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Autore: yllel    09/10/2012    6 recensioni
"John, ti devo dire una cosa." "Fantastico. Sono in prigione accusato di un omicidio che non ho commesso ma per il quale mi condanneranno ugualmente e tu vuoi parlare...ok. Tanto ho tutto il tempo di questo mondo, a quanto pare. Dunque?"
"Credo di non essere sicuro di volere un figlio. Non ho considerato tutte le variabili" John Watson scosse la testa "Sei un idiota, Sherlock" "Sapevo che l'avresti detto. Adesso possiamo scappare"
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson , Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il motivo per cui torno sempre indietro'
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SvaneH, miserere, bored94, LadyMisteria, EbeSposaDiErcole, e Jessie_JCL, grazie delle vostre belle recensioni. A voi e a tutti gli altri che hanno letto... spero che questo capitolo vi piaccia!

NOTA: i luoghi citati sono immaginari.
 

ACCUSE DAL PASSATO

CAPITOLO 2

 
“Io non lo so!”
John si era imposto di rispondere alle domande con calma, ma dopo quattro ore di interrogatorio sentiva di non poter reggere ancora a lungo la situazione.
Quattro ore.
Scosse la testa al pensiero di quello che era successo: era stato ammanettato e portato a Scotland Yard, dove un ispettore che non conosceva, un certo Stillwook, lo stava martellando di domande senza dargli respiro.
Non ricordava nulla di cio’ che era successo, ma quell’uomo lo stava incalzando senza tregua.
“Mi racconti tutto di nuovo. Dove ha incontrato Dollman?”
John gemette.
“Gliel’ho gia’ detto, eravamo in Afghanistan insieme, io sono stato rimpatriato quando sono stato ferito e l’ho rivisto ieri per la prima volta. Mi ha mandato una mail dicendo che era in citta’ e chiedendomi di incontrarci,  mi ha offerto una birra al pub, poi l’ho riaccompagnato al suo albergo che era li vicino e lui mi ha chiesto di salire a bere ancora qualcosa.
Ho accettato e poi non ricordo piu’ nulla, mi sono svegliato e lui era morto!”
“E’ stato ucciso con la sua pistola” commento’ in tono neutro l’ispettore.
“Non l’avevo neanche con me! Senta, lo chieda alla mia fidanzata, lei era fuori a cena con delle amiche e  le ho mandato un messaggio per dirle che sarei rientrato un po’ piu’ tardi anche io, controlli il mio telefono!”
Stillwook annui’.
“L’abbiamo gia’ fatto, abbiamo trovato il suo messaggio e poi le chiamate perse della signorina Morstan che la cercava... ma questo non spiega nulla”
John strinse gli occhi al pensiero di Mary.
Doveva essere stata molto preoccupata e naturalmente, ora doveva essere molto spaventata.
Ma era tutto un equivoco, presto le cose si sarebbero chiarite e lui sarebbe potuto tornare a casa.
Si chiese per l’ennesima volta dove fosse Sherlock. Gli sembrava davvero impossibile che non avesse ancora fatto irruzione nella stanza per spiegare che lui era innocente.
Qualcuno busso’ alla porta e un agente entro’, tendendo un foglio all’ispettore.
John lo osservo’ leggere cio’ che era scritto nel documento e fare un sorriso soddisfatto.
“Il guanto di paraffina e’ positivo. Lei ha sparato con la sua pistola. Vuole rivedere la sua dichiarazione?”
John spalanco’ gli occhi.
Non era possibile.
“No, deve esserci un errore.” mormoro’ “Non ho sparato a Mark”
L’altro gli si avvicino’.
“Ha detto di non ricordare nulla, come puo’ esserne sicuro?”
“Che motivo avrei dovuto avere?”
Stillwook alzo’ le spalle.
“Vecchi rancori di quando eravate in guerra, una discussione finita male... eravate entrambi molto ubriachi e forse vi siete messi a ricordare i bei tempi, magari da cosa nasce cosa e avete litigato”
John scosse di nuovo la testa.
