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Autore: releuse    26/04/2007    1 recensioni
Kaede Rukawa è sempre stato un tipo taciturno, silenzioso e distaccato. Sakuragi crede che pensi solo a se stesso e al basket, egoisticamente, finchè non scopre la verità. Eriko, sorella del volpino, è affetta da una rara forma di distrofia muscolare e Kaede è l'unica persona che si prende cura di lei. Come vive Rukawa la sua condizione? Possibile che Eriko soffra di più per lui che per la sua malattia? Ed Hanamichi sarà in grado di aprirsi uno spiraglio dentro il loro mondo?
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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la vita che verrà

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La vita che verrà

V capitolo

Di Releuse



Il primo bagliore del mattino filtrava nella stanza lottando con le persiane semichiuse.

Assorbendo la penombra.

Dilatandosi in cristalli iridescenti.

Riflettendo nell'aria il colore violaceo di quella tenda trasparente


'Mmmm...'


Hanamichi Sakuragi faticava a svegliarsi.

Infastidito da quella luce poggiata sul suo viso, si rannicchiava sempre di più sotto le coperte.

Inutile.

Non riusciva più a dormire.

Con un enorme sforzo mise un braccio fuori dal letto e cercò di afferrare qualcosa alla sua sinistra, ma la mano si mosse nel vuoto.


“Ma Cosa...”


Con uno scatto improvviso Sakuragi allontanò da sé le coperte guardandosi intorno più volte e cercando di mettere a fuoco la stanza.

Trattenne il respiro, stordito.

Poi, inspirando profondamente si gettò nuovamente sul letto.


'...Ah, già. Sono a casa di Rukawa. Non mi sono ancora abituato...'


Il rossino allargò le braccia, afferrando i bordi del letto e stringendoli con forza.


'Questo letto è così piccolo...'


Continuava a guardarsi intorno, questa volta con malinconica lucidità.

Per quel timido senso di solitudine che pizzicava il suo cuore nello svegliarsi in quel letto.

Infatti erano già passati tre giorni da quando Hanamichi si era trasferito a casa di Eriko e Kaede quel fine settimana.

Eriko era felice, tantissimo. Probabilmente lo era anche Rukawa, dato che si mostrava molto più rilassato e sereno, non perdendo occasione di dare del do'hao a Sakuragi che rispondeva prontamente con un ' Baka Kitsune'.

Anzi, nel complesso Rukawa era molto più gentile nel parlare con lui.

Eppure Hanamichi continuava a sentirsi un ospite.

Un estraneo.

Ed era Kaede che lo faceva sentire così.

Ricordò la prima sera, quando dopo aver chiacchierato e scherzato con lui e la piccola Eriko, al momento di andare a dormire Rukawa gli aveva aperto la porta di quella camera.


“ Questa sarà la tua stanza.”


Gli aveva detto con una certa difficoltà mascherata da sorriso.

Di questo Hanamichi se ne rese conto e lo assecondò fingendosi estremamente contento di avere una stanza tutta per lui.


'...e cosa dovevo aspettarmi? Che mi dicesse di dormire con lui?...'


Sakuragi sospirò.


'...sì, lo speravo...'


Il ragazzo strinse i pugni ed intanto si soffermava su quell'impercettibile rumore che solleticava le sue orecchie.


'...tutum...tutum...'


Era il suo cuore.

Che aumentava l'intensità del suo battito perché il ragazzo aveva ripensato al loro primo bacio, quel venerdì pomeriggio.


'...non l'ho più baciato da allora...e neppure abbracciato. È come se Kaede non volesse...'


Sakuragi ancora intorpidito temette di essersi dimenticato il tocco del corpo di Rukawa, il suo calore e il suo profumo.

Per un istante ci fu un vuoto di sensazioni.

Ma fu solo un istante.

Perché in quell'attimo successivo la percezione di di essere invaso da lingue di fuoco dilagò nel suo corpo.

Era il ricordo di quell'abbraccio, che emerse con forza soffocante nella mente e nel cuore del ragazzo.




“Oh, buongiorno Rukawa...”


Hanamichi entrato in cucina si stupì nel vedere Kaede già in piedi, con la divisa scolastica indosso, intento a versare l'acqua in quella macchinetta per caffè all'americana.


