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Autore: Scimi    14/10/2012    0 recensioni
E' la mia prima storia pubblicata. Spero possa piacervi.
Il dolore, la perdita non possono impedirti di vivere. Per quanto puoi stare male, devi impare a ricominciare a vivere. Vivere non è vivere in apnea, non è sopravvivere. Vivere è anche lasciarsi amare.
Nonostante siano passati due anni dall'accaduto per Sara non è facile lasciarsi amare. Non lo ammetterà mai, neanche a se stessa. Qualcosa, o meglio qualcuno l'aiuterà, inconsapevolmente...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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IMPARARE A VIVERE
CHAP_1

 


-Don?? Dove sei??-
Possibile che ogni volta che io lo cerchi, sparisca sempre? Sembra dotato di poteri speciali.
-Don?-
-Cucù!!- ok. Il cuore ha smesso di battere. Possibile che devo rischiare di morire alla tenera età di 23 anni? È possibile fare uno scherzo del genere, sono in una stanza buia cammino a tentoni, e lui urla nel mio orecchio “cucù” accendendo una stupida torcia? No ma, io ora lo ammazzo.
-Don Scellerato che non sei altro!!! Vuoi farmi morire giovane???-
Ok, il mio parroco era piegato in due dal ridere, si divertiva sempre con poco lui. Mi stavo spazientendo, gli volevo bene, lui mi aveva salvato, aveva salvato la mia anima, senza di lui ora sarei forse morta.
Ma non può prendermi per i fondelli, così bellamente. Uff il mio ego ne risente.
-Sai Sara, sei troppo divertente..-
-Mai quanto te Don!!- e gli feci una linguaccia. Tanto perché capisse che io in realtà non me la stavo prendendo davvero.
Aveva passato il braccio sulle mie spalle, - Allora, che volevi dirmi?? Qualche problema con le piccole pesti di sopra??-
-No, volevo solo dirti che era pronta la cena, che i piccoli marmocchi stanno già mangiando e che io ora me ne vado a casa, sempre che non devo aiutarti in qualcos’altro-
-già ora di cena??.. e tu sei ancora qui?? Fila a casa, è tardissimo. Passi troppo tempo qui dentro, sai benissimo che dovresti farti una vita fuori di qui..-
- oh ma ho l’università, ho il bar.. non sono sempre qui..-
- lavori nel bar, vicino il centro, i ragazzi spesso vengono a fare colazione lì, o al massimo merenda se sei tu di turno. E all’università vai solo a dare gli esami, dimmi che la tua vita non è chiusa qui in centro?!?!-
-Don sai benissimo perché passo tutto il tempo con i piccoli. Lo sai, a casa non riesco a starci.. e voglio dare una mano a questi piccoli, hanno un gran bisogno di affetto. E sono loro che mi hanno aiutato per primi, Don lo sai, non guardarmi con quello sguardo da rimprovero-
- oh Buon Dio, su va a casa Sara… farti ragionare è una causa persa-
Gli feci di nuovo una linguaccia e uscii in fretta dalla stanza che stava aggiustando il Don. Voleva ampliare il Centro. Già il Centro, il suo più grande sogno e progetto di Vita. E oggi, lo era anche il mio. Adoravo quel posto. Senza il Centro, il Don, Suor Anna e Suor Francesca avrei perduto irrimediabilmente la mia anima. Sarei, forse, morta anche fisicamente. Sono il dono più grande che Dio potesse farmi. Già dopo essersi preso la cosa più preziosa che avessi, mi ha donato loro.
Ero in macchina, direzione? La sontuosa villa, in cui vivevo. Già i miei genitori avevano un lavoro che pagava bene. Papà, ha un industria, lavorazioni meccaniche, o cose simili. Non ho mai capito di cosa si occupa davvero. Mamma invece è dentista. Lavora con mio zio Umberto, nonché suo fratello, hanno quella cosa che tutti chiamano studio associato.  Zio Umberto è igenista, e mamma dentista.
