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Autore: Light Rain    12/10/2012    5 recensioni
"Cercavo con tutta me stessa si rimanere aggrappata a quelle realtà che mi sembrava ancora di possedere. Ma non mi ero ancora resa conto che erano già diventate irraggiungibili". Questa è la storia di Annie Cresta, prima, durante e dopo i suoi Hunger Games
_SOSPESA_
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Annie Cresta, Finnick Odair, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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20 I giorni in cui si sono conclusi gli Hunger Games
9 Il Distretto che ha festeggiato il suo vincitore
5 Le donne che Finnick si è rigirato a Capitol City
17 I giorni che sono trascorsi dal suo ritorno a casa
0 Le volte che mi ha voluto vedere
 
Chiudo gli occhi, rilasso il corpo e mi lascio cullare dalle onde.
Quando sto qui sembra quasi che il resto del mondo sia lontano anni luce, sembra che tutte le preoccupazioni non esistano, sembra che non ci siano mai state.
Ed invece sono sempre con me, come una fedele ombra che mi segue per tutta la giornata.
Durante la parata dei tributi, quando hanno detto che quella donna stava con Finnick, ho sentito una stretta al cuore, perchè ero gelosa, terribilmente gelosa.
Cosa credevo, di avre qualche possibilità con lui?
Cioè è praticamente impossibile, lui è Finnick Odair ed io solo una ragazza del suo Distretto.
E poi mi sono resa conto che se Finnick amava quella donna era giusto che stesse con lei, se è davvero questo che lo rende felice.
Dopo qualche giorno ne aveva già una nuova, e dopo un’altra ed un’altra ancora.
Ero confusa, sorpresa, spiazzata ed ancora più gelosa.
Come poteva uscire con quelle donne? Quelle stesse donne che ogni anno attendono impazienti gli Hunger Games, quelle stesse donne che lui diceva di odiare.
Ma forse avere tutte quelle attenzioni attorno lo distraeva dal fatto che i suoi tributi stavano morendo nell’arena.
Se fosse stato così lo avrei capito, lo capisco tuttora.
Così ho deciso di non farmi troppi problemi finchè non fosse tornato a casa, finchè non avrei potuto parlare lui.
Poi quando è rientrato nel Distretto 4 e, per i primi tre giorni, non mi ha voluto vedere ho creduto che volesse stare da solo, per smaltire tutti gli orrori dei trascorsi Hunger Games, o almeno credevo fosse così.
Perchè i giorni  passavano e lui continuava a respingermi, giorno dapo giorno.
E poi ho iniziato a provare una nuova emozione, una emozione che non avevo mai provato nei confronti di Finnick: rabbia.
Ho iniziato ad essere arrabbiata con Finnick, perchè lui continuava ad evitarmi e non capivo il perchè, ma nonostante tutto ogni mattina continuavo a bussare alla sua porta e, tutte le volte, sua madre mi dicieva che oggi non era giornata, che stava bene, ma che non era giornata.
E poi è successo l’impensabile: due giorni fa, come ogni mattina, ho bussato con due colpi decisi alla porta e in quel momento l’ho sentita: la voce di Finnick.
—Mandala via!— ha urlato —non la voglio tra i piedi! Mandala via!—
Shirley mi ha aperto la porta ma io me ne ero già andata via in lacrime.
Oggi sono passati precisamente 17 giorni dal suo ritorno, negli ultimi due non ho neanche provato a cercarlo, mi sono ripromessa che lo rivedò solo quando lui sarà pronto per parlarmi, quando verrà lui a cercarmi.
Ma ho la sensazione che non lo farà.
Immergo la testa sott’acqua, trattengo il fiato, apro gli occhi.
Sto bene qui.
Vorrei poter stare bene anche sulla terra ferma.
Torno su, scorgo una figura sulla spiaggia.
Decido che è ora di tornare a casa.
Nuoto lenta, pigra, contraria a lascire il mare.
Una volta toccata la sabbia mi strizzo i capelli e capisco chi è la figura che avevo scorto poco prima: Thom, il figlio più giovane del vecchio Mitch.
Mi sta ancora fissando, come ha fatto per tutto il tempo che stavo in acqua.
è un bel ragazzo, alto, capelli castani, carnagione dorata, credo abbia la stessa età di Finnick, ma le somiglianze si fermano lì. Perlopiù è un ragazzo scorbutico, riservato e acido, mi ricordo benissimo quando accusò Finnick di essere un mostro, ma è anche grazie a lui che ho preso l’iniziativa di parlargli al suo ritorno degli Hunger Games.
Strano, ma vero.
—Thom— lo saluto con un cenno del capo.
—Annie— ricambia lui.
è suduto sulla spiaggia ad intrecciare reti con lo sguardo perso nel mare del Distretto 4, strano che non sia a pesca.
