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Autore: Niglia    16/10/2012    2 recensioni
Mary Margaret aveva ragione – non era decisamente nel suo elemento.
[In linea temporale dopo la 2x03]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emma Swan, Mary Margaret Blanchard/Biancaneve
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Smarrita.












    Mary Margaret aveva ragione – non era decisamente nel suo elemento.
Aveva ancora l’impressione di stare solo sognando, e che da un momento all’altro si sarebbe svegliata per affrontare una nuova giornata con suo figlio e trovare un modo per averlo tutto per sé, senza Regina in mezzo ai piedi che continuava a ostacolarla con ogni arma possibile – e invece, maledizione!, tutta quella storia assurda sembrava essere vera! Vera, come lo era lei che respirava e come lo erano quegli alberi, e quella foresta e persino quel maledetto… orco!
La mano le corse istintivamente alla fondina, ormai inutile, della pistola, ma ancora prima di toccarla si ricordò di essere disarmata. Che orrenda sensazione. Soprattutto visto e considerato che il pericolo – quello con la P maiuscola – sembrava serpeggiare infido su ogni centimetro della sua pelle nuda. Doveva essere annidato ovunque, tutto intorno a lei, e lei era disarmata. Non credeva che potesse esserci stato, nel suo passato, un momento in cui si era sentita altrettanto indifesa.
Inciampò in una radice che sbucava all’improvviso dal terreno e imprecò, barcollando per riprendere l’equilibrio. Pericoli ovunque. In quel momento avrebbe dato qualsiasi cosa pur di riavere quella spada che le aveva dato il signor Gold! Non che fosse un’abile spadaccina, c’era da ammetterlo, ma a quel punto si sarebbe sentita meglio con un’arma di qualsiasi genere. Diavolo, persino Mary Margaret era armata!
A quel pensiero, sollevò lo sguardo sulla donna che avanzava qualche metro davanti a lei, con una faretra che le ondeggiava sulla schiena e un arco ben stretto nelle mani. Si muoveva agilmente e senza fatica, come se i suoi piedi conoscessero quel terreno impervio e vi camminassero sopra con la stessa semplicità di chi passeggia sull’asfalto. Malgrado avessero già avuto ormai alcuni momenti madre-figlia, Emma stentava ancora a credere che quella maestra delle elementari barra principessa di Che-Diavolo-Di-Posto-È-Questo fosse davvero la donna che l’aveva data alla luce.
Era la figlia di Biancaneve. Buon Dio, era la figlia di Biancaneve!
Ansimando sconvolta, Emma smise di camminare e si poggiò al tronco di un albero. L’aveva appena realizzato per davvero. Aveva visto la stanza che era – o sarebbe stata – la sua, tutti quei giocattoli, e quelle pareti dipinte – tutto come aveva letto nel libro di Henry, e in un certo senso anche meglio, perché lì era tutto vero! Per un attimo era riuscita quasi a immaginarsela con occhi che non le appartenevano, e aveva visto le tende nuove, i colori sgargianti, e una culla al centro della camera dove lei avrebbe dormito, magari sotto lo sguardo sereno dei suoi genitori. E niente di tutto questo, invece, aveva fatto parte della sua infanzia.
Per un momento, quando aveva capito che tutto quello che le aveva detto Henry, sin dall’inizio, era reale, si era ritrovata a pensare che non era così che avrebbe voluto che andassero le cose. Insomma, all’idea che sua madre l’avesse abbandonata ci aveva fatto l’abitudine, quasi il callo, ma scoprire la verità era stata una cosa terribile… Aveva risvegliato in lei un odio e un risentimento talmente tanto forti da farle paura. Non aveva mai odiato i suoi genitori, neppure quando era stata convinta che si fossero liberati di lei, ma venire a sapere che doveva quella separazione esclusivamente alla gelosia e alla vendetta di Regina l’aveva lasciata senza fiato dallo shock, e con una spaventosa consapevolezza addosso: anche lei si sarebbe potuta vendicare, allora.
Ma poi… Henry l’aveva supplicata di non fare del male alla sua madre adottiva. E lei, maledizione, aveva il cuore troppo tenero per non cedere alle preghiere del suo bambino, e in fin dei conti non aveva mai ucciso nessuno, e lasciar morire qualcuno senza far niente per impedirlo era praticamente la stessa cosa… E quindi, alla fine della storia, si era ritrovata in quel posto assurdo per colpa di Regina. Ancora.
Se Henry fosse stato al suo fianco – e solo adesso si rendeva conto di quanto le mancasse avere quel ragazzino in mezzo ai piedi – avrebbe di certo detto qualcosa di ingenuo e tuttavia sensato, e con il suo solito ottimismo le avrebbe ricordato che, beh, almeno era insieme a sua madre. Riprendendo a camminare per non rimanere troppo lontana dal resto del gruppo, Emma sbuffò con aria quasi divertita. Sì, sua madre. Per quanto le dispiacesse, non sarebbe riuscita a considerare Mary Margaret in quel modo neppure se la donna fosse invecchiata tutta d’un colpo. Amica, sì, certo; confidente, anche; coinquilina? Ovvio! Ma madre? In che genere di universo parallelo una madre aveva la stessa età della figlia?