Il rapporto con i miei, si è alquanto raffreddato, da quando Emily è andata via. Nessuno di noi ha saputo condividere il proprio dolore. Così mia madre, Ginevra Ferrari, non fa altro che rinfacciarmi che sono una nullafacente ragazzina viziata, che vive sulle spalle dei genitori, e che non sarò mai in grado di fare nulla di buono  nella mia vita. Mentre papà ha smesso di parlare, o meglio si limita ad avere conversazioni essenziali e bravi. Non sorride più come prima. Le sue giornate le passa nel suo studio, Ginevra ogni tanto se ne esce con illazioni sulla sua fedeltà. Dice che se la fa con la segretaria. Papà, ha sempre amato mia madre, pur di farla felice sarebbe andato in capo al mondo. Tanto che, per evitare che la sua amata fosse gelosa, non ha mai avuto una segretaria donna in vita sua. Fa tutto da solo, con i suoi due soci. L’azienda và bene, ma cercano di evitare sprechi, come pagarsi una segretaria. Di solito approfittano degli stagisti, rigorosamente ragazzi, per i lavori di cancelleria. Papà è sempre stato il mio idolo. Era l’idolo anche di Emily.
Oh, sono arrivata, non me ne ero nemmeno accorta, persa com’ero a pensare a quello che era la mia famiglia, fino a 1 anno e mezzo fa. E quello che invece oggi non possiamo chiamare famiglia.
Mi accorgo solo ora che ho il viso, rigato di lacrime. Odio vedermi così fragile. Ma è l’unico modo che ho per sfogarmi. Faccio caso all’ora, solo le 21. Mamma si infurierà di nuovo, per essermi attarda di nuovo fino a quest’ora al Centro. Ma lei, non può capire, o forse solo non vuole capire. Non riesce a capire che io sono andata avanti. Stò superando la sua assenza in questo modo.
Rientro in casa. Poggio le chiavi sul tavolino alla sinistra nell’ingresso. Proseguo per il corridoio mi affaccio in cucina sulla destra, la vedo prepare la cena.
-per non cucinare, ho mangiato un panino al Centro.-
-non preoccuparti, ho capito che ti sei dimenticata di avere una famiglia. Mi chiedo cosa ci troverai lì di così importante. Sono solo stupidi bambini-
-sei stata anche tu una stupida bambina, hai messo al mondo anche tu stupidi bambini, ma noi siamo stati fortunati. Abbiamo avuto, un casa, qualcuno che ci voleva bene. Perché si, anche noi un tempo ci volevamo bene. Prima eravamo la famiglia perfetta. E ora cosa ci rimane??? Tu che mi urli contro tutto e tutti, papà che passa le sue giornate in fabbrica, per allontanarsi da tutto questo. E Roby che sono due anni che non torna dall’università. Pensi sia giusto ??? eh???-
Ok ero esplosa. Mi succedeva spesso ultimamente. Non riesco più a mantenere quello che mi passa per la testa, è un anno e mezzo che è diventato tutto uno schifo. All’inizio sopportavo tutto silenziosamente, ma ora. Ora no. Non sopportavo più freddezza e tutto quello che poteva offrirmi quella casa.
Mi madre si era avvicinata, ora stava di fronte a me. Occhi negli occhi. Un tempo li avrei abbassati. Ma ora no. Ora anche lei doveva tornare a vivere. Doveva ricominciare. Lo doveva a tutti. Non poteva obbligare tutti ad avere costantemente uno sguardo pieno di morte e dolore. Tutti soffrivamo, tutti. Nessuno escluso. Ma avevamo diritto a ricominciare. Non parlo di dimenticare. Ma solo di ricominciare senza Emily.
-TU. NON.PARLARMI. CON.QUEL. TONO. MAI PIU’. Siamo intesi ragazzina??-
-te lo ripeterò fino a che tu non recuperi un po’ di buon senso. Stai mandando a puttane il matrimonio con papà. Non chiami Roby, da quando??? 1 e mezzo??? Da quando mi disprezzi???1 e mezzo??? Emily è morta, ma la nostra famiglia dovrebbe stare unita, dovremmo darci conforto l’un l’altro.-
Ormai stavo urlando, i vicini anche per stasera avrebbero avuto lo spettacolino.
Non me ne sono nemmeno accorta del come, so che quella sberla in piena faccia bruciava. Portai la mia mano lì dove mi aveva colpito. Faceva male. O forse faceva più male prendere coscienza del fatto che mia madre ormai non sarebbe stata più la stessa.
  • Fa come vuoi. Io rinuncio a farti capire che così facendo stai mandando tutto a puttane. Tutto quello che ti sei tenuta stretta fin ora.-
Così facendo presi la borsa, e salii in camera. Mi buttai sul letto. Ora le lacrime potevano scivolare giù senza freni. Era un pianto disperato. Perché non avrei mai accettato il fatto che lei mandasse in rovina questa famiglia.
