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Autore: Berenice88    18/10/2012    7 recensioni
Oscar e Andrè ricevono l'ordine di partire per Parigi, sanno che dovranno sparare sulla folla o combattere con essa,ma soprattutto sanno che rimane loro poco tempo da passare insieme e per decidere del loro futuro... riusciranno i loro ingarbugliati sentimenti, sogni e ideali a venire alla luce e a prendere forma in mezzo alla polveriera della rivoluzione francese?
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Bernard Chatelet, Generale Jarjayes, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti
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La tazza da te' tintinnò sul tavolo dove Bernard l'aveva messa, facendo vibrare in onde concentriche il proprio contenuto dall'odore pungente, proprio davanti ad Oscar.
“Mi spiace che Rosalie non ci sia. So che volevi salutarla prima di... domani.”
“Non ti preoccupare Bernard... la vedrò, domani.” disse lei portando la tazza alla bocca in maniera naturale, come se avesse detto una grande ovvietà.
“Noi domani saremo davanti alla Bastiglia, lo sai Oscar.”
“Lo so Bernard. Anche io e Andrè ci saremo, e se conosco i miei uomini, anche loro verranno. Abbiamo intenzione di combattere col popolo.”
“Oscar ma tu... sei il comandante della guardia metropolitana, sei stata il comandante della guardia reale... dovrai obbedire agli...”
“Io ho promesso di servire il mio paese e proteggerlo. Non sparerò sui suoi abitanti, non su quelle stesse persone che dovrei proteggere. Non l'ho fatto agli stati generali e non lo farò domani, così come non lo farà Andrè. Ieri sera abbiamo parlato, sappiamo entrambi che moriremo o da traditori della corona o da ribelli insieme al popolo. Io domani getterò i miei gradi, e Andrè la sua divisa se necessario, saremo soltanto due cittadini che lottano per salvare Parigi e la Francia da una morte sotto i cannoni, come te e Rosalie, come tutti gli altri.”
Bernard la guardava interdetto con la teiera in mano. Posò la ceramica bianca sul tavolo di legno umidiccio, si sedette davanti a lei, a testa bassa, concentrato sul suo te'. Cominciò a sorseggiarlo, ad occhi socchiusi. Le disse:
“Lo sai che mi fido di te.”
“Lo so.” Oscar aveva posato ora la tazza sulla guancia destra, per riscaldarsi. L'umida casa di Bernard e Rosalie era fredda, il carbone non arrivava più in città da giorni, ogni riserva era stata tolta dal mercato per i soldati che da tutta Europa accorrevano verso Parigi per difendere i Borbone.
“Sai che ti credo,” continuò Bernard “so quel che hai fatto, e Andrè è con te...”
L'uomo sapeva di dovere molto sia ad Oscar che ad Andrè. A lui soprattutto doveva molto più di un occhio. Gli doveva la sua coscienza, libera di seguire l'ideale che domani gli avrebbe fatto assediare la Bastiglia. Se Andrè non l'avesse perdonato e non gli avesse dato il suo appoggio per la causa popolare, Bernard sarebbe stato ancora il Cavaliere Nero, un ladro non migliore di altri, e non un uomo che lottava davvero per il suo paese.
“Bernard” riprese Oscar con tono calmo, posando di nuovo la tazza, anche se lo stridere della voce sul nome dell'amico rivelava la tensione che provava, “io so che tu mi credi e so che mi crederà anche Robespierre, ma non mi fido di chi è con lui, né di Saint-Just, né dei suoi amici. Loro odiano i nobili per partito preso, anche se si appoggiano ad alcuni di loro per le loro iniziative. Se la fazione di Saint-Just prenderà il sopravvento dopo la battaglia di domani e io sarò ancora viva, ho timore che diventerò solo una scusa per condannare a morte me stessa, Andrè e i miei soldati. So molte cose di Saint-Just che lui non vuole che io dica, cose che Robespierre non potrebbe ignorare o perdonare a uno dei suoi collaboratori. So che Andrè e i miei soldati mi difenderanno, e le loro teste salteranno per far saltare la mia. A me non importa di morire, sono malata Bernard, ma loro...”
Oscar si fermò... non era vero. Mentiva, doveva. Le importava di morire. Non voleva andarsene, non lo voleva proprio. In una notte aveva guadagnato... tanto da perdere.
