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Autore: Killapikkoletta    15/10/2012    1 recensioni
Un mondo che non ricorda il suo passato, una città che vorrebbe governare su tutto. Ma c’è chi sa, chi ricorda e deve essere eliminato. I ribelli stanno preparando il contrattacco…. Felici Hunger Games che possa la buona sorte sempre essere a vostro favore.
(Momentaneamente in sospeso)
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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I pacificatori mi invitarono a scendere le scale, trascinandomi poi in tutta fretta verso il palazzo di giustizia per gli ultimi saluti. Mentre attraversavo le stradine del distretto sentivo tutti gli occhi puntati su di me, tremai. No ero abituata ad essere al centro dell’attenzione e in quel momento i miei nervi erano talmente tesi, che sarebbe bastato un nonnulla per farmi cedere. Strinsi i pugni e mi morsi violentemente il labbro inferiore fino a sentire il sapore dl sangue sulla lingua, è strano ammetterlo ma il dolore a volte aiuta a superare i dispiaceri. Una volta arrivata mi fecero accomodare in un’enorme sala. Sembrava uno studio, librerie in mogano alte fino al soffitto facevano da cornice ad uno spazio ampio e luminoso. Al centro della stanza c’erano delle poltrone in velluto rosso e un tavolino di vetro decorato. Passai una mano sulla stoffa morbida del divano e mi ci buttai di peso sospirando. La calma e la sicurezza che mi avevano permesso di non piangere di fronte alle telecamere stavano lentamente svanendo, lasciando il posto all’agitazione e alla consapevolezza di quello che mi era accaduto. Cosa avrei fatto? Io non ero Katniss. Non ero la ribelle di cui tutti, anche se inconsciamente, aspettavano l’arrivo. Ero solo, Giorgia.
In quel momento la porta si aprì lasciando entrare Silvia, che appena mi vide mi si buttò letteralmente addosso rischiando di strozzarmi per quanto forte mi stava abbracciando.
“Se non mi lasci andare….morirò ancor prima di entrare nell’arena”, riuscii a dire cercando di tirarle su il morale. Non avevo certo bisogno di vederla piangere visto il mio equilibrio emotivo alquanto instabile.
“Scappiamo”, disse lei asciugandosi le lacrime “non devi partecipare a questa pazzia di reality, scappiamo e aspettiamo che le acque si siano calmate.”
“Mi stai chiedendo di abbandonare tutti?”, chiesi scuotendo lentamente la testa “non posso, devo fare qualcosa per cambiare questa situazione. Mi farò venire qualche idea tranquilla, la tua amica è più dura di quanto credi a morire!”
Silvia non sembrava essere molto convinta dalle mie parole, ma non ebbe il tempo di ribattere perché due pacificatori entrarono e la trascinarono via sostenendo che i nostri tre minuti a disposizione erano terminati. Riuscii solo a sentire la voce della mia migliore amica che mi prometteva di “sensibilizzare” la gente del distretto. Perfetto lei avrebbe fatto il suo dovere, ossia far ricordare alla gente ciò che aveva dimenticato e io avrei fatto il mio. C’era solo un piccolo e insignificante problema: non avevo la più pallida idea di come comportarmi! Cosa avrei dovuto fare? La prima mossa sarebbe stata cercare di sopravvivere, senza ombra di dubbio e in secondo luogo avrei provato a convincere gli altri tributi che non eravamo obbligati a combattere tra di noi. Il nostro nemico era uno soltanto: Capitol City.

Nessun altro venne a salutarmi e presto mi ritrovai ad agitare la mano dal finestrino di un treno di ultima generazione, sorridendo a persone che non conoscevo affatto. Accanto a me Josh sbuffò lasciandosi cadere per terra, mi misi a sedere vicino a lui e restammo in silenzio finchè l’omino grassoccio della miietitura non fece nuovamente il suo ingresso.
