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Autore: Lucy_lionheart    10/10/2012    2 recensioni
1.Di tutte le cose che si era aspettato per San Valentino, un regalo da parte di Gilbert era veramente, veramente, l’ultima.
Raccolta di one-shot su generi, temi e nelle versioni più svariate, AU! e non, yaoi, etero e yuri.
Tutto ciò che accomuna queste piccole storie, pezzetti disordinati di vita, sono i loro protagonisti: Toris Laurinaitis e Gilbert Beilschmidt.
Spero vi piaccia la PruLiet, perché queste storie sono tutte per loro. ♥
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Lituania/Toris Lorinaitis, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Avvertimenti: Storica, Personaggi realmente esistiti.
Raiting: Giallo/Arancione
Personaggi: Toris Laurinaitis, Gilbert Beilschmidt, Sorpresa.


8. Spazi d’attesa.



« Allora?»

L’uomo, dal suo profilo accigliato, scrutò colui che gli sedeva davanti:  un braccio sulle gambe accavallate, l’altro che iniziava col gomito, ben puntellato sul tavolo in legno di ciliegio, e finiva con una mano non troppo grande, che copriva la bocca e parte del naso con le dita, e su di cui il mento posava.
Gli occhi, quasi improvvisamente, si staccarono dai fogli, una decina, sulla quale erano scivolati fino alle ultime righe, e andarono a cercare quelli del cinquantenne, rivelando un azzurro brillante come il mare che avvolgeva quella striscia di terra.
Il ragazzo dagli occhi marini lasciò cadere il braccio e rivelò le labbra, che,  in modo delicato, si allargarono in un sorriso capace di cancellare in meno di un secondo l’espressione seria che fino ad allora quel volto aveva avuto.
Serafico: nessun’altro aggettivo avrebbe potuto meglio descrivere Toris in quel momento.

« E’ bellissimo.»

Il cinquantenne alzò entrambe le sopracciglia, fissando ancor più gli occhi del lituano, ora intento a stiracchiarsi, svegliando le ossa della schiena dall’intorpidimento di quasi un’ora passata chino su quel tavolo.

« Non hai critiche?»
« No.»
« Nemmeno una?»

La voce era un miscuglio di sarcasmo e incredulità; Toris sorrise ancora di più e scosse il capo in segno di diniego.
A quel punto uno sbuffo uscì dalle labbra leggermente grinzose dell’uomo e la sua mano prima sferzò l’aria e poi scese a battere sulla coscia.

« Che diavolo.
Se non fosse per la tua faccia, penserei che tu stia facendo un favore a un vecchio.»
« Cos’avrebbe la mia faccia…?»

La voce di Toris tradì non stupore, ma sincera curiosità; ormai aveva imparato ad aspettarsi certe uscite dal tedesco che ancora lo guardava negli occhi. Fu verso di essi che punto il dito, quello ornato dalla fede nuziale.

« Gli occhi, Toris. Basta guardarci per capire se menti o no, sei peggio di mia moglie.»

Una risata, leggera, ma soprattutto imbarazzata, echeggiò nelle mura di quell’abitazione tanto peculiare, passando il soffitto e arrivando al piano di sopra, ove furono udite da qualcuno.
Passi piccoli e veloci come quelli di un gatto,  scivolarono per il corridoio e poi giù per ogni gradino delle scale, e si fermarono solo all’apparire della loro fonte nel salotto in cui i due sedevano.

« Guten Tag, Vati, Guten Tag, Toris

La voce della giovane donna era cortese quanto il suo aspetto:  lunghe onde nere di capelli le cadevano intorno ad un viso dolce e labbra color ciliegia, vestiti estivi color pastello.

« Buongiorno, Elizabeth!»

Toris ricambiò il saluto con la medesima cortesia, ma l’altro si limitò a un sorriso e un cenno con la testa.

« Hai finito di studiare, Elizabeth?»
« Quasi, papà. »
« E allora è bene che tu lo faccia, così dopo  potrai uscire tranquillamente, no? »
« Sì, sono passata a salutare! E’ educazione, oppure no?»

Il padre si arrese di fronte all’ironia della figlia, riconoscendone le origini in se stesso. Questa, tronfia di quella breve vittoria, rivolse un altro sorriso al moro.

