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Autore: yllel    14/10/2012    5 recensioni
"John, ti devo dire una cosa." "Fantastico. Sono in prigione accusato di un omicidio che non ho commesso ma per il quale mi condanneranno ugualmente e tu vuoi parlare...ok. Tanto ho tutto il tempo di questo mondo, a quanto pare. Dunque?"
"Credo di non essere sicuro di volere un figlio. Non ho considerato tutte le variabili" John Watson scosse la testa "Sei un idiota, Sherlock" "Sapevo che l'avresti detto. Adesso possiamo scappare"
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson , Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il motivo per cui torno sempre indietro'
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Dunque... terzo capitolo in arrivo. Grazie alle belle recensioni di EbeSposaDiErcole, miserere, Bored94 e LadyMisteria!
 

ACCUSE DAL PASSATO
CAPITOLO 3

 

“Questi sono morti”
Per un attimo, il capitano John Watson osserva con pieta’ i cadaveri di una donna e di un anziano, uccisi durante lo scontro a fuoco con i ribelli qualche ora prima. La donna ha dei bellissimi lineamenti, non avra’ piu’ di vent’anni, ma e’ difficile stabilirlo.
Quello che e’ chiaro, invece, e’ la causa della morte.
Non vuole neanche cominciare a interrogarsi se siano stati i proiettili del nemico o quelli di Sua Maesta’, a colpirli... non vuole neanche pensare che c’e’ stato un tempo, in cui davvero pensava di venire a portare la pace in questo paese.
“Capitano? Quattro dei nostri non possono camminare e ci sono ancora diversi feriti tra i civili” la voce del tenente Bross, l’infermiere che lo accompagna, lo riscuote.
John si alza e scruta le rovine fumanti del villaggio.
“Dobbiamo trovare un riparo e allestire un punto di ricovero, fino a che non verranno a recuperarci... chiama il capitano Dollman, mi accompagnera’ a verificare la posizione e la sicurezza degli edifici piu’ grandi. Intanto, continua a raccogliere i feriti e assegna un codice di emergenza.”
“Sissignore!” Bross scatta sull’attenti e fa il saluto, per poi tornare verso la piazza.
John getta un’ultimo sguardo alla ragazza e al vecchio, poi si volta e per poco non inciampa in un ragazzino.
“Oh, scusa...”
Il ragazzino non da’ segno di accorgersi di lui, fissa con occhi spalancati i due cadaveri.
John sente una forte pena nel cuore. Gli capita spesso, ultimamente.
In un altro paese, in un’altra vita, questo ragazzo sarebbe a giocare a calcio con i suoi amici, andrebbe a scuola e avrebbe tanto per cui sorridere.
Non sa cosa fare, non parla abbastanza bene la lingua per potergli dire di non guardare, di andare via. Ma d’altronde, se anche potesse, riuscirebbe a dirgli che un giorno le cose saranno migliori? Riuscirebbe a mentirgli?
Gli appoggia piano una mano sulla spalla, in un gesto che spera sia rassicurante e gli sorride.
Il ragazzino sembra riscuotersi e sposta lo sguardo su di lui. Risponde al suo sorriso in modo impacciato e poi scappa via.
John si sveglio’ di scatto in un bagno di sudore.
Realizzo’ di non sapere dove si trovasse e il panico si impadroni’ di lui, cominciando a farlo respirare affannosamente.
Si guardo’ intorno freneticamente e scalcio’ le coperte, il senso di claustrofobia sempre piu’ forte.
Ovunque fosse, doveva uscire di li, subito. C’era troppa luce che illuminava la stanza, era un perfetto bersaglio per un attacco. Doveva recuperare le sue cose e cercare un riparo.
Doveva muoversi, riunirsi al suo plotone, uscire e...
I suoi occhi colsero alcuni particolari di cio’ che lo circondava e il suo cervello, riusci’ a mandare semplici comandi istantanei.
Fermo.
Respira.
Guarda.
Una giacca su una sedia.
Le sue cose appoggiate su un tavolino.
Una vera stanza con un vero letto, non una brandina o una tenda da campo.
Si porto’ le mani fra i capelli e cerco’ di respirare con calma.
Sherlock.
Sherlock l’aveva portato li, si stavano nascondendo dopo essere scappati.
Un piccolo bed and breakfast in un bosco, la signora aveva sorriso con malizia quando avevano chiesto una stanza pagando in contanti.
John era crollato per la stanchezza, senza neanche avere la forza di chiedere al consulente investigativo quale fosse il suo piano, se mai ne avesse uno.