“Che cosa?” chiese Bernard, allarmato più dall'improvvisa inquietudine che aveva colto nei suoi occhi, più che per la notizia in sé.
“Tisi, il dottore ha detto che potrei guarire, ma ha detto che è più probabile che non resista più di sei mesi. Non mi faccio illusioni, so che se non morirò domani, morirò comunque presto...”
Era la prima volta che lo ammetteva ad alta voce, il gelo le corse dalla gole per il petto e le braccia, fino alle mani, la tazza tintinnò ancora, un solo istante, mentre veniva riposata sul tavolo.
Sarebbe morta. L'enormità della cosa la sconvolse. Immaginare il suo corpo freddo come ghiaccio dopo aver vissuto il calore di una sola sera da donna innamorata ed amata, e pensare di toccare il corpo di Andrè anch'esso freddo le seccarono la gola all'istante.
“Oscar, io...”
Nervosa, strinse le mani sulla tazza e la riportò alle labbra, prese un altro sorso di te', lo mandò giù, era caldo, la gola si sciolse un po'.
“Ascoltami Bernard, ti prego. Voglio che i miei soldati, se sopravviveranno come spero, siano al sicuro. Puoi assicurarmi questo?”
Rivide davanti agli occhi tutti gli uomini che le avevano reso la vita un inferno pochi mesi prima e che aveva imparato a rispettare, quegli uomini che ora la rispettavano come nessun altro comandante prima d'allora. No, anche i loro corpi freddi e tutti i loro progetti cancellati da una cannonata della Bastiglia erano un'immagine insopportabile. Non poteva lasciare che questo accadesse.
“Si Oscar, questo lo posso fare, nessuno di loro è nobile.” sospirò Bernard, gli occhi bassi, anche lui sapeva che Oscar non era tipo da compiangersi. Non le disse che gli dispiaceva per lei, non le disse che Rosalie avrebbe pianto per giorni. Oscar già sapeva queste cose, e gli fu grata.
“Bene.” rispose, e d'un fiato, con delicatezza bevve quel che rimaneva del suo te'.


Quando Oscar rientrò nella propria stanza Andrè dormiva ancora, grazie al cielo.
Se ne era sgattaiolata via all'alba per parlare con Bernard, l'ora in cui sapeva di trovarlo a casa da solo e di non trovare Rosalie, intenta a lavare i panni alla fonte due vie dietro casa loro.
Era andato tutto bene, Bernard avrebbe difeso i suoi uomini, e, se fosse stato necessario, anche lei ed Andrè. Anche se ogni loro possibilità sembrava remota.
Si disfece dell'impermeabile e dei pantaloni di pelle, si rimise a letto vicino ad Andrè con solo la camicia addosso. Dovevano essere più o meno le otto ora.
Lo osservò con la testa appoggiata su un gomito, steso supino sul suo letto, il lenzuolo aggrovigliato attorno a lui fino al petto, il viso tranquillo e addormentato, la bocca perfetta piegata appena in un sorriso, gli occhi chiusi incorniciati dalle ciglia nere, tutto circondato da quei riccioli nero ossidiana, lucidi, umidi e sparsi sulla sua fronte, sulla guancia destra, sul cuscino. Il braccio sinistro avvoltolato anch'esso al bordo del lenzuolo, sul petto, che si muoveva impercettibilmente verso l'alto e poi di nuovo dabbasso col suo respiro; l'altro era piegato accanto alla sua testa, la mano, appoggiata sul cuscino, era aperta verso l'alto accanto al gomito di Oscar.
La bellezza di Andrè, che Oscar non riusciva più ad ignorare, soprattutto negli ultimi mesi, era lampante. Fin da quando era entrato nei soldati della guardia si era sorpresa a spiare i suoi passi decisi e silenziosi all'adunata del mattino, a guardare attenta e sorpresa come la divisa di una taglia più piccola rendesse vividi i lineamenti del suo corpo, lo sguardo che le lanciava di sbieco da sotto il berretto alla rivista della sera riusciva ad attrarla senza che lei lo controllasse.
Lei non si era accorta della presenza fisica di Andrè finché lui non le aveva detto di amarla come e più della sua vita, finché non l'aveva costretta, con un gesto impulsivo di violenza, sebbene non voluta, a fare i conti con sé stessa, coi propri sentimenti e con il proprio corpo, quello di una donna, per quanto straordinaria.