Non so bene quando avevo chiuso gli occhi, e sprofondata in un sonno un po’ tormentato. Ma il mio cellulare stava squillando. Un occhio alla sveglia, erano le 23.30. Chi mi chiamava a quest’ora?
Presi il telefonino nella borsa, senza vedere chi mi stesse chiamando, ero ancora un po’ scossa per sfuriata con mia madre.
-Pronto?-
-Sister?? Che fine hai fatto??? Oggi è Venerdì, perché non mi hai chiamato come tutti i venerdì sera??-
-oh, Roby!! Scusa.. nulla di preoccupante. Me ne sono scordata-
Ero una bugiarda. E una stupida perché non l’avrei mai ingannato. Infatti.
-Sister, lo sai vero che anche a km di distanza non sei in grado di mentirmi?? Dimmi cosa c’è che no và..-
-davvero Rob, è tutto ok. Ero stanca e mi sono buttata sul letto appena rientrata, tutto qui.-
-Sara!!-
Quando mi chiamava per nome, o doveva dirmi qualcosa di estremamente serio, oppure si stava incazzando. In questo caso opterei per la seconda.
-ufff.. ho litigato, con mamma. Come sempre. Ero troppo incazzata per ricordarmi che era venerdì, e che ti saresti preoccupato se non avessi chiamato. Scusa…-
-frena Sister, dimmi perché avete litigato, quella donna prima o poi la strangolo. Davvero!! Non puoi essere il capo espiatorio di tutto..-
-Rob, ha perso Emily, sai cosa ha comportato la nascita della piccola, per questa famiglia, e il fatto che già non sia più con noi l’ha destabilizzata. Io vorrei solo farle capire che deve ricominciare a vivere, ora è solo quella stupida maschera di stronzaggine che ha deciso di indossare.-
-non so come fai, sono sicuro che a suo solito ti avrà detto un infinità di cose spregievoli e tu sei qui a giustificarla, a darmi un motivo per non odiarla.-
-Rob, non devi odiarla lo sai… vorrei fare anche qualcosa per papà, ma non lo so… passa talmente poco tempo a casa, che l’ho visto l’ultima volta 3 mattine fà.-
-Sister non caricarti di tutti i pesi del mondo..-
-Rob, che mi racconti?? Stai studiando per l’esame della settimana prossima???-
-si coscienza mia, stò studiando per l’esame, pensa stasera non sono nemmeno uscito per studiare..-
Dal tono che aveva usato, sapevo benissimo che mi stava prendendo in giro. Non so come faceva ad essere al passo con gli esami e studiare pochissimo. È grazie a lui che alla fine non ho mollato i miei di studi.
-pensi di fregarmi ROB???sò benissimo che sei in metro e stai andando a ubriacarti in qualche pub..-
-ti sbagli cara, sono su un comodissimo divano bianco a rifinire il mio ultimo disegno per il progetto d’esame.-
-ok, sembri sincero eppure sono convinta che stai provando a rifilarmi una balla. Cazzo. Aspetta ma tu non hai un divano comodo, e tantomeno bianco. Sei a casa di una delle tante ragazze che ti sbava dietro??-
-touché-
-Rob! Cavolo.. e magari state facendo anche le vostre cose zozze mentre parli con me???-
-NO!!Sister, lei è diversa.-
-lo dici tutte le volte-
-no. lei è la mia LEI. Riesce a tenermi testa come nessuno mai, capisci?? Sono due notti che dormiamo insieme. Dormiamo solo. Capisci??-
-tu mi stai dicendo che non ci sei finito a fare cose zozze??-
-no-
-e ha dormito con te nel letto??-
-esatto-
-stà facendo venir fuori la mia parte romantica e dolce. Stasera l’ho portata a cena fuori. Ok una pizza, per non rendere troppo impegnativa la cosa. Però ti rendi conto?? Una serata io e lei. Solo io e lei. Mi ha fatto tornare a ridere, in questi mesi è stata lei a farmi tornare a ridere..-
-dimmelo, avanti dimmelo che è Susan, dimmi che è lei. Altrimenti ti chiudo il telefono in faccia-
-lo faresti davvero??-
-ovvio, ma non targiversare, rispondi-
-si.-
Avevo capito bene?? Mio fratellone si era accorto di quanto amore Susan provasse nei suoi confronti?? E di quanto lui ne fosse ammagliato solo ora?? Meglio tardi che mai.