La realta’ delle ultime ore gli calo’ addosso di colpo, cancellando l’impressione che il suo sogno gli aveva dato di essere ancora in Afghanistan.
Era in fuga perche’ era stato accusato di furto e omicidio.
Mark era morto.
Mary.
Emise un gemito. Chissa’ come stava, che cosa stava provando in quel momento... avverti’ il disperato desiderio di averla vicina e abbracciarla forte.
“Ah, ti sei svegliato”
Sherlock entro’ dalla porta e rimase ad osservarlo.
John tento’ di dissimulare la forte angoscia che stava pian piano lasciando il suo corpo. Poteva quasi avvertire la mente del suo amico analizzare il suo stato e concludere che fino a pochi  minuti prima, lui era stato nel panico totale.
“Si...quanto ho dormito?” spero’ che la sua voce fosse abbastanza ferma.
“Cinque ore. Tra poco dovremo muoverci, nella borsa che ho portato ci sono alcuni vestiti per te e i tuoi oggetti personali... hai tempo per una doccia veloce.”
John fece una smorfia, tentando di alleggerire l’atmosfera.
“Per essere uno che stava pensando intensamente, hai avuto tempo di preparare la nostra fuga, a quanto pare”
Sherlock annui’, tuttavia continuo’ a fissarlo.
John si mosse a disagio. Si accorse con orrore che la sua mano stava leggermente tremando. La chiuse in un pugno, ficcandosi forte le unghie nel palmo.
Doveva darsi una mossa.
“Va bene... saro’ veloce.” Si alzo’ e recupero’ vestiti e il necessario per lavarsi.
“John?”
Lui si blocco’ con la mano sulla maniglia della porta del bagno, sicuro che Sherlock gli avrebbe sbattuto in faccia il fatto che era reduce da un incubo.
“Quindici minuti” gli disse invece.
Lui emise un piccolo sospiro di sollievo e spari’ nell’altra stanza.
***
Tredici minuti dopo, John usci’ dal bagno e si stupi’ di trovare una tazza di caffe’ ad aspettarlo.
“Grazie” mormoro’, cominciando a sorseggiare piano.
Sherlock Holmes si limito’ ad un cenno del capo, per poi tornare a guardare fuori dalla finestra.
John stava male.
Stava cercando di dissimularlo e non dubitava, che se gliel’avesse fatto notare, si sarebbe sentito rispondere che chiunque, in una situazione del genere, si sarebbe sentito male.
Oh, sapeva che tutto quell’essere accusato ingiustamente e la lontananza da Mary lo stavano mettendo a dura prova, ma c’era qualcosa d’altro.
Era chiaramente reduce da un incubo, quando lui era entrato nella stanza poco prima. Un incubo legato alla guerra, senza dubbio... e stava facendo di tutto per mascherarne gli effetti. Gia’ quando l’aveva raggiunto in prigione, aveva notato i segni dello stress, gli stessi che aveva quando si erano incontrarti per la prima volta.
Era davvero messo male, allora, eppure Sherlock aveva subito capito che la loro convivenza avrebbe potuto funzionare, che John poteva reagire.
Quando era venuto a vivere a Baker Street, aveva passato notti intere a vegliarlo per valutare quando potenti e dolorosi fossero i suoi incubi: lo osservava contorcersi tra le lenzuola e quando riteneva che fosse troppo, andava in salotto e suonava forte il violino, con l’intento di svegliarlo e riportarlo alla realta’.
Sorrise lievemente pensando a quante volte John era entrato infuriato dicendogli di smetterla, il brutto sogno allontanato.
“Allora, abbiamo un piano?”
Sherlock si volto’.
Sembrava che la sua voce avesse recuperato un tono piu’ fermo e la mano non stava piu’ tremando. E naturalmente, ora il lato razionale stava prendendo il sopravvento e si stava chiedendo come affrontare la loro attuale situazione.
“Ovviamente. Dobbiamo scoprire dov’e’ il pugnale e chi ha ucciso Dollman, non necessariamente in quest’ordine, anche se le due cose sono evidentemente correlate.”
John si rabbuio’.
“Mark aveva davvero trafugato quell’oggetto, vero?”
Sherlock sbuffo’.
“Per favore, non dirmi che hai ancora dei dubbi!”
“Beh, scusa tanto se io non ho la tua straordinaria capacita’ di decidere in due secondi se uno e’ colpevole o no!”
