Capitolo 1.
A foolish
villain in an endless chapter.
Uno
squillo, due
squilli, tre squilli.
Un brivido le
attraversò la schiena rischiando di farle cadere di mano il
cellulare.
Quattro, cinque,
sei squilli. Ancora niente.
“Avanti,
rispondi.” Le sue parole si trasformavano in nuvolette di
condensa.
Sette, otto,
nove. Non avrebbe risposto, lo sapeva. Schiacciò il tasto
rosso sullo schermo
del cellulare e rimase a guardare per un poco lo schermo fattosi nero.
Digitò di nuovo il numero, implorando perché suo
padre rispondesse e la riportasse a
casa.
C’è
stato un incidente a tre isolati da qui. Gracchiò una voce alla trasmittente
di uno dei
poliziotti.
“Ehi ragazzina,
hai un parente che ti possa portare a casa?” Chiese il
poliziotto più per
sicurezza che per cortesia.
“Si certo.” Le
si incastrò la voce in gola. “Mio padre sta
arrivando.” Mostrò il sorriso più
forzato che avesse mai fatto in vita sua e premendo ancora il tasto
rosso del
cellulare.
“Sarà meglio che
qualcuno resti qui fino a che non arrivi allora.”
Infilò le mani nelle tasche
pronto ad aspettare.
“No, non c’è
bisogno, davvero!” Esclamò lei, tentando di
suonare convincente. Pur sapendo
che non avrebbe rivisto suo padre prima dell’ alba.
“Dana!” Una voce
gentile richiamò la sua attenzione, si voltò e si
sorprese non poco di vedere
il suo compagno di classe Alex, che non fosse andato alla festa? Non
ricordava.
“E tu chi sei
ragazzino?” Chiese sospettoso il poliziotto.
“Sono suo
fratello, la posso portare a casa io.” Detto questo strinse
con forza il
braccio della ragazza attirando la sua attenzione e intimandole di
stare al
gioco. Dana si ritrovò ad annuire freneticamente,
ringraziando quella menzogna
che aveva tirato fuori il suo amico.
“Tuo padre eh?”
Disse il poliziotto poco convinto girandosi e salendo sull’
ultima vettura
rimasta nel parcheggio, i due ragazzi attesero che l’ auto
sparisse dopo la
prima curva per tirare un sospiro di sollievo.
“Grazie Alex, ti
devo un favore.” Disse Dana osservando il volto perfettamente
ovale del
ragazzo, ciocche di un biondo chiarissimo coprivano appena i suoi occhi
del
colore del cielo in una giornata di vento.
“Va tutto bene.
Ora ti porteremo al sicuro.” Disse lui lasciando la presa sul
suo braccio.
“Al sicuro?
Perché? Io sono al sicuro.” Aggrottò le
sopracciglia decisa a non muovere i
piedi da dove si trovava in quel momento. “Senti, ti
ringrazio davvero per
quello che hai fatto poco fa, ma adesso devo trovare mio
padre.” Alex la fissò
intensamente, come a voler cercare qualcosa nel profondo dei suoi occhi.
“Cavolo.” Si
lasciò sfuggire dalle labbra, per poi tastarsi le tasche in
cerca del
cellulare. Digitò velocemente il numero di Lili che
fortunatamente rispose al
secondo squillo.
“Cellulare di
Glacies, se vi ho risposto è perché odio la mia
suoneria, dica pure.” La
voce canzonatoria di Lili giunse alle sue
orecchie come se si trattasse di una consulente messa a forza dietro a
una
scrivania.
“Non è il
momento di scherzare, lei non lo sa.” Disse velocemente lui
scoccando un’
occhiata alla ragazza che lo guardava come se fosse impazzito.
“Che cosa non
so? Mi spieghi che sta succedendo?” Il tono della sua voce
prese una sfumatura
altamente nervosa, mentre si rigirava nervosamente tra le mani il
telefono.
Dall’ altra
parte del cellulare arrivò un sospiro e un breve silenzio.
“Strano, per noi
non è stato così. Sono a pochi isolati da voi,
finisco qui e sono da voi in
cinque minuti. Immagino tu sappia cosa fare, vero?” Il tono
della ragazza dall’
altra parte del telefono si era fatta estremamente seria.
