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Autore: controcorrente    17/10/2012    4 recensioni
Questo fu il mio primo vero incontro con coloro che avevano provocato la miseria in cui vivevo, malgrado i miei sforzi. Avevano portato via quel poco che avevo con un semplice battito di ciglia.
I nobili mi avevano fatto conoscere la loro indifferenza verso chi lottava ogni giorno per un tozzo di pane, considerando la loro vita come un qualcosa di accidentale e privo di ogni importanza. E fu proprio in quel momento che conobbi la luce e le tenebre di quel mondo fatto di agi e benessere.
Questa fic è dedicata a Rosalie e alla contessa di Polignac. Buona lettura.
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rosalie Lamorlière
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Benvenuti a questo nuovo capitolo. Leggere le vostre recensioni mi fa enormemente piacere e non posso che esservi grata per l'attenzione che finora mi avete dato. In questi capitoli, Oscar e André non fanno la loro comparsa, anche perché, voglio ricordare, non ci sono più contatti tra Rosalie e i suoi due amici.

Ora però vi lascio ad una nuova lettura.

ps. in questo capitolo ho alzato il rating e, sì, ci sarà una scena che i deboli di stomaco non apprezzeranno. Leggetela digiuni, ok?

 

I  DE FLORIE

 

Alcune settimane dopo, la contessa si interessò nuovamente a me.

-Rosalie, cara- cinguettò, con quella voce detestabile- ho appena ricevuto una lettera da parte di una mia cara amica... la marchesa Renée de Florie. Mi ha gentilmente invitato nella sua nuova dimora a Orleans. Ha detto che suo marito ha appena allestito l'inaugurazione di due nuove stanze e penso che sia il momento di andare.-

La guardai interdetta.

-Dobbiamo lasciare questa casa?- chiesi perplessa.

Non mi piaceva stare in quella dimora fredda e perfetta e mi irritava dover passare del tempo con quella donna ipocrita. Andare a Orleans, poi, significava dover allontanarmi dalla dimora dei De Jarjayes...un pensiero che mi demoralizzava.

-Certo, mia cara- rispose questa, come se avessi detto una sciocchezza- abbiamo necessità di andare a conversare con quella gentildonna. Imparerete come la nobile arte del salotto sia un requisito fondamentale per noi dame.-

Aggrottai la fronte.

-Io non voglio diventare una dama.- sentenziai.

La Polignac, per tutta risposta, cominciò a ridere. Un suono irritante. La sua voce da soprano, in quelle occasioni, diventava stridula e faceva fischiare le orecchie. Finii con l'odiare la sua risata, quasi senza sapere il perché, ancor prima di capire le sue parole. Le avevo detto il vero. Essere un'aristocratica non mi interessava. Malgrado avessi conosciuto Oscar e sua madre, nonostante fossi stata abbagliata dalla bellezza della regina, la mia opinione sui nobili non era minimamente cambiata. Di certo, se avessi dovuto scegliere tra la mia vecchia casa e la nuova vita che stavo conducendo, avrei indubbiamente preferito la prima.

Quell'esistenza patetica che stavo subendo non mi piaceva e, soprattutto, non mi andava a genio la contessa.

-Oh, tu lo diventerai- disse tranquilla- e sai che è così. Hai tutte le doti per diventarlo e, in cuor tuo, questo è il posto dove hai sempre sognato di vivere. Anche la tua cara Jeanne, quando viveva con te, aveva questi sogni. Tutte le ragazze sognano di vivere come principesse, essere servite e riverite, vivere in uno splendido castello, ammirate da tutti...e sai che ho ragione.-

Io non risposi...e non proferii parola per tutto il tempo che intercorse per i preparativi delle carrozze per il viaggio.

Anche il conte venne con noi, anche se in una carrozza diversa.

La scusa ufficiale era che, in questo modo, con il mezzo tutto a sua disposizione, avrebbe potuto distendere meglio la gamba dolorante.

Non ne compresi subito la ragione...ma quando lo capii non potei fare a meno d'invidiarlo. Per tutta la durata del tragitto, quella donna non fece altro che ciarlare di sciocchezze, a cui io non rispondevo. Non seppi nemmeno di cosa stesse parlando. Non mi interessava. Le sue maniere erano ai miei occhi assolutamente fastidiose e, sebbene non la avversassi troppo, era chiaro che non la amavo.

