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Autore: Mirella__    12/10/2012    6 recensioni
Light ed L.
Due ideali di giustizia differenti.
Per l'intero anime abbiamo visto questi due personaggi affrontarsi, ma mai apertamente e alla fine L ha avuto la peggio.
Il suo allievo, Near, è riuscito dove lui ha fallito mettendo fine al caso Kira
Ma quando uno shinigami, divorato dalla noia, ha a disposizione un piccolo oggettino bianco nulla è per sempre.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Light/Raito, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti, ecco un nuovo capitolo : )

Questa parte della storia si svolge nell’arco della stessa notte, possiamo considerarlo il continuo del terzo, con un salto temporale di poche ore.

Inizialmente, vi sarà un flash back di Near, per poi arrivare all’inizio vero e proprio della stora.

Ringrazio di cuore chi ha recensito, messo in una delle tre liste o semplicemente letto, la storia.

Spero che il capitolo vi piaccia.

 

Buona lettura!

 

Near era seduto sul pavimento, intento a montare uno dei suoi soliti domini.

Un semplice gioco, così avrebbe definito una persona comune il suo modo di passare il tempo, ma in realtà, dietro ogni sua mossa, vi erano numeri su numeri che formavano una lunga e complicata operazione che lui non vedeva l’ora di risolvere.

Gli serviva solo una tessera, l’ultimo minuscolo pezzo che gli mancava per completare il miglior domino che avesse mai fatto.

Aveva organizzato tutto, nei minimi dettagli.

Si era preoccupato di procurare a Matt i suoi soliti giochi e aveva regalato a Mello un bel po’ di barrette di cioccolata e tutto per non essere disturbato da loro, che di solito si divertivano togliendo uno dei tanti composti del suo lavoro, mandandoglielo all’aria.

Ma questa volta non sarebbe successo, era solo in camera.

Aveva calcolato ogni possibilità, nessuno poteva disturbarlo in alcun modo, o interromperlo sul più bello.

Avvicinò una mano al componente che avrebbe fatto scattare migliaia di reazioni a catena, mostrando uno spettacolo per gli occhi estranei e una riproduzione nella realtà di quello che la sua geniale mente era riuscito a creare, per lui.

Incurvò lievemente le labbra quando sentì il primo scatto e vide le tessere cadere proprio come se le era immaginate, aumentando e diminuendo la velocità ad ogni cambio di direzione.

Ora andavano a destra, ora a sinistra, incontravano una lieve difficoltà, ma i calcoli di Near erano perfetti, niente poteva fermare la loro avanzata.

Il suo domino era arrivato quasi alla fine e ancora nessuno gli aveva ancora rotto le uova nel paniere e cominciò a rilassarsi, godendosi lo spettacolo di più a ogni secondo che passava.

Chiuse gli occhi per un istante, non voleva vedere l’ultima mossa delle pedine, lui voleva solo ascoltare il chiaro suono della vittoria, che sarebbe giunto al suo orecchio di lì a pochi millesimi di secondo…

Pochi millesimi di secondo…

Pochi millesimi di secondo…

Strinse i denti, qualcosa era andato storto nel suo piano. Possibile che avesse sbagliato i calcoli?

No, non se ne parlava proprio, per giorni aveva programmato tutto, cifre su cifre, centimetri per centimetri e per giunta aveva aspettato che Matt e Mello non fossero nella stanza quando avrebbe deciso di mettere in pratica il tutto, ma allora perché l’ultimo rumore non arrivava?

Aprì lentamente gli occhi, sicuro più che mai che un fattore esterno avesse rovinato i suoi piani e quasi non gli venne un infarto.

C’era un ragazzo seduto sul bordo del suo letto! Era accovacciato in una strana posizione, intento a studiare qualcosa tra le mani, con aria particolarmente interessata.

Quando abbassò gli occhi verso di lui, accennò un sorriso, nonostante il volto di Near avesse un aspetto alquanto irritato.

“Sei bravo!” Disse come se nulla fosse, come se non avesse appena rovinato il lavoro di una settimana.

Anche se il bambino mostrava soltanto un leggero fastidio esteriormente, dentro gli si rodeva il fegato. Tutte le ore spese per quel singolo lavoro erano state inutili, totalmente inutili.

“Grazie”. Rispose stizzito allungando una mano verso il moro, che lo guardò con aria interrogativa.

