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Autore: Lord Revan    13/10/2012    1 recensioni
Un uomo ragiona sulla condizione umana in una società dove a dettar legge non è il denaro, ma il tempo.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Countdown Mi resta poco tempo. Credo che queste siano diventate le parole più spesso pronunciate dal genere umano: mi-resta-poco-tempo. Dove una volta, svariate decine di anni fa, si parlava di soldi, ora si parla di ore, minuti, secondi. Pensare che, all'epoca, nessuno aveva il countdown della propria vita al polso mi fa quasi venire il mal di testa. E' vero, non avevano un'autonomia limitata e scandita dai verdi numeri digitali che inesorabilmente vanno decrescendo, come in questo momento sul mio braccio, ma avevano altre cose. Le malattie, ad esempio. Molti avevano disturbi di natura genetica, e passavano dalla vita alla morte in maniera assolutamente imprevedibile, a causa ad esempio di una malformazione a qualche organo vitale mai riscontrata prima. Oggi non è più così, oggi c'è il conto alla rovescia. Tre, due, uno...

Zero. Mancano quattro minuti. Quattro minuti e diverrò solo un ricordo. Un cadavere da raccogliere e accatastare abbandonato in una fredda stanza d'albergo in una piovosa notte novembrina. Il tempo a nostra disposizione è diventato così prezioso, che nessuno fa più caso ai dettagli. A parte le persone ricche. Ed io. Certo, io ora mi sto concentrando sui dettagli perchè mi restano tre minuti e trentasei secondi di vita e la banca più vicina si trova a dieci minuti da qui, quindi posso permettermi di notare cose che, normalmente, nessuno noterebbe.

Ad esempio, noto la sottile patina di sporco che ricopre ogni cosa in questa stanza. Deduco che il proprietario non voglia sprecare troppo tempo nel prendersene cura. La mia teoria è avvalorata anche dallo stato della moquette, strappata in alcuni punti, e dalle vistose macchie di Dio-sa-cosa sui mobili. E, guardando oltre gli aloni del vetro della finestra mi rendo conto che, nello stesso stato, versa anche la strada. E, con essa, le auto che la percorrono. L'unica che cerca di pulire le auto e le strade, è la pioggia. E' l'unica a cui è rimasto del tempo da sprecare per svolgere certe mansioni.

Due minuti in questo istante. Devono avere accorciato i secondi, se è vero che una volta quattro minuti duravano di più. In ogni caso, l'ironia della nostra condizione è palese e deflagrante. Essa deriva dal fatto che un lavoratore si spezza la schiena tutto il giorno per avere la possibilità di aggiungere qualche ora di vita a quelle che gli sono rimaste. In altre parole, un lavoratore ideale, di quelli che non si risparmiano mai, che paiono godere della fatica che accumulano o che, se possibile, arrivano a lavorare più di quanto dovrebbero, potrebbe arrivare a vivere in eterno e lavorare in eterno. Il tutto, solo per avere altro tempo da aggiungere a quanto già vissuto e a quanto resta ancora da vivere.

E' pazzesco. Uomini che lavorano per fabbricare tempo che poi verrà utilizzato per lavorare e fabbricarne dell'altro. L'unica via d'uscita da questo circolo vizioso lavorativo è la morte. Restando sempre giovani e in forze, non esistono nè vecchiaia nè pensione. Quando un individuo si stufa di vivere per lavorare, non deve fare altro che smettere ed aspettare. Quando il conto alla rovescia sarà arrivato a zero, la morte lo coglierà istantaneamente, senza dolore. O almeno, così spero.

Ma questo accade qui, in questa zona. Nelle zone contraddistinte da un numero più basso, la situazione è differente. Tutto è curato, fin nei minimi dettagli. Le persone più abbienti hanno avuto anni a disposizione per prendersi cura dei dettagli della propria abitazione, del proprio posto di lavoro, della propria auto, della propria famiglia, della propria vita. Così come, nelle zone nove, dieci, undici o dodici, regna la decadenza figlia della fretta, così nelle zone uno, due, tre, è una ricercata perfezione derivata dalla possibilità di poter spendere intere giornate anche solo sulla scelta del colore con cui tinteggiare lo sgabuzzino della propria villa a dettar legge.

Quarantacinque secondi. La differenza sta nel piccolo. Cos'è che distingue un bel quadro da un capolavoro? Certo non la qualità del tratto o la mano che ha passato il colore. No, la differenza sta nel particolare. Il sorriso della Gioconda era solo un particolare, ha richiesto meno colore e meno tempo per essere dipinto rispetto a quanto ne abbia richiesto paesaggio alle sue spalle. Ma la Gioconda non è famosa per l'ambientazione. E' il sorriso, il suo particolare sorriso, così enigmatico e diverso dalle smorfie che albergano sui volti di tanti altri soggetti, a renderla immortale.

Il piccolo, dieci secondi. Il particolare, l'immortalità. Prendo il telefono.

"Ellie?"

"Sì, signore?"

"Ricarica."

"Fatto, signore."

Il contatore sul mio avambraccio passa da sei secondi a dieci minuti e tre secondi. Altri dieci minuti di tempo per contemplare la decadenza e la degenerazione della nostra Specie. Altri dieci minuti in cui vedrò la mia vita passare, secondo dopo secondo. Troverò stasera la forza di non chiamare? E' già arrivata, dopo duecentosessantadue anni, l'ora in cui è la noia a prendere il sopravvento sulla vita e la morte, l'oblìo, diventano l'unica scappatoia da un tale, tedioso supplizio?

Non credo sia ancora arrivato quel momento. Anche se la domanda è legittima: perchè un residente della Zona 1 dovrebbe andare tutte le sere nella Zona 12, prendere la più squallida delle stanze del più squallido degli alberghi e aspettare la fine del proprio tempo per poi salvarsi in extremis?

Semplice: mi piace l'adrenalina. E quando la differenza fra la vita e la morte è pochi secondi, un dettaglio, un particolare, l'adrenalina scorre a fiumi. E inebria. E la noia sparisce.
  
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