Lungo la strada, vidi in lontananza la cattedrale di Chatres...e mi sembrò di vedere Notre Dame.

 

 

Orleans era il luogo dove Giovanna D'Arco venne arsa sul rogo. Una cittadina che, a giudicare dal nome, faceva parte dei possedimenti del cugino del re. Uno degli aspetti della visita era che ora almeno sapevo, sia pure a grandi linee, la fine della grande paladina che aveva permesso alla Francia di diventare il grande Paese che pensavo che fosse.

Passammo, con la carrozza, lungo il corso del fiume Loira, superando vari edifici. Passammo il municipio, alcune strade, prima di sboccare in una zona composta da numerose ville.

Alla fine, ci fermammo di fronte ad una costruzione in stile rococò, anch'essa decorata su un modello simile, se non identico, a quello della residenza dei Polignac.

Sulla soglia, c'era una coppia, composta da una dama quasi coetanea della contessa e da un uomo grasso e dalla pelle rubiconda. -Mia cara Yolande!- salutò questa, scendendo le scale.

-Carissima!- esclamò la contessa venendole incontro.

Le due si abbracciarono, prese da un entusiasmo che io trovavo strano, almeno vedendo la contessa. Notai che erano piuttosto simili. Avevano lo stesso colore degli occhi. Le uniche differenze erano date dai capelli e dall'abbigliamento, sebbene la veste fosse di un modello identico a quello della contessa.

-E'passato molto tempo, da quando ci siamo separate- disse questa- prego, però, accomodatevi. Le stanze sono pronte: per voi, questa gentile ragazza e...anche per vostro marito, come al solito?-

-Sì Renée- rispose la Polignac- lo preferisco.-

 

 

La casa dei Florie era una delle più ricche di Orleans, residenza del principe esclusa. Renée era la cugina di secondo grado della contessa di Polignac ed aveva sposato un ricco marchese, alla tenera età di tredici anni. Era piuttosto bella ed aveva un fisico florido e sinuoso, esaltato da un vestito verde acqua. I capelli color nocciola incorniciavano un viso angelico, perennemente fissato in un'espressione composta.

Il suo marito non poteva vantare la medesima avvenenza.

Aveva il viso butterato dal vaiolo, a cui era miracolosamente scampato, e due occhi scuri e porcini che si posavano qualche volta di troppo sul decollete della sposa.

-Il viaggio è stato di vostro gradimento?- domandò mentre servivano la cena.

Yolande tagliò la carne.

-Un po'disagevole, in verità- rispose - ma posso dire che siamo stati fortunati. Il tempo è stato buono e le vie non erano fangose.-

Il marchese grugnì qualcosa e Renèe sussultò, salvo poi ricomporsi e riassumere la posa di prima, anche se indubbiamente meno rilassata.

Aggrottai la fronte. Fece varie volte quella mossa per tutta la durata della cena ma nessuno sembrò curarsene. Solo il conte di Polignac mostrò un segno di disappunto, arricciando il labbro, come se volesse dire qualcosa ma non avesse voglia di farlo. Mi limitai allora a mangiare quanto mi veniva servito, badando bene a non lasciare niente sul piatto. La cucina era molto buona e dovevo ammettere che non mi dispiaceva.

-Ho saputo che il ballo di Parigi è stato un po'diverso rispetto agli anni passati e che hanno permesso anche ai non nobili di partecipare.- fece la Polignac.

-E'colpa di quegli sporchi borghesi!- sbottò il duca, trangugiando un bicchiere di vino rosso- Dovevate vedere con che boria si aggiravano per le sale...tutti vestiti all'ultima moda da Madame Bertin. Pensano di essere come noi ma non lo saranno mai.-

Renée tremò.

-Su questo- aggiunse la contessa, lanciandomi un'occhiata- avete perfettamente ragione. Come si può pretendere di diventare nobili, quando l'educazione, il lignaggio, sono così impuri?-

Cominciò allora una conversazione basata sul concetto della nobiltà di sangue, sulle origini illustri e su una serie di cose che a me parvero solo sciocchezze. In breve, finii con il disinteressarmene. Non mi importava sapere di cosa parlavano...e anche il conte e la duchessa parevano condividere questi medesimi pensieri. 

Quest'ultima, in particolare, pareva a disagio.

Li guardai per qualche momento, poi mi concentrai sul dolce.

Qualcosa di decisamente più interessante dei pettegolezzi.

