Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: voiceOFsoul    11/10/2012    4 recensioni
Cris, uno studente universitario fuori sede, si ritrova dopo un anno a non aver ancora trovato nessuno con cui condividere la sua esperienza. La sua vita, però, sta per avere una svolta. Sia in facoltà che a casa le cose cambieranno e nelle sue mani si intrecceranno molti destini.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

- Piccola sei pronta? - Le chiesi bussando sulla porta del bagno in cui si era rintanata da mezz'ora. - Perderemo l'autobus. -
- Arrivo! - Mi rispose. 
Dopo qualche secondo aprì la porta, mostrandosi in tutto il suo splendore mattutino. 
- Buongiorno. - Mi sorrise in un modo che poteva illuminarmi per il resto della giornata e mi diede un piccolo bacio sulla punta del naso. Quel contatto così dolce, mi fece venire in mente milioni di flash della notte appena trascorsa. 


Tornando a casa, seduti sul sedile posteriore dell'auto di Daniele, mi aveva sussurrato all'orecchio che desiderava stare ancora insieme e così l'avevo invitata a restare. 
Fu la notte più felice della mia vita. Meg era finalmente tornata. Tornata da me. La mia mente non era più affollata da dubbi, ma solo di certezze. Piccole, è vero. Ma che per me erano un enorme sollievo dopo tutto ciò che avevamo passato. 
E poi avevamo fatto l'amore. Avevo rivisto la sua schiena perfetta, ne avevo di nuovo accarezzato la pelle delicata, avevo di nuovo sentito il suo respiro ansimante e le sue unghie graffiarmi. Nonostante non avessimo una spiaggia notturna, ma solo le lenzuola del mio lettino sconnesso, fu tutto ancor più perfetto della prima volta. Era stata mia. Di nuovo. Per la prima volta del tutto. 
E poi avevamo dormito abbracciati. Ancora nudi, stretti cuore a cuore, avvinghiati in un intreccio che non avrei mai voluto sciogliere. 
E poi si era svegliata, stropicciandosi gli occhi come una bambina e spargendosi per la faccia quel poco di trucco che le era rimasto su dalla sera. Si era infilata una delle mie magliette. Le arrivava a metà coscia e, pur non sottolineando le sue forme, la rendeva dannatamente sexy. Era andata in cucina a preparare la colazione. L'avevo seguita dopo aver indossato i boxer ed i pantaloni di una tuta. Ero rimasto sulla soglia a guardarla mentre preparava la moka da mettere sul fuoco. Aveva distrattamente racchiuso i suoi ricci in una crocchia trattenendoli con un solo elastico. Un piccolo ricciolo, più ribelle degli altri, le si era poggiato sulla tempia mentre concentratissima versava il latte in due bicchieri. Lo scostò con un gesto veloce, portandolo dietro l'orecchio, e iniziò con minuzioso interesse a spalmare di marmellata una fetta biscottata. Iniziai a fantasticare su come sarebbe stato vedere quella scena tutte le mattine. Andò alla dispensa e si alzò sulle punte frugando su un ripiano un po' più alto. Non resistetti più. Andai a stringerla tra le braccia, affondando le labbra sul suo collo morbido. Ci volle poco per far riscattare la scintilla della passione ed eravamo finiti a far di nuovo l'amore. Lì, sul ripiano della cucina, approfittando della casa svuotata dei coinquilini. 


