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Autore: Alkimia    12/10/2012    12 recensioni
[CONCLUSA]
***SEGUITO di "A series of unfurtunate events"***
Ognuna delle opzioni possibili è rischiosa e potrebbe danneggiare Nadia. Per non parlare dell'altra faccenda in ballo: qualcuno vuole distruggere la Terra... tanto per mantenersi nel solco della tradizione.
Nadia è in America per cercare, insieme allo S.H.I.E.L.D, un rimedio ai danni provocati dall'energia della pietra. Loki è prigioniero sul pianeta dei Chitauri ma ha ancora dei piani. Eppure, ancora una volta, troppe cose non vanno come lui sperava. Vecchi nemici tornano da un passato lontano che lui continua a rinnegare, costringendo gli Avengers a tornare in campo; episodi e sentimenti inaspettati lo porteranno a dover decidere da che parte stare. E non è detto che la decisione finale sarà quella giusta...
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Nuovo personaggio, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A waltz for shadows and stars'
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Capitolo terzo
Taking chances – part one


La sera prima, durante la chiamata via webcam, Sara le ha detto che la trova in forma, che pensa che quei due mesi in America le abbiano davvero giovato. Nadia ha ricacciato in gola l'ennesimo sospiro malinconico e ha sorriso sciolinando qualche battuta sul fatto che è sempre in giro e fa molto movimento.
Questa non è del tutto una bugia. Non è affatto una bugia, anzi.
Sono due mesi che quasi ogni giorno si allena con Clint e Natasha e di certo il suo fisico e il suo aspetto ne hanno giovato, ma a parte questo non ci sono altri effetti positivi. Non ha più fatto esplodere niente, è chiaro, ma le crisi non sono cessate. Dai vari controlli medici a cui l'hanno sottoposta non è emerso niente di anomalo; sfogarsi con le lunghe sessioni di allenamento la sta aiutando a far diminuire la frequenza delle crisi, ma il problema non è risolto e, anche se non lo ha detto a nessuno, Nadia ha paura che una notte il suo cuore possa fermarsi nel sonno. Cerca di non pensarci, ma è un'idea che rimane a galleggiare sul fondo di ogni pensiero, di ogni risata, di ogni cosa che dice o che fa.
La ragazza fa scorrere il pass elettronico davanti alla lente ottica e la porta di vetro si apre automaticamente per farla entrare nella base newyorchese dello S.H.I.E.L.D.
Un ricordo prende forma nella sua mente, gettando ombre cupe sulle pareti di pannelli bianchi, asettiche come quelle di un ospedale. È il ricordo di un cielo notturno sospeso sopra la sua testa, il ricordo di una voce che ora lei preferisce immaginare priva di volto. La voce le dice che lei è una guerriera e che non c'è un limite oltre il quale qualcuno deve considerare di arrendersi.
Nadia si domanda a che serve essere una guerriera quando non si hanno le armi per salvarsi la vita. Ma sa che non ha nessun diritto di arrendersi, che se Tony e tutti gli altri si stanno facendo in quattro per aiutarla, lei non può concedersi il lusso di lasciarsi andare, anche se sa che quella battaglia è persa in partenza.  
Continua camminare lungo il corridoio. Prova sempre una strana soggezione ad essere lì, in mezzo a quella gente che è a conoscenza di segreti che le farebbero drizzare i capelli se ne scoprisse anche solo la metà.
Non deve parlare con nessuno, non deve fermarsi in nessun posto, non deve nemmeno provare a guardare oltre le fessure di vetro delle porte o leggere le targhette; ordini di Fury. Deve solo camminare verso l'unica stanza a cui il suo pass personalizzato le permette di accedere, dove di solito l'aspettano Clint e Natasha per portarla con loro in qualche strana palestra o in qualche laboratorio.
Quella settimana però Natasha non c'è, è via per una qualche missione e a lei non è permesso fare domande – e le manca molto: un pizzico di solidarietà femminile fa un'enorme differenza quando si vive in mezzo ai supereroi.
E Clint adesso le ha appena annunciato di aver preso – tutto da solo – la solenne decisione di volerle insegnare a sparare.
«A che mi serve?» protesta Nadia, mentre il senso di ribrezzo che ha sempre provato per le armi quasi la prende allo stomaco.
L'agente Barton si volta a guardarla come se lei gli abbia fatto la domanda più improbabile e insensata della storia della comunicazione verbale.
«È utile, per principio» taglia corto, mettendole in mano un pass elettronico per accedere a una sorta di armeria.
Mentre Clint sceglie le pistole, tra le molte armi da fuoco appese alla parete della stanza in cui sono appena entrati, Nadia si ricorda della sera dello scontro con i demoni sull'isola di San Michele, di come la rabbia fremeva dentro di lei, insieme alla voglia di fare qualcosa, tanto che aveva invidiato ai due agenti dello S.H.I.E.L.D. la dimestichezza che dimostravano di avere con le armi. Ma quella sera di ormai tre mesi prima era stato tutto diverso, quella sera aveva avuto paura, voleva lottare e l'avrebbe fatto contro un'intera città di demoni e mostri assortiti se ci fosse stato bisogno. Ora non sa cosa vuole fare della sua vita, fintanto che ne gliene resta una.