“No, no davvero io... io non ho sparato”
“Le prove dicono il contrario, Dottor Watson e non speri che la sua amicizia con l’ispettore Lestrade o con il grande Sherlock Holmes possano aiutarla. Io non sono il tipo che si fa intimidire. Forse e’ il momento che chiami un avvocato”
Un avvocato.
Un processo.
Una possibile condanna.
No.
“Io non ho fatto niente” riaffermo’ John con tutta la sicurezza di cui fu capace.
Stillwook lo guardo’ ancora per un attimo e poi apri’ il fascicolo appoggiato sul tavolo.
“Lei ha sofferto di un disturbo post traumatico da stress dopo che e’ rientrato dall’Afghanistan. Spesso i sintomi possono ripresentarsi dopo mesi o anni, addirittura”
John sussulto’ sulla sedia. Come aveva fatto quell’uomo ad avere il suo fascicolo?
“Lei non ha il diritto...”
“Amnesie, attacchi d’ansia, improvvisi scatti di rabbia, pensieri ossessivi... un minimo evento insignificante puo’ far riaffiorare tutte queste cose. Sicuramente, l’incontro con un ex commilitone puo’ essere stato decisivo. La rievocazione di vecchie esperienze e l’alcool combinati hanno fatto il resto”
Stillwook richiuse il fascicolo con un gesto soddisfatto.
John strinse i pugni. Quell’uomo non sapeva di cosa stesse parlando, non aveva idea di quello che lui aveva passato al suo rientro dalla guerra e di come ogni giorno, anche dopo anni, combattesse ancora con le sensazioni che quell’esperienza gli aveva lasciato. Non sapeva nulla degli incubi che ogni tanto tornavano a tormentarlo. Delle immagini tremende che improvvisamente gli si paravano davanti agli occhi.
Si impose di stare calmo e rallento’ il suo respiro.
Non gli sarebbe servito a niente, aggredire l’idiota che aveva davanti... doveva resistere e presto tutta la situazione si sarebbe chiarita.
Sherlock sarebbe arrivato e avrebbe spiegato tutto.
Era assolutamente necessario, perche’ davvero, lui in quel momento non aveva la minima idea di cosa fare.
“Adesso basta”
L’ispettore Greg Lestrade entro’ nella stanza senza bussare, sfidando con lo sguardo Stillwook a dire qualsiasi cosa che gli desse la scusa per cacciarlo dal suo dipartimento.
Quel pivello aveva preso in mano il caso e pensava di poterlo gestire come voleva, ma era appena stato trasferito e non aveva idea, di come andassero le cose li dentro.
Greg era gia’ stato fin troppo paziente ed era rimasto ad osservare l’interrogatorio da dietro il vetro, continuando a ripetersi che la situazione era troppo assurda per essere vera.
Tese un caffe’ a John e si sedette di fronte a lui.
“Grazie” mormoro’ il dottore, accogliendo il liquido caldo con sollievo.
“Ispettore Lestrade, non credo sia il caso...” Stillwook comincio’ a protestare.
“Fuori”
L’altro si zitti’.
“Cosa?”
“Ho detto fuori.” Greg non lo guardo’ neanche in faccia, continuando ad osservare John.
L’ispettore piu’ giovane sembro’ esitare un attimo e poi si diresse verso la porta.
“Avvisero’ chi di dovere di questo comportamento!” esclamo’ prima di uscire.
“Si, si...” Lestrade scosse la testa e poi torno’ a guardare John.
“In che casino ti sei cacciato?” gli domando’ subito dopo.
“Dove diavolo e’ Sherlock?” rispose invece lui.
Greg alzo’ le spalle.
“Non lo so, te lo giuro. Quando ho saputo quello che era successo, l’ho chiamato, poi gli ho inviato una serie di sms, ma lui non ha risposto. Allora sono andato a cercarlo a casa, ma non c’e’ nessuno.”