«Papà ti ha offerto qualcosa?»
« Sì, ma ho rifiutato. Sono solo venuto a leggere, ho già fatto colazione. Grazie mille del pensiero, Elisabeth.»
« Figurarsi! Oh, ho scritto anch’io qualcosa di nuovo, la prossima volta ti farò leggere… penso che tu ora abbia gli occhi già abbastanza stanchi!»
« Lo farò volentieri!»

La giovane donna sorrise quanto il sole di quella giornata estiva e, nel vero senso della parola, girò i tacchi, per poi salutare e tornare agli studi, così da far contento il padre.
Solo dopo che quei passi si fermarono nuovamente e una porta, al piano di sopra, si chiuse, l’uomo si lasciò sfuggire un lunghissimo sospiro.

« Cosa non farebbe pur di vederti per pochi minuti.»

L’imbarazzo che colpì Toris fu mille volte più grande del precedente e lo fece boccheggiare su una frase che non seppe iniziare. Il cinquantenne rise di gusto.

« Non si è ancora arresa nonostante gli abbia detto chi è che sei in realtà! Hai fatto piangere mia figlia, Toris, un altro padre ti avrebbe tenuto sotto il mirino di un fucile… e invece io ti tengo come consulente letterario!»
« Io… mi spiace, davvero. Non pensavo…»
« Lascia stare, suvvia. Lo so che non le hai torto un capello. Ne ho la certezza.»

Si passò sul volto la mano ruvida, rivolgendo lo sguardo altrove dal volto rossastro del lituano.
Poi, improvvisamente, sembrò ricordarsi di qualcosa.

« A proposito. Oggi non c’è?»
« Non c’è chi..?»
« Gilbert, il prussiano.»
« Oh… no, non c’è. Dovrebbe tornare tra poco, però. Si è dovuto recare a Berlino per… »
« Toris, non c’è bisogno che tu mi racconti quel ce va a fare il tuo fidanzato.»

Avesse avuto qualcosa in gola, Toris si sarebbe strozzato; sfortunatamente, aveva solo la saliva con cui farlo.
Oh, vedere la sua faccia in quelle condizioni non era altro che ulteriore fonte di risate!

« Pensavi che non me ne fossi accorto?  State sempre insieme, Toris, sempre dall’inizio di maggio, quando sono venuto qui.
Giusto chi si fodera, di sua spontanea intenzione o meno, gli occhi col prosciutto  non se n’è reso conto. E’ per questo che ti lascio passare tutto il tempo che vuoi con mia figlia, che credi?»

Toris si passò la mano tra i capelli: non sapeva che dire, che fare,  era tanto sorpreso da essere sconvolto. Davvero lui e Gilbert erano talmente evidenti?
Forse, sì, decisamente sì.
Ma nella Nima di quegli anni non dovevano temere nulla: erano  dalla stessa parte, in una striscia di terra mezza di Toris e mezza di Gilbert; nessuna traccia dell’Impero Russo.
Non era la libertà, non ancora, ma le somigliava vagamente e sapeva d’estate, di  salsedine.

« Io… »
« Non cercare giustificazioni, non ce n’è il bisogno. Conosci la mia primogenita, no? Ecco, allora ti basti come risposta e come consapevolezza; con me non devi farti i questi problemi.»
« … Grazie. »

Quello di Toris fu un ringraziamento sincero, forse quello più vero che avesse mai fatto. L’uomo gli rispose con un cenno di non curanza e si alzò, dirigendosi verso la finestra, dove si fermò per osservare la scorrere della vita dei passanti di Nima.
Si passò ancora una volta l mano sul volto, sui profili duri e sul naso grande.

« Avete entrambi fegato. Sai che non potrete rimanere qui per molto a lungo, vero?»

Gli occhi azzurri di Toris scivolarono in basso, perdendosi nelle linee della moquet e anche gli angoli delle labbra si abbassarono: era un sorriso amaro, consapevole, il sorriso di chi sa e vive nella precarietà di una striscia di terra in anni dove l’aria, per l’ennesima volta, puzza di polvere da sparo.

