Salve a
tutti, ecco un nuovo capitolo : )
Questa
parte della storia si svolge nell’arco della stessa notte,
possiamo
considerarlo il continuo del terzo, con un salto temporale di poche ore.
Inizialmente,
vi sarà un flash back di Near, per poi arrivare
all’inizio vero e proprio della
stora.
Ringrazio
di cuore chi ha recensito, messo in una delle tre liste o semplicemente
letto,
la storia.
Spero che
il capitolo vi piaccia.
Buona lettura!
Near era
seduto sul pavimento, intento a montare uno dei suoi soliti domini.
Un
semplice gioco, così avrebbe definito una persona comune il
suo modo di passare
il tempo, ma in realtà, dietro ogni sua mossa, vi erano
numeri su numeri che
formavano una lunga e complicata operazione che lui non vedeva
l’ora di
risolvere.
Gli
serviva solo una tessera, l’ultimo minuscolo pezzo che gli
mancava per
completare il miglior domino che avesse mai fatto.
Aveva
organizzato tutto, nei minimi dettagli.
Si era
preoccupato di procurare a Matt i suoi soliti giochi e aveva regalato a
Mello
un bel po’ di barrette di cioccolata e tutto per non essere
disturbato da loro,
che di solito si divertivano togliendo uno dei tanti composti del suo
lavoro,
mandandoglielo all’aria.
Ma questa
volta non sarebbe successo, era solo in camera.
Aveva
calcolato ogni possibilità, nessuno poteva disturbarlo in
alcun modo, o
interromperlo sul più bello.
Avvicinò
una mano al componente che avrebbe fatto scattare migliaia di reazioni
a
catena, mostrando uno spettacolo per gli occhi estranei e una
riproduzione
nella realtà di quello che la sua geniale mente era riuscito
a creare, per lui.
Incurvò
lievemente le labbra quando sentì il primo scatto e vide le
tessere cadere
proprio come se le era immaginate, aumentando e diminuendo la
velocità ad ogni
cambio di direzione.
Ora
andavano a destra, ora a sinistra, incontravano una lieve
difficoltà, ma i
calcoli di Near erano perfetti, niente poteva fermare la loro avanzata.
Il suo
domino era arrivato quasi alla fine e ancora nessuno gli aveva ancora
rotto le
uova nel paniere e cominciò a rilassarsi, godendosi lo
spettacolo di più a ogni
secondo che passava.
Chiuse
gli occhi per un istante, non voleva vedere l’ultima mossa
delle pedine, lui
voleva solo ascoltare il chiaro suono della vittoria, che sarebbe
giunto al suo
orecchio di lì a pochi millesimi di secondo…
Pochi
millesimi di secondo…
Pochi
millesimi di secondo…
Strinse i
denti, qualcosa era andato storto nel suo piano. Possibile che avesse
sbagliato
i calcoli?
No, non
se ne parlava proprio, per giorni aveva programmato tutto, cifre su
cifre,
centimetri per centimetri e per giunta aveva aspettato che Matt e Mello
non
fossero nella stanza quando avrebbe deciso di mettere in pratica il
tutto, ma
allora perché l’ultimo rumore non arrivava?
Aprì
lentamente gli occhi, sicuro più che mai che un fattore
esterno avesse rovinato
i suoi piani e quasi non gli venne un infarto.
C’era
un ragazzo
seduto sul bordo del suo letto! Era accovacciato in una strana
posizione,
intento a studiare qualcosa tra le mani, con aria particolarmente
interessata.
Quando
abbassò gli occhi verso di lui, accennò un
sorriso, nonostante il volto di Near
avesse un aspetto alquanto irritato.
“Sei
bravo!” Disse come se nulla fosse, come se non avesse appena
rovinato il lavoro
di una settimana.
Anche se
il bambino mostrava soltanto un leggero fastidio esteriormente, dentro
gli si
rodeva il fegato. Tutte le ore spese per quel singolo lavoro erano
state
inutili, totalmente inutili.
“Grazie”.
Rispose stizzito allungando una mano verso il moro, che lo
guardò con aria
interrogativa.
“Ah,
vuoi
questo?” Chiese tenendo il pezzetto con le punta delle dita
come se fosse stato
qualcosa di rivoltante. Ma che cos’aveva, l’artrite?
Un uomo,
sulla cinquantina d’anni, comparve sulla soglia della porta.
“Signorino L.
Dobbiamo andare”.
A quel
nome il piccolo Near sobbalzò. Quel ragazzo era L?