“Molly e’ a un congresso e la signora Hudson a trovare un’amica a Liverpool... ma tu devi continuare a cercarlo, e’ l’unico che puo’ aiutarmi. Senza offesa, naturalmente”
Lestrade fece un mezzo sorriso.
“No, hai ragione... le prove sono tutte contro di te e devo dirti, amico, che sei in una situazione davvero brutta. Vedrai che prima o poi Sherlock apparira’ dal nulla e in cinque minuti smontera’ tutte le accuse... trovera il modo di far fare a Stillwook una pessima figura, il che non mi dispiace. Adesso pero’ qui ci sono io, John... e voglio aiutarti. Fai uno sforzo e cerca di ricordare qualcosa. Qualsiasi cosa che ci possa essere utile a fare luce su questa faccenda.”
John chiuse gli occhi alla ricerca di concentrazione, poi gemette frustrato.
“Non ricordo nulla! E’ possibile che sia stato drogato?’
L’altro fece segno di no con la testa.
“No... le tue analisi indicano solo un alto tasso alcolico nel sangue, nessun segno di droghe o sonniferi. Questo Dollman... che tipo era? Lo conoscevi bene?”
“Siamo stati in missione insieme, era nel mio plotone. Un tipo un po’ vivace, ma mai sopra le righe... ti potevi fidare ad uscire in missione con lui, era attento e concentrato, sul campo.”
“Il suo fascicolo dice che ha avuto qualche problema con la legge, quando era un ragazzino. Poi e’ entrato nell’esercito, ha partecipato a diverse missioni all’estero, una delle quali insieme con te, anche se e’ rientrato dopo che tu... si insomma...”
“Sono stato ferito” completo’ John per lui con tono neutro.
Quasi inconsciamente, si porto’ una mano alla gamba che aveva accompagnato al bastone per un po’ di tempo.
“Come erano i vostri rapporti quando eravate insieme in Afghanistan?”
Lestrade osservo’ lo sguardo di John farsi piu’ distante.
“John?”
L’altro si riscosse.
“Scusa?”
L’ispettore sospiro’.
“I tuoi rapporti con Dollman. Andavate d’accordo? Avete mai litigato? Qualche discussione?”
John scosse la testa.
“No. Non c’era tempo, per queste cose. Io mi occupavo spesso dell’ospedale da campo, a volte uscivo sul territorio per accompagnare qualche missione o visitare qualche villaggio, oppure intervenivo in situazioni di emergenza, ma quasi sempre in elicottero per il recupero feriti... non ci sono state molte occasioni per lavorare insieme. Ma era ok, a volte faceva lo sbruffone ma era il suo modo di reagire alla situazione, ognuno aveva il suo... l’ultima volta che l’ho visto stavo raggiungendo un villaggio dove avevamo appena distrutto una rete di attentatori ma poi” si blocco’, riconoscendo i primi sintomi di un malessere che non avvertiva da tempo.
Un peso forte sul petto, un caldo improvviso.
Il ronzio nelle orecchie.
Il sorriso di quel ragazzino davanti agli occhi.
Il ragazzino che faceva ciao con la mano.
“... movente”
Senti’ la voce di Lestrade arrivare da lontano e cerco’ di sembrare il piu’ tranquillo possibile.
“Cosa hai detto, scusa?”
Greg lo guardo’ un po’ sorpreso.
“Ho detto che non c’e’ un movente chiaro, questo e’ un punto a tuo favore. Chiunque puo’ testimoniare che in questi anni hai reso un grande servizio alla comunita’ e non hai dato segni di squilibrio... la tesi che tu l’abbia ucciso per un improvviso momento di rabbia non tiene molto. Insomma... tu non sei pazzo, il fatto che abbia vissuto con Sherlock per tutto quel tempo senza ammazzarlo gioca a tuo favore!”
John cerco’ di stamparsi sul viso il piu’ convincente dei sorrisi.
Lestrade non capiva, non sapeva quanto la sua fosse ancora una battaglia quotidiana, nonostante Sherlock e nonostante Mary.
Il ronzio nelle orecchie si calmo’ e lui riusci’ a respirare di nuovo in modo regolare.