Lui sapeva chi lei fosse, sapeva che poteva amarlo come e più di Fersen, anzi che forse già lo amava; che poteva mettersi più di un vestito da donna per lui, con Andrè e per Andrè lei poteva fare di più, poteva scegliere di essere una donna che non combatteva più sé stessa e i propri desideri, scegliere di non rinnegare più ciò che sentiva giusto, anche se andava contro un'educazione, una classe sociale e dei sovrani che l'avevano cresciuta.
Con Andrè poteva essere libera, davvero.
Allungò una mano contro la sua aperta, le sue dita e quelle di Andrè erano ugualmente lunghe. Dopo un istante percorse con l'indice tutto il contorno del palmo, dalla curva del pollice fino alla piega del mignolo e alle vene in evidenza del polso, lo sentì respirare più profondamente.
Un ricordo lontano fece capolino nella sua memoria con delle immagini vivide. La piega del polso era un punto particolarmente sensibile di Andrè, da bambini Oscar gli faceva persino il solletico lì. Oscar rideva a crepapelle per quella sua piccola debolezza, e Andrè spesso, arrabbiato dopo che aveva riso fino alle lacrime sotto costrizione, le nascondeva il fioretto per dispetto. Era una di quelle debolezze per cui non aveva colpa e per cui non sopportava di essere preso in giro, un po' come lei.


Andrè socchiuse gli occhi, vide Oscar accanto a sé che guardava concentrata la sua mano aperta, stava accarezzandogli dolcemente le dita e il polso, aveva l'ombra di un sorriso sul volto, un sorriso irriverente. La sua mente assonnata galoppò in fretta, era sicuro che stesse pensando alle lotte di solletico da piccoli. Quando le cose si mettevano male per Oscar, lei gli saltava alle spalle, gli torceva una mano dietro la schiena, e, sapiente come un torturatore, prendeva a fare cerchi delicati sul suo polso, sapendo che lui avrebbe riso prima e si sarebbe arrabbiato poi.
“Eri una provocatrice davvero cattiva, anche se avevamo appena otto o nove anni.”
Oscar alzò gli occhi al suo volto, sorpresa e turbata un istante per essere stata scoperta in quell'azione e in quello stesso ricordo. Ritirò le dita, come imbarazzata.
“E tu sei uno spione,” sussurrò, dolce, allungando il gomito e posandogli la testa proprio sulla mano, ancora aperta.
Andrè sentì venire dalla sua camicia l'odore di te' alle foglie di gelsomino, un te' che solo una persona in tutta Parigi si ostinava a cucinare assieme alle frittelle di mais all'alba.
“Sei stata da Bernard, vero? Sento l'odore del suo te' fin qui.”
Oscar abbassò gli occhi, poi li rialzò e sorrise:
“Si, sono andata da Bernard all'alba, volevo essere sicura.”
“Sicura di cosa?"
“Non ho paura per domani Andrè, so cosa mi aspetta, mi preoccupa più quello che accadrà dopo. Se gli altri soldati della guardia ci seguiranno, come penso, e io, per qualche strano caso, dovessi uscirne viva, credo che Saint-Just e i suoi amici riusciranno a convincere Robespierre a perseguitare i nobili.”
“Ma tu domani combatterai per il popolo...”
“Si,ma Saint-Just ha un conto in sospeso con me. So che farebbe di tutto per avermi morta, conosco troppi dei suoi crimini, assassini gratuiti e attentati senza motivo come quello al principe Aldelos. Sono cose davanti a cui nemmeno Robespierre potrebbe chiudere gli occhi.”
“Ma non c'eri solo tu, anche io, Alain, Lassale, tutti eravamo con te nelle indagini e sappiamo benissimo quante bravate e assassini Saint-Just abbia fatto a sangue freddo.”
“Non capisci Andrè, Saint-Just cercherebbe di uccidermi, assieme a tutti gli altri che conoscono i suoi misfatti. Se sopravvivessi, sarebbe capace anche di usare te o gli altri soldati, di uccidervi per far saltar fuori la mia testa. Combattere per la Francia non mi mette in salvo Andrè, non mette in salvo nessuno che mi è stato accanto o che ha servito le armi sotto il mio comando. Ho chiesto a Bernard di prendere le difese dei soldati, se i miei timori dovessero concretizzarsi.”