“Ah, vuoi questo?” Chiese tenendo il pezzetto con le punta delle dita come se fosse stato qualcosa di rivoltante. Ma che cos’aveva, l’artrite?

Un uomo, sulla cinquantina d’anni, comparve sulla soglia della porta. “Signorino L. Dobbiamo andare”.

A quel nome il piccolo Near sobbalzò. Quel ragazzo era L?

“Sì, Watari”. Disse lui guardando indifferente il vecchio, poi si rivolse nuovamente al bambino.

“Se aspetti troppo è possibile che un imprevisto rovini il tuo lavoro”. Si avvicinò e gli scompigliò i capelli per poi dirigersi, curvo, alla porta, seguito dallo sguardo del decenne, logorato dalla rabbia, che ancora non riusciva a credere con chi avesse appena parlato.

 


Il cellulare squillò insistente nella lussuosa stanza d’albergo, facendo riscuotere Near dai suoi pensieri.

Il successore di  L aggiunse l’ultimo pedone a quelli che aveva già disposto sul tavolo e rispose con voce atona.

“Problemi?”

Dall’altro capo della linea l’uomo era agitato e il ragazzo dovette prestare non poca attenzione per capire cos’aveva detto. “Ci è scappato”

A quelle tre parole, Near non rispose.

Non era arrabbiato per il fallimento dei poliziotti, in realtà, quella era la cosa che meno gl’importava.
Era chiaro come il sole che Light Yagami non si sarebbe fatto catturare in modo così frivolo, quindi non aveva mai nemmeno preso in considerazione l’idea che Matsuda riuscisse a fare ciò per cui lo pagavano, ma non aveva fatto conto con le emozioni di cui sarebbe stato vittima una volta divenuto certo che quell’assassino era di nuovo libero d’agire.

Quelle tre parole, significavano che lo avevano scovato, che era vivo.

Si era ritrovato L da un giorno all’altro davanti, sapendolo morto, essendo certo che fosse morto, tuttavia gli era bastata una semplice occhiata, che lo aveva riportato al suo primo incontro con quel ragazzo maleducato, per fargli capire che quello che si trovava davanti non era un semplice sosia ed era riuscito ad accettarlo con una facilità che aveva sorpreso persino lui stesso.

Ma per Kira, beh, quella era una cosa del tutto diversa.

Per quel caso, aveva dovuto sacrificare tutto ciò che per lui aveva un minimo d’importanza e ora poteva benissimo vedere che i suoi sacrifici erano stati vani. Una lieve espressione di fastidio compromise i tratti delicati del volto e quando qualcosa riusciva a compromettere l’indifferenza di quel viso non era mai un buon segno.

“Pronto?” Matsuda, sentendo il silenzio di tomba che si era creato, era diventato paonazzo e sudava freddo, non aveva ancora raccontato tutto, quindi si schiarì la voce, resa roca dalla paura di venir licenziato sul posto.

“Hai altro da dire?” Near aveva avvertito l’inquietudine dell’uomo.

“Questo è successo…”, il poliziotto si bloccò per riprendere subito dopo. “Due ore fa”.

A quel punto l’albino chiuse la telefonata e prese ad osservare nuovamente la sua scacchiera, sulla quale erano posate le pedine che ben delineavano la situazione.

“Matsuda, eh?” Chiese L sorridendo.

“Matsuda.” Annuì Near secco.

Il moro si alzò dalla sedia e accese il televisore, cominciando a fare zapping, cercando reti trasmettenti informazioni serie.

“Dunque”, cominciò mettendosi un dito in bocca. “Presumo che Mello sia...”
 “Sì”. Disse Near interrompendo la frase del detective, non voleva sentire quella parola, non ora che sapeva del sacrificio inutile dei suoi due vecchi nemici . “Anche Matt”.

“Capisco”

L fu colto da una strana sensazione al petto.

Non aveva mai avuto una relazione stretta con nessuno dei membri della Wammy’s House, ma non era forse dolore quel che stava provando?

Non solo si dispiaceva per la morte di Mello e Matt, ma al tempo stesso era combattuto per via dei sentimenti che provava verso il loro assassino. In quel momento per Kira, non provava altro che rabbia, ma non odio e ciò non faceva altro che confonderlo di più.

La situazione gli era limpida, aveva tutto sotto controllo, ma le sue emozioni no, non erano né limpide, né alla sua portata.

Troppo contrastanti, continuamente in lotta tra loro.

A quel punto decise di spegnerle, non era poi così difficile per lui.

