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Autore: BJ foREVer    14/10/2012    2 recensioni
“Accomodati pure, come ti chiami?”
“Juls, ho vent’anni e sono di Phoneix” mi sedetti davanti al tavolo dove si trovavano quei cinque ragazzi, tutti sulla trentina.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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#Juls’ P.O.V.
Eravamo di nuovo sul tour bus, diretti a Phoneix. Matt mi aveva avvertito poco prima, dandomi tre biglietti attaccati ad altrettanti pass per il backstage, spiegandomi che avrei potuto invitare i miei genitori al concerto.
In quel momento stavo appunto parlando con mia madre per cercare di convincerla.
“Che genere hai detto che fanno?” mi chiese, forse per la centocinquantacinquesima volta.
“Metal leggero, mà, te l’ho detto” risposi pazientemente “Dai, venite. Ti porti i tappi per le orecchie” proposi, sapendo che non le piaceva il genere. A mio padre semplicemente non importava.
“Uhm, va bene. Ti passo il piccolo, vuole parlarti” detto questo sentii una risatina e qualche rumore, prima che la voce squillante di mio figlio raggiungesse il mio orecchio.
“Tao mamma!” risi sedendomi a gambe incrociate su uno dei divanetti.
“Ciao amore mio! Come stai? Ti piace stare dai nonni?” domandai prendendo una delle riviste impilate sul tavolino.
“Bene, mami. Nonno dice ciao!” risi, sfogliando flebilmente il giornale. Doveva essere di una delle altra ballerine, dato che era uno di quei giornali di gossip.
Salutalo amore. Mi manchi tanto. Ora mamma deve andare, ma ci vediamo domani sera”
“Shi mami. Ti vojo bene!” sorrisi biascicando un ‘anche io’ prima di chiudere la chiamata.
“Come sta Mickey?” sussultai, non avendo sentito arrivare Allison. Le sorrisi ricambiando il bacio che mi aveva posato sulla guancia.
“Sta bene. Non vedo l’ora di domani” le porsi una tazza che avevo riempito di caffè e la osservai meglio.
Da un paio di giorni era più solare, più attiva del solito. Al contrario della maggior parte di noi, non aveva le classiche borse sotto gli occhi provocate dalle poche ore di sonno. Anzi, sembrava rilassata e riposata. Non potei fare a meno di notare, nella mia testa, che erano passati per l’appunto due giorni da quando aveva dormito nella camera di Matt. Chissà cosa si erano detti, quei due.
“Manca pure a me, quel diavoletto” disse riconquistandosi la mia attenzione. Ridemmo insieme, perdendoci nel ricordare i vari guai combinati da Mickey.
“E ti ricordi quella volta che la maestra dell’asilo ti a chiamata per andarlo a prendere?” mi guardò tenendosi la mano sulla pancia.
“Sì! Oddio, le aveva rovesciato addosso tutti gli acrilici. Mi ricordo che ha dovuto buttare via tutti i vestiti e farsi la tinta” risi ancora asciugandomi gli occhi.
Proprio in quel momento avvertimmo il bus fare una curva abbastanza brusca, tanto che dovemmo tenerci al tavolino per non cadere.
“Scusate, ragazze” borbottò Andy, la nostra autista “Si sono dimenticati di nuovo di avvertire”
Entrambe guardammo fuori dal finestrino, notando che eravamo in un parcheggio.
Era completamente deserto, se non per i nostri due bus. Sotto qualche albero c’erano delle panchine e dei tavoli da picnic. Una serie di casette piuttosto squallide portava dei cartelli segnalanti le toilette, e poco lontano da queste c’erano varie macchinette di bibite, merendine e una di sigarette.
La porta del nostro mezzo si spalancò, rivelando il viso sorridente di Sullivan.
“Buongiorno, belle signore! Forza, forza, scendete a muovere i vostri bei culetti!” delicato, come sempre.
Dietro di lui, gli altri quattro ridevano come bambini. Stranamente erano tutti senza maglia, come mi fece notare Allison con dei potenti schiaffi sul braccio.
“Al, basta, ho capito” sibilai, riducendo gli occhi a due fessure, insospettita dal loro comportamento.
“Come mai tutta questa gioia, Jimmy?” chiesi al batterista, che teneva le mani dietro la schiena, come tutti gli altri.