John richiuse subito la bocca dopo la sua risposta, maledicendosi internamente per il tono furioso che aveva usato.
Attento Watson, calma... non hai nessun bisogno che Sherlock ti faccia notare che sei aggressivo in modo esagerato.
Ma il suo amico si limito’ di nuovo a guardare fuori dalla finestra.
Dopo qualche secondo, riprese la parola.
“Ho fatto qualche ricerca, Dollman viveva un po’ al di fuori delle sue possibilita’, visto lo stipendio dell’esercito, ma niente di eccezionale... evidentemente aveva ricavato una somma non troppo ingente, dalla vendita degli altri manufatti. Credeva che finalmente fosse arrivato il momento di disfarsi del pugnale, l’affare evidentemente doveva concludersi a Londra, visto che doveva partire di nuovo la prossima settimana. Era stato trasferito in Germania. Se ti puo’ consolare, sono convinto che il fatto di averti voluto incontrare sia stata solo una spiacevole coincidenza. Voleva davvero solo rivederti...” si volto’ verso di lui “ti ha offerto da bere, poi ti ha invitato a salire. Voleva chiarire qualcosa, vero? Qualcosa riguardo alla vostra ultima missione insieme.”
John serro’ le labbra.
Il ricordo lo colpi’ all’improvviso.
“Amico, mi dispiace...”
“Lascia stare, Mark, non e’ stata colpa tua, non avresti potuto fare nulla per evitare quello che e’ successo”
“Non so di cosa tu stia parlando, ti ho detto che non ricordo nulla di cio’ che e’ successo” riusci’ a dire.
Sherlock trasali’ solo leggermente alla bugia di John, anche se il suo stupore fu grande.
Gli stava deliberatamente mentendo, lo capiva dalla sua reazione... aveva ricordato qualcosa, ma stava negando.
Non era abituato a questa cosa. Di solito, dei due era lui stesso quello che nascondeva le cose e mentiva, quando necessario; John era sempre stato quello aperto, desideroso di condividere e di parlare, anche solo per fargli notare tutte le sue  mancanze.
Questa chiusura era sintomo della sua attuale difficolta’, invece era assolutamente necessario che John condividesse quante piu’ informazioni possibili e non sapeva come potergli essere d’aiuto, ora: quando l’aveva conosciuto, quello che aveva potuto fare era stato offrirgli un modo per canalizzare il suo stress, per assaporare della sana adrenalina inseguendo i cattivi e buttandosi a capofitto in un caso.
Ma ora era lui stesso, il caso... e c’erano una miriade di ricordi e sensazioni che lo stavano sopraffacendo.
Decise di ignorare la questione, per il momento, cercando di deviare la sua attenzione su qualcosa di positivo che lo rassicurasse.
“Mary ti saluta, a proposito”
Gli occhi del suo amico si riempirono di speranza.
“L’hai sentita? Come sta?”
“Certo che no. Ho disattivato il GPS del mio telefono, ma se dovessi fare una telefonata, saremmo rintracciati nel giro di poco. L’ho incontrata brevemente prima della nostra fuga, quando ti hanno trasferito alla base. Avevo bisogno di qualche informazione sui tuoi ultimi movimenti. Dal tuo guardaroba, naturalmente. Devo ammettere, che nonostante tutto, sta affrontando bene la situazione... nessuna crisi isterica, anche se non ha mancato di farmi notare che la mia presenza era stata ripetutamente richiesta molto prima” fece una smorfia “Sono arrivato nel momento in cui dovevo arrivare, non capisco perche’ nessuno se ne renda conto. L’esercito aveva gia’ deciso di trasferirti, non sarei riuscito a impedirlo ed era piu’ facile farti fuggire una volta che fossi stato nella cella, piuttosto che durante il viaggio verso St. Andrew’s”
John scosse la testa.
“Non mi interessa, ora. Dimmi di lei, cosa ti ha detto? Crede alla mia innocenza, vero?”
“Si... ti crede. Ma non e’ comunque importante, ora!” Sherlock liquido’ l’argomento con un cenno della mano, convinto di aver dato informazioni a sufficienza e si mise a consultare il suo telefonino.  “Vediamo un po’ come muoverci, adesso”
“Sherlock?”
“Credo che  ci convenga prendere un taxi. Poi dovremo muoverci in treno.”
“Sherlock?”
“L’autobus di linea sarebbe piu’ anonimo, ma probabilmente affollato... pericoloso, oltre che noioso e scomodo”
“SHERLOCK!”