« Lo so. Tra un mese andrò in America e quando tornerò… »
« Hai intenzione di tornare?»
« Il contrario sarebbe impossibile. »

Lo sguardo del cinquantenne oltrepassò i passanti,  l’oceano marino e quello del tempo, osservando non solo quel posto, ma quel che sarebbe stato il mondo da pochi anni a quell’estate del 1930.

« Non c’è bisogno di essere degli esseri immortali, Toris, per capire che siamo nuovamente sull’orlo di un qualcosa di spaventoso. E basta avere un po’ d’idee su come gira la Germania adesso per capirne ancor di più. Questa volta dobbiamo aspettarci dieci volte il peggio di quel che pensiamo.»

E mentre la previsione dell’apocalisse sibilava nel salotto dai colori caldi, fuori i turisti parlavano del più e del meno.
Toris immerse la mano sinistra nei suoi capelli e socchiuse gli occhi; non vedeva la moquet, i piedi dell’uomo q qualunque cosa fosse nel salotto, c’era solo il ricordo del momento in cui lui e Gilbert avevano discusso di tutto quello.

« Non è facile, tutt’altro: è tremendamente difficile e ne sono fin troppo consapevole. E so anche che ormai è inutile illudersi, fantasticare su pieghe diverse…

Non possiamo permetterci di fare una valigia e scappare in America, di riprendere lì una nuova vita e scordare la passata:  siamo iniziati con l’inizio di queste terre e con esse finiremo.
 Io e Gilbert  siamo… manifestazioni incarnate di Nazioni.
E, in quanto tali, siamo sudditi di chi ci governa. Re, imperatori, duchi, presidenti e governatori… tiranni… »

Una pausa, usata per umettarsi le labbra e rivolgere a quel ricordo un ennesimo sorriso: si trattava ora di quello dei saggi e dei forti, del sorriso dei pazienti.

« Ma le mie mani, gli organi del mio corpo… quello che provo e quello che penso… Tutto questo ci rende anche uomini, umani.
E  le mie decisioni come umano sono mie e basta.
Così… abbiamo deciso che aspetteremo; aspetteremo finché tutto non sarà passato, aspetteremo e lasceremo che gli eventi ci scorrano addosso, fin quando non si placheranno.
Aspetteremo fin quando tutti saranno così stanchi da poter fare solo la pace… e allora inizieremo davvero.
Potremo permetterci di vivere come Gilbert e Toris e per questo sono disposto a tutto ciò.
Davanti a me ho l’immortalità, per Gilbert posso aspettare cinquant’anni o più.»

La riconoscenza che l’uomo diede a Toris in quel momento mai fu smentita nel resto degli anni della sua vita: il lituano che gli sedeva  davanti era la persona più coraggiosa che avesse avuto la fortuna di udire.
Gli posò una mano sulla spalla e, dopo che il moro ebbe alzato lo sguardo verso di lui, gli rivolse un sorriso  e una parola:

« Drąsa.»

Toris gli sorrise; “volontà”, sì, gli si addiceva.
Due colpi secchi alla porta lo fecero sussultare e si ritrovò a sbuffare in modo affettuoso e paziente quando una voce gracchiante e alta trapassò il legno.

« Oh, Thomas!  Toris è qui?»
« Sì, sì, arrivo.»
Il cinquantenne si sbrigò ad andare ad aprire e Toris si diresse con lui alla porta: parlare di certi argomenti gli aveva fatto venire voglia di vederlo e incontrare i suoi occhi rossi fu come una specie di medicina.

« Ah, eccoti!»
« Gilbert, sei tornato in anticipo.»

Il prussiano sorrise in quel modo che gli era tipico e annuì; aveva il viso stanco per il viaggio e, molto probabilmente, per le notizie apprese, ma agli occhi di Toris continuava ad apparire raggiante.

« Sì, ero stanco. Motivo per cui adesso ce ne andiamo subito in albergo!»

E, come se il concetto non fosse di per sé abbastanza chiaro, afferrò  Toris per la manica e lo tirò fuori casa, voltandosi giusto per sventolare la mano verso l’altro.

« Mi spiace, Thomas, ma per oggi hai smesso di sfruttarlo!»
« Io non sfrutto proprio nessuno, è lui che diventa troppo accondiscendente tra quattro mura.»

Il sorriso di Gilbert salì, sghembo, e un guizzo di furbizia scoppiettò negli occhi.