-Rob, sono felice che il tuo unico neurone ancora funzionante, abbia ascoltato il tuo cuore, sono contenta di saperti con Susan.-
-Anche io Sara, anche io..-
Sentivo un parlottare al di là della cornetta, forse era Susan che stava reclamando un po’ di attenzione.
-Rob, dai notte dai un bacione a Susan, e dille che ho vinto una pizza e un gelato.-
-su cosa avevate scommesso??-
-oh non vuoi saperlo davvero..-
-Sara..-
-Notte Rob.- E riagganciai così, lasciandolo nelle mani della pazza Susan.
Mentre ero al telefono con quel testone, avevo ricevuto un messaggio.
From: Vane
“Scemotta, sei di turno domani mattina. Bacioni sogni d’oro”
Sapevo benissimo di essere di turno, ne avevamo parlato il pomeriggio. Ok secondo me doveva dirmi qualcos’altro, ma alla fine non avrà avuto fegato. Domani mattina la interrogherò.
Con questo pensiero chiusi gli occhi, sprofondando in un sonno pesante e un po’ tormentato. Praticamente il sonno di tutte le notti.
 
Ti-ti-ti ti-tit-titi-
Cos’è questo rumore?? A si. La sveglia. Merda devo già alzarmi. Guardo l’ora sulla sveglia, si devo proprio alzarmi. Sono le 6.32 devo anche muovermi.
Scendo di sotto per la mia dose di caffeina mattutina, giornaliera. E trovo il solito casino. I piatti della cena nel lavello. E un bicchiere rotto sul pavimento. Non ho dubbi su come ci sia finito. Papà e mamma avranno litigato di nuovo. E mamma avrà iniziato a tirare giù le stoviglie.
Mi misi lì a raccogliere i pezzi di vetro. Caricai la lavastoviglie. Mi preparai il caffè e con la tazza fumante piena del liquido bollente nero me ne tornai in camera, per prepararmi per andare a lavoro.
Si io lavoravo in un bar, tanto per mantenermi e non essere la viziata che  vive a spese dei genitori. In realtà quello che prendo dal bar mi serve a pagare l’università, stò cercando di terminare la specialistica, tra un annetto se riesco a finire gli esami dovrei farcela. Ma questo i miei genitori non lo sanno. Lo sa solo Rob, il Don e i miei due amici Vanessa e Mario. Mamma mi considera una fallita, e non mi và di cambiarle questa sua visuale di me.
Alla fine delle scale, incontrai papà. Un incontro di sguardi. Vorrei dirgli tante cose, mi basterebbe anche solo stringerlo in uno dei nostri abbraccioni. Ma ora vedo solo il suo sguardo spento, e senza vita.
-‘Giorno Pà!- accompagnato da un sorriso appena accennato.
Lo vedo alzare impercettibilmente la mano destra. E forse accennare un sorriso, ma non ne sono sicura. Forse è solo quello che desidero vedere.
Mi preparai velocemente, indossando una felpa e un paio di jeans. Presi la borsa carica del mio librone di finanza, il mio prossimo esame. Ok forse parlare di esame è minimizzare il problema. E me ne andai al bar.
Entrando notai, Vanessa dietro il bancone, con un sorriso che illuminava tutto il piccolo bar.
-“ giorno, Vane”-
-“ma buon giorno piccolo tesoro, tutto ben?? Quelle occhiaie?? Dormito poco stanotte??”-
Le feci il solito sorriso che confermava esattamente la sua teoria, mi andai a cambiare nel piccolo spogliatoio dietro il bancone. C’erano solo due armadietti e un piccolo divanetto su cui ogni tanto Mario ci si appisolava. Chi era Mario? Era uno dei miei più cari amici. Si insomma quello che tutti chiamano migliore amico. Noi non stavamo lì a ricordacelo tutti i giorni, però eravamo presenti nelle nostre vite sempre e comunque. Mi era stato molto vicino nel mio periodo più buio. Con le sue battute idiote.
Mi aveva offerto il posto nel bar. La paga era quella che era, lo sapevo benissimo che con gli incassi che avevamo non poteva darmi più dei 500 euro al mese netti che riusciva a darmi, considerando che con me lavorava anche Vane.