Ha sempre creduto che in una situazione del genere si sarebbe tuffata a capofitto nelle cose, si sarebbe sforzata di vivere ogni giorno fino in fondo, fare incetta di sensazioni, azioni, emozioni. Ma non è così, semplicemente sente di non averne la forza, che non c'è un vero motivo per farlo. Si sente vuota e sono loro, gli Avengers, senza saperlo, che la stanno trascinando avanti, passo dopo passo, giorno dopo giorno. Nadia gli è profondamente grata per questo, e allo stesso tempo lo trova alienante; a volte è come dibattersi tra le pareti di una prigione, sapendo che non giungerà mai il sollievo della libertà.
Ma forse un giorno, a forza di allenamenti e tentativi, lei imparerà a gestire le crisi e sopravviverà, oppure no. Quello che sa è che è stata lei, due mesi prima, a chiamare Tony per chiedergli aiuto e adesso non può semplicemente uscirsene con un «no, grazie, ho cambiato idea».
Imponendosi di accantonare i suoi pensieri angosciati da derelitta, segue Clint fino al poligono di tiro.
Dopo aver indossato cuffie e occhiali protettivi, l'agente pigia un tasto e una sagoma con la forma scura di un uomo stilizzato si muove verso di loro.
Clint tende il braccio e spara, dando fondo al caricatore. Nel silenzio assordante che segue gli spari, Nadia vede che i fori dei proiettili hanno disegnato con precisione una faccina triste dove c'era la testa della sagoma.
«Molto artistico» commenta, stupita. «Io che dovrei fare?».
Clint le mostra come tenere la pistola e come far partire i colpi, poi allunga la mano verso il tasto per far avanzare una nuova sagoma,
«Facciamo che per il tuo primo tentativo non ti dico niente, voglio vedere a istinto come sei messa» conclude prima di pigiare il bottone. «Cerca di colpire sempre lo stesso punto».
«Cosa?...»
«Spara!».
Nadia tende il braccio e preme il grilletto. Una volta, due volte... cinque volte. Sente la vibrazione del rinculo spandersi dal polso fino al gomito in una maniera quasi dolorosa, tanto che quando abbassa la guardia il braccio le tremola come se i muscoli fossero stati sottoposti a un enorme sforzo.
Vede la sagoma di cartone avanzare verso di lei. Ci sono cinque fori sul disegno dell'uomo, tutti in punti molto distanti l'uno dall'altro, due nelle braccia, uno sulla pancia, uno sulla gamba e un altro alla base del collo.
Clint guarda i fori dei proiettili che ancora fumano,
«Beh, quel che è certo è che lo avresti ucciso» commenta.
«Come diavolo faccio a sparare sempre nello stesso punto se la vibrazione del rinculo mi fa tremare il braccio?»
«Impari a prevedere. È tutta una questione di farci l'occhio e l'abitudine»
«Clint, io non voglio fare l'abitudine a questo genere di cose...» ammette lei con un sospiro.
«Sciocchezze. Non è diverso dal cucire a uncinetto, è solo un po' più rumoroso».
Nadia alza gli occhi al cielo e scuote la testa, poi lascia che Clint si prodighi in consigli utili e spiegazioni di ogni sorta tra un tentativo e l'altro.
Come Nadia si aspettava e come l'agente Barton certamente sapeva, non ci sono stati miglioramenti sostanziali per quella mattina, c'è stato solo un enorme spreco di pallottole e un notevole stress da inquinamento acustico. Ma lui è ancora convinto che sia importante che lei impari a sparare e, magari se mettesse su un po' di muscoli in quelle braccine sottili, le insegnerà anche a tirare con l'arco.
«È stata un'idea di Fury?» domanda Nadia all'improvviso, mentre tornano verso l'armeria. «Lui ha in mente qualche occupazione da trovarmi, nel caso io diventi utile in qualche modo?»
«Nadia, non ti stiamo addestrando. Se lo avessimo fatto, a quest'ora sapresti già sparare nell'occhio a una mosca» risponde Clint piccato. «E Fury non ha nessun progetto per te, a parte quello di non farti esplodere come una bomba nucleare».
«Confortante. Perché mi sta aiutando?»
Clint sorride in un modo curiosamente enigmatico,
«Gli Avengers. Vuole che loro e lo S.H.I.E.L.D. siano buoni amici, mettiamola così. E poi, nel frattempo, si assicura che tu non diventi un pericolo per te stessa o per gli altri» risponde.
«Oh, io avrei giurato che lo facesse per buon cuore» borbotta Nadia con bieco sarcasmo.
In quel momento, dalla ricetrasmittente che penzola dalla cintura di Clint, si leva un roco ronzio; lui afferra l'oggetto e ascolta senza troppa voglia una voce femminile – che a Nadia sembra decisamente quella di Maria Hill – che gli ordina di recarsi in un punto della base, motivando la richiesta con un secco «Codice 4a» che per la ragazza non ha alcun significato.
Clint smonta i caricatori dalle pistole e getta tutto tra le braccia di Nadia,
«Devo andare. Puoi riportarle tu nell'armeria?» le chiede sbrigativo.
Lei annuisce pensando che questa cosa è meglio che Fury non la venga a sapere – ma il grande capo è da qualche parte, in un'altra città a sbraitare contro qualcun altro, il problema non si pone.
«Senz'altro. A domani, Clint»
«A domani. Nel frattempo prova ad esercitarti lanciando palline nei bicchieri».
