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Autore: Lemon    15/10/2012    4 recensioni
New York City, la grande mela, la città del progresso.
Una piccola sciocca ragazzina che si perde nel bel mezzo del Polmone Verde di New York e riceve aiuto da chi mai si sarebbe potuta aspettare.
Genere: Fluff, Generale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Lennon , Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Sometime in NYC, 1977.
Raiting: Verde.
Genere: Fluff, Generale, Triste.
Avviso: John Lennon (in realtà sì, ma voi non ditelo a nessuno) non mi appartiene, né tutti i personaggi citati in questa storblablablabla.
Riassunto: New York City, la grande Mela, la città del progresso. 
Una piccola sciocca ragazzina che si perde nel bel mezzo del Polmone Verde di New York e riceve aiuto da chi mai si sarebbe potuta aspettare.
Note dell'autrice: PLS, NON CHIUDETE QUESTA PAGINA. Oki, è una piccola cosuccia che mi è venuta in mentre l'altro giorno mentre passeggiavo. E' una long, questo è solo l'introduzione e da quello che capirete, è più o meno il “finale”.
Enjoy.

 

9 Dicembre1980.

Diane aspettò.
Aspettò ed aspettò ancora nel freddo di dicembre, stringendosi nel suo cappotto.
Era seduta sulla solita panchina, sulla loro panchina dove vi erano incisi i loro nomi, lo stesso orario di sempre.
Eppure John ancora non si era presentato. La ragazza controllò più volte l'orologio, dondolando i piedi contro le foglie a terra, facendole svolazzare via assieme a qualche pagina di giornale. Il vento tirava abbastanza forte, quel pomeriggio.
Lei non credeva a ciò che dicevano i giornali, né a ciò che le persone dicevano mentre marciavano, disturbando la solita quiete che c'era al Central Park, poco dopo la settantaduesima strada; semplicemente se ne stava seduta a rimuginare tra sé e sé frasi come “Gli faccio vedere io a quel vecchiaccio cosa significa farmi aspettare”, seguiti da “Forse aveva da fare in studio” di pentimento per il tono usato.
-E se poi viene e non mi trova?- Si disse prima che potesse alzarsi, rimanendo quindi inchiodata alla panchina. Diane voltò il viso e passò la punta delle dita sulla superficie del legno graffiata, tracciando i contorni delle lettere incise.
J&D”. Quanto tempo era passato da allora? Le sembrava ieri che si aggirava per il parco con lo sguardo spaesato. E se John fosse veramente...?
Si scacciò subito dalla testa quei pensieri e sbatté un piede per terra, alzandosi e incrociandosi le braccia al petto.
Decise di andarsene, ma solo per quella volta, l'indomani sarebbe di sicuro tornata alla solita panchina al solito orario, ad aspettarlo ansiosamente per scambiare una chiacchera e giocare con il piccolo Sean.
La ragazza iniziò a camminare per il vialetto, guardandosi intorno tra la folla.
Odiava essere in mezzo a tutte quelle persone, era per questo che veniva in quella parte del Park, per la quiete e per lui. Ma a quanto pare quella quiete non c'era più.
Diane non capiva proprio perché quelle persone piangessero e cantassero le canzoni di John. Si grattò la nuca e guardò in alto, pensierosa. “No, il suo compleanno è già stato” Si disse, muovendo il capo con un cenno negativo. E allora perché?
Perché tutti quei cartelloni? Quei pianti? Quelle candele sospese nel cielo scuro? Perché la gente cantava a squarciagola le sue canzoni?
Si asteneva dal credere alle loro parole. John Lennon non poteva essere assolutamente morto. Aveva solo quarant'anni, aveva moglie e due figli, aveva appena iniziato a pubblicare.
Lei si portò subito una mano davanti al viso e si voltò, quasi le sembrò sentire un'ombra passarle dietro. Fece un passo e poi un altro, ritornando alla panchina, ricoperta da foglie giallastre. Si chinò appena e si sedette, mordicchiandosi il labbro inferiore.
Nella sua mente era ancora fissa l'immagine di un John ringiovanito e felice che si aggirava per le vie della città con la sua famiglia, senza il timore di essere assalito da qualche fan.
Nella sua mente era ancora fissa l'immagine di John che silenziosamente le si sedeva accanto mentre lei leggeva un libro e, per non disturbarla, le dava un piccolo buffetto alla guancia, facendola ridere con il viso tutto rosso.
Nella sua immagine era fissa l'immagine di John Lennon e mai se ne sarebbe andata.
Lo shock immenso per aver perso così all'improvviso una persona che in tre anni le si era avvicinata così tanto senza neanche se ne accorgesse.
Ascoltava la sua voce tutta la notte e il pomeriggio seguente aveva avuto sempre il modo di poterlo incontrare e parlare del più e del meno, del tempo, della musica e di altre cose del tutto normali.
Perché è questo quello che era John, un umano, un normale umano che in passato aveva fatto cose straordinarie.
Ed ora se ne era andato e tutto ciò che rimaneva a Diane erano solo ricordi, insulsi ma confortanti ricordi. 

   
 
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