Non ero però la sola ad annoiarmi. Il conte guardava seccato i vari mobili e i quadri alla moda, soffermandosi qualche momento di troppo sugli orologi della stanza.

Lo guardai con compassione.

Se quella era la vita del nobile, non potevo biasimare la sua insofferenza.

-Ad ogni modo- fece improvvisamente Yolande- sono del parere che sia opportuno andare a fare compere uno di questi giorni. Ho molti pettegolezzi che devo condividere con voi, cara cugina, confidenze che annoierebbero molto i nostri consorti.-

Vidi la padrona di casa sussultare, rilassando un poco i muscoli delle spalle, come se, fino a quel momento, fosse sottoposta a chissà quale supplizio. Guardò il marito che, dopo qualche indugio, dette il suo consenso. Solo allora le due dame si alzarono...ed io con loro, su invito (o, per meglio dire, ordine) della contessa.

Ci spostammo nel salottino privato di Madame Renée.

Un ambiente assolutamente frivolo, malgrado la preziosità del mobilio non raggiungesse nemmeno lontanamente quello del palazzo dei Polignac. -Mia cara Yolande- disse pacata- sono molto felice di avervi nella mia casa. Finalmente, dopo molti impegni, avete trovato il tempo di rimediare un momento per me.-

Lei sorrise.

-Non potevo non venire- rispose- ho chiesto un permesso alla regina, dopo gli ultimi affanni subiti. A quanto vedo, la situazione della vostra casa è migliorata notevolmente. Vostra figlia è in convento?-

Renée annuì.

-Ricevo notizie ogni mese e le faccio visita quando posso. - disse- Diventerà una buona monaca, come mio marito ha sempre desiderato.-

La Polignac portò una mano alla bocca, in un gesto colmo di sorpresa.

-Dunque non avete progettato per lei delle nozze?- chiese -Volete privare vostra figlia della gioia di un matrimonio terreno?-

La marchesa sussultò lieve.

-La vocazione di mia figlia ed il desiderio di mio marito hanno la priorità.- disse, posando laconica lo sguardo su di me.

La fissai a mia volta.

-Oh- fece la contessa, con un sorriso- avete notato Rosalie? Una mia conoscente mi ha supplicato di chiedere di occuparmi di lei. A quanto ne so, ha vissuto in ristrettezze economiche assolutamente intollerabili. Ella mi ha chiesto di provvedere alla sua educazione.-

-E'un po'troppo grande per portarla in convento.-notò la marchesa, senza smettere di fissarmi.

Lo sguardo dell'altra si accese.

-Oh- fece- non serve imparare qualche preghiera per vivere come una donna. Basta il cervello...e voi lo sapete meglio di me. -

Renée rise, un po'civettuola.

Poco dopo, la conversazione proseguì, su temi ameni e frivoli. In nessuna di quelle occasioni, si toccò la vicenda di Charlotte. A quanto pareva, non era costume dei nobili parlare dei morti.

-Rosalie- fece improvvisamente la contessa- sono le undici e, considerando la durata del viaggio, è bene che vi ritiriate nella camera a voi riservata. -

La guardai perplessa.

Non era vero che avevo sonno ma l'espressione minacciosa della nobile, abilmente celata nelle sue maniere melliflue mi spinse ad obbedire. Non mi interessava niente di lei...ma non volevo correre il rischio di rendere il suo disprezzo nei miei confronti ancora più forte. Come se non bastasse, il pettegolezzo della Polignac aveva finito con il nausearmi e non volevo allontanare da me la possibilità di evitare un simile supplizio.

 

 

Il soffitto della mia camera era decorato con immagini bucoliche e personaggi della mitologia classica. Li fissai a lungo, malgrado, avendo spento la candela, il buio non permettesse di vedere molto. Il silenzio mi gravitava attorno, come una bolla di protezione, lasciando che i pensieri rimbombassero nella mia testa.

La conversazione con il conte mi aveva dato molto da pensare. Conosceva Nicole, mio padre...ma non era mai venuto a soccorrerci.

Avevamo vissuto negli stenti...perché? Perché nessuno si era mosso ad aiutarci? Perché avevamo dovuto lottare ogni giorno contro la miseria e la fame, pur avendo come padre un nobile? Anche il fatto che sia io che mia sorella Jeanne portassimo il cognome di Nicole, appariva quanto mai bizzarro. Quello che era davvero ironico poi, era che, in tutta la mia vita, non avessi chiesto alla donna che mi aveva allevato perché portassi il suo cognome e non quello di mio padre.