L’urlo di John interruppe i suoi ragionamenti. Alzo’ il viso per guardarlo perplesso.
“Non sono sordo” commento’.
“La mia fidanzata, Sherlock. Voglio sapere cosa ti ha detto. Tutto. E come sta”
Lo osservo’ roteare gli occhi, ma continuo’ a riservargli uno sguardo deciso.
Voleva disperatamente sapere di Mary. Aveva bisogno di attaccarsi ad ogni minima cosa che la riguardasse, in questo momento. Lei era l’unica cosa bella e positiva che avesse.
“John e’ l’uomo che io amo.” Comincio’ Sherlock in tono neutro recitando a memoria, dopo aver sbuffato e alzato gli occhi al cielo: all’ultimo momento, aveva deciso di non eliminare le parole di Mary, nel caso fossero servite a tranquillizzare John. “sto per sposarlo e non posso assolutamente pensare che abbia commesso un omicidio. Ho fiducia in lui e so che e’ innocente, nessuno riuscira’ a convincermi del contrario, neanche l’esercito. E nonostante tu, Sherlock Holmes, sia arrivato in ritardo per non so quale dannato motivo, adesso lo aiuterai e lo tirerai fuori dai guai o te la faro’ pagare cara” a questo punto del discorso fece una smorfia, ricordando la minaccia della signorina Morstan “e se stai per andare in quella base militare a fare quello che penso farai, allora digli che lo aspettero’ e che non smettero’ di credere in lui”
Sherlock fini’ il suo resoconto e osservo’ il sorriso di John allargarsi sul suo volto. Come aveva previsto, l’avergli riportato le parole della sua fidanzata lo aveva aiutato a rasserenarsi, anche se aveva dovuto entrare troppo nello specifico, per i suoi gusti.
“Grazie” mormoro’ infine il suo amico.
Sherlock decise che a quel punto, tanto valeva dirgli tutto.
“Poi ha aggiunto qualcosa a proposito del fatto di aver scelto il mare ma non il bikini... suppongo si riferisse alla vostra ridicola luna di miele”
Il sorriso di John si allargo’ ancora di piu’.
“Solo perche’ tu non hai voluto farlo fare a tua moglie, non significa che io non desideri offrire a Mary un meraviglioso viaggio di nozze. Oh cielo, a proposito... Molly cosa pensera’ della nostra fuga?”
“Le ho comunicato le  mie intenzioni prima di venire da te alla base di St. Andrew’s, naturalmente... siamo sposati, persino io so che e’ il genere di cose che si deve condividere tra marito e moglie. Lei comunque ha detto che stavo facendo la cosa giusta, nell’aiutarti” rispose Sherlock con un sorriso, salvo poi irrigidirsi al pensiero di cio’ che John aveva appena detto.
“Un momento...” aggiunse poco dopo “non e’ stato perche’ io non ho voluto... neanche a Molly interessava la luna di miele!”
“Sicuro?”
“Che vorresti dire?”
John scosse la testa: anche in quella situazione assurda, non poteva esimersi dall’esercitare il suo ruolo di consigliere.
“Sherlock” comincio’ piano “cosa ti ho piu’ volte detto a proposito del fatto che ci sono delle sostanziali differenze tra quello che le donne dicono e quello che pensano?”
Lui mosse impercettibilmente la testa e strinse le labbra in modo irritato, poi prese il cellulare dalla tasca e premette un tasto.
“Pronto?”
“Volevi andare in luna di miele?” sbotto’ lui nel microfono.
Molly Hooper Holmes rimase in silenzio per un nanosecondo.
“Sherlock, vuoi usare i quarantacinque secondi che impiegheranno per rintracciare questa telefonata, per discutere della nostra mancata luna di miele?’ chiese con voce stupita.
“Quaranta” la corresse suo marito.
“Che cosa?”
“Quaranta, i secondi che impiegheranno per rintracciare la telefonata sono quaranta. Allora?”
“Io... non lo so. Si, probabilmente sarebbe stato carino”
Carino? E perche’ diavolo non me l’hai detto?”
“Non lo so! Non era cosi importante e sapevo che per te sarebbe stato solo una cosa inutile e noiosa... e non volevo sfidare la sorte”
“Che significa sfidare la sorte?”
“Significa che e’ gia’ stata un’immensa fortuna essere riusciti a sposarci! Sai bene che ho vissuto fino all’ultimo attimo prima del matrimonio pensando che sarebbe successo qualcosa!”
Sherlock si zitti’.