'È proprio un fanatico dell'America, eh?...'


Lui invece indossava ancora il suo pigiama in morbido pile arancio.


“Buongiorno, do'hao...”


Rukawa nel tentativo di far funzionare la macchinetta rispose un po' distrattamente, e Sakuragi fece finta di non farci caso, anzi rispose a tono:


“Mi fai i complimenti già di prima mattina, eh? Baka kitsune!”


“Do'hao...” Sospirò il moro riuscendo finalmente ad accendere il fornello.


Hanamichi diede un'occhiata alla tavola notando che era già apparecchiata. Su di essa c'erano tre tazze di tre colori distinti, i cucchiaini, i tovaglioli, biscotti e marmellata.

Tutto perfettamente posizionato.

In quei pochi giorni si era ormai abituato a fare colazione alla maniera occidentale.


'Sarà che suo padre sta in Europa? mah...è mania la sua!'


Il rossino sorrise come intenerito da quella precisione.

Anche se dentro di sé era un po' deluso.


“Avrei voluto prepararla io la colazione stamattina, mi hai preceduto furba kitsune!”Esclamò Hanamichi imbronciato.


Gli occhi di Kaede finalmente si poggiarono su di lui, accompagnati da un sorriso che al rossino parve lievemente dolce.


“Tranquillo, non c'è problema. Io sono abituato ad alzarmi presto...”Ridacchiò Rukawa.

“Ah, cosa stai insinuando? Mi pare che sei tu quello che si addormenta ovunque, anche in bicicletta!

“Appunto...perchè mi alzo presto!” Echeggiò il moro.


Hanamichi arrossì.

E pensò di essersi fatto fregare.

I due ragazzi si guardarono e scoppiarono a ridere.

Sakuragi si soffermò su quel viso sorridente.


'...finalmente gli è tornato il sorriso. Mi piace quando sorride. È stato proprio il suo sorriso a farmi accorgere... di essere innamorato di lui...'


Avrebbe voluto abbracciarlo.

Avrebbe desiderato baciarlo.

Stringendolo a sé con forza.

Non lo fece.

Non ne capiva il motivo, ma era come se Rukawa avesse alzato una barriera fra di loro.

Una sorta di vetro limpido.

Trasparente.

Dal quale potevano guardarsi, parlarsi, sorridersi.

Ma non potevano toccarsi.


“Dai, vai a svegliare Eriko intanto che sale il caffè..”

“Ok, Kacchan!” Rispose Sakuragi con una vocina e un enorme sorriso.


Rukawa scosse la testa.


“Do'hao.”


Mentre il rossino si allontanava, gli occhi di Rukawa seguirono il suo movimento e anche quando la figura di Hanamichi si dileguò dal loro campo visivo, rimasero fissi in quella direzione.

Come se l'immagine di quel corpo fosse ancora nitida di fronte a loro.


'Sakuragi, io....'




“Eriko, Eriko, sei sveglia?”


Sakuragi chiamava la ragazzina, mentre apriva la finestra della stanza.

D'improvviso l'ambiente si illuminò abbracciato dai raggi del sole.


“Yaahm...buongiorno Hanachaaan...”Rispose Eriko con voce soffocata.


Hanamichi, sedendosi sul fianco del letto accarezzò la testa della bambina e guardandola con tenerezza le posò un piccolo bacio sulla fronte.


“Buongiorno, piccola”. Sussurrò.


Il ragazzo stava per sollevarsi, ma si sentì bloccato.

Le braccia di Eriko lo stavano cingendo intorno al collo.

La ragazzina strinse a sé Sakuragi, stupito per quel gesto improvviso.


'...le braccia...sembrano più morbide del solito...'


Fragilità.

Hanamichi pensò che Eriko emanasse fragilità in quel momento, e l'abbracciò.

Rimasero in quella posizione per alcuni istanti, mentre la stanza s'intiepidiva per il calore del sole ormai diffuso al suo interno.

Rendendo l'aria più densa.


Poi improvvisamente Eriko stampò un grosso bacio sulla guancia di Sakuragi, che fece risuonare lo schiocco per tutta la camera.


“Aargh! Mi hai assordato!!!” Si lamentò Sakuragi arrossendo.