C'era sicuramente una ragione...e in quel momento, la sua ricerca occupava ogni mio pensiero, come se cercassi un appiglio qualsiasi per non dormire.

Mi risultava difficile seguire la linea dei pensieri della contessa e, se non fosse dipeso da una mera questione di sopravvivenza, di certo, non lo avrei fatto. Quel continuo rimuginare, comunque, finì con il rendere lo stare a letto qualcosa di insopportabile e fastidioso.

Avrei voluto parlare nuovamente con suo marito.

La rivelazione che avevo ancora un parente in vita di mio padre, in qualche modo, mi rallegrava. Mi sarebbe piaciuto incontrarla, anche se sapevo che l'attuale situazione non mi rendeva le cose molto semplici. Ero ancora abbastanza digiuna dalla vita e, soprattutto, non mi era ancora chiaro se avrei fatto bene a chiedere a quella donna di mio padre.

Avevo come il presentimento che non volesse parlarne, un silenzio simile, se non identico a quello della morte di Charlotte. Da quando ero giunta nella dimora dei Polignac, nessuno aveva mai pronunciato il suo nome.

Solo Jules aveva rotto il silenzio ma il riserbo da lui dimostrato, denotava chiaramente come, in tutto questo, la sua presenza fosse assolutamente secondaria.

Poiché il sonno non arrivava, decisi di scendere al pianterreno. Avevo compreso che le case signorili seguivano chi più, chi meno, lo stesso ritmo di marcia e questo significava che non avrei trovato nessuno lungo i corridoi. Mi alzai con estrema lentezza, badando che intorno a me non vi fosse alcun rumore. Volevo bere dell'acqua e non mi andava di attendere il mattino né, tantomeno, chiedere ad una delle cameriere.

Come se non bastasse, ero piuttosto nervosa.

Non sapevo cosa volesse da me la contessa e quel pensiero mi angosciava.

Lei avrebbe deciso del mio futuro ed io non avrei potuto fare altro che piegarmi.

Non mi aveva detto niente in proposito e, per quanto ingenua fossi, non mi erano sfuggiti i silenzi e il sospetto che mi riservava. Percorsi rapida i corridoi e, dopo essere entrata in cucina, bevvi dell'acqua. Nessuno si era accorto di me, per mia somma fortuna.

Avevo mantenuto, malgrado il prolungato tempo vissuto tra i nobili, il mio passo di popolana, cosa che mi mise stranamente di buon umore. Non avevo perso niente della me stessa di un tempo...ero ancora Rosalie.

Stavo raggiungendo di nuovo la mia camera, quando una serie di rumori attirò la mia attenzione.

Mi fermai un momento.

I suoni mi apparivano quanto mai bizzarri.

Un ladro? azzardai, rabbrividendo.

Durante il giorno a Palazzo De Jarjayes, avevo ricevuto da Madamigella Oscar, come regalo, una spada, dono che avevo conservato gelosamente, mettendola nel doppio fondo del baule che avevo usato per portare via le mie cose. Quell'oggetto era una delle poche cose, insieme all'anello di mia madre, che la contessa non aveva gettato via.

Ancora mi era poco chiaro il motivo per cui non avesse messo da parte quel contenitore ma era vero che la dama non mi aveva mai messo a conoscenza dei suoi propositi nei miei confronti.

I rumori provenivano da una stanza che, fino a quel momento, non avevo notato.

Una porticina minuscola, leggermente socchiusa, da cui fuoriusciva la luce tremula di una candela.

Nuovamente mi fermai.

Man mano che mi avvicinavo, infatti, sentivo due voci: una femminile, fievole e lamentosa ed una maschile, grossa e arrogante che si alternavano ad un ritmo affannoso, di pari passo con le ombre che vedevo alternarsi in quella lucetta.

Mi sarei voluta affacciare, per vedere cosa stesse succedendo, quando lo sguardo mi cadde su uno specchio, affisso alla parete che, per la particolare posizione in cui si trovava, rifletteva ciò che avveniva all'interno.

 

 

 

 

Tremo ancora al pensiero di ciò che vidi.

