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Autore: Berenice88    14/10/2012    7 recensioni
Oscar e Andrè ricevono l'ordine di partire per Parigi, sanno che dovranno sparare sulla folla o combattere con essa,ma soprattutto sanno che rimane loro poco tempo da passare insieme e per decidere del loro futuro... riusciranno i loro ingarbugliati sentimenti, sogni e ideali a venire alla luce e a prendere forma in mezzo alla polveriera della rivoluzione francese?
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Bernard Chatelet, Generale Jarjayes, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti
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Il rumore dei tacchi marziali del messaggero finalmente si persero nel brusio della pioggia, fuori dal palazzo.
L'ordine di andare a Parigi era giunto alla fine.
Oscar e Andrè se lo aspettavano, e sapevano perfettamente di non poterlo ignorare, anche se né loro due, né il resto dei soldati della guardia, avevano intenzione di eseguirlo.
Ognuno di quegli uomini, nella solitudine dei propri pensieri, sapeva cosa voleva dire: morire da traditori della corona (perché loro non avrebbero sparato sul popolo di Parigi) o morire da ribelli (perché anzi, avrebbero combattuto con i dimostranti). Ma per i due che osservavano la porta di Palazzo Jearjes oramai chiusa, soprattutto, l'ordine voleva dire che non c'era più tempo, solo due giorni, e poi in un modo o nell'altro la loro vita sarebbe finita.
Andrè alzò lo sguardo alla sua sinistra, gli occhi di Oscar brillavano, anche lei sapeva che sarebbe morta, e con umorismo macabro, pensò Andrè, non per la tisi di che tanto si era preoccupata di nascondere. Non poteva nasconderla a lui, era cieco, ma con lei non serviva vederci per capire cosa le accadeva.
Un lieve tremore della propria mano rivelò ad Andrè che la frustrazione e l'impazienza non erano più gestibili. Due giorni. Aveva passato una vita ad aspettarla, avrebbe guardato la donna che amava da lontano e col distacco necessario a non turbarla per quei due ultimi giorni? Ne sarebbe stato capace?
Forse un bacio, le avrebbe rubato ancora un bacio, anzi, per non spaventarla glielo avrebbe chiesto, lei sapeva che Parigi sarebbe stata la loro morte, avrebbe capito, lo avrebbe baciato, forse anche abbracciato. Dopotutto lo conosceva bene anche lei la legge: un condannato a morte può esprimere un desiderio.
Scaccio' quei miseri pensieri e fece per tornare nella sua stanza, non aveva senso rimanere lì. I tormenti da innamorati respinti non dovevano rovinare i suoi ultimi due giorni di vita. Decise che un bicchiere li avrebbe celebrati più degnamente.

Oscar guardò Andrè tornare nella sua stanza, anche lui era abbattuto, lo sentiva ad un miglio di distanza. La sua mano aveva tremato impaziente e frustrata sulla ringhiera, era un tic che lui mostrava sempre quando aveva in mente che un problema senza soluzione. Parigi, lei pensò.
Parigi significava per lei e per Andrè diventare ribelli per combattere con il popolo, o traditori, perché si sarebbero rifiutati di sparare sulla folla, o forse entrambi. Solo due giorni e poi non avrebbe più rivisto la luce del giorno e lo sguardo di Andrè... si sorprese ad associare quelle due cose, scacciò via il pensiero, ma solo un momento, per poi rimetterselo davanti agli occhi in tua la sua tristezza. Gli occhi verdi di Andrè, la sua bocca morbida e controllata che nascondeva i sorrisi più dolci per regalarli solo a lei... Ma perché piangere tanto? sarebbe morta di lì a poco ugualmente, o no?
Pensò al suo ultimo attacco di tosse, il sangue era uscito dalla sua bocca, ma non troppo, forse gli rimanevano davvero sei mesi di vita, forse c'era ancora tempo... pensò, ma tempo per cosa?
Non importava, ora tutto il suo tempo erano due giorni.
Il popolo di Parigi, e quell'uomo che era appena sgusciato nella dispensa dei liquori a prendere un brandy, erano gli unici due motivi per cui si sarebbe sforzata di vivere davvero per due giorni interi, o almeno ci avrebbe provato.
Passò davanti alla dispensa, mentre Andrè ne usciva, con aria disinvolta.
“Portamene uno in camera quando hai finito. Il brandy sembra una buona idea anche a me contro i cattivi pensieri.”
Andrè la guardò chiudere la porta della propria stanza mentre sgusciava all'interno appena prima che il battente si chiudesse, silenziosamente, come sempre. Non era stupito, non più, aveva pensato male che Oscar non potesse sentire per filo e per segno ogni suo pensiero, sperava solo che avesse saltato la parte in cui piangeva come un bambino per un bacio.