Il caffè si era bruciato ed avevamo fatto assurdamente tardi, ma ne era valsa la pena. Mi ero un po' innervosito nel dover aspettare che si preparasse chiusa in bagno, ma rivedere quel sorriso mi aveva fatto dimenticare tutto. 
- Dobbiamo muoverci! - La incitai, senza riuscire però ad essere troppo convincente. Infatti, continuavo a tenerla serrata nel mio abbraccio.
- Se mi lasci andare, magari riesco a finire di prepararmi. - Rise. Sciolsi l'abbraccio. - E tu dovresti vestirti. - 
- Sai, qualcuno ha tenuto occupato il bagno impedendomi di lavarmi! -
Mi fece una linguaccia ed io mi richiusi la porta alle spalle. Mi lavai il più in fretta possibile cercando di accorciare il ritardo che ci aveva causato farci prendere dall'amore mattutino. Tornai in camera e mi vestii altrettanto di fretta, gettando al volo le ultime cose nella valigia. Uscimmo di casa dieci minuti dopo rispetto al previsto ed io iniziai a prepararmi mentalmente a perdere l'autobus per tornare al mio paese. Meg ci fece perdere altro tempo passando in macchina a prendere la sua valigia. Mi innervosii di nuovo, ma nuovamente le bastò solo un sorriso per farsi perdonare. 
- Vedrai che siamo in tempo. Qui gli urbani ritardano sempre. - Mi disse, regalandomi una nuova linguaccia ed iniziando a precedermi tirando distrattamente il suo trolley.
La fissai ondeggiare per la strada con quella valigia che saltellava ad ogni passo. "Sei fottuto, amico" mi gridò la vocina della mia coscienza. "Sono solo innamorato. Per la prima volta." le risposi. 

Si fermò dopo qualche passo. Credetti che lo avesse fatto per aspettarmi, invece quando le arrivai vicino notai che tremava. Aveva sbarrato gli occhi, era diventata improvvisamente pallida. La cosa mi allarmò. 
- Meg! Meg, cos'hai? Ti senti male? - Le chiesi afferrandole il viso.
Emise un sussurro che non riuscii a comprendere. 
- Cosa? Meg, cosa è successo? -
- Jeff. - Ripeté più forte. Indicò il marciapiede di fronte a noi. 
Mi voltai a guardare, atterrito da quella sua reazione. Il marciapiede era vuoto. Tornai a guardarla. 
- Meg, non c'è. - Mi accorsi che non mi stava guardando. I suoi occhi erano persi nel vuoto dall'altra parte della strada. - Meg, Meg! - La chiamai più forte, scuotendola, finché non ottenni la sua attenzione. - Meg. Sta tranquilla. Non c'è. - 
Mi guardò per qualche secondo ancora irrigidita, poi si sciolse. Sembrò quasi che le gambe le cedessero sotto un improvviso peso. Si accasciò tra le mie braccia. 
- L'ho visto, Cris. Te lo giuro. - La voce le tremava. 
Le accarezzai i capelli, baciandole la fronte. - Ti credo, Meg. Ma non c'è più. Sarà passato per caso. -
- No, no, no! - Si rialzò e mi fissò. - Non è stato un caso. Non ho voluto dirti niente ieri, per non rovinarti la serata. Ma l'abbiamo incrociato. Ci ha seguiti per tutta la sera. Credo che ci abbia seguiti anche a casa. -
- Cosa? - Le chiesi afferrandola di nuovo per le braccia.
- Scusa. Non volevo nascondertelo. -
La lasciai. Mi passai la mano dietro la nuca. Meg abbassò lo sguardo. Tremava ancora. L'abbracciai di nuovo.
- Non può farti nulla. - La baciai teneramente. Le rimisi in mano la maniglia del trolley, afferrai di nuovo la mia valigia e le presi la mano. - Ci sono io con te. Vuoi ancora passare questo week-end insieme? -
Sorrise rasserenata. - Andiamo. -