Eriko cominciò a ridere divertita.


“Ah, è così, signorina? Adesso vediamo!!!”



Sakuragi facendo una finta faccia spaventosa afferrò Eriko sollevandola dal letto.


“Aaah, Aiuto, Kaaaacchaaaan!” Gridava Eriko ridendo.


Sakuragi sorrise con furbizia.


“Andiamo a vedere cosa ci prepara di buono Kacchan?”

“Siiii!!!!” Rispose Eriko raggiante.


Già.

Raggiante.

Eppure la sua pelle era così pallida, molto più di quanto Sakuragi si ricordasse.

Anche le gambe erano cambiate. I polpacci stavano diventando sempre più voluminosi, così come le cosce e il sedere.


'Questo Perché il tessuto muscolare viene sostituito dal tessuto adiposo...Il tessuto muscolare sta degenerando sempre di più...'


Erano state queste le parole della dottoressa alla fine dell'ultima seduta di fisioterapia, alla quale aveva assistito anche Sakuragi, in assenza di Eriko.

Inoltre la donna riferiva come la ragazzina avesse sempre più difficoltà nell'eseguire i movimenti, faticando eccessivamente ad ogni esercizio.

Eppure Eriko era raggiante.




Il profumo pungente del caffè impregnava la cucina, mescolandosi con quello caramellato della marmellata appena aperta. Quegli odori, uniti al tintinnio dei cucchiai che risuonavano nella tazza, regalavano a Sakuragi una strana sensazione di calore e serenità.

Di famiglia.


“Ah! Che buono!” Esclamò soddisfatta Eriko poggiando la tazza di latte sul tavolo.

“Brava, hai finito tutto!”Constatò sorridente Rukawa.

“Aargh, Eriko! Ma quanti biscotti hai mangiato? Li hai quasi finiti tutti!!”Sakuragi era sconvolto mentre sventolava il sacchetto vuoto.

“Ma...io...” Eriko arrossì, vergognandosi.

“Do'hao! Lasciala mangiare! Oggi torna a scuola, ha bisogno di energie! E poi mi pare che qui la marmellata è stata dimezzata, e né io né mia sorella l'abbiamo toccata!” Sottolineò il moro con ironia.

“Ma kitsune! Anche noi torniamo a scuola! Dobbiamo fare il pieno di energie!!! Soprattutto il tensai che deve dimostrarti la sua immensa bravura...”Rispose Sakuragi gonfiandosi d'orgoglio.


Era così. Quel giorno finalmente Kaede Rukawa tornava a scuola, dopo un lungo periodo d'assenza.

Dentro di sé il ragazzo ne era un po' intimorito, emozionato.

Per lui era come reimmergersi nel flusso della vita quotidiana, dal quale si era allontanato quasi senza rendersene conto.

Ma ora sapeva che non l’ avrebbe affrontato da solo, il rientro. Perché ci sarebbe stato Sakuragi al suo fianco.

E questo pensiero gli donava un enorme sollievo


“Si, si, come no.” Rukawa, ignorandolo si versò un altro po' di caffè.

“Baka kitsune! Sono migliorato tantissimo. Non che prima non fossi sempre il migliore...ma ora lo sono di più. Vedrai che ti stupirò!!” Sakuragi rideva di gusto.


Rukawa continuò ad ignorarlo nascondendo un sorrisino.


“Grande, Hanachan! Sei il migliore!!” Esclamò Eriko battendo le mani.


Eriko e Sakuragi si scambiavano sorrisi soddisfatti.

La ragazzina era molto felice. Il suo cuore solleticato dalla presenza del rossino, era pieno d'emozione.

Anche lei provava in quel momento le stesse sensazioni di Hanamichi.

Una sensazione di calore che si amalgamava nel suo cuore.

Kaede e Hanamichi non erano né una madre né un padre.

Ma questo ad Eriko non importava.

Erano la sua famiglia.




Il sole quella mattina brillava maestosamente nel cielo sfumato da sottili nuvole candide.

Rukawa e Sakuragi erano sul cancello di casa, di fronte a loro la signora Saeko che si apprestava a salire su una piccola auto. Dietro vi era seduta Eriko che faceva le boccacce dal finestrino, mentre il rossino le rispondeva con delle linguacce. Rukawa arrossendo per la presenza della signora, diede un pugno sulla testa del ragazzo.