‘’Questa storia e’ una follia” commento’ piano.
Poi la porta della stanza si apri’ con un tonfo e sulla soglia apparve un colonnello dell’esercito, riportandolo indietro di quattro anni.
“Signore!” scatto’ sull’attenti in modo automatico.
Greg Lestrade osservo’ stupito il nuovo arrivato, un militare dallo sguardo di ghiaccio con un’uniforme piena di decorazioni.
“Capitano Watson” con un cenno del capo fece segno a John di mettersi a riposo.
Quest’ultimo lo fisso’ per un istante, prima di scuotere la testa.
“Colonnello Sullivan... non sono piu’ capitano da molto tempo”
L’altro lo squadro’.
“E’ scattato sull’attenti quando mi ha visto, come e’ giusto che sia. Lei puo’ non avere piu’ la sua divisa, ma fara’ sempre parte dell’esercito”
John serro’ le labbra.
Non gli mancava, la sua vita di prima... era stato solo un riflesso condizionato. Aveva rivisto il suo vecchio superiore ed era scattato qualcosa in lui, che l’aveva portato a fargli il saluto.
Poi il colonnello Sullivan pronuncio’ delle parole incredibili.
“Sono qui per prenderla in consegna e farla trasferire alla base militare di St. Andrew’s”
“Che cosa?”
“L’accusa e’ di alto tradimento nei confronti di sua Maesta’ compiuto nello svolgimento del suo dovere di soldato.”
“Ma cosa sta dicendo?” Lestrade si era finalmente ripreso dallo stupore per l’entrata in scena del militare.
Sullivan si giro’ verso di lui.
“Il capitano Watson e’ accusato di aver trafugato reperti storici di rilevante importanza durante la sua missione in Afghanistan, di averli contrabbandati all’interno del Regno Unito con l’intento di rivenderli, esponendo al pericolo di ritorsioni da parte dei cittadini locali tutti i soldati delle forze armate che servono lealmente la loro patria in quel territorio, disonorando la sua divisa e cio’ che essa rappresenta.”
Lestrade non poteva credere alle sue orecchie.
“Sta scherzando, vero?”
Lo sguardo del colonnello si fece ancora piu’ freddo.
“Abbiamo recentemente acquisito prove di come durante la sue ultime missioni, il capitano Dollman abbia contrabbandato oggetti d’arte locali. Stavamo per incriminarlo, ma poi abbiamo scoperto che stava cercando di piazzare sul mercato un nuovo manufatto, un pugnale appartenuto a un capo tribale. Tale manufatto rappresentava un vero e proprio simbolo per la popolazione locale e aveva un valore economico molto alto, essendo d’oro e ricoperto di pietre preziose. E’ scomparso quattro anni fa, all’epoca dell’ultima missione del capitano Watson.”
Lestrade fece una smorfia.
“Oh, andiamo... e questo basta a far si che John sia incriminato?”
Sullivan raddrizzo’ ancora di piu’ le spalle.
“Il pugnale era custodito nel villaggio di Hamrat, sia il capitano Watson che il capitano Dollman vi si sono recati in ricognizione e sono gli unici due ad aver avuto accesso all’edificio principale”
Greg si volto’ verso John, aspettando che smentisse le accuse in men che non si dica.
Ma il dottor Watson si limito’ a fissare il muro.
Si era recato nell’edificio perche’ stavano valutando di convertirlo in un ospedale improvvisato. Nella battaglia diversi civili erano stati usati come scudi umani ed erano feriti, in quel momento erano isolati e in attesa dei rinforzi, avevano bisogno di un posto sicuro.
L’edificio non andava bene, troppo esposto a possibili nuovi attacchi.
Poi John aveva visto il ragazzino.
E poi...