“Salve salve miei cari ragazzi”, esordì con una voce talmente tanto dolce da disgustarmi di più del suo aspetto unto e sudaticcio “non mi sembra molto educato sedere in terra, prego accomodatevi sul divanetto.” Seguimmo il consiglio, in effetti non era molto comodo rimanere per terra.
“Questo treno è provvisto delle ultime innovazioni in ambito elettronico e ha ogni tipo di comfort, vi convien approfittarne perché non credo sarà una bella esperienza quella di partecipare agli Hunger Games”, disse con una risatina. Sentendo quelle parole mi voltai di scatto verso il nostro interlocutore, avevo pensato sin dall’inizio che quell’uomo fosse strano o in qualche modo diverso. Ora capivo cosa non andava in lui, quegli occhietti piccoli e neri erano illuminati da una scintilla di malvagità e pura follia. Doveva essere uno dei pazzi che avevano attuato quell’assurdo piano, uno degli uomini che aveva voluto ricreare Panem. Piantai le unghie nel bracciolo della poltrona per trattenermi dal saltargli addosso, ma Josh non sembrò del mio stesso parere visto che gli si gettò contro colpendolo con un gancio alla mandibola.
L’omino ruzzolò in terra, rialzandosi pochi secondi dopo con un sorriso perverso stampato sulle labbra.
“Vedo che abbiamo dei tributi piuttosto irrazionali”, disse massaggiandosi la parte lesa “perfetto, sarà ancora più divertente vedere come vi ammazzate a vicenda. Farete la fine delle bestie che siete!” Detto ciò se ne andò in tutta fretta chiudendoci nel vagone ristorante.
Josh provò più volte a buttare giù la porta scorrevole a spallate, ma senza successo.
“Smettila adesso o ti farai male”, dissi avvicinandomi a lui e evitando che continuasse a distruggersi una spalla contro la parete “non mi sembra il momento più adatto per romperti qualcosa.” Lui si calmò e si mise a sedere lasciando sprofondare la testa nelle mani, lo guardai senza sapere cosa dire o cosa fare. Neanche lo conoscevo, ma vederlo in quello stato mi faceva venire voglia di abbracciarlo e assicurargli che sarebbe andato tutto per il meglio.
“Do you remember, don’t you?”, disse sollevando di poco il volto. Annuii e mi sedei di fronte a lui. “Io non credo di essere in grado, d’accordo io sono stato Peeta Mellark ma quella era solo finzione. Questa è la realtà!”
“Cerca di vederla da un altro punto di vista, noi sappiamo. Tu, anche se per finta, sei già entrato nell’arena e grazie ai libri di Suzanne Collins sappiamo cosa aspettarci e come muoverci”, affermai mostrandomi più sicura di quello che in realtà ero. Se c’era una cosa di cui potevo andare fiera era la capacità di nascondere i miei sentimenti.
“Sembri così piccola e fragile, ma in realtà sei una tigre non è vero?”, mi chiese abbozzando un sorriso. Bene stava reagendo, avevo bisogno di ogni aiuto in questa avventura e non avevo tempo per badare a star capricciose e impaurite da una realtà che non gli va a genio.
“Hai in mente qualcosa, giusto?”
“Sì, non avrai pensato che mi sia lasciata trascinare in tutto questo senza avere un asso nella manica”, dissi ringraziando la previdenza mia e di Silvia.
“Ho un’amica al distretto 6, grazie a lei sono riuscita a ricomporre la trilogia degli Hunger Games e sempre con il suo aiuto spero di riuscire a convincere la maggior parte degli abitanti di Panem che la realtà che stanno vivendo è un inganno”
“E noi? Dimmi che hai un’idea anche per non farci ammazzare”, mi chiese speranzoso. Lo guardai cercando di infondergli la sicurezza che ora albergava nel mio corpo.
“Tranquillo Josh, lascia fare a me.”
 

  
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