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Autore: La sposa di Ade    05/10/2012    3 recensioni
L' amore viene stroncato e tutto ciò che resta sono lenzuola macchiate di sangue.
La verità riemerge dal mare di bugie, respirando e uccidendo.
La paura brucia e annienta come il fuoco.
Il ghiaccio si scioglie e muore,scivolando tra le dita e bagnando visi.
Il dolore sferza i visi come vento in una tempesta.
La terra trema e abbatte i muri delle bugie, svelando dolorose verità.
Non si ha più paura del buio quando quel qualcosa che ci si nasconde sei tu stesso.
 
“Essere acqua e fluire fra le dita, essere aria e dare respiro, essere terra e donare vita, essere fuoco e ardere d’ umanità.”
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Prologo:
 
Now you’re adrift in the sea of lies.

la musica era assordante e in quell’ appartamento erano decisamente in troppi per lei, e nonostante fosse la festeggiata si guardava intorno ansiosamente piuttosto che godersi la festa.
Aveva detto che sarebbe venuto, per lei, e stranamente c’era anche stato ma adesso non riusciva più a trovarlo da nessuna parte.
Iniziò a preoccuparsi, così come accadeva tutte le sere, suo padre era uscito di nuovo senza che lei se ne accorgesse. Non poteva lasciarla così, non in quel momento!
“Dana!” sentì la voce maschile di un suo compagno di classe che si stava avvicinando con in mano due bicchieri pieni di alcolici.
“Hai visto mio padre?” Chiese lei agitata al ragazzo ancora prima che lui potesse aprire bocca.
“Ehm… Mi è sembrato di vederlo uscire poco fa.” Rispose confuso il ragazzo, per poi provare ad attaccare con un discorso diverso, inutilmente.
“Grazie Jay!” Dette una pacca al braccio dell’ amico e corse verso l’ uscita d’ emergenza mentre uno speaker annunciava la torta con tanto di candeline in arrivo. Maledisse se stessa e suo padre per il fatto di doversi perdere la torta mentre andava a sbattere contro l’ unica pianta dell’ appartamento, ma l’ ascensore era ora davanti a lei e si stava chiudendo. Accelerò il passo nella speranza di riuscire ad entrarci senza rimanere schiacciata tra le porte, ma non fece in tempo e per poco non prese una facciata.
Si precipitò allora giù dalle scale, un piano e premette nervosamente il tasto luminoso inutilmente perché l’ ascensore era già sceso, poi riprese a scendere le scale e al piano inferiore al precedente fece lo stesso, restando però questa volta davanti alle porte chiuse che riflettevano la sua immagine distorta; lunghi capelli biondi e ondulati le incorniciavano il viso, un paio di occhi grigi e le labbra piene. Respirò un paio di volte e si lisciò i capelli biondi, pronta ad affrontare suo padre.
Le porte si aprirono e la schiena di suo padre le apparve davanti agli occhi. Sospirò pesantemente e la ragazza russa entrò nello stretto vano della cabina, incrociando per un attimo lo sguardo azzurro del padre riflesso nello specchio davanti a lui. 
Le porte si chiusero dietro di lei, avrebbe avuto il tempo di tre piani prima di giungere al piano terra, doveva essere veloce e concisa. Si avvicinò ancora e avvolse con decisione le spalle del padre con le proprie braccia, rimasero così fino a che l’ ascensore non terminò la sua discesa, per un attimo solo lei si chiese se stesse facendo la cosa giusta, di tutte le cose che aveva provato non era ancora riuscita a staccare suo padre dalla bottiglia. La causa risaliva a quando lei era ancora piccola, a quando sua madre li aveva lasciati soli, quello già era stato un duro colpo, quando poi suo padre era riuscito a trovare una nuova compagna –una donna bellissima e umile, le aveva sempre ricordato una fata- tutto era precipitato con un disastroso incidente d’ auto, l’ ubriaco alla giuda dell’ altra auto aveva tolto la vita a quella donna felice e solare. Da quel giorno suo padre aveva sempre finito per non definirsi degno di niente, era certo di non essere più degno della felicità, eppure non si era mai accorto di avere una stella luminosa e raggiante sempre al suo fianco pronta ad accoglierlo tra le sue braccia.
Le porte del piano terra si aprirono.
“Cerca di essere felice, almeno per questa sera, fallo per me.” Le implorò lei mentre il calore si allargava dentro di lei. Suo padre annuii freneticamente per poi affrettarsi verso l’ uscita liberandosi dall’ abbraccio della figlia che rimase bloccata in quella piccola cabina a osservare la schiena di suo padre uscire nella fredda notte primaverile. Così neanche quello aveva funzionato. Abbassò la testa, scoraggiata, fissandosi i piedi con tristezza.
A ridestarla lievemente furono le porte che le si chiusero in faccia. A spaventarla fu invece l’allarme antincendio.
Sapeva che prendere l’ ascensore durante un incendio era una cosa più che stupida, ma che poteva farci? L’ allarme era scattato dopo che porte si erano chiuse. Implorò l’ ascensore perché si muovesse più velocemente e perché non precipitasse.
Quando finalmente le porte del piano si aprirono, rimase di nuovo bloccata, dalla porta in cui aveva appena dato la festa usciva del fumo nero e soffocante, mentre delle urla al suo interno superavano il volume della musica. Ogni pensiero dentro di lei si bloccò mentre l’ adrenalina e la paura cancellavano ogni pensiero logico e ogni minima idea. L’ unica cosa che fece fu lanciarsi verso la porta per aprirla e far uscire i suoi amici da lì dentro.
Strinse con forza la maniglia e girò, stranamente non era rovente, o forse non aveva sentito il calore per via dell’ adrenalina che era entrata in circolo. Il fumo le accarezzò il viso mentre un’ ondata di calore le toccava la pelle molto meno dolcemente.
Si aspettava un’ altra scarica di adrenalina che avrebbe guidato il suo corpo, invece rimase lì davanti paralizzata da ciò che stava vedendo; tutti i ragazzi erano ammassati ai muri mentre una figura al centro della stanza si agitava e urlava avvolta dalle fiamme, accompagnata dalla pianta da ornamento che stava creando un alone di bruciato contro il muro altrimenti bianco. L’ impianto antincendio si attivò, troppo tardi perché il corpo del ragazzo cadde a terra, mentre le fiamme continuavano a bruciare la sua carne, l’ odore che sprigionava era nauseante e temette per un solo istante di vedere la sua cena sul pavimento.
Quando quel raccapricciante spettacolo si consumò un silenzio assordante invase l’ appartamento, o forse di nuovo la sua mente si era rifiutata di sentire e vedere. Perché da quel momento non riuscì a ricordare come era finita nel parcheggio sotto l’ edificio.
 