“All’epoca non avevamo motivo di sospettare nulla” la voce del colonnello lo riporto’ bruscamente alla realta’ “ i movimenti del capitano Dollman sono stati notati solo alla missione successiva e sono stati tenuti sotto costante osservazione alla ricerca di prove concrete, fino a che la settimana scorsa non ha tentato di piazzare il pugnale su internet attraverso un sito di commercio di beni antichi e preziosi. Ha aspettato qualche anno per lasciare tranquillizzare le acque, poi si e’ rivolto a un vero esperto, il suo complice” fisso’ con ostentazione John.
Lui finalmente si riscosse.
“E sarei io, l’esperto?”
“Capitano Watson, nega di avere avuto accesso in passato a una rete di contrabbando di oggetti antichi e preziosi per collezionisti privati?”
Per un attimo, nella stanza regno’ solo silenzio.
“Un momento...” John affermo’ stupito “e’ stato per un caso, uno dei primi casi di cui mi sono occupato con Sherlock Holmes... si trattava di contrabbando di manufatti cinesi, io non...”
“Nega di essere entrato in quell’edificio con il capitano Dollman?”
John scosse la testa.
“Sa benissimo che l’ho fatto, e’ nel mio rapporto... siamo entrati, abbiamo perquisito le stanze al pian terreno e non ho giudicato il posto come idoneo. Poi siamo usciti” fece un respiro profondo.
Siamo usciti e si e’ scatenato l’inferno.
“Nega di aver incontrato il capitano ieri sera? Avete litigato su come dividervi il ricavato della vendita?” il colonnello continuo’ imperterrito.
“Mi ha scritto una mail dopo anni che non lo sentivo! Abbiamo solo bevuto qualcosa insieme!” replico’ John.
“Si, abbiamo letto la mail. Volutamente vaga e senza accenni particolari al motivo dell’incontro”
“Perche’ non c’era nessun motivo speciale per l’incontro!’ ribatte’ John esasperato. Poi si blocco’.
Un momento.
I militari avevano letto la sua posta, guardato nel suo computer.
Con che diritto...?
 “Capitano Watson, lei e’ reintegrato nel suo grado per poter subire un processo sotto corte marziale ed essere giudicato per furto e contrabbando internazionale, perpetrati mentre serviva nell’esercito di sua maesta’ e per l’omicidio di un membro delle forze armate. Verra’ posto sotto scorta e condotto alla base militare di St. Andrew’s dove sara’ trattenuto fino al procedimento a suo carico”
“Lei non puo’ farlo!” Lestrade tento’ di protestare, ma fu interrotto dall’ingresso di due guardie militari.
Il colonnello Sullivan gli tese un foglio.
“Qui c’e’ l’ordine in cui sono incaricato di prendere in custodia il capitano Watson”
John era troppo stupito per poter ribattere.
Le guardie gli si misero ai lati per scortarlo fuori.
Lungo il corridoio, vide Mary seduta su una sedia: quando anche lei lo scorse, fece per andargli incontro e poi realizzo’ con chi fosse.
“John!” il suo viso esprimeva tutta la sua preoccupazione e lo stupore per le divise militari.
“Mary, tesoro... sta tranquilla! Si risolvera’ tutto, vedrai...” cerco’ di fermarsi per poterla rassicurare almeno con lo sguardo, ma fu trascinato via.
La sua fidanzata resto’ a guardare disperata la porta e poi estrasse il telefono dalla borsa, componendo di nuovo il numero di Sherlock Holmes.
Il telefono squillo’ a vuoto fino a che non cadde la linea.

***

Inspira.
Espira.
Inspira.
Espira.
John Watson cerco’ di controllare la sua respirazione per calmare il senso di oppressione che l’aveva travolto, dopo essere arrivato alla base ed essere stato rinchiuso in cella. Con la mente, ricordo’ tutti gli esercizi di rilassamento che la sua terapeuta gli aveva insegnato durante le loro prime sedute.
Nonostante l’avesse lasciata prima di finire il suo percorso (una decisione che non aveva mai rimpianto), doveva ammettere che quella donna aveva costituito per il primo periodo dopo il suo rientro, il suo unico legame stabile, il suo unico contatto sicuro con la realta’. Quando erano cominciati gli incubi e gli improvvisi attacchi d’ansia, gli era sembrato di impazzire... era un medico, eppure faticava ad accettare di avere un serio disturbo da stress post traumatico. Si sentiva vulnerabile, incapace di andare avanti.