Nadia lo vede sparire nella direzione opposta del corridoio, chiedendosi se quelle ultime parole siano una battuta o se dicesse sul serio. Alla fine scrolla le spalle e torna verso l'armeria, sentendo il freddo del metallo delle pistole penetrare oltre la stoffa dei vestiti.
Quando arriva davanti alla porta dell'armeria il corridoio è vuoto e silenzioso; la ragazza cerca di prendere il pass dalla tasca senza far cadere a terra le armi, guardando con aria truce la porta davanti a sé e le canne dei fucili che si intravedono dal rettangolo di vetro. Una faccia compare all'improvviso oltre il rettangolo e Nadia sussulta per lo spavento, fissando attonita la giovane donna che batte i palmi delle mani contro la porta sbarrata.
«Ehi... aiuto!» la voce della sconosciuta è bassa, suona lontanissima da dietro il battente blindato. «Per favore, fammi uscire».
Nadia si affretta a far scorrere il pass nella serratura elettronica e la porta si apre con un sonoro CLIK. La donna schizza fuori, prendendo grosse boccate d'aria.
«Oddio, grazie, grazie tante... pensavo che sarei morta soffocata lì dentro» borbotta, aggiustandosi dietro l'orecchio una ciocca dei suoi lunghi capelli castani.
La ragazza la fissa, ancora stupita. La sconosciuta ha tutta l'aria di non essere un agente dello S.H.I.E.L.D. - Nick Fury caccerebbe a calci nel sedere un agente che rimane bloccato dentro una stanza – e dietro al suo aspetto scarmigliato sembra molto carina. L'occhio di Nadia cade sul cartellino di riconoscimento che la sconosciuta tiene appuntato mezzo storto sul petto. Dottoressa Foster Jane.
«Oh, tu sei Jane» esclama la ragazza, sgranando gli occhi, e senza volerlo si ritrova a ridacchiare scuotendo la testa.
L'astrofisica sghignazza nervosamente, come ad assecondarla, ma poi la guarda con una punta di smarrimento,
«Perché stai ridendo?» le domanda.
Nadia sorride, un sorriso bello grosso e pieno di una strana, remota tenerezza.
«Scusa, non ti sto prendendo in giro. Non ci conosciamo, ma qualcuno mi ha parlato molto di te» le risponde, entrando nell'armeria per liberarsi dal peso che ha in mano.
«Qualcuno?» fa Jane, oltre la soglia.
«Thor».
Nadia pronuncia quel nome sentendo di nuovo il sorriso allargarsi sul suo viso. È di spalle e non può vedere l'espressione dell'altra donna, ma quando si volta per uscire la trova impalata a fissare davanti a sé con aria sbigottita.
«Sì, è una lunga storia» aggiunge Nadia con un sospiro. «Magari un giorno ci prendiamo un caffè assieme». E mi spieghi come fai a gestire la nostalgia, dottoressa Foster, perché io ne sto morendo.
«Tu sai dov'è? Thor, intendo» dice Jane, con una voce talmente bassa da essere a malapena udibile. Un velo di rossore le passa sul viso mentre distoglie lo sguardo puntandolo in terra, come se di colpo la punta delle sue scarpe sia diventata la cosa più interessante dell'intero universo.
Nadia non ha risposte per lei e ne è dispiaciuta, ma immagina che se rimanesse in silenzio probabilmente la dottoressa Foster avrebbe un collasso.
«Sta cercando suo fratello» mormora con un mezzo sorriso triste. Non è una risposta molto precisa, ma è la verità.
«Intendi il fratello pazzo assassino con le manie di grandezza?».
La ragazza sente qualcosa di pesante appoggiarsi sul cuore. Fa un profondo sospiro, ma il peso non sembra allentarsi.
«Immagino non abbia altri fratelli» conclude semplicemente.

Nadia saluta frettolosamente Jane e si allontana lungo il corridoio. Dopo qualche minuto sente il cicalio del cellulare che la informa di un nuovo sms ricevuto. Prende l'apparecchio e guarda il display; nel rettangolo illuminato ci sono solo una serie di lettere alla rinfusa che non hanno alcun significato.
La ragazza sorride, poi alza gli occhi al cielo.
«Ah, Steve...» mormora.
Rimette il cellulare in tasca e si affretta in direzione dell'uscita. Nell'attraversare i corridoi nota che alcuni agenti hanno gli occhiali da sole anche mentre sono dentro e per un attimo le sembra di essere sul set di Man in Black o in una versione molto moderna del Paese delle Meraviglie. O in un centro di igiene mentale...
Fuori, nel piazzale della base, c'è Steve Rogers che l'aspetta appoggiato alla sua motocicletta, in tutto il suo anacronistico splendore.
«Capitano, cos'era quella roba, un messaggio in codice?» chiede lei con un sorriso sarcastico.
«Senti, ho provato a scrivere messaggi come mi hai insegnato tu, ma questo telefonino complotta contro di me e non c'è da stupirsi visto che è un regalo di Stark» risponde lui sulla difensiva.
«L'ho già sentito dire. Da mio nonno»
«Passi troppo tempo con Tony, stai diventando peggio di lui, sai?».
Steve le passa un braccio attorno alle spalle e le batte una mano sulla schiena.
«Come stai?» aggiunge.
Domanda canonica per la quale Nadia ha una risposta canonica.
«Una favola».