“Do'hao!”

“Volpaccia, Perché mi picchi? Che ho fatto?”


La signora Saeko nel vedere la scena sorrise divertita.


“Grazie della disponibilità Saeko-san!”. Esclamò con un inchino Rukawa, quando la donna si sedette sull'auto.

“Di, niente, Kaede. Tanto devo passare a prendere anche mio nipote, così accompagno entrambi a scuola”Rispose gentilmente la donna.

“Fai da brava Eriko, ci vediamo stasera!” Sorrise Rukawa agitando la mano per salutare la sorella.


La ragazzina annuì sorridendo apertamente.


“Fate voi i bravi! Hanachan prenditi cura di Kacchan mi raccomando!” Gridò Eriko dall'interno.

“Certo, tranquilla! Ci pensa il tensai!” Rispose con fierezza il ragazzo.


Così l'auto si allontanò.

Kaede rimase a fissare la strada per diversi secondi.

Poi si apprestò a rientrare.

In silenzio, senza rivolgere neanche uno sguardo al rossino.


“Cos'hai, Rukawa?” Chiese serio Hanamichi appena entrarono in cucina, sicuro che l'amico fosse turbato da qualcosa.


Il moro dapprima tacque, poi senza cercare lo sguardo del rossino di fronte a lui, rispose con voce tremante.


“Le hai viste le braccia di Eriko?”

“...che intendi?” Sakuragi non capì subito.

“...sta perdendo anche lì la tonalità muscolare. Tempo fa la dottoressa mi disse che quello...”


'Allora quella sensazione che ho avuto prima nell'abbracciarla...'


La voce tremò eccessivamente, bloccandosi nella gola di Kaede.

Il ragazzo sembrò lottare violentemente contro se stesso per continuare.


“...sarebbe stato l'ultimo stadio della malattia...” Rukawa deglutì portandosi una mano alla bocca.


Aveva cominciato a tremare.

Iniziò a sentire un senso di vertigine, come se lo avessero privato di un qualsiasi appoggio sotto i piedi.

Si guardò intorno, smarrito, come se volesse la certezza di essere ancora dentro quella stanza.

Cercò gli occhi di Sakuragi.

Ed erano lì che lo guardavano.

Questa era la sua unica certezza.

Hanamichi prima di dire la qualsiasi cosa, aveva già avvolto Rukawa in un abbraccio.

Lo strinse forte a sè.


“...lo so, Kaede...è difficile. Devi farti forza…anche perché ora ci sono io con te ed Eriko... Vivremo tutto insieme....fino all'ultimo.”


Le parole di Sakuragi scorrevano con una dolcezza quasi materna.

Rukawa annuì, silenziosamente.

Poggiò le sue mani sottili sulla schiena di quel ragazzo che lo avvolgeva in un abbraccio, ed afferrò lembi della sua giacca, stringendoli con forza.

Sempre di più.

Sakuragi sentì il tremore del corpo di Rukawa assottigliarsi.

Finché poté sentire solo i battiti del suo cuore.

E nel vedere così nitidamente la fragilità cristallina del suo amico, capì.


'...Sono stato uno stupido a sentirmi escluso. Ho pensato solo a me, sbagliando di nuovo. Non ho pensato che le sue paure potessero occupare totalmente i suoi pensieri...scusami, Kaede...'



“Allora sei pronto al grande ritorno, kitsune?”

“Hn!”





“AAAAHHH! RUKAWA! RU-KA-WA!”


Le ammiratrici di Kaede Rukawa cominciarono a strillare non appena il moro varcò il cancello del liceo Shohoku, facendo tremare tutta la struttura per le loro voci stridule.

Quella fu la prima volta che Rukawa non s'infastidì nel sentirle, ma, anzi, ne fu quasi contento, forse perché gli apparivano incredibilmente familiari.


“Hn...” Fece comunque, ignorandole.


Le ragazze in ammirazione del loro idolo, si zittirono all'istante quando il loro campo visivo, dilatandosi, notò la presenza di Hanamichi Sakuragi al suo fianco.