Voltò la testa verso Near che continuava a fissare la scacchiera, concentrato, ma allo stesso tempo assente.

“Il numero di telefono dell’agente J”.

“Sempre lo stesso”. Rispose monocorde l’albino, alzando però un sopraciglio, incuriosito dalla richiesta del nome. “Ma è in missione”. Avvertì inclinando il capo per osservare meglio L, che annuì, imperscrutabile.

“L’ho ingaggiato io”.

“Quando?” Chiese Near voltandosi completamente verso L, aveva catturato del tutto il suo interesse.

Il detective spostò un ciuffo ribelle davanti al viso e cominciò a parlare. “Nove anni fa, caso Kira”.

“Hai coinvolto quell’agente, all’epoca?”

“Esatto”. Disse L sporgendosi sul tavolo per afferrare l’ennesimo dolcetto di quella notte.  “Era la guardia del corpo di Misa Amane”

“Il secondo Kira….” Continuò Near togliendo le pedine dal tavolo. L stava per rivelargli qualcosa.

“Ho ottenuto l’aiuto di quell’uomo molto facilmente, vuoi sapere come?”

Near lo guardò senza accennare nulla.

“Gli ho offerto una fragola, con tanto di panna”. Annunciò L, interrompendosi per dare ascolto alla tv, per poi riprendere subito dopo. “Beh, credo che anche Watari c’entri qualcosa, lo ha pagato se non sbaglio”. Si portò un dito alla bocca e cominciò a mordere l’unghia.

“Per cos’hai ingaggiato uno degli agenti migliori della Wammy’s House?”

L scrollò le spalle. “Per fargli tenere sotto controllo la situazione, anche dopo la mia morte. Il secondo Kira in particolare”.

“Mi sembra strano, non è il tipo d’accettare incarichi così monotoni, inoltre tu sei morto, perché avrebbe dovuto continuare a lavorare sotto il tuo nome, rendendosi irreperibile persino a me…” Il tono del ragazzo non era formulato in modo da essere una domanda, il suo voleva essere un ragionamento, tuttavia L rispose.

“Era, beh, lo definirei uno dei miei più validi collaboratori, abbiamo lavorato su diversi casi assieme e visto che mi hai appena detto che è ancora in missione, significa che non ha abbandonato il caso, quindi dovrò ringraziarlo come si deve, mi sa che gli offrirò una mela carame…”
Ma L non finì la frase.

Il telegiornale che stava seguendo venne improvvisamente interrotto.

Lo schermo diventò nero abbastanza a lungo da mettere in soggezione persino i due detective, che misero da parte la conversazione e restarono in attesa.

Dopo una lieve interferenza, sullo schermo apparve un giornalista, dall’aspetto trasandato, era stato costretto a precipitarsi di corsa sul luogo di lavoro, che cercò di sistemarsi la cravatta, rinunciandovi quasi subito, dopo di che prese dei fogli sulla scrivania e cominciò a leggere con voce tremante, spezzata dal fiatone.

“Quattro morti in Europa.” S’interruppe, prese un po’ di fiato e riprese. “Le nazioni sono: Francia, Regno Unito, Germania e Italia.” Si fermò nuovamente e poi continuò con voce più pacata. “America, Russia e Cina; tre morti.” Lasciò la frase in sospeso, quasi a voler mettere suspence i telespettatori, o, più probabilmente, cercando di far salire gli ascolti. “Le vittime, considerate tra i più grandi criminali al mondo, sono decedute contemporaneamente”. Ancora attesa, ancora un momento, il Mondo non era ancora pronto per il suo ritorno,“la causa della morte”, L deglutì mentre Near poggiò il gomito sul tavolo e la mano sulla guancia, aspettando che la conferma sovrana giungesse, “è di arresto cardiaco”.

A quel punto, L non ascoltò più nulla.

Venne trascinato indietro nel tempo, altrove nello spazio, davanti ad un giovane dallo sguardo furbo e intelligente.

Fronteggiava Light Yagami, fronteggiava Kira, entrambi in cima a torri rappresentanti ideali di giustizia differenti, entrambi sorridevano all’altro, beffardi, convinti della propria vittoria, mentre forti folate di vento cercavano di farli cadere nel vuoto, per farli andare incontro ad una pesante sconfitta, ma loro resistevano, non avrebbero permesso a nessuno d’intercedere nella loro lotta, nessun altro avrebbe trionfato sul loro avversario.

Il gioco era iniziato.

  
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