Il Capitano apre la bocca per parlare e lei lo sa cosa sta per dirle, sta per dirle che non ci crede che lei stia bene, che non si dicono le bugie perché è una cosa sbagliata e che non deve preoccuparsi di niente perché loro non permetterebbero mai che le capiti qualcosa di male. Ma ci sono cose che nemmeno gli eroi più forti del pianeta possono contrastare, dovrebbero aver imparato la lezione dopo quella notte a Venezia, quando lei fu accoltellata alla pancia e fu salvata dall'intervento di un dio, di Odino che lo aveva fatto per Loki.
Odino... Loki... salvataggio...
Cazzo!
Steve capisce che certe cose comunque è meglio non dirle. Si limita a sorriderle e a porgerle un casco.
«Cos'è questa storia che ti sei data alla pazza gioia a un party?» le domanda a bruciapelo.
«Gesù! Ma Tony gli affari suoi non sa farseli?» borbotta Nadia sentendosi avvampare. «Mi stavo solo divertendo... e te non capita mai?»
«Io non mi ubriaco»
«Perché hai un'anima candida, lo so...»
«No, perché ho un metabolismo che brucia troppo in fretta».
Nadia scuote la testa e monta in sella. Non riesce mai a tenere a mente tutti i bizzarri particolari della vita di quelle persone, c'è sempre qualcosa che le sfugge.
Comunque sia, è rilassante poter appoggiare la testa in mezzo alle scapole di Steve e concedersi il lusso di smettere di pensare mentre la moto la porta via dalla città.
Da ragazzina aveva sempre desiderato avere dei fratelli maggiori, adesso ne ha un'intera squadra.

Steve viene a prenderla quasi tutti i giorni e insieme seguono la strada che porta fuori dal centro di New York, fino a una casa nel bosco, una di quelle casette da set pubblicitario, con il patio di legno e il tetto rosso a spiovente. Lì è dove hanno sistemato Bruce.
L'idea di fondo è che lei passi del tempo in quel posto nel caso in cui si manifesti qualche altro picco di energia, in modo che possa provare a farla uscire fuori senza far male a niente e nessuno. Sperano che se dovesse succedere lei possa fare qualche tentativo per provare a governarla, ma la ragazza non saprebbe nemmeno da che parte cominciare, non è nata per avere a che fare con quelle forze che nemmeno appartengono al suo mondo, il suo istinto non può aiutarla anche se tutti sperano che sia il tempo a farlo. All'inizio anche lei ci aveva sperato, adesso non è capace di ammetterlo con se stessa, ma la speranza comincia a diventare un'opzione sempre più improbabile.
Per un attimo le sembra di essere tornata a qualche mese fa, prima che arrivasse Loki, prima che cominciasse quella storia assurda, quando ogni suo tentativo di opporsi al destino che le era toccato andava a finire con un inevitabile fallimento.
La ragazza guarda il bracciale, la pietra opalescente sembra un occhio puntato su di lei, un occhio vuoto e senza espressione, lo sguardo di un boia che attende di sapere se l'imputato verrà graziato oppure no. Ha notato che è sempre calda al tatto e ha avuto come l'impressione che a volte cambi colore, certi giorni sembra più tendente a un azzurrino sbiadito, altri sembra color madreperla, quasi bianca e priva di lucentezza.
Allo S.H.I.E.L.D. hanno provato a studiarla.
Lei è rimasta seduta per ore con degli aggeggi simili a piccoli elettrodi attaccati al bracciale; lo scienziato che se n'è occupato, il dottor Eric Selvig, era un tipo gentile e allegro, con una strana luce entusiasta negli occhi mentre armeggiava con strumenti e cavetti e rilevatori attorno al suo braccio. Alla fine la luce nello sguardo gli si era spenta quando, dopo una serie infinita di tentativi, aveva dovuto ammettere che non aveva trovato niente, la pietra non rispondeva a nessun test, nessuno strumento era in grado di captare e misurare le emanazioni di energia che venivano da quel piccolo oggetto. Agli occhi del dottor Selvig, quell'ovale opalescente non sembrava altro che un pezzo di bigiotteria.
Nadia avrebbe voluto provare a spiegargli la storia del sangue, che l'energia può essere captata e percepita solo dal sangue di Asgard, ma poi si sarebbe ritrovata a dover spiegare allo scienziato un sacco di cose di cui il solo ricordo faceva male più del potere della pietra
Ma la pietra, l'energia, la paura sono tutte cose a cui non vuole pensare, non ora che sono arrivati a casa di Bruce, dove lui li aspetta sulla porta con aria tranquilla e viso sorridente.
Bruce le ha detto che la casa era della mamma di Tony, è stato lui a lasciare che il dottor Banner si stabilisse lì prima che prendesse in considerazione l'idea di tornarsene a Calcutta o in qualche altro posto sperduto a nascondersi dal resto dell'umanità. Quella soluzione è un efficace compromesso, e Bruce non è del tutto isolato dal mondo – così magari in futuro avrebbero evitato che tentasse di nuovo di spararsi con il solo risultato di irritare l'Altro. Nadia è contenta per lui, trova impensabile che un uomo come Bruce Banner, la quintessenza della tenerezza, resti abbandonato a se stesso... e ai muscoli di Hulk.
Lei e Steve entrano in casa, premurandosi di pulirsi bene le suole delle scarpe sullo zerbino, perché a Bruce non piace la polvere in giro ed è meglio non mettere alla prova la sua pazienza e il suo animo ospitale.
