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Autore: Padmini    18/10/2012    1 recensioni
Maximillian Webb, medico legale al Saint Bartholomews Hospital di Londra, con una fidanzata opprimente e un lavoro che non lo soddisfano totalmente.
Tutto ciò è destinato a cambiare quando incontrerà una donna molto speciale ...
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Violet'
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Trust

 

 

 

 

 

Non ci potevo ancora credere.

Ieri sera dei medici portarono Rain all’ospedale… le avevano sparato.

Ricordo ancora la scena come fosse successa cinque minuti fa.

Io che cerco di chiamarla tenendola fra le mie braccia, ma è tutto inutile perché lei non riprende conoscenza.

Chiamo un’ambulanza immediatamente. Ci mette un secolo ad arrivare…

Il mio cuore si era fermato, continuavo a chiamarla. Non dava segni di sentire ciò che le stavo dicendo ed ora eccomi qui.

Seduto su una sedia d’acciaio, scomoda ma non mi importa. Posso rimanerle acanto e questo mi basta.

È ancora incosciente, il medico ha parlato con me, suo fratello, i suoi genitori e persino con suo nonno.

Le hanno sparato, ha subito un’operazione che, grazie a Dio, è andata benissimo (parole sue).

Se non fossimo stati cosi tempestivi a chiamare i soccorsi forse lei… basta. Non ci voglio nemmeno pensare. No.

“ Svegliati, Rain. Per favore… svegliati…” non so se fosse il sonno a parlare (ero stanchissimo, più di due giorni dormendo si e no un’ora) oppure io stesso ma… non potevo sopportare di vederla in quello stato. Non potevo.

Aveva un viso cosi angelico e tranquillo… come se stesse solo dormendo.

“ Se solo mi avessi messo al corrente del tuo piano. Se solo sapessi fidarti di me, Rain! Che diavolo…”

Mi stavo forse incolpando per quello che era successo?

Sapevo benissimo che non era colpa mia, ma c’era qualcosa che mi impediva di pensarlo…

Ero arrabbiato. Arrabbiato e frustrato perché avrei potuto aiutarla se solo mi avesse detto cosa aveva intenzione di fare. Ma nel contempo ero triste perché mi incolpavo dell’accaduto.

Non fare l’idiota, Max. È l’ultima cosa di cui hai bisogno… Maledizione.

Senza pensarci afferrai la mano di Rain. Era cosi fredda… appoggiai la mia fronte su quella morbida e splendida mano. Anche in un momento come questo riesce ad essere cosi bella.

Cosa diavolo vai a pensare, Max?! figurati se una come lei…

Mi alzai di scatto dalla sedia, facendola barcollare un poco. Incominciai a camminare per la stanza avanti ed indietro. Non riuscivo a non pensarci.

Possibile che io mi stia…

I miei pensieri furono interrotti da Benedict che entrò in silenzio nella stanza.

“ Benedict…”

“ Ciao Maximillian. Non pensavo fossi ancora qui, vuoi che ti dia il cambio? Non hai una bella faccia, dovresti riposare…”

“ Non preoccuparti per me, lo faccio volentieri. “ gli porgo una sedia, che accetta volentieri.

“ Ho parlato col dottore… dice che non dovrebbe mancare molto al suo risveglio.”

Mostrò il suo miglior sorriso, a parer mio.

“ Spero sia davvero cosi. “ gli sorrisi, sedendomi a mia volta.

“ Max… posso chiamarti cosi? “

“ Certo, dimmi pure.”

“ Tu…” in quel momento notai i suoi occhi, di un azzurro paragonabile a quello del cielo spoglio di nuvole. Non potei fare a meno di rabbrividire un poco.

“ … provi qualcosa per mia sorella?”

Nonostante la domanda seria, Benedict era cosi calmo e pacato nel parlarmi. Come se mi avesse chiesto se volessi del tea. Credo di essere arrossito un bel po’ in quel momento.

Non sapevo proprio cosa rispondere, ma non ce ne fu il bisogno, dato che continuò a parlare lui.

“È una tua decisione. Ovviamente non interferirò, ma sappi che mia sorella non è una persona cosi facile… anche se, devo dire la verità, non vi trovo una brutta coppia. Anzi, credo staresti bene con lei. “

Un altro sorriso, ora mi stava mettendo in soggezione, almeno un pochino. Credo sia un vizio di famiglia.

“ Sono lusingato che tu la pensi cosi, ma… io e lei… vedi, non… “

Non riuscivo assolutamente a comporre una frase dal senso compiuto.

“ Non ancora, Max. non ancora. “

Si alzò dalla sedia di scatto, come se si fosse ricordato qualcosa di importante da fare.

“ Caspita me ne stavo completamente dimenticando! Devo proprio scappare ora, questo è il mio numero di cellulare. Nel caso ti occorra qualcosa. Non sai quanto si sono grato. “

Mi prese le mani, guardandomi e sorridendo.

“ Te l’ho detto lo faccio più che volentieri.”

Mi sorrise ancora e mi ringraziò uscendo dalla stanza.

