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Autore: transatlanticism    12/10/2012    1 recensioni
Una mail qualche settimana prima fece tornare alla mente di Sophie tanti ricordi, belli e brutti.
Object: Riunione di classe
By: david_mcconnor@yahoo.uk
To: sophieyoung@yahoo.uk
Date: 25-9-2012
“Vi starete chiedendo il perché di questa mail, no? Spero non l’abbiate cancellata ancor prima di aprirla, trovare i vostri contatti è stata un’Odissea!
Magari mi presento, cioè vi faccio presente chi sono: David McConnor, il capoclasse al liceo, vi ricordate? Bene, ho pensato che, magari, potremmo incontrarci ancora. La nostra classe al completo! Sono passati ben nove anni, non sarebbe male vedere che fine abbiamo fatto. Vi prego di farmelo sapere al più presto, così da organizzare un incontro coi fiocchi.
Ci si vede o sente, dipende da voi.
David McConnor”
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3.

 
 
 
«Ricordami perché ho accettato» esclamò supplichevolmente Sophie cercando di tenersi in piedi con le buste della spesa pesantissime.
Cassandra accanto a lei spingeva frettolosamente il passeggino di suo figlio Jimmy che divorava una brioche al cioccolato comprata dall’amica della madre per farlo tacere. Quando Cassandra le aveva proposto una giornata di shopping sfrenato, Sophie non pensava implicasse fare avanti e indietro nei negozi per bambini e nei supermercati per comprare pappette luride e bavette di ogni genere.
«Perché ti ho invitata a pranzo» rispose l’altra.
Camminavano si e no da un paio d’ore alla ricerca di un pantalone adatto alla scuola del bambino che pretendeva che indossasse un paio di jeans blu notte piuttosto di un paio più chiari.
«Avere bambini è stressante» convenne la mora infilandosi nell’auto dell’amica dopo aver lasciato le buste nel cofano.
«E’ una meraviglia, invece»
«Mai sentita una bugia peggiore»
Cassandra rise sommessamente e iniziò a guidare.
«Vuoi dire che un mini me è così brutto? Insomma, è tenerissimo»
Per tutto il viaggio verso il negozio seguente non fecero altro che rinfacciarsi le proprie scelte, come l’essersi allontanate da casa o l’aver sfornato un bambino prima del trovare un lavoro.
Le ventinovenni che erano allora ritornarono le adolescenti di un tempo.
In realtà nella tenera età non erano mai andate d’accordissimo, solo ora si ritrovavano ad avere certi argomenti in comune. Entrambe scoprirono amare l’inverno e la montagna, pensavano che il mare avesse qualcosa di inquietante e che le stradine di Holmes Chapel fossero dannatamente strette anche per il passaggio di una bicicletta.
A volte il piccolo Jimmy esclamava cose insensate come «Voglio una moto» ogni qualvolta ne vedesse una,  al quale la madre rispondeva con un urletto divertito e al tempo stesso severo. Era una mamma ipersensibile e iperprotettiva verso quel povero bambino.
«Come va in amore? Insomma, tu sai che io sono sposata. Io non so niente di te!» iniziò a parlare a raffica «Stai con un giornalista famoso? Dai, sono curiosa! Magari potresti farmelo conoscere e-»
Sophie sogghignò. «Calma, Cassie! No, non sono impegnata»
L’amica parcheggiò al centro del paese e rivolse alla mora uno sguardo che lasciava intendere malizia allo stato puro.
«Non ci credo, ti sei fatta mezza Londra!» arrivò ad una conclusione affrettata ed inutile. Eppure Sophie era stata abbastanza chiara nell’esporre la sua situazione sentimentale.
Sbatté una mano sulla fronte incapace di ribattere: la sua amica sfiorava i livelli di pazzia.
Si diressero verso un negozietto pieno di accessori per bambini proprio accanto al panificio del paese. Fu strano vedere una massa di gente lì davanti: non che non ci fosse mai confusione al negozio, ma quel giorno tantissima gente piena di macchine fotografiche cercava in tutti i modi di avere accesso al locale.
«Saranno qui per Harry» ipotizzò Cassandra.
Sophie annuì distrattamente e, quasi senza rendersene conto, si diresse verso il negozio moderno dai muri bianchi e l’ampia vetrata che dava sull’esterno.
«Mamma, dove va zia Phiphi?» il bambino aveva preso un brutto vizio che Sophie avrebbe voluto troncargli sin dall’inizio: chiamarla zia e addirittura averle dato il soprannome di Phiphi, cosa mai sentita in vita sua. La mora non lo sentì, ma la sua amica sospirò sorridente un «Va a completare la sua vita»
Sicuramente se l’avesse sentita le avrebbe rivolto un’occhiataccia e avrebbe finto di non essere d’accordo quando in realtà era tutto ciò che avrebbe voluto davvero fare.
A fatica, con gli spintoni, riuscì ad arrivare nel panificio pienissimo. Respirare era quasi un’impresa.