Il padrone di casa ha già messo l'acqua a bollire sul fuoco.
Il rito del tè verde si è protratto per tutti i due mesi che Nadia è stata lì; lei odia il tè verde, le appiccica il palato, ma ha imparato ad apprezzare quel momento della giornata, quando la tensione si allenta, quando sa che l'aver dato sfogo all'energia accumulata le lascerà come minimo un'altra settimana di tregua da malesseri assortiti. E poi Bruce è troppo simpatico – e pericoloso – per essere ferito con un rifiuto al suo beneamato tè verde che tra l'altro fa bene alla diuresi e combatte i radicali liberi e tutto il resto...
Nadia mette tre cucchiaini di zucchero nella tazza e mescola nel vano tentativo di alleggerire quel saporaccio di erba lasciata a macerare.
«Sei l'eccezione che conferma la regola secondo la quale tutti gli scienziati sono caotici» mormora Nadia guardandosi attorno, passando in rassegna con lo sguardo la casa perfettamente in ordine, con i fogli impilati sul tavolo da lavoro accanto al pc portatile, gli schedari incolonnati su una mensola con le etichette scritte in bella calligrafia.
«Hai conosciuto molti scienziati?» borbotta Bruce, con quel suo sorrisetto sempre un po' nervoso.
«Tu non hai idea del caos che regna sui tavoli di lavoro nei laboratori dello S.H.I.E.L.D.»
«Ho sentito parlare della dottoressa Foster» aggiunge Steve, soffiando nella sua tazza. «Si mormora che abbia fatto rischiare l'infarto persino a Fury».
«A proposito, che novità ci sono riguardo al warmhole?». Nadia butta lì la domanda in tono del tutto disinteressato. È disinteressata davvero, ma stando al modo in cui la stanno fissando ora Bruce e Steve loro non sembrano crederlo.
«Nessuna, per quanto ne so. Le ricerche si sono rivelate un buco nell'acqua e penso che Fury presto rimanderà a casa la dottoressa Foster, prima che lei faccia accidentalmente saltare in aria qualcosa» dice poi lo scienziato tornando a sorseggiare il suo tè, fingendo di dimenticarsi dei possibili motivi per i quali la sua giovane amica ha posto il quesito.
Non stavo pensando a Loki...  
È vero, Nadia vorrebbe gridarlo, ma lascia perdere. Sarebbero tutti molto contenti se lei si togliesse dalla testa il dio latitante, ma con quel loro atteggiamento perennemente sul chi vive non l'aiutano di certo.
«Non potrebbe essere solo un caso, questa tempesta magnetica?» chiede Steve a bruciapelo.
Bruce scrolla le spalle e scuote la testa. Per conto suo, Nadia sente che c'è qualcosa che stona in tutta quella faccenda.
«Da quando in qua i supereroi credono al caso?» mormora con un sorriso.
Steve sta per dire qualcosa ma la suoneria del suo cellulare esplode come uno sparo.

I'M ON THE HIGWAY TO HELL
I'M ON THE HIGWAY TO HELL
ON THE HIGWAY TO HELL!

Il novantenne con l'aria da ragazzo quasi arrossisce, mentre cerca con gesti convulsi il suo telefonino nella tasca della giacca, borbottando che prima o poi obbligherà Stark a cambiargli quella suoneria a forza di pugni in faccia.
«Pronto?!»
«Rogie! La carrozza si è già trasformata in zucca?». La voce di Tony è talmente squillante da essere udibile per tutta la stanza.
Steve strabuzza gli occhi,
«Si può sapere che vuoi?» ringhia.
«Che mi riporti indietro la nostra deliziosa Cenerentola, stasera c'è il gran ballo».
Bruce inarca un sopracciglio, incuriosito,
«Ballo?» domanda.
«Oh, ma c'è anche la Fata Madrina!» esclama la voce di Tony nella cornetta. «Sì, Bigfoot, un ballo, o per meglio dire un party»
«Oh, il party, quel party» dice Nadia con un sospiro. «Tony, ricordi l'ultima volta che sono stata a un party come è andata a finire?»
«E chi se lo scorda, Colombina! Ma questa sera potremmo avvalerci della supervisione di madama Pepper, che veglierà sul nostro onore e sul nostro tasso alcolico, facendo ricadere su di noi una tempesta di fuoco e lapilli nel caso dovessimo eccedere in...».
Si sente una botta, un fruscio e un lamento. Pepper deve avergli lanciato contro qualcosa.
Nadia nasconde il viso tra i palmi delle mani. La serata si prospetta tragica.
Non ha ben chiaro come mai Tony abbia insistito tanto perché lei partecipasse, assieme a lui e a Pepper, a quella festa indetta da un'importante associazione che per qualche astruso motivo ha a che fare con le Stark Industries, ma è certa che ci sia una ragione ben precisa perché il caro signor Stark si è premurato di far comparire nel suo armadio un abito da sera da mozzare il fiato, uno di quei cosi che Nadia non sa neanche da parte si infilano.
Il tono di Steve si alza di diverse ottave mentre tenta di rispondere per le rime a una delle battutacce di Tony, Nadia lo guarda scuotendo la testa, mimando con le labbra un rapido: «è inutile».