“Ecco a te Oscar,” disse posando il brandy sul tavolino rotondo vicino alla poltrona “volevo mischiarlo nella cioccolata calda, ma poi ho pensato che se la nonna mi vedeva non avrebbe finito più con le ramanzine.”
“Hai fatto bene. Anche liscio ha il suo fascino.”
Oscar si accomodò sulla poltrona accavallando le gambe, assorta, sorseggiando appena il brandy.
“Vuoi cenare con noi stasera? Visto che forse da Parigi non torneremo, mi sembrava dovuto cenare un'ultima volta tutti insieme” disse indifferente.
“No, credo che cenerò con la nonna, è una vita che non mi vede. Ma grazie, il pensiero mi onora davvero.”
“Come credi,” disse subito, pentendosene, e subito aggiunse “ma prima di andare a dormire passa a salutare mio padre. Sarà più tranquillo.”
“Come chiedi Oscar. Verrò a portare il brandy anche per lui.”
“Grazie Andrè.”
“Dovere mio comandante.”
“Smettila!” sorrise lei, morbida, e guardò Andrè avvicinarsi alla porta per uscire. La sua camminata non era fluida ed agile come la propria, era decisa, un affermare ad ogni passo la propria presenza al mondo, solo le maniere arrendevoli e misurate che mostrava nel fare tutto sembravano aggiungere a quella dimostrazione di fermezza le parole 'con moderazione'.
“Ai vostri comandi.”
La sua impertinenza tra compitezza e raggiro era una piacevole civetteria che aveva sempre riservato solo a lei, e solo quando la vedeva nella tristezza più nera.
Un lampo le attraversò lo sguardo, un'idea malsana, desiderio di... stringerlo... in un abbraccio, suo. Forse Andrè non la amava più, lei era stata davvero stupida, ma forse... un bacio, forse un bacio glielo avrebbe concesso ancora, forse anche un abbraccio forte, di quelli che le avevano salvato la vita più di una volta. Forse avrebbe dovuto implorarlo, ma d'altronde ne valeva la pena. Stava per affrontare Parigi all'alba di una battaglia mortale, un desiderio prima di morire è concesso ad ogni prigioniero.

La cena era andata avanti silenziosa, il generale parlava poco, probabilmente aveva il magone anche lui, pensò Oscar, anche le sue truppe sarebbero partite di lì a poche ore per Parigi.
Andrè entrò silenzioso come sempre, solo gli ultimi passi fecero volutamente rumore per farsi sentire dal generale.
“Vi ho portato il vostro brandy signore, pensavo lo avreste voluto.”
“Sei gentile Andrè. Grazie, mille.”
“Volevo anche congedarmi signore, e ringraziarvi per tutto quello che avete fatto per me in questi anni. Forse non tornerò da Parigi, ma non vi dimenticherò.”
“Grazie Andrè, ma via, non siamo precipitosi, spero di rivederti, sono sicuro che te la caverai a Parigi. Anzi, voglio ringraziarti io, sei stato un bravo attendente per mia figlia, e uno dei servitori più fidati per quanto mi riguarda, ti auguro ogni bene.”
“Grazie signore.”
Oscar sentiva che Andrè appianava i suoi pensieri con quella sua misura che rendeva perfettamente distanziate relazioni e persone, ma sentiva altrettanto bene che quella gratitudine era sincera, anche se forse, potendo, li avrebbe espressi con altre parole.
“Andrè,” disse Oscar con tono monocorde “passa dalla mia stanza prima di andare a dormire, vorrei discutere gli spostamenti di martedì.”
“Certo Oscar.”
Se non avesse sentito venir meno la forza della voce sulle sillabe del suo nome, avrebbe giurato che Andrè avesse intuito qualcosa.

