Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Ale    23/04/2007    0 recensioni
Un missing moment del quinto libro. Cosa ha portato il timido e riservato Neville a far parte della battaglia all’Ufficio Misteri? La presentazione in prima persona dell’animo di un ragazzo che si crede Nessuno. Dopo notti in bianco passate a pensare alla propria inutilità, umiliazioni e discussioni rabbiose su cosa vuol dire essere Qualcuno, la scelta finale di un adolescente tra continuare ad essere Nessuno od avere il coraggio di diventare Qualcuno. Questa storia ha partecipato al 21° Concorso di Efp, incentrato sulle fanfiction ispirati ai personaggi di Harry Potter.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Luna Lovegood, Neville Paciock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Atto secondo

Atto secondo

- La compagna di Nessuno -

 

 

 

 

1.45 p.m.

Il tempo è passato in un soffio. Non ho fatto a tempo neanche a ripassare la metà degli appunti. Ed eccomi qui, davanti al mio piatto di porridge.

Per un attimo vorrei annegarci dentro.

La nausea mi assale. Guardo gli altri: mangiano come se domani non dovesse arrivare. Io quasi non ho toccato cibo.

Il mio stomaco rifiuta il nutrimento come il mio cervello rifiuta le informazioni.

Sembra che il mio encefalo galleggi in una dimensione ovattata, totalmente scollegato. Assolutamente vuoto. Come se qualcuno vi avesse passato sopra una spugna.

Affondo svogliato il cucchiaio nel morbido intruglio, senza alcuna intenzione di assaggiarlo.

Vediamo… Cosa aveva fatto Julius Horn nel 1369? Strizzo gli occhi e corrugo la fronte, sforzandomi di ricordare. C’entrava qualcosa con i Draghi… o erano gli Avvincini? No, aspetta, era nel 1369 o nel 1693? Oh, porca miseriaccia…!

Non ricordo più niente!

Il respiro mi si fa più affrettato e i miei occhi cercano disperati un qualcosa che non trovano… Devo assolutamente tornare nella Sala Comune a ripassare!

Mi alzo, mezzo inciampando contro la panca, e mi dirigo verso la porta della Sala Grande con l’unico obiettivo di raggiungere la massa sparpagliata di appunti lasciati in camera e… sbam! sbatto contro qualcosa, finendo a gambe all’aria.

L’orecchio mi pulsa di un dolore sordo e faccio fatica a focalizzare cosa ha arrestato così bruscamente la mia corsa…

“Ehi, dì un po’, Paciock: volevi passare prima di me? Da quando in qua i Grifondoro pulciosi si arrogano il diritto di non lasciare il passo a dei Serpeverde Purosangue come me?” E poi ride, Malfoy, dopo aver sputato con soddisfazione il suo disprezzo per me. “Ottimo lavoro, Tiger. Bisogna ridimensionare questi stupidi Filobabbani!” Tiger e Goyle ridono, forse senza aver capito la metà delle parole usate dal loro “capo”, semplicemente per compiacerlo.

Abbasso gli occhi, tremante.

All’improvviso, piedi che inciampano sul mio corpo e mi rivoltano, faccia a terra. Il dolore acuto al naso mi fa venire le lacrime agli occhi. Rialzo la testa e vedo Lavanda che si sta mettendo di nuovo in piedi, mentre tutti attorno a noi ridono. Anche Calì ridacchia, nascondendosi dietro una mano.

“Io… ehm…” arrossisce, imbarazzata dalla brutta figura. “non ti avevo visto… ehm… Nigel…” balbetta impacciata.

“Neville!” la corregge Calì, sussurrando un po’ troppo forte per non essere sentita dall’intera Sala. Lavanda arrossisce ancora di più.

Malfoy sghignazza senza sosta. “Beh, Paciock, sembra che alla fine il tuo ego non necessiti di un ridimensionamento! Sei così insignificante che nemmeno i tuoi compagni di casata conoscono il tuo nome!” Le sue parole mi colpiscono dentro, mi scuotono, mi rivoltano, mi si riversano contro come onde gelide che prendono a schiaffi la scogliera…

Le risate aumentano di volume, echeggiando senza tregua nella mia testa. Attraverso il velo di lacrime, che non intendo far cadere, vedo masse sfocate di persone che ridono di me e del mio essere Nessuno.

Affranto, sconfitto dalla nuda verità mi rialzo a fatica e, senza alzare lo sguardo, esco dalla Sala Grande. Ma prima di varcare l’agognata soglia, uno sgambetto mi fa incespicare, regalando alla mia incerta camminata una variazione ridicolmente intonata all’intera melodia: l’uscita di scena di Nessuno.

E così mi allontano, seguito dall’affievolirsi dello scherno.

Incredibile come solo cinque minuti fa il mio unico pensiero fosse una data. Ora nella mia testa c’è veramente di tutto.

Mille sensazioni mi avviluppano nel loro soffocante abbraccio, ma la voglia di rompere tutto si erge sopra tutte le altre. Così entro in una classe vuota.