La terapia non l’aveva salvato, ma per lo meno lo aveva tenuto a galla fino a che non aveva trovato la forza di reagire e qualcosa che lo aiutasse davvero.
Sherlock.
“Dove diavolo sei?” chiese ad alta voce, sedendo sulla brandina.
“Qui”
John alzo’ gli occhi di scatto, si alzo’ in piedi e si ritrovo’ a fissare l’unico consulente investigativo al mondo.
Al di la delle sbarre. Vestito con la divisa dell’esercito.
“Dove sei stato?” lo aggredi’.
Sherlock inclino’ la testa, registrando l’elevato stato di stress di John.
“Ho avuto da fare”
John spalanco’ gli occhi.
“Da fare? HAI AVUTO DA FARE?? Nel caso ti sia sfuggito, mi hanno accusato di omicidio e mi hanno messo in prigione!”
Sherlock continuo’ a squadrarlo.
“Non mi e’ sfuggito. Infatti sono qui”
“Dopo quasi dodici ore!”
“Stavo pensando, John”
“Per dodici ore??”
“Avevo molto a cui pensare. Poi ho realizzato quello che stava succedendo, e’ stato un po’ impossibile ignorare le telefonate di Lestrade e Mary a un certo punto... ma poi la situazione doveva per lo meno evolversi. Gran brutta situazione, a proposito” concluse Sherlock.
John lo guardo’ stupito.
“Stai scherzando, vero? Dimmi che hai gia’ trovato il modo di scagionarmi”
L’altro scosse la testa.
“Non ora. Non ancora.”
John emise un gemito e si sedette di nuovo sulla branda.
“Magnifico, se neanche tu mi puoi aiutare sono davvero fregato...”
“Ho detto non ancora, non che non posso farlo”
John alzo’ la testa sconsolato.
“Non ancora... bene. E quando sarebbe il momento giusto? Quando avrai finito di pensare?”
Sherlock gli rivolse uno sguardo sostenuto.
“Il sarcasmo non ti aiutera’, John.”
“Oh, scusami tanto!! Hai ragione, sicuramente le cose a cui dovevi pensare erano molto, molto importanti!”
Per un attimo, i due rimasero a guardarsi, finche’ Sherlock non fece un sospiro.
"John, ti devo dire una cosa."
“Fantastico. Sono in prigione, accusato di un omicidio che non ho commesso, ma per il quale mi  condanneranno ugualmente e tu vuoi parlare... ok.
Tanto ho tutto il tempo di questo mondo, a quanto pare. Dunque?”
"Credo di non essere sicuro di volere un figlio. Non ho considerato tutte le variabili"
John Watson scosse la testa.
"Sei un idiota, Sherlock"
"Sapevo che l'avresti detto. Adesso possiamo scappare"
“Che cosa?”
“Perche’ credi che mi sia messo questa divisa? Non posso aiutarti se rimani qui, ho bisogno di informazioni e faro’ piu’ presto, se me le darai tu. Naturalmente non mi permetterebbero di parlarti, ed e’ inutile affidarsi a un avvocato. Sei stato evidentemente  incastrato, il che presuppone un piano molto preparato e una situazione studiata a tavolino, anche se l’omicidio di Dollman e’ stato probabilmente anticipato rispetto  a quanto stabilito. Quindi, scappiamo”
Sherlock estrasse una chiave e apri’ la porta della cella.
John esito’.
“Sarebbe diserzione”
Il suo amico fece un gesto spazientito.
“Diserzione? Ti hanno costretto a rientrare nell’esercito per poterti processare, non credo proprio che tu gli debba i tuoi scrupoli, John. Sbrigati, su... la guardia potrebbe essersi svegliata”
“Quale guardia?”
Dal fondo del corridoio arrivarono delle grida e dei passi affrettati.
Questa guardia. Corri, John”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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