*

Tony non ama le feste, quando non è lui a organizzarle o quando non ha spazio di manovra per trasformare una serata nella sua serata. E sono giorni che Pepper si raccomanda caldamente di comportarsi bene perché quella è un'occasione molto importante. Fa tutto parte del progetto per dare alle Stark Industries un nuovo assetto, creare un'immagine positiva per quel colosso produttivo che è l'impero lasciatogli da suo padre – come se il mondo potesse dimenticare da un giorno all'altro che per generazioni la sua famiglia non ha fatto altro che costruire armi.
Ovviamente, l'idea di una collaborazione con la Golden Hope non è stata sua, ma della cara signorina Potts, alla quale lui ha regalato una sostanziosa quota azionaria e una serie di deleghe con la sua firma. Pensandoci, avrebbe fatto meglio a comprarle un collier di diamanti, sarebbe stato assai meno faticoso e lui adesso non starebbe lì, intento a fare il nodo al papillon di seta nera.
«Sta magnificamente, signore» dice la voce di Jarvis, riempiendo l'aria.
«Grazie, lo so»
«Non lei, signore, mi perdoni. Intendevo la signorina Nadia, è qui nell'ingresso».
Tony sorride compiaciuto, tastando la busta di carta che ha nella tasca interna dello smoking. Se non altro, la serata non trascorrerà invano: farà un favore a Nadia e poi potrà mostrarsi tristemente annoiato con Pepper per indurle sensi di colpa che la renderanno assai più malleabile in camera da letto. E comunque, conoscere finalmente di persona le teste coronate della Golden Hope è pur sempre una cosa che desiderava fare da tempo – non che il desiderio fosse particolarmente ardente, ma sono pur sempre i tizi con i quali un intero reparto delle sua industrie sta attualmente collaborando.
La Golden Hope è un'associazione di ricerca che si occupa dell'applicazione dell'alta tecnologia in campo medico; ha avuto un'ascesa rapida, sembra spuntata dal nulla e nel giro dell'ultimo anno ha guadagnato una grossa fama e attirato l'attenzione di molti investitori. Tony ha fatto controllare da Jarvis i loro conti e i loro registri e sembra tutto spaventosamente in ordine, la G.H. è più pulita di una garza sterile, per quanto una così rapida scalata al successo sembri anomala.
Loro hanno i fondi e hanno i cervelli, gli servivano le strutture per mettere in pratica le loro ricerche ed effettuare dei test, per questo si sono rivolti alle Stark Industries, e il cuore tenero di Pepper l'ha portata a prendere in seria considerazione la loro proposta di collaborazione.
Molto bello, per carità, ma adesso Tony si augura che questo non lo obblighi a presenziare a ogni dannato party che il direttore dell'associazione organizza durante l'anno.
Si versa una goccia di profumo sui polsi e alla base del collo, sistema meglio i polsini della camicia dentro le maniche dello smoking ed esce dalla sua stanza, mettendo su un sorriso trionfale, che si allarga ancora di più quando vede Pepper e Nadia che lo aspettano guardando fuori dalla vetrata.  
«E come disse Cornelia: ecco i miei gioielli» esclama, sghignazzando.
Qualche minuto dopo sono in macchina, diretti verso l'hotel dove Norman Hope, il grande capo, ha organizzato il party.
Nadia non sembra molto a suo agio in quell'abito da festa, però sta davvero magnificamente, come ha detto Jarvis e lui non aveva mai fatto caso a quanto fosse carina. Dannazione, una così dovrebbe avere un minimo sindacale di cinque o sei corteggiatori! E invece ne ha uno solo, lo stagista che sembra un conduttore di trasmissioni per bambini, Mike qualcosa, ancora non è riuscito a memorizzare il cognome del ragazzo. Sembra un bravo ragazzo, è in gamba, Pepper dice che lavora sodo e che ha una mente brillante; a conti fatti potrebbe essere un cavallo vincente sul quale puntare e Tony ha deciso di fare un tentativo.
L'auto si ferma davanti all'ingresso dell'hotel dove dei faretti raso terra disegnano un sentiero luminoso fino alla porta girevole di vetro satinato e ottone. Giornalisti e curiosi si affollano oltre il limite segnato da paletti e cordoncini rossi, sotto lo sguardo vigile di quello che deve certamente essere un imponente corpo di sicurezza composto da uomini in completi blu scuro.
I flash delle macchine fotografiche piovono come pioggia e le voci dei giornalisti si confondo in una cacofonia di domande riassumibili in un unico quesito: perché le Stark Industries si sono messe in affari con la Golden Hope e cosa ci si deve aspettare da questo sodalizio?
Ci sarà tempo per far contenti gli squali della carta stampata dopo, quando Tony e Norman Hope, il capo della baracca, usciranno insieme a braccetto a ripetere le parole scritte nei comunicati stampa emessi dalle rispettive imprese e a farsi immortalare dai fotografi come se fossero vecchi amici che si sono visti per farsi due chiacchiere davanti a una birra. Adesso deve solo mettere un piede avanti all'altro su quel sentiero tracciato da luci bianche sul lastricato, tenendo Pepper sottobraccio e assicurandosi che Nadia, dietro di lui, non si faccia prendere dal panico per tutto quel trambusto.
Nadia sembra reggere abbastanza bene, continuando a camminare con un faccino misuratamente tranquillo e sorridente, salvo poi lasciarsi scappare un sospiro di sollievo appena mettono piede nella hall, dove i rumori dell'esterno si spengono di colpo, trattenuti fuori da pareti insonorizzate.