Mi ritrovai ancora solo con Rain. Le strinsi ancora più forte la mano e per un momento credetti che…

No, impossibile. Non può avermi stretto la mano.

Con questo dubbio lasciai la stanza, l’orario delle visite era concluso.

 

Erano le otto e mezzo di sera nel 221b di Baker street.

Le stanza della casa erano vuote senza di lei.

Notavo il pianoforte senza la sua pianista, decisi di accendere la tv per non sentirmi oppresso da tutto quel silenzio. Odio il silenzio.

Accesi la televisione e capitai per caso sulla BBC one. Ci furono molte interviste, quella che mi colpì di più fu quella di Matt Smith. Una brava persona, ultimo Dottore della serie “Doctor Who”.

Tempo fa seguivo questa seria, mi piaceva.

Poi arrivò quell’intervista. L’intervista a Benedict Cumberbatch.

“Ho sentito dire che lei ha una sorella che ha ripreso in mano il lavoro di famiglia, è vero?”

In quell’occasione Ben era vestito di tutto punto.

“Certamente! È verissimo! E l’unica consulente detective al mondo. Sono molto orgoglioso di lei.”

“Recentemente ha anche assunto un medico legale come assistente, me lo conferma?”

Sputai il tea che stavo bevendo.

“Ovviamente. È una gran brava persona, una delle poche in grado di essere all’altezza di mia sorella. Non so se mi spiego”

Una risata echeggia nell’appartamento.

“Sua sorella adesso si trova in ospedale. Cos’è successo esattamente?”

Lo sguardo di Benedict si rabbuiò immediatamente.

“Stava seguendo un caso, quando qualcuno le ha sparato. Ma non si preoccupi, mia sorella è forte e accanto a lei c’è il migliore assistente del mondo! “

Il suo sguardo ridiventò solare anche se riuscii ugualmente a notare una nota di tristezza dentro di esso.

Non posso nemmeno immaginare quanto sia dura vedere la propria sorella in un letto d’ospedale…

Non sapevo bene il perché ma un senso di colpa mi stava divorando da dentro… non riuscivo a non pensare al fatto accaduto a lei.

Se fossi stato più attento non sarebbe successo… se le fossi stato più vicino avrebbe sparato a me e non a lei.

Dannazione, non ne posso più.

Questa sensazione opprimente mi ucciderà, lo sento. Nemmeno fosse una mia parente stretta o una persona che conosco da anni… Non potevo essermi innamorato di lei. Era l’unica frase di senso compiuto che continuavo a ripetermi e ripetermi senza sosta. Non ne potevo davvero più.

Guardai l'ora. Era passato troppo tempo e io non sapevo ancora nulla.

Non essendo suo parente, non avevo il diritto di rimanerle accanto fuori dall'orario delle visite e non mi avrebbero chiamato per informarmi sulle sue condizioni. C'era poco da fare. Dovevo aspettare.

I minuti passavano come ore e io non riuscivo a darmi pace. Andavo avanti e indietro per l'appartamento come una belva in gabbia.

Non avevo fame, non avevo sonno. Volevo solo andare da Rain.

Mi sedetti sulla sua poltrona e mi raggomitolai, avvolto nella coperta di lana. Ero al caldo, eppure non riuscivo a smettere di tremare.

Alla fine, vinto dal sonno, chiusi gli occhi e dimenticai, per poche ore, tutto quello che era successo.

 

Mi svegliai la mattina seguente con il suono del traffico. Mi sgranchii per bene. Avevo dormito raggomitolato nella poltrona e ciò non aveva fatto bene alla mia schiena. Il dolore mi riportò alla mente Rain. Guardai il cellulare. C'erano cinque chiamate perse, tutte da parte di Benedict.

Non lo avevo sentito. Come avevo fatto? Mi diedi mentalmente dello stupido e richiamai Ben, che mi rispose dopo molti squilli a vuoto.

“Scusami Max” mi disse parlando velocemente “Sono impegnato, ora. Ci vediamo tra due ore al Bart's, va bene?”

Chiuse la telefonata senza darmi la possibilità di ribattere. Sospirai. Tra due ore l'avrei vista. Tra due ore avrei saputo la verità.

Quelle furono le due ore più lunghe della mia vita. Mi feci una doccia, feci colazione … tutto con estrema calma, eppure era passata solo mezz'ora da quando avevo telefonato a Ben.

Decisi di andare al Bart's a piedi. Era piuttosto lontano, ma in questo modo avrei occupato il tempo.

Fu un errore. Camminando per le strade di Londra, tutto mi riportava alla mente lei. Ogni vicolo, ogni angolo. Tutto. Tutti i luoghi che lei conosceva così bene me la portavano alla mente.

Camminai più velocemente e presto arrivai davanti al Bart's. Non fu difficile trovare la stanza giusta.

Nel reparto regnava il silenzio, rotto solo da qualche colpo di tosse e il moromorio sommesso delle infermiere.

Quando arrivai davanti alla porta di Rain il mio cuore saltò un battito.

Rain era distesa sul letto d'ospedale. Il lenzuolo la copriva fin sopra il seno e il braccio sinistro era scoperto, infilzato con una flebo. Seduto accanto a lei, piegato dal dolore, c'era Benedict. Le teneva la mano e piangeva piano.