Mosse qualche passo verso il centro, inquadrando tutto intorno a lei. I muri bianchi anche all’interno, il bancone ricchissimo di pane e focacce da un lato e pieno di dolcetti colorati dall’altro, così come lo sguardo sereno dei dipendenti al negozio. Quella era casa.
Chiese scusa ad ogni persona a cui calpestava i piedi per passare avanti e qualcuno le rivolse anche qualche urlo perché avrebbe dovuto fare la fila. Scrutò per bene le persone dietro al bancone ma non trovò chi avrebbe voluto. Probabilmente si nascondeva dai giornalisti. Lei era una di loro, capiva quanto potessero essere stancanti dopo un po’.
Uscì ancora spintonando la gente intorno a lei, questa volta con più facilità: tutti furono lieti che qualcuno stesse uscendo per dare un po’ più di spazio.
Delusa per non aver incontrato coloro che fecero parte della sua vita, tornò verso il negozietto per bambini: trovò Cassandra con il suo piccolino che rideva alle facce strane che sua madre gli rivolgeva.
Sicuramente lei non sarebbe mai stata una mamma modello come la sua amica: era sempre piuttosto seria e pacata, niente riusciva ad intenerirla. Non avrebbe mai avuto tutta quella pazienza e non si sentiva sicura per se stessa, figurarsi esserlo per una persona al proprio carico!
Immaginò la sua vita diversa: rimasta ad Holmes Chapel, avrebbe vissuto in una casa piccola ed essenziale vicino alla campagna ed avrebbe coltivato un piccolo orto, il suo bambino si sarebbe chiamato Jim come suo padre ed avrebbe avuto gli occhi verdi e i capelli ricci ed un sorriso da fare invidia al diamante più bello.
Si sentì in imbarazzo al pensiero di un figlio identico al suo migliore amico di una volta. Da quando l’aveva rivisto ogni cosa c’entrava con lui.
Aveva rivisto i suoi genitori. Harry stava spesso con loro.
Giocava nel parco con i bambini, tra cui anche Harry.
Era passata davanti alla Holmes Chapel Comprehensive High School: «Buongiorno miei fan, oggi c’è il concerto» ricordava prontamente Harry quando il suo gruppo, White Eskimo, avrebbero dovuto esibirsi.
Ora si ritrovava a pensare la sua vita in un mondo parallelo con lui.
Probabilmente se fosse rimasta l’hippie di una volta qualcuno avrebbe potuto pensare che si fosse fatta di crack.
Fece un giro intorno al complesso di negozi lì intorno e accese una sigaretta. In quei giorni non ne aveva toccate tantissime e si sentiva persa. Non era stressata, certo, ma rilassarsi un po’ dopo essersi allontanata dalla routine di ogni giorno l’aveva stordita, ed in più le mancavano i suoi cd. Erano due giorni che non ascoltava la sua musica.
Trovò una panchina aggiunta da poco visto che prima non c’era e osservò la folla davanti al panificio farsi ancora più grande.
Lo scoop di un Harry Styles in veste di panettiere dopo tanti anni doveva essere davvero scandaloso: se al suo giornale avesse detto di conoscere una star come lui probabilmente avrebbero fatto soldi a palate. Ma Sophie non era né opportunista né cattiva: provava interesse per certe cose ma non le rendeva mai partecipi della sua vita lavorativa, preferiva rimanerne distaccata.
Ricordò che nel lato posteriore del panificio una volta rimase a parlare con il suo migliore amico che teoricamente quel pomeriggio avrebbe dovuto lavorare. Buttò il mezzo mozzicone di sigaretta a terra e lo spense calpestandolo distrattamente, troppo presa dal momento.
Nonostante gli scomodi tacchi – aveva portato solo quei trampoli al posto di qualche paio di scarpa comoda – riuscì a correre velocemente verso la porta rossa sul retro evitando ogni contatto con le persone intorno a lei.
Anche lì era rimasto il solito posto calmo, inusato eppur ordinato: il cassonetto accanto alla porta e la lampadina appena per dare un po’ di luminosità nelle serate invernali. Fu tentata ad aprire la porta, ma non appena le si avvicinò qualcuno fece lo stesso dall’interno.
«Sophie!»
Alla ragazza mancò un colpo. Non si aspettava di certo uno spettacolo del genere.
Nonostante fosse cresciuto e in nove anni fosse diventato più che un uomo, con quella sua veste bianca e i capelli spettinati sembrava essere tornato a qualche anno prima.
Sophie lo ricordava esattamente così quando se ne innamorò la prima volta.
«Ti va di fare un giro? Magari ce ne andiamo da questa confusione» propose il riccio prima ancora che Sophie mettesse a fuoco la situazione. Lo seguì senza pensarci e lui non si accorse nemmeno di avere indosso ancora quel grembiule candido.
Probabilmente fu da quel momento che la memoria li riportò alla realtà e fece aprire gli occhi ad entrambi, seppur in un lasso di tempo davvero lungo, potremmo osare dire quasi infinito.
  
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