“Sì,
Watari”. Disse lui guardando indifferente il vecchio, poi si
rivolse nuovamente
al bambino.
“Se
aspetti troppo è possibile che un imprevisto rovini il tuo
lavoro”. Si avvicinò
e gli scompigliò i capelli per poi dirigersi, curvo, alla
porta, seguito dallo
sguardo del decenne, logorato dalla rabbia, che ancora non riusciva a
credere con
chi avesse appena parlato.
Il
cellulare squillò insistente nella lussuosa stanza
d’albergo, facendo
riscuotere Near dai suoi pensieri.
Il successore
di L aggiunse
l’ultimo pedone a quelli che aveva già
disposto sul tavolo e rispose con voce atona.
“Problemi?”
Dall’altro
capo della linea l’uomo era agitato e il ragazzo dovette
prestare non poca
attenzione per capire cos’aveva detto. “Ci
è scappato”
A quelle
tre parole, Near non rispose.
Non era
arrabbiato per il fallimento dei poliziotti, in realtà,
quella era la cosa che
meno gl’importava.
Era chiaro come il sole che Light Yagami non si sarebbe fatto catturare
in modo
così frivolo, quindi non aveva mai nemmeno preso in
considerazione l’idea che
Matsuda riuscisse a fare ciò per cui lo pagavano, ma non
aveva fatto conto con
le emozioni di cui sarebbe stato vittima una volta divenuto certo che
quell’assassino era di nuovo libero d’agire.
Quelle
tre parole, significavano che lo avevano scovato, che era vivo.
Si era
ritrovato L da un giorno all’altro davanti, sapendolo morto,
essendo certo che
fosse morto, tuttavia gli era bastata una semplice occhiata, che lo
aveva
riportato al suo primo incontro con quel ragazzo maleducato, per fargli
capire
che quello che si trovava davanti non era un semplice sosia ed era
riuscito ad
accettarlo con una facilità che aveva sorpreso persino lui
stesso.
Ma per
Kira, beh, quella era una cosa del tutto diversa.
Per quel
caso, aveva dovuto sacrificare tutto ciò che per lui aveva
un minimo
d’importanza e ora poteva benissimo vedere che i suoi
sacrifici erano stati
vani. Una lieve espressione di fastidio compromise i tratti delicati
del volto
e quando qualcosa riusciva a compromettere l’indifferenza di
quel viso non era
mai un buon segno.
“Pronto?”
Matsuda, sentendo il silenzio di tomba che si era creato, era diventato
paonazzo e sudava freddo, non aveva ancora raccontato tutto, quindi si
schiarì
la voce, resa roca dalla paura di venir licenziato sul posto.
“Hai
altro da dire?” Near aveva avvertito l’inquietudine
dell’uomo.
“Questo
è
successo…”, il poliziotto si bloccò per
riprendere subito dopo. “Due ore fa”.
A quel
punto l’albino chiuse la telefonata e prese ad osservare
nuovamente la sua
scacchiera, sulla quale erano posate le pedine che ben delineavano la
situazione.
“Matsuda,
eh?” Chiese L sorridendo.
“Matsuda.”
Annuì Near secco.
Il moro si
alzò dalla sedia e accese il televisore, cominciando a fare
zapping, cercando
reti trasmettenti informazioni serie.
“Dunque”,
cominciò mettendosi un dito in bocca. “Presumo che
Mello sia...”
“Sì”.
Disse Near interrompendo la frase
del detective, non voleva sentire quella parola, non ora che sapeva del
sacrificio inutile dei suoi due vecchi nemici . “Anche
Matt”.
“Capisco”
L fu
colto da una strana sensazione al petto.
Non aveva
mai avuto una relazione stretta con nessuno dei membri della
Wammy’s House, ma
non era forse dolore quel che stava provando?
Non solo
si dispiaceva per la morte di Mello e Matt, ma al tempo stesso era
combattuto
per via dei sentimenti che provava verso il loro assassino. In quel
momento per
Kira, non provava altro che rabbia, ma non odio e ciò non
faceva altro che
confonderlo di più.
La
situazione gli era limpida, aveva tutto sotto controllo, ma le sue
emozioni no,
non erano né limpide, né alla sua portata.
Troppo
contrastanti,
continuamente in lotta tra loro.
A quel
punto decise di spegnerle, non era poi così difficile per
lui.
Voltò
la
testa verso Near che continuava a fissare la scacchiera, concentrato,
ma allo
stesso tempo assente.
“Il
numero di telefono dell’agente J”.