Il bussare di Andrè la rendeva nervosa, ogni volta. Quando non entrava liberamente nella sua stanza voleva dire che aveva timore del discorso che doveva affrontare con lei, voleva dire che se poteva risparmiarsi l'incontro, Oscar avrebbe potuto far finta di non sentire e lasciarlo andare.
La faceva sentire colpevole, e stavolta sarebbe stato anche peggio, perché per la prima volta in trent'anni, Andrè avrebbe avuto paura davvero della sua richiesta.
“Entra pure Andrè.”
Lo guardò entrare da dietro il tavolino tondo, in piedi accanto alla poltrona: Andrè non si infilava nella porta fluido come lei, la apriva semplicemente e avanzava con un paio di passi maestosi per poi chiudersela alle spalle.
“Dimmi Oscar, vuoi partire presto martedì?”
Lei gli si avvicinò piano, cercando di imitare quell'attutirsi misurato dei passi di Andrè, finché non gli fu davanti.
“No, a dire il vero vorrei farti una richiesta.”
“Dimmi pure”
“Sai cosa vuol dire per noi partire per Parigi, vero? Sai che io non sparerò mai sulla folla?”
“Lo so Oscar. E' la prima cosa che ho pensato quando è arrivato il messaggero. Io verrò con te, non voglio sparare nemmeno io contro il popolo. E poi,” aggiunse con un sorrisetto che voleva alleggerire l'aria “morire per la patria non suona poi così malvagio. Se siamo fortunati un giorno ci faranno una statua.”
“Beh, io la voglio con noi che ci dividiamo una bottiglia di brandy.” aggiunse Oscar, nervosa, ridendo forte a sua volta. Andrè era ammaliato, la risata cristallina di Oscar non cambiava nemmeno con la malattia, una cascata di pioggia fresca in una giornata d'agosto.
“Beh, lo faremo presente a Bernard, sono sicuro che provvederà.”
“Andrè...” la sua voce si fece improvvisamente morbida e cupa, profonda “forse... forse non torneremo davvero.” il timbro si spezzò cupo, d'un tratto, un'ottava al di sotto di quella che usava dopo un eccesso di tosse.
“Lo so, lo so Oscar... e voglio dirti, per quel che vale ora e varrà mai, che io sarò con te. Non... non importa il passato o il fatto che tu non lo voglia, ma io sarò li con te, sarò uno sciocco innamorato che ti stringe la mano prima che ci fucilino.”
“Beh, per quel che vale ora e varrà mai, quando il messaggero ha letto il dispaccio non ho pensato solo al fatto che non fosse giusto sparare sulla folla... il... il mio primo pensiero è stato... che non avrei mai più rivisto i tuoi occhi dopo Parigi, e che.. che sono stata stupida a non baciarli ogni giorno da quando ti ho respinto quella notte...”
“Oscar...”
“No, lasciami parlare. Ero innamorata di Fersen, e sapevo benissimo che era un amore senza futuro, ma tu eri lì vicino a me, a preoccuparti che stessi bene ogni istante, e anche dopo, mentre piangevo per lui, mentre volevo cambiare la mia vita per non soffrire più una cosa del genere, tu sei rimasto qui, al mio fianco, nonostante ti avessi detto che non ti amavo e ti avessi scacciato come un cane. Andrè solo in questi mesi ho capito... che... che sei la mia stella fissa, tu, solo tu, sarai sempre l'unico uomo di cui non potrò mai fare a meno... ti amo Andrè Grandier, e scusami se per vigliaccheria te lo dico solo ora... ora che la fine è vicina.”
Era la propria mano ora a tremare, si era alzata lentamente, e aveva rimesso a posto, leggera, una ciocca dei capelli neri di Andrè dietro l'orecchio, lasciando visibile tutto l'ovale del volto. Il suo occhio cieco era chiuso. Lei si alzò sulle punte dei piedi, timorosa, e vi posò sopra un bacio. Ogni sua speranza sembrò farla sussultare quando le braccia di Andrè la strinsero e gli mormorò all'orecchio:
“Ti amo Oscar, ti amo da sempre, non ho mai smesso e non smetterò adesso che la fine è vicina, e... se Dio mi aiuterà, nemmeno dopo.”
Oscar lo strinse con un braccio, con l'altro continuò la carezza al suo viso, dall'occhio ancora chiuso, giù per la guancia, fino alle labbra.
La amava ancora, la stava stringendo, si era sbagliata, non era prigioniera, di nessuno, era libera, libera di godere di quella carezza in eterno, di non morire mai, non finché Andrè l'avesse amata. Si allungò per baciargli le labbra, leggera come una piuma, erano morbide, sapevano di brandy, quasi inconscia si scoprì a succhiare piano quel sapore dal labbro inferiore, per poi staccarsi e baciare l'angolo destro di quella bocca, quello che si incurvava quando la prendeva in giro. Era suo, era suo in quel momento, era suo ogni centimetro di quella bocca agognata.

  
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