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Autore: Shari Deschain    17/10/2012    2 recensioni
[Spoiler 4x01]
Per la prima volta, dopo un secolo e mezzo, condividevano allo stesso modo un lutto.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Damon Salvatore, Stefan Salvatore
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'He ain't heavy. He is my brother.'
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Pairing/Characters: Damon, Stefan, (Elena)
Rating: PG
Warnings: Angst, tanto Angst; Drunk!Fic; Missing Moment; Spoiler 4x01;
Word Count: 785 (fdp)
Disclaimer: Magari fossero roba mia. Li tratterei meglio dei loro veri possessori e_e
N/A: Scritta per la Staffetta in Piscina @ piscinadiprompt, prompt “Et toi, qu’est-ce que tu peux répondre /A cette vie qui s’en va {trad. E tu, che cosa puoi rispondere/ A questa vita che se ne va} [Qu’avons-nous fait de vous ? – Le Roi Soleil OST]” e per 500themes_ita, prompt #339. Un tempo per essere in lutto.






The mourning after





Avrebbero potuto litigare.
Sarebbe stata una rissa epica, di quelle che ti lasciano con i pugni dolenti e le corde vocali stremate. Ci sarebbe stato parecchio sangue e altro dolore da aggiungere all'equazione, e forse entrambi si sarebbero sentiti meglio, alla fine.
Ma non avevano litigato.
Capivano, senza esserselo mai detto, che quella fase della loro vita era finita. Che fingere di odiarsi ormai non aveva più molto senso, non dopo aver sfondato i limiti dell'inconcepibile pur di salvarsi a vicenda.
Quindi, non potendo litigare, avevano fatto l'unica altra cosa che era venuto loro in mente di fare: si erano ubriacati.
Avevano iniziato con calma, solo per riempire le ore silenziose tra i sussulti tormentati di Elena, aspettando quell'incubo abbastanza orribile da risvegliarla completamente.
Lo avevano fatto senza scambiarsi una parola, fianco a fianco, con solo una bottiglia tra di loro.
Per la prima volta, dopo un secolo e mezzo, condividevano allo stesso modo un lutto.
Era stata un'ubriacatura pesante, ma ragionata. Se il sonno prendeva il sopravvento per un minuto o per mezz'ora sull'uno, l'altro smetteva di bere e rimaneva sveglio, continuando quella triste veglia, in modo che Elena non dovesse trovarsi sola, una volta aperti i suoi nuovi occhi sul mondo.
Si erano dati il cambio almeno tre volte durante la notte.
La prima volta che Stefan si era addormentato, l'istinto di Damon era stato quello di risvegliarlo a calci, e si era trattenuto a stento dal farlo davvero. Le altre due volte lo aveva semplicemente guardato sprofondare nel sonno, chiedendosi se erano solo i suoi occhi a percepirlo, o se suo fratello sembrasse davvero infinitamente più vecchio dei diciassette anni che il suo corpo si ostinava a mostrare.
Quando era stato Damon a cedere alla sonnolenza dell'alcool, Stefan aveva sospirato di sollievo, ma non si era girato a guardarlo.
Durante la sua veglia non si era mai concesso si staccare lo sguardo dal volto di Elena. Non ci riusciva. Nella sua mente le ultime ventiquattr'ore si susseguivano continuamente, come il nastro inceppato di un film che ripeteva sempre le stesse scene, una dopo l'altra, all'infinito.
La macchina inabissata. Elena che lo supplicava con lo sguardo di salvare Matt. La prima risalita in superficie. Il secondo tuffo, con il cuore pesante e il terribile presentimento di essere ormai in ritardo. Il corpo incosciente di Elena tra le sue braccia. Rompere di nuovo la superficie dell'acqua e sentire un solo affannoso respiro: il proprio. La riva del fiume piena di sassi taglienti. I suoi tentativi di ridarle il respiro. Il silenzio dove avrebbe dovuto esserci il battito del cuore. Le labbra sempre più fredde di Elena. L'ambulanza. L'ospedale. La confessione di Meredith, ripetuta tre volte perché lui non la stava ascoltando davvero. L'arrivo di Damon.
Poi ricominciava tutto daccapo.
«La cosa che più mi dà fastidio dell'essere diventato un vampiro a diciassette anni», aveva mormorato Stefan, ad un certo punto, e senza sapere bene il perché, mentre si portava il quinto o sesto bicchiere della nottata alle labbra, «È che non potrò mai comprare alcool legalmente. Un giorno qualche barista mi dirà per l'ennesima volta “Prima fammi vedere la tua carta d'identità, figliolo” e io sarò così esasperato da sfondargli la testa contro il bancone».
Lo aveva detto con un tono serio e colloquiale, e senza scomporsi minimamente.
Damon era rimasto in silenzio per qualche istante, gli occhi mezzi sgranati sia per le parole in sé, sia per il modo in cui quella strana frase di suo fratello sembrava ricollegarsi ai suoi pensieri di poche ore prima, poi era scoppiato a ridere. Forte. Così forte che le sue risate avevano riempito tutta la casa, e per un attimo Stefan ne era stato sollevato, poi si era ricordato di Jeremy, si era chiesto cosa avrebbe potuto pensare di quelle risate e, per amor di pace e per il bene del ragazzo, aveva posato una mano sul ginocchio di suo fratello, cercando di placarlo.
Damon aveva continuato a ridere fino a farsi lacrimare gli occhi (o forse gli lacrimavano già da prima e lui non se n'era accorto, aveva considerato di sfuggita), ma aveva comunque moderato il tono.
«È più vecchia di te, adesso», aveva aggiunto poi Damon, continuando il filo di pensieri che Stefan non aveva voluto esplicitare. «Non è ironico?»
«No», aveva risposto Stefan, senza astio. Ma Damon aveva continuato a ridere sottovoce.
Dopo era tornato il silenzio, e la mano di suo fratello si era posata accanto alla sua. Non sulla sua, perché in fin dei conti Damon era ancora furioso con lui, ma Stefan aveva comunque intuito le buone intenzioni.
Ben prima dello spuntare dell'alba, la bottiglia era stata svuotata fino all'ultima goccia, ed entrambi si erano forzatamente ritrovati sempre più sobri e sempre più sfiniti.
Allora avevano solo aspettato. E aspettato. E aspettato.
Di tempo, ormai, ce n'era in sovrabbondanza per tutti.




   
 
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