 

Il marchese era di profilo, con le braghe abbassate, a spingere contro un altro corpo che, per via del movimento delle anche di questi, sussultava ad ogni assalto. La pelle di quest'ultimo era decisamente chiara, segno che si trattava di una donna...a quel pensiero, un velo di nausea mi travolse.

Non era la prima volta che vedevo un uomo possedere una femmina.

Vivendo in un quartiere povero e degradato, dove si sopravvive di espedienti e la miseria è all'ordine del giorno, poteva succedere di vendere il proprio corpo per qualche moneta. Se io e mia sorella Jeanne non ci eravamo ridotte a questo, il merito era di Nicole e della sua onestà. Questo, ovviamente non mi aveva impedito  di  sapere, almeno in teoria,  quale fosse l'atto che  precedeva la gravidanza.

Per questo motivo, non mi stupii troppo della condotta del marchese. A differenza del marito della contessa, questi mi aveva fatto una cattiva impressione. Non mi sembrò strano che possedesse una donna con una simile brutalità, costringendola a volgere le terga al suo bacino alla stessa stregua di un animale.

Quello che davvero mi fece impallidire, fu la persona che si trovava in quella posizione prona, accovacciata come un cane. Aveva i capelli castani ed un corpo flessuoso. Riceveva i movimenti del nobile con una passiva rassegnazione, come se non potesse ribellarsi.

Improvvisamente, alzò la testa e potei così vedere il profilo.

Raggelai.

Era la cugina della contessa.

Vedevo la sua espressione strozzata, il viso tinto di un rosso violento andare in su e giù come la testa di un mulo.

-ZITTA!- sibilò il marchese, mettendogli una mano sulla bocca per impedirle di farsi sentire. Una mossa davvero poco saggia. Se infatti la sposa gemeva in silenzio, a causa dell'ostacolo del palmo, lo stesso non si poteva dire per l'uomo che, schiacciandola contro il mobile su cui questa teneva il busto disteso, grugniva su di lei con versi gutturali e animaleschi...che mi ricordavano i tacchini che avevo visto una volta in una delle fattorie di Arles, durante una visita con Madamigella.

Non rimasi a lungo a vedere quell'amplesso.

Un moto di nausea mi colse improvviso e, dopo una rapida corsa nelle cucine, mi ritrovai a rigettare tutta la cena, in una delle latrine che si trovava in quella stanza.

Mi fu chiaro, quindi, che sarebbe stato difficile per me trovare il sonno che cercavo...e, dopo la vista di quella scena, tale traguardo si era trasformato in una chimera.

 

 

Furono molte le cose per cui non avrei dimenticato quel soggiorno e la prima era certamente questa.

 

 

Il mattino dopo, fui più silenziosa del solito ma questo cambiamento non venne comunque notato. Il conte era apatico come di consueto, il marchese volgare e la contessa civettuola in modo fastidioso e molesto.

Notai che anche la padrona di casa era stranamente poco loquace e, malgrado gli strati di trucco, mostrava un insolito livido bluastro sulla spalla. Non si vedeva molto, dal momento che era coperto dal vestito...eppure c'era.

Renée fissava assente il proprio piatto quando, alzando il viso, incontrò la mia espressione.

-Non mangiate?- domandò allora, rivolgendomi un sorriso di circostanza.

A quelle parole, mi limitai a sorseggiare un po' del latte alla portoghese che avevano fatto portare. Non avevo alcun diritto di rivolgere critiche sulla condotta del suo sposo e anche se era chiaro che il marchese la maltrattava ed era una persona orribile, io non potevo fare nulla.

Con la coda dell'occhio, notai lo sguardo della contessa, cadere distratto sulla cugina.

Non sembrava stupita e, malgrado il disagio che la marchesa non riusciva comunque a celare del tutto quella mattina, non disse una parola.

Era come se sapesse tutto...a quel pensiero, venni presa da un profondo disgusto.

Lei era a conoscenza del tipo di persona che Renée aveva sposato ma non avrebbe mosso un dito per soccorrerla, in caso di pericolo. Tutta la gentilezza che le aveva dimostrato non si sarebbe mai tramutata in un aiuto contro la violenza dello sposo.

 

 

Fu così che conobbi da presso la vita matrimoniale dei nobili.

 

Allora, spero che il vostro stomaco abbia retto e che il capitolo non faccia schifo, malgrado la scena finale lo sia. Grazie a tutti coloro che mi hanno letto e vi ringrazio per la cortesia.

 

 

   
 
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