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Autore: Brooklyn_Rogers    11/10/2012    2 recensioni
Si tratta di una serie a sé, che comincia qualche anno prima dell’incontro fra Ichigo e Rukia, anche se questi non appariranno mai nella storia. I protagonisti saranno un nuovo personaggio e la sua Zampakuto. La storia seguirà la loro crescita e il loro imparare l’arte del combattimento fino all’incontro con Hitsugaya, che ormai figura come un diciassettenne, e Oshiko, la sorellina di Yoruichi, un’indomabile quindicenne in fuga dalla Soul Society. Da qui in poi la storia si intreccerà con questi due personaggi e la trama sarà più complessa.
Un piccolo avvertimento! Io ho visto Bleach solo fino alla fine della 2° Serie (il salvataggio di Rukia), quindi tutto ciò che riguarda Hitsugaya e gli altri personaggi che nominerò, sarà riferito solo a quella serie.
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hitsugaya Toushirou, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Caro diario,
oggi io e Kazuko siamo andati a pesca. Sono passati tre mesi da quando è diventato mio fratelo e a me piace moltissimissimo essere la sua sorellina, anche se è piu grande di me. Infatti ora lui ha nove anni e io ne ho 7. E adesso stiamo per patirere  partire per andare a sciare nella neve! Ci vediamo al mio ritorno!
La grafia insicura di Tsuki copriva metà del foglio, pieno zeppo di errori d’ortografia.
-Tsuki, facciamo tardi!- la voce del neo-fratello la raggiunse, per cui chiuse in fretta il diario e lo ripose nel cassetto della scrivania in legno lucido e scuro.
-Arrivo!- urlò, afferrando lo zainetto che aveva riempito dei giocattoli e degli oggetti più cari che aveva. Nell’ingresso c’era solo Kazuko, che non appena la vide, le accarezzò i capelli e la abbracciò. Lo faceva spesso, per essere sicuro di non stare sognando e di non trovarsi ancora nell’orfanotrofio.
-Tsuki, dammi lo zainetto, lo porto io.- lei obbedì. Non era affatto come dicevano le sue amiche, era bellissimo avere un fratello maggiore. Le sue amiche era tutte bugiarde, però, adesso che c’era Kazuko, non aveva più bisogno di loro. Lui l’avrebbe difesa e sostenuta, sarebbe stato il suo faro nell’oceano, la sua oasi nel deserto.
Il tempo passò veloce nell’auto, fra giochi, dolciumi e risate che coinvolgevano tutta la famiglia Okamuto. All’improvviso Tsuki pose le mani sul finestrino e guardò stupefatta ciò che accadeva all’esterno della vettura.
La neve cadeva lentamente, posandosi a terra delicata, impalpabile, come se fosse qualcosa di magico, fatato, incantato.
-Giochiamo a raccontarci delle storie?- gli altri annuirono, poi il padre prese la parola.
-C’era una volta una bellissima donna, una principessa fantastica, dai capelli biondi come l’oro e gli occhi grigi come il cielo in tempesta. Questa donna aveva un amico molto caro, che non lasciava mai, erano compagni d’avventura. Un giorno, il re di un regno vicino, dichiarò guerra al paese dove viveva la principessa. Così furono inviati dei sicari per uccidere tutti i cavalieri del regno avversario e anche la principessa partì, in cuor suo sperando di ottenere la pace. Tuttavia accadde qualcosa che nessuno avrebbe immaginato, né la principessa, né il cavaliere nemico. Si innamorarono perdutamente l’uno dell’altra. Così fuggirono insieme, ma ormai lei si era macchiata di un orribile delitto. L’unico che riuscì a perdonarla fu il caro amico, che la seguì. E vissero per sempre felici e contenti.- una frase fatta, ma che bastava per far comparire il sorriso sui visi dei bambini. Una frase che faceva apparire magnifica anche la sua stessa storia, che aveva raccontato in termini fiabeschi.
-C’era una volta un povero orfano, che viveva in un luogo buio e triste. Tuttavia, una fata lo salvò dal baratro in cui si trovava e riuscì a farlo sorridere. Il bambino era felice insieme a lei, si sentivano come due fratelli.  Alla fine lo diventarono davvero.- Tsuki abbracciò il fratello.
-Ma questa è la tua storia! Dovevi raccontarne una inventata.- si lamentò la bambina ridendo.
-Tu non sei una fata, sei una quincy.- osservò lui, con aria terribilmente seria.
-Intendi forse che non posso essere una fata?
-Siamo arrivati, smettete di litigare. Scendete.- i bambini obbedirono, trovandosi davanti una baita di montagna con il tetto inclinato coperto da soffice neve.
-Vieni, Kazu, facciamo un pupazzo di neve mentre papà sistema tutto!- l’entusiasmo della piccola in poco tempo coinvolse anche il fratello.
-Guarda! Quei rametti sono perfetti per le braccia!- esclamò poi indicando un albero piuttosto rinsecchito.
-Li prendo subito.- cominciò ad arrampicarsi sull’albero.
Kazuko era piuttosto alto per la sua età, spiccava al di sopra degli altri di mezza testa. Gli occhi celesti erano grandi e sinceri, i capelli scuri gli cadevano ribelli sulla fronte, coprendo un po’ di quello sguardo che sembrava essere stato strappato direttamente dal cielo.