“Odio stare fermo, il bus è una tortura” sorrise restando vago, per poi indietreggiare vicino agli amici, che si spostarono un po’ all’indietro per farci scendere.
Spinsi in avanti Allison, restando dietro di lei mentre scendevamo dal bus, ancora sospettose.
E facevamo bene a esserlo, visto che appena mettemmo piede fuori dal bus ci ritrovammo al centro di una guerra di gavettoni.
“Stronzi!” corremmo a ripararci dietro le casette-bagni, ridendo come delle matte anche se eravamo bagnate dalla testa ai piedi. Allison mi puntò con un dito e scoppiò nuovamente a ridere.
“Che c’è?” sbuffai, anche se divertita e contagiata dalla sua risata.
“Sembri… uno zombie!” disse fra le lacrime.
“Tu non sei meglio!” la spinsi, fingendomi offesa. Lei perse l’equilibrio e cadde, con le gambe all’aria, rimanendo lì a ridere senza forze per alzarsi.
Mi lasciai cadere vicino a lei in preda a un attacco di risatine convulse, sparando frasi senza senso. Sembravamo davvero degli zombie: il trucco sbavato e colante dagli occhi, i capelli spettinati, sparsi e incollati al viso, le infradito sporche di terra e i vestiti attaccati al corpo.
Riuscimmo a smettere di ridere solo quando i ragazzi ci trovarono, e dovemmo ricominciare a correre, inseguite da Matt e Brian con dei secchi pieni d’acqua in mano.
“No! No, dai, ragazzi, no!” cominciammo a gridare quando ci presero con le spalle bloccate contro il tour bus. Loro s’avvicinavano ridendo, e ci rovesciarono i secchi addosso senza pietà.
Appena videro le nostre facce, però, si scambiarono uno sguardo a dir poco terrorizzato, dandosela a gambe con noi al seguito che urlavamo come delle pazze, manco fossimo delle serial killer.
“AAAAH! SEI FREDDA, NO, NO!” l’urlo di Brian fece scoppiare a ridere tutti. L’avevo raggiunto e stretto da dietro, bagnandogli completamente la schiena, e lui aveva tirato uno strillo da checca isterica per il quale avrebbe anche potuto meritare un Oscar.
Solo allora notai che anche le altre ragazze erano finite nella battaglia, e adesso stavano inseguendo Jimmy, Johnny e Zacky per vendicarsi.
Mi scostai lentamente da Brian e aggirai il suo corpo, piantandomi davanti a lui per vedere la sua espressione. Era immobile, o meglio lo sarebbe stato se non fosse che stava tremando come un cucciolo,un ciuffo di capelli gli copriva gli occhi, dal quale colava la matita nera. Stringeva ancora tra le mani il secchio che mi aveva rovesciato addosso. Sorrisi soddisfatta e solo allora sembrò riscuotersi, mollando a terra il secchio che fece un tonfo sordo, e avvicinandosi rapidamente.
Mi ritrovai tra le sue braccia mentre entrambi ridevamo, guardandoci come dei bambini.
Il mio sguardo correva veloce dai suoi occhi alle sue labbra, a poco distanza dalle mie, e il mio respiro era accelerato. Il cuore mi batteva così forte che avrebbe potuto uscirmi dal petto e fare la conga per il parcheggio.
Lentamente, Brian avvicinò il viso al mio, fino ad essere a pochi millimetri dalle mie labbra. Chiusi gli occhi, stringendogli le braccia attorno al collo, in attesa.

 
Nota: DAWWWW. Ok, scusate, fa schifo, però mi sono divertita a scriverlo. Ho provato, dico PROVATO, a scrivere meglio le scene descrittive, spero di esserci riuscita ç.ç
I genitori non sono così a caso, ma sono molto ispirati ai miei (SI, MIA MADRE SI E’ PORTATA I TAPPI PER LE ORECCHIE A UN CONCERTO, E MIO PADRE HA DORMITO TUTTO IL TEMPO). Valli a capire sti vecchi u.ù
Ringrazio LA dreamer e _MD per aver recensito il capitolo precedente. MUCH LOVE per voi belle ragazze.
Spero vi sia piaciuto anche questo, il prossimo sarà moooolto movimentato eheheh.
Besos c:
  
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