Si trovava fuori dal palazzo; una camionetta dei pompieri, due volanti della polizia e un’ ambulanza illuminavano la facciata dell’ edificio con le loro sirene. Inutile dire che per il ragazzo mangiato dalle fiamme non c’era stato niente da fare. Ma quello che a malapena si poteva definire un incendio era stato spento.
Tremò, infreddolita in mezzo al gelo della notte fissando i suoi occhi chiari al quarto piano; da fuori non si sarebbe mai immaginato ciò che era successo all’ interno.
Una mano forte e calda si strinse sul suo braccio scuotendola appena –per un attimo pensò che quella mano potesse appartenere a suo padre-, quando si voltò incrociò il volto pallido e tirato di un poliziotto.
“Lo conoscevi?” Chiese lui con voce dura ma comunque calma. La ragazza lo guardò spaesata; non voleva sapere chi era stato mangiato dalle fiamme in quel modo, non voleva conoscerlo.
“Jay Mills?” Chiese ancora il poliziotto. Ecco, il cuore della ragazza si strinse fino a farle provare vero e proprio dolore, lacrime calde le solcarono il volto mentre annuiva freneticamente. Non poteva essere, perché proprio lui? Era sempre stato gentile con lei, non aveva fatto niente per meritarsi una fine del genere.
Una coperta calda le venne appoggiata sulle spalle. “Cosa gli è successo?” Chiese con voce stridula la ragazza. Il poliziotto sospirò, con una faccia desolata.
“Non troviamo altra spiegazione.” Disse lui come se avesse già rivelato di cosa si trattasse.
“Cosa? Che cosa gli è successo?!” Questa volta fu il suo turno di scuotere il poliziotto per farlo parlare.  Lui sospirò ancora, straziando ancora di più Dana.
“Non riusciamo a trovare altre cause se non l’ autocombustione.” A quella risposta la bocca di Dana si spalancò rischiando di staccarsi e finire per terra. Altre lacrime –questa volta di rabbia- premettero contro i suoi occhi per uscire ma lei si mise a ridere.
“State scherzando? Come posso credere a una cosa del genere?! L’ autocombustione non esiste!” Si accorse a malapena di urlare disperatamente, ma si rese bene conto che urlare e piangere non sarebbe servito a riavere il suo amico indietro. Lasciò la stretta sulle braccia del giovane poliziotto e si abbracciò tremando.
Parole di consolazione le attraversavano le orecchie senza mai rimanere impresse nella sua mente. Voleva solo vedere suo padre, non le importava se in quel momento sarebbe stato ubriaco e puzzolente di fumo, aveva solo bisogno di sentirsi tra le sue braccia, come tanti anni prima quando gli abbracci non si dovevano chiedere.