Rimango immobile, stupendomi di quella rabbia estranea, che monta così ferocemente dentro al mio petto. Poi esplodo, prendendomela con tutto quello che mi capita a tiro.

Ormai non c’è più posto per date o maghi importanti. C’è posto solo per me e il mio dolore.

Rovescio banchi, lancio sedie, frantumo oggetti desiderando con tutto me stesso che siano le facce di coloro che mi deridono. Cosa ne sanno loro?

Sto per lanciare un ultimo oggetto al suolo e, invece, mi accascio a terra, improvvisamente sfinito. Il braccio si abbassa privo di energia e mi scivola dalle dita il calamaio che avevo afferrato.

A cosa è servito tutto ciò? Mi sento solo svuotato…

Qualcosa nella tasca posteriore dei pantaloni mi dà fastidio: il galeone finto che mi aveva dato Hermione per le riunioni dell’ES.

Me lo rigiro tra le mani. E pensare che per qualche tempo avevo pensato di poter valere qualcosa. Finalmente riuscivo a fare qualche incantesimo decente e pensavo, soprattutto, di aver trovato degli amici.

Invece, no. Tutto è rimasto come prima.

Stringo tra le mani il galeone, capro espiatorio di tutta quella rabbia che non riesco a gestire. Con un moto di stizza, lo lancio con forza e seguo il suo percorso fatto di rimbalzi tra pareti, banchi e pavimento, finché non scompare dalla mia vista, fuori dalla porta lasciata aperta.

Guardo le mie mani ed è come se non fossero più le mie. Raccolgo le ginocchia al petto e piego la testa, senza sapere cosa fare, senza pensare più a niente, seguendo quasi con sadica soddisfazione i movimenti di quegli ultimi stralci di rabbia che ancora mi vorticano in corpo.

Ma questa parvenza di pace è destinata a durare poco.

“Neville?”

Alzo lo sguardo e la vedo sulla soglia. Luna Lovegood. Lunatica Lovegood. L’unica che sarebbe potuta essere lì. L’unica che mi sarebbe venuta a cercare. I suoi occhi grandi mi guardano con quella solita svagatezza che la contraddistingue. Un moto di rabbia mi scuote, come se qualcuno avesse soffiato su braci quasi spente per riattizzare il fuoco. “Cosa vuoi?” esplodo, con una voce ringhiosa che quasi non riconosco.

Lei, Lunatica Lovegood, sobbalza. Per una volta sembra che qualcosa l’abbia scossa. E io mi sento ferocemente soddisfatto di essere stato io a cancellare quell’aria di imperturbabilità dal suo volto. Il suo sguardo vaga confuso nel caos dell’aula e poi si arresta su di me. Preoccupato. “Ti senti bene?” mi chiede. “Ho trovato il tuo galeone qui fuori… Dovresti averne più cura, se Hermione Granger dovesse chiamarci…” comincia, ma la mia risata amara la interrompe.

“E tu credi veramente che Hermione chiamerebbe noi, Luna? Anzi, Lunatica? Pensi veramente che chiamerebbe due che non valgono niente come me e te? Dimmelo, un po’ tu, Lunatica! Io sono niente! Mi passano accanto senza nemmeno accorgersi che ci sono, neanche fossi trasparente! Non si ricordano il mio nome, se non per prendermi in giro!” le grido addosso, riversandole contro tutta la mia disperazione. “E tu? Chi credi di essere tu? Sei solo una ragazza stramba che se ne va in giro facendo cose strane! Credi che rubare le tue cose sia un segno d’affetto? Beh, svegliati: loro ti stanno prendendo per i fondelli! E lo sai perché? Perché non vali niente!” Mi fermo un secondo per ridere sarcasticamente. “Ma guardaci! Guarda che bella coppia: Nessuno e la sua compagna! Proprio i due che tutti chiamerebbero per combat…!” mi interrompo e la guardo stupito. La guancia arde dello schiaffo che mi ha appena dato. Ma quello che più mi colpisce è lei. E i suoi occhi rabbiosi e umidi.

“È questo che credi?” stavolta è lei ad aggredirmi, sovrastandomi. Quasi non la riconosco. Guardandola da questa prospettiva mi sembra Tutto, più che Nessuno. “E allora sei tu che ti devi svegliare: essere Qualcuno non significa essere popolari. Significa avere il coraggio di essere se stessi.” Il suo sguardo si ingentilisce, mentre si china verso di me, ancora ancorato a terra. “Non possiamo essere tutti come Harry.” La fisso sconvolto: come ha fatto a…? “Però ognuno può dare una mano. Indipendentemente dal fatto che sia considerato Qualcuno o Nessuno. Perché nel momento in cui sceglie di percorrere la strada che il suo cuore gli indica, allora e solo allora diventa Qualcuno.” Mi tende il galeone. “Io sono Qualcuno. Tu chi scegli di essere?”

Ma non aspetta la mia risposta. Con tutta la dignità di questo mondo si rialza e se ne va, lasciandomi solo con il mio finto galeone e il senso di colpa che mi sta mangiando vivo.

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Ale