Il rossino salutava con una faccia da ebete tutta la folla che si era fermata per capire cosa stava succedendo.


“Do'hao, piantala!” Lo riprese Rukawa nascondendo un certo imbarazzo.


Non era abituato a tutto quel clamore, e non era abituato neppure ad affiancare il rossino durante le sue performance.


“Ah, ecco i coniugi Rukawa risorgere dalle ceneri” Disse improvvisamente una voce dietro di loro.

“Hn?”

“Ma, chi...” Sakuragi era pronto a dare una testata a chi avesse pronunciato quelle parole, ma voltandosi trovò Mito di fronte a sè.

“Yohei!” Esclamò felice di vedere l'amico.

“Heilà, Hana, Ciao Rukawa!” Sorrise Mito con una certa soddisfazione nel vedere i due ragazzi insieme.

“...'ao” Rispose Rukawa, ricordandosi che probabilmente il ragazzo era l'unico ad essere al corrente della situazione.

“ Oh, Yo, che bello vederti! Ah, ah, ah! Dì la verità, hai sentito la mancanza del tensai,eh?” Sakuragi mise un braccio sulla spalla dell'amico gonfiandosi d'orgoglio e ridendo animatamente.

“Certo, Hana!! finalmente il tensai è tornato!!” Rispose Mito seguendolo nella risata.

“Do'hao...” Sospirò Rukawa come rassegnato.


Decisamente non era abituato a questo genere di cose.


“Ah, ecco i novelli sposi!” Esclamò il resto dell'armata apparsa all'improvviso ai lati dei due ragazzi.


'Novelli sposi? Questo è troppo!'


Rukawa cominciava ad irritarsi.


“Che dite, ragazzi? Eh, eh, eh...”Hanamichi invece rideva imbarazzato.

“Ma è vero che vivi da Rukawa?” Chiese Takamiya con sguardo malizioso e dando delle gomitate al braccio del rossino.


L'armata guardava i due con occhi brillanti, attendendo la risposta.


“Ma, Yo...” Sakuragi si voltò dall'amico.

“Io non ho parlato, Hana!” Rispose il ragazzo, un po' perplesso.

“Guarda che l'abbiamo capito da soli!” Rispose prontamente Noma.


Sakuragi era stupito.


“Allora?” I ragazzi si facevano più insistenti.


Hanamichi invece, era sempre più rosso in viso.

“Ah, ah, ah, kitsune, li stai ved....”


Sakuragi si voltò...e notò che Rukawa non era al suo fianco, ma stava avanzando verso la scuola.

L'aveva lasciato lì.

Il rossino con sguardo rabbioso guardò i suoi amici e...li prese a testate. Uno per uno. Anche Mito per par condicio.


“Kacchaaaan!!! Aspettami!!!” Gridò con una vocina Sakuragi nel raggiungerlo.

“Do'hao.” Sbuffò Rukawa.


“Ahi. Ahi. È diventato suscettibile la mogliettina, Eh?”. Mugolò Okusu dolorante.


L'armata era stata sconfitta dall'attacco Sakuragi.




“Rukawa, BENTORNATO!”


Un coro festoso si diffuse per la palestra.

Akagi, Kogure, Mitsui e gli altri circondarono il loro numero undici facendogli milioni di feste.


“ Ah, ah, ah, il nostro tontolone preferito è tornato!” Esclamò Mitsui scompigliandoli i capelli.

“Finalmente, Rukawa! Ma cos'avevi, l'aviaria che sei scomparso così?” Rideva Ryota.

“Hn...” Rukawa non parlava, stava in mezzo a quei ragazzi che erano stati davvero in pensiero per lui, questo lo capiva.


Sakuragi osservava la scena con piacere, poiché sapeva quanto l'amico avesse bisogno di simili dimostrazioni.

E sapeva anche che Rukawa ne era felice.


'Anche se si farebbe strangolare piuttosto che ammetterlo...eh, eh! Kitsune orgogliosa!'


Il rossino sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla, era Ayako che gli rivolse un sorriso soddisfatto.


“ Ce l'hai fatta a riportarlo indietro, eh? Bravo Sakuragi!”


Hanamichi la guardò con stupore, ma poi si ricompose.