Raggiungono il salone delle feste, uno sfavillio di lusso che pretende di apparire sobrio.
«Se non altro i nostri nuovi amici sanno come dare una festa» bofonchia Tony rimediandosi un'occhiataccia da parte di Pepper e strappando a Nadia una risatina.
Pepper lo pilota verso il fondo della sala dove il padrone di casa sta stringendo mani ed elargendo sorrisi e frasi di circostanza.
Norman Hope è un uomo di mezza età, i capelli quasi del tutto bianchi ma il viso ancora giovanile e gli occhi grigioverdi da ragazzino. Ha un bel portamento da signore e un sorriso da squalo, come ci si aspetta da uno la cui impresa ha fatto così tanta strada in poco tempo. La stretta di mano che scambia con Tony è forte e decisa.
«Sono contento di conoscerla, signor Stark» dice. «E sono felice di rivederla, signorina Potts. La nostra giovane amica invece è?».
Norman Hope guarda Nadia e le rivolge un sorriso cortese.
«Nadia Berton» risponde lei, stringendogli la mano. «Un'amica del signor Stark e della signorina Potts».
«Lei non è di qui, vero Nadia?»
«No, sono italiana. Sono qui per uno stage fotografico e Tony e Pepper sono stati così gentili da ospitarmi».
Recita la parte alla perfezione. Tony quasi trattiene un sospiro triste: quanto bene le stanno insegnando allo S.H.I.E.L.D? Forse dovrebbe passare meno tempo con Barton e la Romanoff...
Norma Hope sembra dimenticarsi del caos di persone che ha attorno, posa una mano sulla spalla di Tony e si tuffa in un discorso su quanto sia bello e importante il matrimonio – dice proprio matrimonio, brrr! – tra le loro industrie. Dopo i primi tre minuti Tony ha già smesso di ascoltarlo, sta solo annuendo e fissando sgomento con la coda dell'occhio un dannatissimo quartetto d'archi che sta per prendere posto su un palchetto al centro della sala.
Un quartetto d'archi? Ma questi della Golden Hope non sanno proprio divertirsi?!
Nadia si è già eclissata. Tony la vede accanto al palco a guardare i musicisti – a lei i quartetti d'archi dovrebbero piacere. Norman Hope interrompe per un secondo la sua filippica da consuocero, quel tanto che basta a Tony per divincolarsi e gettarlo tra le braccia di Pepper che sembra assai più interessata di lui ad ascoltare quei meravigliosi e tediosi discorsi.
«Scusate, devo andare a salutare una persona» borbotta, cercando di apparire quanto più serafico e cortese gli riesce, poi si allontana in direzione della persona che ha puntato.
Mike, lo stagista dal cognome ignoto, è in un angolo della sala a conversare amabilmente con altri colleghi delle Stark Industries che deve aver conosciuto durante il tirocinio. Tony punta diritto verso di lui, ma qualcuno gli sbarra la strada.
«Signor Stark!». Il suo nome viene pronunciato con una pungente nota di sarcasmo, tanto che per poco lui non si mette a ringhiare.
Ha rimosso il ricordo di più o meno tutte le donne che sono passate nel suo letto, ma tra sé e sé ogni tanto ancora immagina di giocare a freccette con una foto a grandezza naturale della brillante giornalista Christine Everhart per quanto lei continua a tormentarlo anche solo in forma di riminiscenza.
«Signorina Everhart. Ti credevo in California»  borbotta, rivolgendole un sorriso tirato.
«Vuoi scherzare? Con tutto quello che è successo a New York ultimamente!»
«Stai preparando un servizio sulla derattizzazione di Central Park?».
Christine arriccia il naso, imperturbabile nel suo contegno da gran campionessa.
«Mi guardo un po' in giro. In questa città ci sono parecchie cose sulle quali lasciar cadere lo sguardo» risponde, e poi si lascia andare a una mezza risatina provocatoria. «Supereroi? Una collaborazione tra le Stark Industries e la G.H? Una dimostrazione pubblica della tua ultima dievoleria? Stai invecchiando Stark, riuscirai a reggere il ritmo?» «Chissà. Tu potresti cominciare a scrivere il mio coccodrillo, così magari ti metti avanti con il lavoro» la rimbecca Tony, senza riuscire a evitarle uno sguardo torvo. «Divertiti a questa festa, ammesso che il divertimento fosse nei piani di chi l'ha organizzata».
La sorpassa e si avvia verso l'angolo della sala dove Mike ora sta ridendo alla battuta di uno del gruppetto con cui è intento a parlare.
«Ehi, Stark» lo chiama Christine, con un'espressione melliflua. «Dopotutto siamo vecchi amici e una cosa almeno potresti dirmela. Chi è la ragazza?».
Non sono affari tuoi!
«La fotografa che preparerà il servizio fotografico per la dimostrazione della diavoleria» risponde sbrigativo. Nadia ha attirato fin troppo l'attenzione, come ogni cosa che ruota nell'orbita di un personaggio ricco e famoso, ma nessuno può farci niente. Forse sarebbe stato saggio non portarla affatto a quella festa, ma quando mai lui è stato saggio?