Sembrava essere tutto il contrario di Tsuki, infatti, i capelli della bambina erano biondo dorato, ondulati e lunghi fino alla schiena. I suoi occhi la facevano sembrare ingenua, chiara, trasparente come vetro, nonostante il colore fosse quello della tempesta e delle nubi cariche di pioggia.
Nonostante la loro differenza fisica, c’era qualcosa che li univa, che andava molto oltre la semplice amicizia.
Dopo aver completato il pupazzo di neve, si sedettero contemplando la loro opera.
-Tsuki… secondo te io sono inutile?- la domanda lasciò la bambina spiazzata.
-Cosa? Non è assolutamente così! Come ti è solo passato per la mente?
-Però, sai… tu e papà sapete usare i vostri archi… io non so fare nulla.- Tsuki chiuse gli occhi e strinse la mano del fratello.
-Noi sappiamo usare gli archi perché discendiamo da un gruppo di uomini capaci di utilizzare bene il reiatsu. Tutti possiedono il potere spirituale, anche tu ne sei provvisto. Ed è anche piuttosto strano, mi sembra estremamente potente. Quando capiremo cos’è, sarà di certo più incredibile del mio.- i due fratelli si conoscevano da poco, ma già incredibilmente bene e l’uno sapeva perfettamente come far sorridere l’altro.
D’improvviso, Tsuki cadde a terra, come se fosse stata schiacciata da qualcosa. Dietro di loro, un grosso mostro dal viso coperto da una maschera si avvicinava.
La bimba si rialzò tremante e incoccò una freccia nell’arco appena apparsogli fra le mani. Lanciò il primo dardo, ma il colpo non fece nemmeno vacillare l’Hollow.
-Tsuki!- urlò Kazuko in preda al panico. Le andò accanto e le prese la mano. Una luce accecante, nera, blu e bianca, fece cambiare qualcosa nell’anima dei due bambini.
Un secondo dopo, Tsuki era stesa a terra, come se fosse svenuta. Però, una bambina dal viso esattamente identico al suo era in piedi, impugnante una katana. Indossava un vestito somigliante a un abito da shinigami, tuttavia la gonna era corta e i colori differenti: infatti la veste era bianca, e sulla schiena era disegnata una croce da quincy. L’arma era altrettanto spettacolare, la guardia aveva la stessa forma, così simile a un fiocco di neve, la lama affilata mandava bagliori azzurrini. Non c’era più dubbio, si trattava della stessa Zanpakuto che era stata in possesso di Akane, una delle shinigami più forti della Soul Society, la madre di Tsuki.
-Ma cosa succede?- urlò lei spaventata, prima dell’intervento del padre.
-Sei diventata una shinigami, o meglio, hai tirato fuori la shinigami che era in te!- gli spiegò Hisayuki, il cui arco si era già mostrato, azzurro acceso. Ma prima che potesse scagliare una sola freccia, la figlia si era già lanciata verso l’hollow e gli aveva staccato di netto una gamba.
-No, Bimba, la maschera! Devi colpire la maschera!- distratta dalla voce del padre, Tsuki si girò, ma venne colpita da un pugno, che la scagliò lontano.
-Ora basta.- sussurrò, impercettibilmente. Poi si lanciò alla carica e spezzò in due la maschera del mostro, che si dissolse come polvere nera.
Hisayuki riuscì a prenderla per le spalle prima che svenisse solo per un pelo. Sorrise.
-E così avevi ragione di nuovo, eh, Urahara?- si voltò, vedendo lo shinigami lo aspettava, vestito come sempre e stretto a Benihime.
-Già. Io prendo il suo corpo.- lo indicò, ancora steso per terra e senza aspettare risposta, lo prese delicatamente. Nessuno dei due parlò fino a quando non arrivarono alla casetta sotto la neve.
-Hisayuki… mi dispiace per quello che ti ho detto. Non dovevo.- Kisuke si calò il cappello sugli occhi, incapace di guardare l’amico negli occhi.
-Scusami tu, Urahara… anzi, Kisuke.- si strinsero la mano.
-Già che sei qui e sei preoccupato per i miei figli, ho un favore da chiederti.- lo sguardo di Urahara era estremamente curioso.
-Cosa ti serve?- chiese Kisuke al quincy, che osservava di sottecchi i due bambini dormire abbracciati sul divano davanti al camino.
-Dovresti insegnargli a governare i loro poteri. Da quel che ho visto oggi mi sembrano molto portati, no? Inoltre, se puoi, insegnagli anche a contenere il reiatsu, in modo che non abbiano una vita normale.- gli spiegò, quasi fosse una supplica.
-D’accordo. Però sappi una cosa, Hisayuki: per quanto io gli insegni a nascondere e governare il reiatsu, non saranno mai normali.
-Lo so benissimo, Kisuke.- nella mente associò la nuova immagine che aveva di Tsuki con quella vecchia.
Possibile che una tanto amabile bambina si fosse trasformata in una macchina di uccisione?, pensò con nostalgia dei vecchi tempi, della pappa per neonati e perfino dei pannolini.
-Promettimi una cosa, Kisuke. Promettimi che se mi accadesse qualcosa ti occuperesti di loro. Giuramelo.- lo sguardo fisso nel vuoto, i pensieri rivolti ai suoi figli, Hisayuki saldava una volta per tutte la sua amicizia con Kisuke.
-Promesso. Non resteranno soli.- l’uomo chiuse gli occhi, rassicurato.
-Grazie.
  
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