Vanessa era l’altra mia più cara amica, pazza e senza cuore. Sostiene da sempre, che l’amore vero, dei cartoni Disney non esiste. Forse ha ragione, ma lei è troppo acida e cinica, non si rilassa mai e non dà la possibilità a nessun ragazzo di affezionarsi a lei, l’unico che ci è riuscito è Mario, forse perché con lei non c’ha mai veramente provato.
Torno dietro al bancone e inizio a servire i primi signori. Vane stava sfornando i cornetti caldi. Canticchiava tra se e sé, ed era tutta una gioia. Sorrisone a trentadue denti. Vane non è mai stata così felice di prima mattina, proprio no. Lei era il tipo che non abbandonava il suo cuscino prima delle 10, e malediva Mario quando le affibbiava il turno di mattina. Quindi mi sembrava strana tutta quest’allegria.
A proposito, ora che ci penso, questo sabato aveva la giornata libera, perché è a lavorare con me?? Considerando che anche Mario è qui al Bar??
Approfitto del fatto che non ci sono nuovi clienti da servire, e mi avvicino a Vane.
“signorina, mi spieghi perché sei qui al bar stamattina se oggi avevi la giornata libera??”
“emm… n-no ti sbagli, ero d-di turno”. Vanessa aveva la parlantina che avrebbe invidiato qualsiasi avvocato, di certo non balbettava. A meno che..
“Vane, perché provi a rifilarmi una balla??”
“Ioooo???? Ma quando mai..” evitava il mio sguardo. Già mi stà mentendo.
“Vane procedo con le torture o mi spieghi che diavolo succede???”
“oooo Sara, nulla non succede nulla. Mario mi ha chiesto di venire tutto qui”
Detto questo si allontana e va a servire il caffè al signore che si è avvicinato al bancone. Mi stà nascondendo qualcosa lo so. E sa anche che non riuscirà a mentirmi. Ma immagino che non sia ancora pronta a mettermi al corrente.
Mi avvicino dietro di lei pronta a ricominciare con le domande.
“c’entra un uomo non è vero??”
Continua a fare caffè, prendere cornetti e servire succhi di frutta. Praticamente mi stà ignorando. Segno che mi stò avvicinando.
“hai incontrato un lui, vero??? il tuo silenzio lo prendo per assenso. Bene bene…e chi è??”
“smettila, vuoi far sapere i fatti miei a tutti??”
“perché non vuoi dirmelo?? No aspetta, dimmi che non è sposato con figli a carico almeno..” mi ero avvicinata al suo viso con il dito puntato contro. Vanessa era incline ai rapporti più strani e poco consoni per lei. Che la portavano solo a farla stare male. E non avrei permesso che facesse più determinati errori.
“chi è che non deve essere sposato?” ecco che spunta Mario, dietro di noi. Il solito pettegolo.
“Buongiorno pettegolo, Comunque dicevo che Vane ieri abbia visto un uomo, solo che non mi vuole dire chi è… non è che tu hai visto chi l’è passata a prendere?”
“mmm no. comunque direi di tornare a lavorare.”
Mario che rinunciava a fare il pettegolo??? C’era qualcosa che non andava. Qualcosa che io avrei dovuto sapere, subito.
Mi rimisi a fare caffè, sfornare cornetti. Ogni tanto lanciavo occhiate ammiccati verso Vane che lei bellamente ignorava. Mi ero affacciata nel piccolo laboratorio dietro il bancone, dove era allestita una sorta di cucina, che usavamo per preparare cornetti la mattina e pasti freddi e panini per il pranzo. Quando sento Vane e Mario che parlottano tra di loro, mi avvicino e mi metto dietro la porta, non che sia una spiona ma loro stamattina mi stavano nascondendo qualcosa.
“ti rendi conto che ci stava scoprendo, sai che non voglio devo capire se può andare non voglio metterla in difficoltà.”
“Ma perché?? Diamine sembra che non ti interessi nulla..che tu non voglia davvero costruire qualcosa con me.. quello che è successo ieri sera per te non ha significato nulla???”
“perché ti ostini a non capire? Dopo tutto quello che ha passato solo ora stà tornando alla vita… io non me la sento di metterla di fronte al fatto che io e te stiamo andando a letto insieme. Lei non può trovarsi davanti alla scelta o te o me, perché ora ha bisogno di entrambi. E questo tu ti ostini a non capirlo… siamo tutto quello che ha..”