—Non avevi niente di meglio da fare che guardarmi fare il bagno?— domando curiosa strizzandomi i vestiti fradici
—Non ti stavo guardando— scatta lui —e comunque oggi dovevo stare a casa per badare a mio padre— prosegue tessendo velocemente la rete.
—Non mi sembra che tu gli stia facendo molta compagnia e poi Mitch sa badare più che bene a se stesso— gli dico prendendo a calci un piccolo sasso.
—è malato— dice d’un fiato.
Per un po’ nessuno parla, poi lui riprende la conversazione.
—La cosa sembra essere più grave di quanto credevamo all’inizio, mio fratello è partito per il mare ed io dovevo badare a mio padre finchè non tornava mia madre— prende un bel respiro —appena è rientrata mi sono fiondato qui, sembra essere l’unico posto che mi tranquillizza— conclude dando uno strattone alla corda.
So bene cose intende, io sono qui per lo stesso motivo.
Non è facile accettare che tuo padre potrebbe...
—Vedrai andrà tutto bene— gli dico avvicinandomi di qualche passo.
—Lo spero— sospira lui.
—Salutamelo quando torni a casa— gli dico voltandomi. Lui si limita ad annuire.
—Come sta il tuo amichetto? è da un po’ che non lo vedo in giro— mi dice lui d’un tratto.
So benissimo che per amichetto non intende Lian.
—Penso che avrai più possibilità di vederlo tu di quante ne ho io— gli rispondo con un filo di voce — non so neanche se siamo ancora amici— gli dico.
Mi sorprendo per aver parlato di cose così personali con Thom, questa sarà la prima conversazione sensata che facciamo.
—Meglio per te, amicizie del genere ti portano solo a star male— dice lasciandosi sfuggire un leggero sorriso —non è forse così Annie?— mi chiede.
Deve aver intuito il motivo della mia angoscia.
—Ci si vede in giro Thom— gli dico semplicemente
—Pensaci— mi risponde, ma io sto già correndo via da lì.
Si può sapere cosa gliene frega a lui?
Non sa niente di Finnick.
Non sa niente, anche io sembro non sapere più niente.
Spalanco la porta di casa, Riza sta intagliado del legno.
Io mi fiondo subito sul mobile della cucina, prendo il braccialetto in cuoio rosso e me lo allaccio, non volevo farmi il bagno con questo addosso, avrei rischiato di rovinarlo.
Mia cugina mi guarda per due secondi poi il suo sguardo si posa di nuovo sulla sua creazione.
—Ancora niente?— mi chiede lei. Suppongo si riferisca all’isolamento di Finnick.
—Oggi non sono andata— le rispondo sedendomi pigramente sulla sedia.
—Invece dovresti andare— mi incita mia cugina.
—Per fare cosa? Per vedermi chiudere la porta in faccia?— le dico infuriata.
—No, per fargli capire che ci sei, per fargli capire che non hai rinunciato— mi dice guardandomi negli occhi —sai quante ne ha passate e sai anche che se lui non vuole vedere nessuno questo non significa che non ne abbia bisogno, che non abbia bisogno di te— conclude lei.
Ha ragione, più di quanta ne abbia io, ma non ce la faccio proprio ad affrontarlo, il solo pensiero mi fa spezzare il cuore.
—Sai tu capisci Finnick più di chinque altro, ma certe volte ti sfuggono di vista i dettagli più importanti— sorride —lui tiene a te più di quanto dia a vedere— mi dice mia cugina.
Lui tiene a me come amica.
—Lui tiene alle donne di Capitol City— sbuffo — riguardo a questo qualche illuminazione profetica?— le chiedo.
—Mi dispiace ma per questo non posso difenderlo in nessun modo— mi dice cupa —non lo difendo e non lo perdono, per il semplice fatto che non di cambia partner ogni tre giorni, per non parlare del suo gusto che tende alle donne agghindate di Capitol City assetate di Hunger Games—afferma conficcando il coltello nel quadrato di legno.
—Non lo perdono— ripete lei —ma sono disposta ad ascoltarlo, come dovresti esserlo anche tu— mi dice stringendomi la mano.
—Quindi cosa dovrei fare?— le chiedo.
—Io busserei a quella porta— mi dice sorridendo.
Il pomeriggio passa velocemente, tra intagli di legno e pettegolezzi senza senso, di ritorno dal mare passa anche Lian che ci porta dei frutti di mare, li mangiamo quando sono ancora freschi.
Si sta già facendo buio quando mi decido ad uscire di casa, so già che sarà una cosa veloce: il tempo di andare, bussare alla porta, essere respinta e tornare indietro.
Decido di passare per la spiaggia, il viaggio è decisamente più lungo, ma ne vale senza dubbio la pene.
Scendo a grandi passi fino a raggiungere le onde fredde che mi accarezzano i piedi, cammino per un po’ prendendo a calci un sasso color della pece e poi lo vedo: accovacciato vicino agli scogli, i capelli arruffati e gli occhi persi tra la spuma dell’oceano.