“Certo.” Rispose
lui un po’ scoraggiato, allontanando il telefono e voltandosi
verso la ragazza
che lo guardava in attesa di una risposta.
“Allora;
ascoltami attentamente.” Prese ancora le braccia della
ragazza che continuava a
guardarlo confusa. L’ adrenalina ormai era svanita e la
stanchezza aveva preso
il suo posto. Vide un attimo un’ esitazione negli occhi del
ragazzo e poi il
suo viso che si avvicinava pericolosamente al suo; provò a
dire qualcosa, per
allontanarlo ma all’ improvviso sentì l’
aria dei suoi polmoni uscire come da una
tazza rotta, iniziò a boccheggiare senza riuscire a staccare
gli occhi dalle
labbra semiaperte di Alex che lentamente si colorarono di macchie nere
insieme
a tutto ciò che c’ era intorno.
“Ash!
Ash!” Una ragazza dai lunghi a candidi
capelli iniziò a correre per la casa buia, attraversando un
lungo corridoio.
“Ash!?” Girò su se stessa, cercandolo
nei cantucci bui di quel corridoio non
illuminato.
“Ashley è
uscito.” Non era una voce piatta, calda e lievemente nasale,
quella che sentì
era cupa e apatica, arrochita dal fumo di troppe sigarette, una voce
che mai si
sarebbe attribuita all’ aspetto da ventenne che aveva
quell’ ombra. Più
semplicemente era una voce diversa da quella che si era aspettata di
sentire.
La ragazza sospirò scoraggiata aspettando di vederlo uscire
dal buio.
La prima cosa a
delinearsi fu il viso macchiato di trucco scuro seguito dalle spalle
avvolte da
un una giacca di pelle nera, la figura uscì quasi
completamente dall’ ombra
gocciolando dai capelli tagliati in modo irregolare goccioline di scura
ombra
che andavano perdendosi fra le assi del pavimento. I suoi occhi
rilucevano di
luce azzurra, tendente all’ indaco, che anche in quel luogo
scuro spiccavano
come fari mettendo in risalto il pallore del viso. Fece un passo avanti
mentre
i suoi abiti di pelle scricchiolavano.
“Cosa succede
Ether?” Chiese lui abbassandosi -data la sua statura che
raggiungeva quasi il
metro e novanta- per guardare nei suoi occhi verdi, lei
sobbalzò, raramente lui
si permetteva di chiamarla per nome.
“L’ho sentito
Andy! Il potere di Ignis si è svegliato del
tutto.” Esclamò lei quasi
saltellando sul posto e congiungendo le mani sul petto all’
altezza del cuore.
Lì dove poco prima aveva sentito scoppiare una bolla di
calore rovente. Gli
occhi color cielo del ragazzo si fecero più tristi e si
chiusero un istante per
poi tornare esattamente come prima.
“Vado subito.”
Si voltò e mentre tornava nell’ ombra da cui era
sbucato una scintilla di una
sigaretta che si accendeva illuminò per un istante le labbra
del ragazzo,
facendo luccicare il piercing sulla parte sinistra del labbro, poi
sparì così
come era apparso, in un attimo, mentre nell’ aria ancora
alleggiava la sua
voce.
“I wish to god I'd known that I, I didn't stand
a
chance…*” La
ragazza abbassò la testa, ascoltando quella piccola
parte della sua canzone che si
perdeva nel buio, sfuggita alle sue labbra, impossibile da arrestare un
sorriso
si allargò sulle sue labbra in contrasto con un senso di
vuoto che si allargava
dentro di lei.
Non si avvertiva
più il freddo della notte, all’ ampio piano terra
del palazzo si respirava un’
aria umida con un lieve sentore di bruciato.
“Allora? Non le
hai detto niente?” La sua voce fredda lo portò a
distogliere lo sguardo dalla
ragazza sdraiata a terra puntarlo a quella in piedi affianco a lui;
lunghi
capelli scuri si muovevano come serpenti alla destra del suo viso
pallido.