“per te stiamo solo andando a letto insieme?? È solo questo? Bene..”
Non ci credo, quei due sono riusciti a capire quanto carini sarebbero insieme, e che fanno litigano perché hanno paura che io ci rimanga male?? Perché sono così idioti. Decido che sia meglio smettere di origliare e mi allontano da dietro la porta e torno al mio bancone.
Proprio in questo momento entra un ragazzo. Giubbino di pelle, magliettina nera aderente sotto, jeans un po’ sceso e strappato sul ginocchio, occhiali da sole calati sul naso. Mi perdo solo un attimo a contemplare il suo fisichino niente male. O non guardatemi così, anche io ho gli ormoni e poi ho solo 24 anni posso permettermela ancora qualche cazzata??
Subito dietro il bel imbusto entra un ciclone non alto più di un metro, vestita carina con il suo jeansetto e la sua magliettina con minnie. Le due codine legate basse. Oh quel piccolo vulcano lo conosco molto bene.
È Benedetta. Una delle bambine che passa i pomeriggi al centro. Il Don mi ha detto che ha una situazione un po’ complicata a casa, e che il fratello che lavora tutto il giorno e a volta anche la notte, la accompagna lì al centro, perché sa che sarà al sicuro. Questo è quanto so sulla famiglia di quel peperino, il Don tende a non darci troppi dettagli per evitare di mettere a disagio i bambini.
Benedetta non fa altro che parlarmi del suo fratellone, che è il suo eroee, e che gli vuole tanto tantissimo bene. Ha 7 anni la piccola.
“SARAAAAAA… dove sei??”
“ehi piccola pestee..vieni a darmi un bacio”
Ed ecco come tutte le volte mi si butta al collo e mi stringe fortissimo, non so quali siano le veri ragioni, ma  io e questa piccola peste siamo grandi amiche.
Come tutte le volte stà cercando di strozzarmi a furia di stringermi nel suo abbraccio. È di una dolcezza infinita. Le riempo il visino di bacini. Ogni volta è così con questo peperino.
“Sara me lo dai un cornetto? Che devo correre a scuola. Matteo mi ha fatto di nuovo svegliare tardi?”
“vieni scricciolo che te lo preparo subito..” me ne andai dietro il bancone ad incartare la sua colazione.
“Teo, lo sai che lei è Sara, quella di cui ti parlo sempre, che ci fa fare tanti giochi divertenti al centro..lo sai??”
“ma davvero?, è la Sara con cui ogni sera mi stoni??”
Ecco che il mio peperino le tira fuori una bella linguaccia. Devo dire che se l’è proprio meritata. Così stronzo lui così carina e deliziosa la mia piccola?
“tieni tesoro, ecco la tua merenda. Ora corri a scuola che altrimenti trovi il portone chiuso.” E gli feci un gran sorrisone.
“oh eccone un’altra, sarà tutta colpa tua se mia sorella diventerà una fissata con l’orologio.”
Lo guardai scettica, sollevando un sopracciglio. “Scusa?”
Si era risistemato gli occhiali da sole sul naso, un segno di saluto con la testa ed era andato verso la porta così. Ignorandomi bellamente. La mia piccola l’ha sempre definito come il suo fratellone dolce e gentile e premuroso. A me non mi sembrava così gentile e cortese. Mi sentii tirare il grembiule.
“Ciao Sara, io ora corro a scuola, che Teo mi lascia a piedi altrimenti”
“buona scuola piccola, ci vediamo oggi pomeriggio..” e le diedi un bacio sulla fronte.
“piccola peste ti muovi?? Non ti stavi lamentando che era tardi fino a dieci minuti fa?”
“uff, Teo arrivo…”  corse verso il fratello prendendogli la mano, poi si gira verso di me e mi fa ciao con la manina. Gli sorrisi sinceramente. Era un vulcano quella piccola bambina. Mi ricordava la mia piccola Emily.





Questa storia è nata così, da un'idea venuta fuori mentre preparavo un esame. Cercherò di aggiornare settimanalmente. Spero vogliate lasciare un piccolo commento, tanto per dirmi cosa ne pensate. Sono bene accette le critiche, sò benissimo di non essere così brava a scrivere ma ho voluto provare a mettermi in gioco.
A presto. Scimi
  
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