Oh, ma in quello delle favole, evidentemente, erano cose all’ordine del giorno!
Si ritrovò a rimproverarsi da sola: avrebbe dovuto smetterla di essere così sarcastica, iniziava quasi a trovarsi odiosa. In fondo era colpa del suo sarcasmo se quell’orco l’aveva quasi uccisa. Oddio, era stata quasi uccisa da un orco… Perché non le era ancora venuto uno di quegli shock post-traumatici di cui si parla tanto? Forse aveva così tanta adrenalina addosso che sarebbe rimasta sveglia e vigile per le prossime settantadue ore senza neppure accusare un minimo di stanchezza. Non era la prima volta che le capitava, in fondo.
E comunque non sarebbe riuscita a dormire lo stesso sonni tranquilli, in mezzo a quella foresta.
Non si era accorta di essersi fermata di nuovo, persa nelle sue riflessioni. Fu la voce di Mary Margaret – come diavolo avrebbe dovuto chiamarla? Neve, come faceva anche David? – a riscuoterla.
«Emma?» La chiamò, dolcemente. «Va tutto bene?»
Emma sollevò il capo verso Mary Margaret, mostrandole per la prima volta uno sguardo così spaurito, sconvolto e smarrito da stringerle il cuore. Era un’espressione che raramente Emma mostrava in pubblico, e per un attimo Biancaneve riuscì a vedere la bambina che avrebbe potuto e voluto crescere. Il desiderio di stringerla tra le braccia era forte, ma allo stesso tempo temeva che Emma non gliel’avrebbe permesso. David le aveva detto di non metterle fretta, e lei voleva farlo, davvero!, ma aveva aspettato così tanto prima di rivedere sua figlia, e proprio non sarebbe riuscita ad andarci con i piedi di piombo neppure se da questo ne fosse dipesa la sua vita.
Per cui lasciò cadere l’arco per terra e raggiunse a grandi passi Emma, attirandola in un abbraccio prima che la ragazza potesse fare alcunché per impedirlo.
«Oh, Emma, tesoro», le mormorò all’orecchio, accarezzandole i capelli. Fu così naturale rivolgersi a lei con quelle parole! «Ci sono io con te, adesso. Siamo insieme, piccola mia.»
In quel momento, Emma non trovò affatto strano essere abbracciata e confortata e cullata in quel modo. In quel momento, chiudendo gli occhi, ogni cosa perse valore e importanza – il fatto che sua madre fosse la sua migliore amica e che suo padre fosse un principe e che quindi questo faceva di lei una principessa e che questo non aveva alcun senso finché fossero state disperse in una terra incantata lontana anni luce da Storybrooke e da suo figlio e dal suo mondo e che avevano distrutto il loro unico passaggio per tornare indietro e che Dio santo chissà se e quando ci sarebbero mai tornati – ogni cosa svanì, tranne la splendida sensazione di essere stretta al petto di sua madre.
Allora Emma pianse, pianse più a lungo e più disperatamente di quanto avesse fatto, poche ore prima, al castello, e si aggrappò alla madre come se fosse il suo unico porto sicuro nella tempesta, e forse quando le fosse passato lo sfogo si sarebbe rinchiusa di nuovo nella sua armatura di cinismo e sarcasmo, ma adesso no, no, adesso c’erano solo una madre e una figlia che traevano conforto l’una dall’altra.
    E Mary Margaret, in quel momento, si sentì felice e completa come non lo era stata per gli ultimi ventotto anni.



















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Angolo Autrice.
Non so bene da dove sia nata questa cosa... So solo che sentivo l'impellente bisogno di scrivere qualcosa su Once Upon A Time! E visto che durante questo terzo episodio della seconda stagione ho pianto come non so davvero cosa - ho pianto più in questi tre episodi che non durante tutta la prima stagione! - beh, ho colto la palla al balzo. :)
Una cosuccia senza pretese, ho provato semplicemente ad immedesimarmi in Emma e a riflettere un po' su quello che sicuramente dev'esserle passato per la mente una volta che si fosse decisa a tirare un po' le somme: insomma, il giorno prima ha combattuto contro un drago, spezzato la maledizione, ritrovato i genitori, combattuto contro una specie di Dissennatore per poi finire risucchiata dentro un cappello, e qui si è trovata davanti Lancillotto, un orco e la madre di Regina... Non so voi, ma io avrei avuto davvero quello shock post-traumatico. :D
Bien, adesso passo e chiudo! Non vedo l'ora che esca la prossima puntata ♥ Nell'attesa, spero di essere stata un breve svago per la vostra fangirlitudine ;D
Baci a tutte le fan di questa magnifica serie! Vostra,
Niglia.
   
 
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