“Detesto queste
cose.” Sospirò lui tornando ad osservare il volto
coperto da capelli biondi di
Dana, quindi si alzò. “Nn sarebbe meglio aspettare
un po’. Hai visto cosa è
successo.” Lili lo guardò male, come se avesse
spento di nuovo la sua ultima
sigaretta.
“Ho capito.
Spostati.” Con poca gentilezza e una spallata
spostò Alex che per poco non
cadde a terra. Dopodiché prese per le spalle la ragazza a
terra, e scuotendola
iniziò a urlare, l’ eco della sua voce rimbalzava
contro le pareti lisce.
“Sveglia
ragazzina! Tuo padre è morto!” La scosse ancora,
mentre sul volto di Dana
appariva una smorfia e gemeva. Una mano forte seppur leggera strinse la
sua
spalla intimandole di smetterla.
“Lili, ma che
stai dicendo?!” Lei si voltò, esasperata e fredda.
Il vento fuori si alzò,
sibilando e urlando, mentre l’ ambiente si raffreddava.
“La verità,
ovvio.” Ed era vero, perché il ghiaccio
è trasparente e le menzogne non lo
possono intaccare. Sospirò, vedendo l’ espressione
sorpresa di Alex, lasciò la
presa sulle spalle della ragazza, che sembrava comunque più
lucida di prima, le
sue palpebre tremavano ancora, troppo pesanti per sollevarsi.
“C’è stato un
incidente a tre isolati da qui, sono andata a controllare per vedere se
Ether
aveva mandato qualcuno, ma…” La sua voce era
diventata un sussurro ed esitò,
non del tutto sicura di rivelare ciò che era successo
davvero.
“Lili.” Le
intimò di proseguire. La ragazza sdraiata a terra
riuscì finalmente ad aprire
gli occhi, battendo più volte le palpebre, la sua
espressione si fece
interrogativa, nel vedere il volto poco conosciuto di Lili.
“Che è
successo?” Si mise a sedere, guardandosi intorno e
riconoscendo il luogo. “Che
mi avete fatto?” Il suo sguardo si indurì
fissandosi su Alex, anche Lili si
voltò verso di lui.
“Perspicace la ragazza.”
Quest’ ultima continuava a non capire; anzi era certa che
quei due stessere
facendo di tutto per mandarla in confusione, come se non fosse
già abbastanza
sfinita a causa di quello che era successo quella sera stessa.
“Glielo spieghi
tu?” Continuò Lili alzandosi e guardando Dana,
indecisa se porgerle la mano o
meno.
“Spiegarmi cosa?
Non capisco!” Il suo volto era stanco ed esasperato.
“Spiegarti
che è
stata colpa tua.” I tre lì presenti si guardarono
intorno, senza riuscire a
capire da dove provenisse quella voce. Una voce da adulto, profonda e
rovinata
dalle sigarette. Lili sospirò alzando gli occhi al cielo e
prendendo per il
polso Dana che si era alzata, e mettendosi tra lei e l’
angolo meno illuminato
del piano terra; la luce della lampadina tremolò,
illuminando a malapena il
profilo da ragazzo dell’ individuo appoggiato al muro; i suoi
abiti scuri
sembravano essere un tutt’uno con l’ ombra intorno
a lui, una scintilla si fece
notare in quell’ alone di buio, per poi spegnersi di nuovo,
un sospiro di fumo
bianco uscì dalla sua bocca. Un ragazzo dall’
aspetto di un ventenne emerse
dall’ ombra, mentre l’ eco di gocce che cadevano a
terra si perdevano nell’
ampio spazio.
“Un Mors.” Si
lasciò sfuggire Lili dalle labbra contratte.
“Preferisco
Andy.” Le sopracciglia scure del ragazzo si aggrottarono e
subito dopo un
angolo delle sue labbra si tese. “Lilith.” La
ragazza in questione storse il
naso sentendosi chiamare per intero. Il vento al di fuori
dell’ edificio
sovrastava ogni cosa, mentre i respiri dei presenti si trasformavano in
nuvolette di condensa.
“Cosa sta
succedendo? Cosa è colpa mia?” Dana, seppur
confusa aveva avvertito il pericolo
e le sue mani erano tornate a tremare, mentre il sale premeva contro i
suoi
occhi. E nonostante la temperatura in quell’ ambiente si
fosse abbassata di
colpo continuava a sentire dentro di se un tepore più o meno
rassicurante.
