non siamo veramente amiche, ma è l'unica collega con cui vado realmente d'accordo e... non so come reagirà. Non voglio neanche pensarci.
    Solo quando torno a casa, mi accorgo di aver dimenticato la borsa nella limousine del signor Janowitz.


 


 

Rieccomi!
E' comunque una specie di introduzione. Se il precedente capitolo parlava del tema principale della storia, questo invece presenta i due protagonisti. Non ho messo molte informazioni perché preferirei farvi conoscere Nathane e Scarlett adagio U.U
Coomunque, non mi soffermo troppo, perché in verità non so proprio che altro dire ._.
Be', fatemi sapere i vostri pareri su questi due, e se c'è qualcosa che non capite o che non vi piace, non abbiate paura di dirlo. Non mangio,
giuro!

 

 

Elis

   
 
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