Eravamo sull'autobus per tornare a casa. Insieme. L'idea era uscita per scherzo nelle tante chiacchiere che eravamo riusciti a fare nell'oretta che era passata da quando avevamo finito di fare l'amore a quando, sfiniti, avevamo ceduto al sonno. Ma al risveglio l'avevamo ridetto ed avevamo portato a termine l'opera.
Durante il tragitto, avevamo rischiato un brutto incidente. Un demente sulla strada a scorrimento veloce aveva rischiato di farsi tamponare o di farci uscire fuori carreggiata, sorpassando l'autobus e frenando repentinamente. Per fortuna l'autista era uno di quelli svegli e capaci del proprio mestiere. Complice anche un pizzico di fortuna, eravamo riusciti ad evitare quella che sarebbe potuta facilmente diventare una tragedia. La buona sorte aveva anche voluto che Meg dormisse, cercando di recuperare il sonno perso, non accorgendosi di nulla. 
La svegliai appena arrivati in stazione. Scendemmo dall'autobus e recuperammo le nostre valigie dal vano inferiore. Mentre Meg frugava per trovare il piccolo borsone blu, io frugavo con lo sguardo le auto posteggiate cercando quella di mio padre. Improvvisamente raggelai. Vidi Jeff, in jeans e camicia bianca, scendere da un auto blu, uguale a quella che aveva rischiato di farci ammazzare tutti. Scossi la testa tenendo gli occhi chiusi. Volevo fosse solo frutto della mia immaginazione. Quando riaprii gli occhi, Jeff non c'era più, ma l'auto blu era esattamente dove l'avevo lasciata. Intravidi poco lontano un uomo in jeans e camicia bianca che andava incontro a una ragazza scesa dal nostro stesso autobus. Un padre che veniva a prendere la figlia alla stazione e che casualmente aveva un auto simile a quella che avevamo incrociato in super strada. Tutto risolto. Tirai un sospiro di sollievo, presi Meg, che ringraziando il cielo non si era nuovamente accorta di nulla, per mano e ci avviamo verso il negozio di Daril.

- Ma chi abbiamo qui? Bambola! - Daril, senza calcolarmi, andò su di giri per Meg e corse ad abbracciarla.
- Sono felice di rivederti. - Gli rispose mentre la sollevava da terra stretta tra le braccia. Io osservavo la scena poggiato allo stupite della porta d'ingresso col sopracciglio alzato.
- Come stai bambola? - La poggiò nuovamente a terra.
- Bene, bene. - Si voltò sorridendo verso di me. 
- Oh, ciao fratello. - Fece finta di avermi notato solo in quel momento e venne a salutarmi. 
- Sì, sì, ciao. - Feci l'offeso. - Mi sa che dovrò spezzarti le gambine se continui così. - 
Abbracciai Meg che sembrava divertita dalla mia, palesemente finta, gelosia. Dopo aver scambiato due chiacchiere, chiese di poter usare il bagno. Sapete come sono le donne! Specialmente se viaggiano per lungo tempo! Così io e Daril restammo da soli.
- Non era sparita? -
- Infatti è tornata ieri. Ha passato un mese in una clinica di supporto psicologico. - Cercai di non farmi sentire dal bagno lì vicino. - Ora sta molto meglio, anche se deve continuare ovviamente. -
Mi posò una mano sulla spalla, sorridendomi fraternamente. - E così le cose si stanno sistemando, eh! Sono contento. Ma tra voi due? Come si metteranno le cose adesso? -
- Non lo so, Daril. Non c'ho pensato ancora. Sono stato troppo contento del suo ritorno per pensarci. Ma penso che le cose si stiano mettendo bene. - Sorrisi anch'io.
- E con l'altra tizia come la metterai? -
Il pensiero di Terry mi fulminò. Mi sentii improvvisamente e nuovamente una merda. - Ancora non lo sa. Le parlerò al più presto. - Mentalmente cercai di individuare un momento del giorno in cui poterlo fare. 
In quel momento Meg uscì dal bagno e cambiammo argomento.
- Stasera dobbiamo organizzare un altro pigiama party? - Chiese Daril ridendo.
- Per me va bene. - Disse Meg.
- No. - Affermai sicuro, stringendola al mio fianco e guardandola negli occhi. - Parlerò con mia madre. Resterai a dormire da me. - Meg arrossì e sorrise. Avevo paura che la prendesse male invece sembrava averle fatto piacere. - Ovviamente, però, organizziamo per uscire. -

Restammo lì per pochi minuti ancora e poi tornammo in piazza. Mio padre ancora non si vedeva. Chiamai Bepi. Mi disse che lo aveva visto uscire la mattina ma non sapeva null'altro. Mia madre si limitò a consigliare di prendere l'autobus. La cosa non mi era nuova anche se mi amareggiò ugualmente. Ci recammo alla fermata e andammo a casa trascinando le nsotre valigie.

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: voiceOFsoul