«Ohhh, tranquillo, lo so bene!
»

Toris non seppe se dare o no una gomitata nello stomaco a Gilbert, chiedendosi se ciò non avrebbe reso tutta quella situazione ancor più evidente, ma quando decise già era troppo tardi, perché il padrone di casa era scoppiato nella grassa risata della consapevolezza.
Oh, ora voleva andarsene anche Toris, eccome! Ma  quello che si chiamava Thomas lo chiamò a gran voce, quando già i due avevano chiuso il cancello, facendolo voltare.

« Goditi questo spazio d’attesa!»

Gli disse e Toris ricambiò col silenzio e un sorriso che sapeva di ringraziamento. Poi la porta di casa si chiuse e rimasero solo loro due, il braccio di Gilbert che, veloce, gli scivolava attorno alla vita e le labbra che premevano sull’angolo delle sue.

« Di che avete parlato?»
« Mi ha fatto leggere i primi capitoli del suo nuovo libro.»
« Figurarsi se si riposava un po’!»

Gilbert scosse la testa e, con impeto affettuoso, strinse ancor più Toris a sé.

«Il vecchio Mann non si smentisce mai.»

Toris fece spallucce e, silenziosamente, passò anche lui il braccio intorno al corpo dell’altro.

« Di che avete parlato a Berlino?»
« Puoi immaginartelo.»

Toris annuì e il silenzio calò nei secondi necessari a Gilbert per scrutarsi intorno.

« Lascerò la nostra stanza sempre prenotata. Potremo fuggire qui, nei prossimi anni.»

Toris lo guardò dritto negli occhi e quei suoi due laghi azzurri tradirono forse troppa speranza.

« Credi… pensi che ci riusciremo?»

Gilbert, in tutta risposta, prima gli sorrise tanto da mostrare i canini e poi gli regalò un sonoro pizzicotto laddove c’erano le natiche, facendolo sussultare.

« Sì, se muovi il culo e corri veloce!»
« Gilbert!»

Il prussiano scoppiò in una risata rumorosa che fece voltare più passanti e, nonostante tutti i tentativi di trattenersi, non ci volle molto perché anche Toris, contagiato, iniziasse a ridere, coprendosi il volto con la mano.
Avrebbero aspettando tutti gli anni che gli altri avrebbero deciso per poter tornare a ridere insieme.
















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No, gente, mi spiace ma non sono ancora morta. ;w;"
Bene, ecco un capitolo di quella che è la storyline che mi sono fatta di loro due. 
Diamo informazioni storiche per meglio comprendere: a seguire della Prima Guerra, la Lituania diventa territorio tedesco; gli verrà concessa l'indipendenza, ma dopo poco tornerà a far parte sempre die possedimenti tedeschi.
Sale al potere Adolf  Hitler, la Lituania torna all'Impero Russo in cambio di gran parte della Polonia, la  Seconda Guerra scoppia e poi lo sapete---
Però c'è un però.
Come ho fatto spiegare da Toris, nella mia visione sono i capi di stato a prendere le decisioni e i rappresentanti, in quanto paese di cui il potere è tenuto propri  da tiranni, re, imperatori e chi più ne ha più ne metta, non possono far altro che accettare le decisioni -tralasciando colpi di stato e rivoluzioni, ovviamente.
Indi per cui, Gilbert e Toris altro non hanno potuto fare che piegarsi, come Nazioni, all'inevitabilità dei fatti e decidere però di aspettarsi e continuare ad amarsi come uomini.
Altre postille per la comprensione piena: Thomas Mann passa le estati dal 30 al 33 a  Nima, prima di fuggire in Svizzera a causa di una critica riguardo all'uso di Wagner come emblema del nazionalsocialismo che viene, com'era da aspettarsi, poco apprezzata da Hitler.
La primogenita, Monika -se non erro mi pare che si chiami così, chiedo perdono ma quest'uomo di figlie ne aveva ;v;" - fu un'omosessuale dichiarata, per questo Mann dice a Toris di non preoccuparsi del suo giudizio.
E' risaputo che Thomas Mann avesse un ottimo rapporto con tutti i  suoi figli.

Detto tutto ciò, spero vi sia piaciuta  e spero di leggere qualche commento, magari positivo! x°

Baci!

_Valkyrie.




   
 
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