“Sempre
lo stesso”. Rispose monocorde l’albino, alzando
però un sopraciglio,
incuriosito dalla richiesta del nome. “Ma è in
missione”. Avvertì inclinando il
capo per osservare meglio L, che annuì, imperscrutabile.
“L’ho
ingaggiato io”.
“Quando?”
Chiese Near voltandosi completamente verso L, aveva catturato del tutto
il suo
interesse.
Il
detective spostò un ciuffo ribelle davanti al viso e
cominciò a parlare. “Nove
anni fa, caso Kira”.
“Hai
coinvolto quell’agente, all’epoca?”
“Esatto”.
Disse L sporgendosi sul tavolo per afferrare l’ennesimo
dolcetto di quella notte. “Era
la guardia del corpo di Misa Amane”
“Il
secondo Kira….” Continuò Near togliendo
le pedine dal tavolo. L stava per
rivelargli qualcosa.
“Ho
ottenuto l’aiuto di quell’uomo molto facilmente,
vuoi sapere come?”
Near lo
guardò senza accennare nulla.
“Gli
ho
offerto una fragola, con tanto di panna”. Annunciò
L, interrompendosi per dare
ascolto alla tv, per poi riprendere subito dopo. “Beh, credo
che anche Watari
c’entri qualcosa, lo ha pagato se non sbaglio”. Si
portò un dito alla bocca e
cominciò a mordere l’unghia.
“Per
cos’hai
ingaggiato uno degli agenti migliori della Wammy’s
House?”
L
scrollò
le spalle. “Per fargli tenere sotto controllo la situazione,
anche dopo la mia
morte. Il secondo Kira in particolare”.
“Mi
sembra strano, non è il tipo d’accettare incarichi
così monotoni, inoltre tu
sei morto, perché avrebbe dovuto continuare a lavorare sotto
il tuo nome,
rendendosi irreperibile persino a me…” Il tono del
ragazzo non era formulato in
modo da essere una domanda, il suo voleva essere un ragionamento,
tuttavia L
rispose.
“Era,
beh,
lo definirei uno dei miei più validi collaboratori, abbiamo
lavorato su diversi
casi assieme e visto che mi hai appena detto che è ancora in
missione,
significa che non ha abbandonato il caso, quindi dovrò
ringraziarlo come si
deve, mi sa che gli offrirò una mela
carame…”
Ma L non finì la frase.
Il
telegiornale
che stava seguendo venne improvvisamente interrotto.
Lo
schermo diventò nero abbastanza a lungo da mettere in
soggezione persino i due
detective, che misero da parte la conversazione e restarono in attesa.
Dopo una
lieve interferenza, sullo schermo apparve un giornalista,
dall’aspetto
trasandato, era stato costretto a precipitarsi di corsa sul luogo di
lavoro, che
cercò di sistemarsi la cravatta, rinunciandovi quasi subito,
dopo di che prese
dei fogli sulla scrivania e cominciò a leggere con voce
tremante, spezzata dal
fiatone.
“Quattro
morti in Europa.” S’interruppe, prese un
po’ di fiato e riprese. “Le nazioni
sono: Francia, Regno Unito, Germania e Italia.” Si
fermò nuovamente e poi
continuò con voce più pacata. “America,
Russia e Cina; tre morti.” Lasciò la
frase in sospeso, quasi a voler mettere suspence i telespettatori, o,
più
probabilmente, cercando di far salire gli ascolti. “Le
vittime, considerate tra
i più grandi criminali al mondo, sono decedute
contemporaneamente”. Ancora
attesa, ancora un momento, il Mondo non era ancora pronto per il suo
ritorno,“la
causa della morte”, L deglutì mentre Near
poggiò il gomito sul tavolo e la mano
sulla guancia, aspettando che la conferma sovrana giungesse,
“è di arresto
cardiaco”.
A quel
punto, L non ascoltò più nulla.
Venne
trascinato indietro nel tempo, altrove nello spazio, davanti ad un
giovane
dallo sguardo furbo e intelligente.
Fronteggiava
Light Yagami, fronteggiava Kira, entrambi in cima a torri
rappresentanti ideali
di giustizia differenti, entrambi sorridevano all’altro,
beffardi, convinti
della propria vittoria, mentre forti folate di vento cercavano di farli
cadere
nel vuoto, per farli andare incontro ad una pesante sconfitta, ma loro
resistevano, non avrebbero permesso a nessuno d’intercedere
nella loro lotta,
nessun altro avrebbe trionfato sul loro avversario.
Il gioco
era iniziato.