Il sorrisetto malizioso di Christine è insinuante, tanto che riesce quasi a fargli montare la rabbia, ma decide di ignorarla e proseguire per la sua strada.   il servizio fotografico per la dimostrazione della diavoleria
Il sorrisetto malizioso di Christine è
«Signor Stark!» di nuovo. Stavolta è Mike ad esclamare il suo nome, mentre lo guarda con quel suo fare un po' allarmato – santi numi, quel ragazzo sembra sempre aver paura che lui voglia mangiarlo.
«Buona sera, Mike. Ti stai divertendo?»
«Sì, signore, certo».
Ovviamente. Non ammetterebbe mai il contrario, è stato lui a invitarlo al party, insieme a molti altri collaboratori delle Stark Industries. Diamine, quel ragazzo è più snervante di Steve Rogers in modalità ''soldato perfetto''.
Tony non ha voglia di perdersi in preamboli, né di tenere il giovanotto sulle spine più del necessario. All'inizio trovava divertente punzecchiarlo per il timore reverenziale che riusciva a incutergli, adesso il gioco comincia a essere noioso.
«Ho notato, sai, che ronzi attorno a Nadia» gli dice.
Il volto di Mike si accende di rosso come un semaforo e il ragazzo cerca disperatamente di non abbassare lo sguardo, nel tentativo di non sembrare più stupido di quanto già non sembri.
«Beh, signore, è senz'altro una persona... ehm...» farfuglia, stringendo goffamente il flûte di cristallo che ha tra le mani. Se va avanti così si farà esplodere il bicchiere in mano.
Dopo qualche secondo di silenzio imbarazzato, il giovane stagista mette insieme un po' di palle e di lucidità.
«Onestamente, signore, Nadia mi piace molto» ammette tranquillo, con un tale candore che per poco Tony non gli vede comparire un'aureola sopra la testa.
«Fantastico! Si dà il caso che Nadia per me è, come dire...»
«Come una figlia?».
Tony aggrotta le sopracciglia con aria offesa,
«Stavo per dire come una sorella più piccola. Ehi, pivello, quanti anni mi dai?!» borbotta crucciato.
«Mi scusi signor Stark... non era per l'età, era più che altro per il tipo di legame che ho notato esserci tra di voi» tenta di difendersi Mike, imbarazzato fino al midollo.
«Ok, lasciamo perdere» taglia corto il suo interlocutore. «Ti piacciono i musical?».
«I musical? Sì, abbastanza...».
Adesso Mike sembra confuso, ma si sforza di tirare fuori un sorriso diplomatico. Tony infila la mano nello smoking e ne estrae una busta.
«Qui ci sono due biglietti per The Phantom of the Opera, a Broadway» spiega, ficcando la busta in mano al ragazzo. «Erano per me e Pepper, ma non possiamo andarci. Ho pensato che potresti invitare Nadia a uscire, sono certo che le farebbe piacere».
Mike si rigira la busta tra le mani e sembra di nuovo uno che è appena venuto al mondo. Quell'espressione innocente e stupita fa attorcigliare lo stomaco di Tony ma lui si costringe a mantenere la calma.
«Naturalmente non è un ordine o niente del genere, la riuscita della serata non influirà sul giudizio che verrà dato al tuo tirocinio o altre stupidaggini burocratiche. Solo, sarebbe un peccato sprecare questi biglietti» conclude Stark con un sorriso, il più aperto e amichevole che riesce a tirare fuori.
«La ringrazio infinitamente, signore». Mike sembra davvero contento.
«Non c'è di che. Ora va' a cercare Cenerentola e fai il bravo principe azzurro. Buona serata»
«Anche a lei, signor Stark».
Tony si volta, passa in rassegna la sala con lo sguardo alla ricerca di Pepper. Il quartetto d'archi comincia a suonare qualcosa di molto raffinato e molto soporifero.
Non è nel suo stile mettersi a fare il ruffiano, ma è contento di quello che ha fatto. Aveva promesso che si sarebbe preso cura di Nadia, si era detto che se si fosse presentata la necessità, le avrebbe cavato via dalla testa i brutti ricordi a suon di trapanate nel cervello. Lei ha salvato la sua donna, ora lui vuole salvare lei e, perché no, vuole vederla assieme a un bravo ragazzo, e quel Mike è un bravo ragazzo, o almeno si spera... di sicuro non può essere peggio del fottutissimo dio latitante.







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Note:

Nel caso in cui qualcuno non abbia visto i film su Iron Man DEVE correre a vederli... ehm, no, dicevo... Christine Everhart è LEI

Spero che questi primi capitoli non risultino noiosi. Dovevo in qualche modo ricreare un contesto, gettare le basi, ridare ad ogni personaggio – vecchio e nuovo – il suo spazio... e per forza di cose, questi capitoli sono molto “NadiaCentrici”.
Vi chiedo di portare pazienza ancora un po'... poi si comincia a far sul serio.
Tra l'altro, quando parlavo del fatto che questa fanfiction sarebbe stata più lunga della precedente mi riferivo più che altro al fatto che molti capitoli sono più lunghi della Critica della Ragion Pura di Kant. Sul numero di capitoli, al momento io e il sindacato dei personaggi letterari ancora non abbiamo trovato un accordo.
Ci leggiamo venerdì con l'aggiornamento ^^
Intanto grazie a tutti quelli che stanno leggendo la storia *__________*


Per curiosità in generale o domande sulla fanfiction, la vita, l'universo e tutto quanto: HERE

   
 
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