Senti’ Molly fare un respiro profondo.
“Non era importante, sul serio.”
“Io dovevo capirlo” mormoro’ Sherlock. Odiava ammettere di aver sbagliato in quel modo la sua valutazione.
“No. E non dare retta a John... non su questa cosa, comunque. Da allora sei migliorato molto, davvero.”
“Davvero?” chiese lui speranzoso.
“Davvero. E tesoro... ritiro io il tuo cappotto in lavanderia.”
Lui sorrise.
“Grazie”
“Fate attenzione. E di’ a John che lo abbraccio forte” concluse lei.
“Non ci penso proprio” rispose Sherlock, guadagnandosi una risatina.
Rimise il telefono in tasca e torno’ a guardare il suo amico, che lo stava fissando interdetto.
“Un momento” comincio’ infatti “non l’hai chiamata facendoci rintracciare solo per chiarire questa storia della luna di miele, vero?”
Sherlock comincio’ a raccogliere le poche cose in giro per la stanza.
“No. Andiamo, arriveranno presto e noi abbiamo un treno da prendere”
Anche John si attivo’. Una volta in piedi, cerco’ di ignorare il malessere alla gamba.
Non ora, ti prego.
“Un treno? E dove andiamo? Come facciamo con i soldi e i documenti?”
Sherlock apri’ la porta e usci’ sul piazzale.
Un taxi stava gia’ aspettandoli ed entrambi si fiondarono all’interno.
“Alla stazione dei treni, per favore” comunico’ all’autista, che parti’ subito.
“Allora?”
Il tono di John si era fatto impaziente.
“Andiamo a Monaco, Germania. Sara’ necessario prendere un giro un po’ piu’ largo ma dovremmo arrivare entro due giorni. Dobbiamo incontrare l’unica persona che puo’ avere notizie certe sul pugnale. La telefonata a Molly e’ servita per comunicarmi con un codice sicuro dove recuperare documenti e carte di credito falsi, necessari per coprire la nostra fuga.”
John spalanco’ gli occhi.
“Stai scherzando, vero? Hai coinvolto Molly in tutta questa storia? Era a un congresso medico a Edinburgo!”
“Dove e’ ancora, anche se suppongo che presto sara’ raggiunta dall’esercito, dopo questa telefonata... sicuramente il suo telefono era sotto controllo. Non preoccuparti, Mycroft si occupera’ anche di Mary e le mettera’ al sicuro, non permettera’ che siano interrogate piu’ del dovuto, ne’ che siano in qualche modo in pericolo”
John scosse la testa.
“Non capisco, se hanno ascoltato la telefonata capiranno che lei ti ha fornito il necessario per continuare la fuga, potrebbero incriminarla!”
Sherlock sorrise.
“Abbiamo usato un codice particolare, se anche sospettano qualcosa, non potranno provare nulla”
“Un codice particolare?”
L’altro annui’.
“Si, ne abbiamo stabilito qualcuno quando abbiamo cambiato i termini del nostro rapporto... nel caso io avessi avuto bisogno di un supporto come in questo caso. In situazioni di emergenza, lei sa come attivarsi e fornirmi il necessario in diversi punti del paese e attraverso vari canali. Specificatamente, il fatto che mi abbia detto che passera’ a ritirare il mio cappotto significa che ha attivato una cassetta di sicurezza alla stazione dei treni, servendosi della mia personale rete di supporto tra i senzatetto.”
“Stai scherzando, vero?”
Sherlock lo osservo’ stupito.
“No, perche’ dovrei?”
John rimase per un attimo in silenzio. Si, concluse tra se’, questo poteva senz’altro rientrare nella strana gestione del matrimonio fra Molly Hooper e Sherlock Holmes. Tuttavia lo colse un dubbio.
“E io e te non abbiamo nessun codice perche’....”
“... sarebbe inutile. In tutte le mie situazioni di emergenza, tu sei sempre con me. Non ti sarebbe di nessuna utilita’. E Molly ha collaborato molto attivamente nell’elaborazione dei diversi scenari, dando prova di grande acutezza. E’ stato molto produttivo e divertente.”
Il dottor Watson abbasso’ la testa rassegnato.
“Giusto. Quale moglie non sarebbe ansiosa di avere dei codici segreti con suo marito nel caso lui si trovi in fuga dalla giustizia? E’ cosi romantico” concluse infine.
Sherlock fece un altro sorriso.
“Tu trovi?” gli domando’ con orgoglio.
“No”
 
 
 

  
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