“Ne dubitavi?”



“ Dai con quella palla!” Gridava Kogure.

“Passa a Rukawa!” Urlò Ryota

“Grande canestro Rukawa!!!” Gridò soddisfatta la squadra.


Per festeggiare il ritorno del numero undici l'allenatore Anzai aveva realizzato una partita fra i ragazzi dello Shohoku, posizionando Rukawa e Sakuragi in squadre separate.


Il gioco di Kaede si dimostrò fin da subito impeccabile, fluido, dinamico. Come sempre.

O forse di più.

I suoi movimenti sembravano il mare increspato della sera.

La forza cullata da un'immensa calma.


“Ecco il tensai al contrattacco!” Esclamò Hanamichi correndo verso il canestro, ma il rapido movimento di Ryota gli tolse la palla dalle mani.

“Aargh, Ryochan!” Urlava furibondo il rossino nel tornare indietro ed inseguire il ragazzo.


Sakuragi raggiunse il playmaker, tentò di stopparlo nel momento in cui tirava la palla, ma inciampò travolgendolo col suo corpo.


“Che diavolo combini, Sakuragi!” Il pugno del gorilla lo raggiunse alla testa con precisione.

“Ahia, Gori! Ma che fai?” Si lamentava il ragazzo.

“Do'hao. Tutto qui? Io questo spettacolo lo conosco. Dicevi che dovervi farmi vedere non so che. Bah.” Rukawa sbuffò alzando le spalle: si riferiva alle parole pronunciate del rossino quella stessa mattina.


Hanamichi, ancora a terra, guardò il numero undici negli occhi, con decisione.

Convincendosi di apparire serio.

“AH, Kitsune malefica! Ora ti dimostrerò il mio immenso talento!”.


Inutile.

Sakuragi continuò a collezionare errori e canestri mancati per tutta la durata della partita.

Era tornato quello di sempre, ossia il ragazzo allegro e solare che tutti conoscevano, con la voglia di mettere in mostra tutto il suo immenso talento.

Non c'era più bisogno di quel riflesso.

Perché il vero Rukawa aveva finalmente fatto ritorno in campo.

Lui non era Kaede Rukawa.

Lui era il tensai.


In quell'atmosfera serena e normalizzata forse per la prima volta l'intera squadra dello Shohoku si sentiva davvero unita.


La partita si concluse con la vittoria della squadra di Rukawa e, stranamente, Sakuragi non si lamentò molto di questo. Anzi, aspettò il momento giusto in cui il numero undici fosse lontano dai compagni per avvicinarsi.


“Bè, allora, kitsune. Ne parli ora al nonno o aspetti qualche santo avvenimento?” Il tono del rossino oscillava fra l’ironico e il serioso.


Non sopportava più l’indecisione dell’amico. Il suo continuo rimandare. Rukawa fece un respiro profondo, ma rimase in silenzio. Cominciò a pensare a sua sorella, a quei giorni in cui Sakuragi era fuggito via: lei era diventata così muta, così triste, così silenziosamente sofferente. Non faceva nulla, o comunque, faceva meno di quello che poteva fare di solito.

E Rukawa non sopportava più l'idea di vederla così: priva d'anima e di parola.


Non devo. Non devo vergognarmi di Eriko. Sakuragi me l’ha detto più volte. Lei fa parte della mia vita, non posso ignorarla. Quello che è importante ora è il suo bene, la sua felicità... Certo. Il giudizio mi infastidisce. Gli occhi dei compagni o di chiunque ci presterà la sua attenzione. La loro pietà: quella non la voglio... Ma alla fine chi se ne frega di loro. Pensino ciò che vogliono. Se non lo faccio ora me ne pentirò per il resto della vita. Basta con le paranoie. La felicità di Eriko in questo breve lasso di tempo conta più di qualsiasi altra cosa.'


Finalmente Rukawa si era deciso. Rivolse così uno sguardo sicuro all'amico.


“Allora, do'hao, andiamo?”


Sakuragi lo guardò con soddisfazione. Non solo per la decisione del numero undici, ma anche per il fatto che lui gli avesse chiesto di affiancarlo in quella situazione. Questo lo rese davvero fiero.


“Certo, kitsune. Non aspetto altro!”



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