 
Poco prima:

La spiacevole puzza del fumo di una sigaretta gli giunse al naso e staccando gli occhi dal binocolo guardò in cagnesco la ragazza che come se niente fosse gli aveva soffiato il fumo della sigaretta direttamente in faccia.
“Lili, per favore…” Protestò debolmente tornando a osservare il fumo che usciva da una finestra lontana.
“È colpa del vento. Quindi è colpa tua” Sostenne lei calandosi meglio il cappuccio scuro sui capelli mezzi rasati e portandosi alle labbra la sigaretta. “Senti Alex, non è che stiamo sprecando di nuovo tempo? È tardi e domani ho una verifica.” Disse lei sbuffando altro fumo. Il vento si alzò scompigliano i suoi capelli scuri.
“Finiscila, a te non importa minimamente della scuola.” Rispose lui armeggiando con la rotella centrale del binocolo senza toglierli dagli occhi.
“Beccata.”
“Già, beccata.” Ripetè lui staccando finalmente gli occhi del colore del ghiaccio dal binocolo.
“Non farmelo pesare.” Sbuffò nervosamente altro fumo.
“No, intendo, beccata.” Indicò il palazzo che stava osservando fino a un attimo prima. Sorrise nel vedere l’ espressione esterrefatta di Lili e lasciò il binocolo nelle sue mani che si allungavano avide. Lasciò cadere la sigaretta, e lui con un’ espressione ancora più soddisfatta la schiacciò sotto il tallone per spegnerla.
“Cavolo.” Borbottò la ragazza aggrottando le sopracciglia. “È davvero lei. Non me lo sarei mai aspettata. Dana Raluca, viene a scuola con te vero?” Continuò lei tastandosi le tasche in cerca di un’ altra sigaretta, imprecando contro le proprie dita e Alex.
“Si, viene a scuola anche con te sai?” La ragazza rispose con un gesto nervoso della mano, come se stesse scacciando un insetto.
“Eppure sembra così strano, non me ne ero mai accorta prima.” Disse dubbiosa la ragazza.
“Non senti la sua energia?” Chiese lui avvicinandosi.
“Si ti credo, cavolo!” Esclamò lei staccandosi dal binocolo e spingendolo verso il petto del ragazzo, mentre lo guardava male. “Ma prova a spegnermi un’ altra volta la mia ultima sigaretta e giuro che ti congelo!” Il ragazzo rise di gusto, anche se sapeva che in quel momento Lili era del tutto seria.
“Colpa del vento.” Rispose sarcastico lui.
“Quindi è colpa tua” Inveì Lili, raccogliendo ciò che restava della sigaretta.
“Dai, andiamo ad aiutarla.” Disse lui ancora contento per la scoperta.
“Ti raggiungo dopo, ora ho da fare.” Si alzò e senza aspettare una risposta dal ragazzo aprì la porta che portava fuori dal tetto.



Ok, nuova long, che tanto long non sarà, si tratterà solo di 11 capitoli.
In questo prologo avete avuto solo un’ assaggio di quello che accadrà prossimamente, non credete che questa sarà una storia semplice u.u
La verità è che non ho molto da dire, anche perché appena ho pubblicato il prologo mi è passato completamente di mente queste note qui alla fine…  spero solo che questo esperimento (che a dire il vero neanche io so come chiamare, né so il genere giusto in cui inserirlo) possa essere di vostro gusto magari facendomelo sapere con una
recensione? :)
*Si fa piccola piccola e fugge*

  
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