Finnick sembra non avermi visto, così mi dirigo a grandi passi verso il villaggio, lontano dalla riva.
Non sono pronta.
Lo ero a farmi sbattere una porta in faccia, ma non lo sono per vederlo, non sono pronta per vederlo correre via da me, perchè sono abbastanza sicura che è quello che farà quando si accorgerà di me.
Non sono pronta a farmi dire che non conto più niente per lui.
Voglio tornare a casa.
Voglio davvero tornare a casa? Con questa angoscia che mi perseguita ormai da troppo tempo?
Se torno indietro ora non cambierà mai niente, se lo vedo e gli strapperò qualche parola forse sarò finalmente sicura di ciò che gli passa per la testa.
Cammino lenta, timorosa.
Ora inquadro chiaramente la sua schiena ricurva sulle ginocchia, lui non mi può vedere perchè cammino indecisa alle sue spalle.
Quando gli sono a circa un metro trovo sorprendentemente coraggio, mi siedo vicino a lui, Finnick fa un sussulto ma non stacca gli occhi dall’orizzonte.
Mi è mancato, più di quanto potessi pensare, più di quanto avessi il coraggio di ammettere a me stessa perchè attualmente Finnick ha rinunciato alla nostra amicizia e se la fa con ogni donna di Capitol City che gli capiti a tiro.
—Sono passata a trovarti in questi giorni...— inizio ma vengo immediatamente interrotta.
—Non volevo nessuno attorno— mi liquida lui in tono severo.
Mi zittisco immediatamente, come sospettavo lui non mi voleva vedere e sembra che anche ora non ne abbia molta voglia. Ma si può sapere cosa gli ho fatto di male?
—Ti diverti a Capitol City— parlo quasi senza accorgermene.
—Già— mi dice lui semplicemente.
“Già” non è una risposta, non è la risposta che voglio.
—No intendo, ti diverti veramente tanto a Capitol City— dico acida, in tono accusatorio.
—Che problema hai Annie?— mi chiede arrabbiato voltandosi finalmente verso di me.
—Nessuno— gli rispondo in un sussurro non riuscendo a sostenere il suo sguardo.
Mi odia, senza alcun dubbio. Mi odia e non ne capisco il motivo, tra i due dovrei essere io quella infuriata, sono io quella che si è vista sbattere tutti i giorni la porta in faccia, che ha dovuto subire interviste su interviste delle sue numerose amanti affamete di Hunger Games. Io dovrei urlare, non lui.
—Sai Finnick, invece c’è un problema— gli dico finalmente —c’è che tu te la spassi alle feste di Capitol City, vai in giro con quella gente disgustosa e poi quando te ne torni a casa mi tratti come una pezzente— riprendo fiato —che poi quelle persone non ti piacciono nemmeno— grigo gesticolando.
—E questo chi te lo ha detto? Che non mi piacciono— chiede quasi preoccupato con voce dura.
—Tu Finnick! Tu me lo hai detto!— dico disperata, con la voce spezzata.
—Ho cambiato idea— si limita a dire alzando le spalle.
—Come fai ad aver cambiato idea? Quella gente si diverte vedendo dei ragazzi che si uccidono a vicenda, si sono divertiti vedendoti nell’arena, come puoi aver cambiato idea?— grido.
Eppure sembra essere proprio così, l’ho visto mentre brindava davanti ad un banchetto chiacchierando allegramente con gli strateghi, con il presidente Snow, con tutte le sue donne.
—Il successo deve averti dato alla testa— dico in tono severo, adesso è la rabbia a parlare.
—è questo che pensi di me?— chiede voltandosi, con gli occhi lucidi.
—No! Certo che no! è che non so più cosa pensare, mi sembra di non conoscerti più— dico infilandomi le mani tra i capelli, lui non risponde, non ha intenzione di farmi capire.
—Finnick ti prego parlami...— sussurro cercando di mettergli una mano sulla spalla.
Lui si volta di scatto e tira uno schiaffo alla mia mano.
—Non sono affari tuoi!— grida rabbioso in un modo che non avevo mai visto.
—Della mia vita faccio quello che voglio e tu non c’entri niente con me!— continua lui, io mi alzo immediatamente, lui fa lo stesso per continuare la discussione.
—Si può sapere perchè ti interessa tanto Annie?— mi urla in faccia.
—Perchè ti amo stupido!— grido in lacrime.
In questo momento vorrei insultare, prendere a calci il mondo, ma non posso.
Perchè le sue labbra sono premute sulle mie.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Eccomi!
Ho pubblicato prima del previsto ;)
Spero che il capitolo non vi abbia deluso, fatemi sapere che cosa ne pensate
Alla prossima...
Baci
Light Rain
  
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