“Hai ragione lui è l'unico in condizioni di aiutarli...” ammise Andrè, la fissava mentre vedeva qualcosa nel suo sguardo, come un'ombra di paura. Le labbra di Oscar avevano come un tremito, un muoversi convulso del labbro superiore.
“Ha dato la sua parola, ha detto che... che ci aiuterà,in qualche modo, se sopravvivremo. Andrè...”
doveva dirlo. Due giorni non erano abbastanza, due giorni con lui non erano niente, adesso aveva la possibilità di renderlo felice, di essere felice. “Andrè io sono... malata.”
“Lo so.” disse lui, sorprendendola, “ho visto le camicie e i fazzoletti macchiati di sangue Oscar, è tisi, lo so.”
Vide Oscar sbarrare gli occhi un istante, balzando a sedere “Tu... tu lo sapevi... da quando?”
“Lo sospettavo da tre settimane, poi sei andata dal medico la settimana scorsa, e non ho avuto dubbi.”
“Andrè, se le cose si dovessero mettere male per me... se la tisi peggiora... o se io morissi, tu... ti prego, dimmi che ti metteresti in salvo.”
Andrè si mise a sedere, accanto a lei. Le accarezzò il viso con una mano, mano contro cui, dopo poco lei si abbandonò, prendendola nella propria, tenendola sul proprio viso.
“Oscar, non mi importa se domani moriremo sotto le cannonate, fucilati tra una settimana, o tra un anno portati via dalla tisi. Io non ti lascerò, non l'ho mai fatto, non lo farò. Voglio solo che tutto il tempo che abbiamo ancora sia nostro, e non solo tuo o mio. Ieri sera ho provato uno strano senso di pace che non avevo mai sentito, ho fantasticato su come sarebbe sopravvivere e portarti ad Arras davvero davanti al sacerdote, come sarebbe dire a tutti 'Questa è mia moglie', come sarebbe bello stringerti ogni notte come ho fatto stanotte... ma ho qualcosa di meglio delle fantasie, ho te, carne, ossa e anima, ho la realtà, tu mi ami come ti amo io, e non so se sopravviverò domani, ma so che oggi sarai qui con me, so che nonostante tutto abbiamo noi ed oggi.”
Andrè la strinse contro il proprio petto con il braccio libero. Non avrebbe lasciato a nessuno rovinargli quella giornata, tanto meno all'illusione di un domani.
 

Oscar si lasciò sfuggire una lacrima, ma non voleva farsi compatire.
Alzò di poco la testa piegando il collo flessuoso fino a mettere le labbra sulla carotide di Andrè, che colse in un bacio dolcissimo.
Andrè chiuse gli occhi, lei approfittò del fatto che lui le avesse preso il mento con la mano per arrivare a baciarla sulla bocca per intrecciare le dita alle sue. Evitò la sua bocca e cominciò a baciargli la mano, fino ad arrivargli al polso, guardandolo di sguincio con un sorriso, nascondendo ogni traccia di preoccupazione. Fece due piccoli cerchi con la lingua, vedendolo sorridere e trasalire.
“Provocatrice, non cambi mai.” sussurrò lui, il tono di nuovo leggero.
Lei continuò imperterrita, a lungo, finché non sentì Andrè ridere come da bambino e tentare di stringerla senza riuscirci, costretto a ridere fino alle lacrime, fino alla rabbia. Gli aggredì le labbra in un secondo, non lasciandogli tempo di cercare anche solo una qualche blanda vendetta. Gli salì addosso, sedendosi sulle sue ginocchia e continuando il bacio invadente, Andrè la stringeva e accarezzava febbrile, mettendole le mani sotto la camicia senza più nodo, cercando la pelle della sua schiena, la piega sensibile della sua colonna vertebrale.
Si staccò un istante dalla bocca di lui, tenendogli comunque ferma la testa, con le mani immerse in quei ricci neri, lucidi e scompigliati.
“André oggi non mi basta... farò di tutto per uscire viva da Parigi, ti prego promettimi solo che lo farai anche tu.”
“Te lo prometto Oscar, usciremo insieme di lì sulle nostre gambe, farò di tutto per farci uscire da lì.”
Andrè si spinse si nuovo contro la sua bocca.
“Io ti prometto...” fece Oscar cercando di prendere fiato dai suoi baci, sorridendo con una malizia di cui non si credeva capace “che mi impegnerò, per far si che oggi ci basti per tutta la vita...”

 

  
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