“Ben ...” sussurrai.

Lui non si voltò.

“Sai a cosa penso quando devo piangere in una scena?” mi domandò all'improvviso.

Io scossi la testa. Lui non poteva avermi visto, ma immagino che non gli importasse molto della mia risposta.

“Penso a lei” rispose infine, posando la fronte sulla mano della sorella, ancora addormentata “Penso a lei e al suo lavoro … al suo lavoro e a tutte le volte che l'ha portata in ospedale. Non è la prima volta, sai?”

A questo punto si girò. Il suo viso era rigato di lacrime.

“Non è la prima volta … né sarà l'ultima immagino” disse e rise piano, per scacciare la malinconia, che purtroppo riprese presto il sopravvento “Mi fa sempre preoccupare. Vorrei poterla proteggere, metterla sotto una campana di vetro … ma so che ne morirebbe. Dimmi, cosa è peggio? Vederla mentre rischia la vita ogni giorno o vederla morire per il troppo controllo? Io ho scelto la prima opzione. Preferisco che sia libera e poi … ora ha te!”

Annuii, troppo imbarazzato per rispondere. Benedict continuò.

“Qualche anno fa conobbe Andrew. Le piaceva molto. Andrew è un attore, come me. Lo conobbe ad una premiazione. Si innamorò subito. Forse perché lui era così dolce e premuroso … Mia sorella è una forza della natura. Va sempre contro le convenzioni e guai a contraddirla! Così lo invitò a cena. Uscirono per qualche tempo insieme e lei era sempre più felice … ma alla fine … alla fine scoprì che il vero obiettivo di Andrew ero io. Andrew si era innamorato di me e sperava di potermi raggiungere tramite lei.

Le si spezzò il cuore. Da quel momento si chiuse ancora di più in se stessa e perse la fiducia negli uomini. Per questo dico che sono felice che ti abbia incontrato. Ti ha visto per caso al Bart's, qualche tempo fa. Se ispiri fiducia a lei, non posso che fidarmi anch'io. So che le starai sempre vicino e la proteggerai. Perché … lo farai, vero?”

Mi guardò con due occhioni pieni di supplica.

“Lei ha bisogno di qualcuno che le voglia bene e che la protegga. Ha già la famiglia” disse poi, scuotendo la testa “Ma non è la stessa cosa. Non lo è”

“Ci sarò” dissi semplicemente “Ci sarò sempre per lei”

Ben mi guardò. I suoi occhi traboccavano gratitudine. In quel momento Rain si svegliò.

“Bentornata Rainy!” le disse passandosi la mano sugli occhi, ancora bagnati di lacrime.

“Il solito sdolcinato piagnucolone” borbottò lei, ridacchiando. Strinse gli occhi, sorpresa da una fitta di dolore. Quando li aprì mi vide.

“Vai a lavarti il viso, piagnucolone!” disse al fratello, che si alzò ubbidiente, capendo ciò che Rain voleva in realtà.

Benedict uscì dalla stanza e io mi sedetti al suo posto. Feci per prenderle la mano, ma lei mi anticipò.

“Scusa” mi disse semplicemente “Scusa. Non avevo previsto … tutto questo”

“Non preoccuparti” le dissi io, stringendole la mano “L'importante è che tu stia bene!”

“Dovevo fidarmi di te!” disse poi “La prossima volta mi fiderò … ma è nuovo per me, sai?”

Rain parlava a fatica, ancora intontita per l'anestesia, ma era ugualmente energica e vivace. Non la interruppi, mi limitai ad annuire.

“Per me è la prima volta … la prima volta che provo … a fidarmi di qualcuno … la prima volta … Sei il primo di cui … di cui mi fido totalmente. Ti affiderei la mia vita. Non so perché, ma lo sento … Io vorrei … vorrei fidarmi, ma ho ancora qualche resistenza ...”

“Non importa” le dissi con voce calma e ferma “Non devi sforzarti. So che ti fidi e questo mi basta. Rispetterò i tuoi tempi e, quando vorrai, potrai darmi la tua fiducia completa”

Ripensai a ciò che mi aveva detto Ben, ma non affrontai l'argomento.

“Ora pensa solo a riposare” dissi osservando l'infermiera che batteva l'indice sull'orologio “Devo andare … ma tornerò stasera … promesso!”

Lei mi sorrise, rincuorata.

Dopo poco rientrò Ben. La salutammo e uscimmo insieme dal reparto e incontrammo il primario, che ci fermò.

“Signor Cumberbatch, mi scusi, dovrei dirle due parole su sua sorella”

“Ah, grazie!” disse, rivolto al medico “Ci vediamo stasera, Max” aggiunse poi, rivolgendosi a me.

Lo salutai con un sorriso tirato. Non vedevo l'ora di tornare da Rain. Mi sembrava assurdo non poterle stare vicino in un momento come quello. Avrei voluto portarmela a casa e curarla personalmente.

Sospirai. Non potevo fare altro che aspettare e avere fiducia … e sperare che lei, un giorno, ne potesse avere altrettanta in me.

   
 
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