Guardò meglio il ragazzo che era spuntato dal nulla,
provando una sorta di
avversione verso di lui; i suoi occhi azzurri cerchiati da trucco nero
la
fissavano spudoratamente, facendola innervosire ancora di
più. Alex e Lili
erano due presenze fredde e protettive davanti a lei.
“Non gli avete
detto niente?” I due si irrigidirono e Dana nel sentire la
sua voce le venne in
mente il suono di carta strappata e le sembrò che la sua
voce fosse rovinata
non a causa delle sigarette, bensì dalle urla, quelle che si
scappano alle
labbra quando si odia il mondo intero, quando non si desidera altro che
giacere
sfiniti dopo aver consumato tutto il fiato. La sua sigaretta si
illuminò di
nuovo e Dana si concentrò su quella luce evanescente per
scacciare tutto il
resto. Il suo cuore perse un battito quando vide la carta che fungeva
da
rivestimento al tabacco prendere fuoco e consumare in pochi istanti
ciò che
restava della sigaretta che lui prontamente lasciò cadere a
terra. il ragazzo puntò lo sguardo nei suoi occhi.
“Come ti chiami,
piccola scintilla?” Andy la guardò con gli occhi
di un predatore che sta osservando
con attenzione il buco nero della tana della preda, poi rapidamente
come la
sigaretta era caduta a terra un ampio sorriso si dipinse sul suo volto,
reso
ancora più spettrale dalla riga di trucco nero che
proseguiva dall’ angolo
sinistro delle labbra come una cicatrice con dei punti di sutura. In
quello
stesso istante i vetri della porta dietro di loro si infransero,
facendo
entrare il vento freddo della notte. Dana si sbilanciò in
avanti tanto erano
forti le raffiche
“Che vuoi fare
Aer? Farmi lacrimare gli occhi con questo venticello?”
Urlò sprezzante il
ragazzo per sovrastare il ruggito del vento.
“Vai via e
portatela dietro.” Intimò con decisione Lili ad
Alex che già si era voltato
verso Dana la cui espressione era a dir poco shoccata.
“Non puoi
farcela da sola!” Urlò lui prendendo comunque tra
le braccia Dana.
“Si invece, ora
va’ via.” Rispose lei mentre il vento portava
all’ interno schegge di vetro.
Alex imprecò,
sollevando di forza Dana e correndo via veloce come il vento stesso.
Andy non
distolse lo sguardo dal viso ovale della ragazza fino a che non fu
lontana,
spostò poi l’ attenzione sull’ unica
persona rimasta.
Lili si era
raddrizzata con le braccia incrociate al petto e sul volto
un’ espressione
molto più calma e serena rispetto a prima.
“Immagino non
sia la solita visita di cortesia vero, Andrew?” Il ragazzo si
avvicinò
chinandosi leggermente per poter essere all’ altezza dei suoi
occhi.
“È tutt’ altro
che una visita di cortesia, cara.”
[Non
è banalità, è pigrizia]
Bene,
vi informo che aggiornerò ogni cinque giorni (detesto
aspettare). Mai dato così poco tempo tra un capitolo e l'
altro, wow. Comunque il capitolo precedente oltre a fungere da prologo
mi ha dato un mucchio di problemi con l'HTML, perchè a
quanto pare i colori e i caratteri che uso io non piacciono a EFP u.u,
vabbè, vedremo come varrà fuori questo.
Ringrazio tutti i lettori, in particolare Homicidal Maniac per la
recensione e Andry_S,
che ha aggiunto alle seguite la storia ^^
chiama
e assomiglia al
cantante dei Black Veil Brides, è proprio lui! ._.
*
Dalla
canzone Carolyn dei Black Veil
Brides: “Prego Dio che
sapessi (in passato) che io, io non avevo
possibilità di successo.”
La canzone ovviamente non è realmente dedicata a una
ragazzina, bensì alla madre del chitarrista principale della
band che era molto
malata. Io mi sono permessa di prendere in prestito la canzone, ma mi
sembrava
il caso di specificare questo. Fine.