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Autore: suxsaku    01/05/2007    4 recensioni
Un mago ciarlatano, scorbutico e intrattabile.
Una ladra idealista, sognatrice e suscettibile.
Una profezia centenaria, astrusa e frammentata.
<< Fabrum esse suae quemque fortunae. >>
<< Che significa? >>
<< Che ciascuno è artefice della propria sorte. >>
Storia a cui tengo davvero molto. Sebbene abbia tutta la vicenda stampata in mente, non l'ho messa completamente per scritto, perciò gli aggiornamenti non saranno frequentissimi.
>> EDIT Capitolo 19. Ho fatto una correzione: alla fine del capitolo mancava una frase di Wantz; a causa dell'html si vedevano solo le virgolette. Ringrazio Yuna per la segnalazione.  <<
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mah.

Nient'altro da dire, se non "mah". Rileggendo questo capitolo, la prima cosa che ho pensato era che fosse troppo pretenzioso. Oltre che privo di senso, in numerosi passaggi. I ragionamenti filosofici mi fanno penare parecchio; confido di migliorare con la pratica. Inoltre, il tutto risente del mio nervosismo ingiustificato di quest'ultimo periodo. Insomma, prendete questo capitolo così com'è venuto, in un momentaccio. Oppure come l'ennesima fase di transito, vigilia di tempi, capitoli ed eventi migliori. Forse è dovuto proprio al fatto che muoio dalla voglia di scrivere ciò che succederà dopo quello che vi apprestate a leggere. Se qualcuno avesse poi voglia dirmi cosa pensa di questa cosa, mi farebbe davvero felice; perchè io, sul serio, non so cosa pensare.

 

 

 

Capitolo 14: Inutile

 

 

***

 

 

< Qui ipse sibi sapiens prodesse non quit, nequiquam sapit. >

< No, vi prego… > si lamentò una voce infantile, probabilmente un ragazzino.

< Traduci. > intimò la seconda voce, notevolmente più profonda.

< Il sapiente che non è in grado di giovare a se stesso… Com’era la fine? >

< Nequiquam sapit. > ripeté la voce placida.

< Ah, ecco. Il sapiente che non è in grado di giovare a se stesso, inutilmente sa. >

< Esatto. >

< Allora, da questo punto di vista, è meglio essere ignorante. >

< Dici? >

< Sì. Se uno non ha le conoscenze, è normale che sbagli, e non gliene si può fare una colpa. Se invece si è istruiti, gli errori pesano enormemente. E spesso te li fanno pesare. >

< Vero, ma qui si parlava di altro. >

< Del saper gestire le proprie conoscenze. >

< Per l'appunto; cosa ne pensi? >

< Che è una verità assodata. Tuttavia, penso che ci sia differenza tra un sapiente e un intelligiente. >

< Ti ascolto. >

< Il sapiente deve essere intelligente, ma non necessariamente è vero il contrario. >

< Questo perchè il confine tra intelligenza e furbizia è difficilmente individuabile. Lo dimostra l'acutezza di alcuni contadini, che, per quanto ignoranti e analfabeti, possiedono un'abilità adeguata alle loro necessità. Continua. >

< Ne risulta quindi che il sapiente è superiore all'intelligente perchè ha avuto la fortuna di avere un'istruzione, e da qui ha sviluppato la sua mente fino ad un grado superiore alla media. Appurato ciò, è evidente che intelligente e sapiente agiscono diversamente. >

< E cambia anche il modo in cui gestiscono le loro conoscenze? >

< Certo, perchè esse sono di tipo diverso. Le une prevalentemente pratiche; le altre teoriche, ma abbracciano tutti i campi del sapere. >

< Non era esattamente qui che volevo arrivare, comunque... Vai avanti. >

< Entrambi devono usare le proprie conoscenze per giovare a se stessi. Siamo partiti da questo concetto. >

< Sì. >

< Ma allora, se le conoscenze sono diverse, diverso è il giovamento che se ne trae. >

< Non fa una piega. > confermò.

< Resta da stabilire in cosa differiscono il giovamento del sapiente e quello dell'intelligente. >

< Visto che sei arrivato sin qui, immagino che tu abbia qualche idea. >

< Forse. All'intelligente, per esempio il contadino astuto, basta tirare avanti in questo mondo dove "vige la legge del più forte, ma anche il più furbo non se la passa male". >

L'altro rise. < E il sapiente? >

< Egli non si cura semplicemente delle faccende terrene, perchè ricerca anche verità superiori. Tira avanti in questo mondo dove "vige bla bla bla", ma non si limita ad esso. Inoltre, non ha eccessivi interessi materiali, mentre il contadino astuto mira innanzitutto al proprio benessere. >

< Dunque? >

< Una persona intelligente deve dedicarsi ad acquisire quel che è strettamente necessario, per non dipendere da nessuno; ma se, raggiunta questa sicurezza, perde tempo per aumentare la sua ricchezza, è un poveraccio. >

< Non è un po' pretenzioso? >

< Perchè mai? >

< Perchè a parlare è uno indifferente ai dettami della società, che si disinteressa della ricchezza materiale, che ha una sete di sapere non indifferente, che parla e scrive in più lingue, che ha ricevuto un'istruzione più che adeguata in ogni campo e che, particolare non trascurabile, è curioso come pochi. >

Il ragazzino arrossì, abbassando lo sguardo. < Non sono oggettivo? >

< Direi di no. >

< In effetti, forse tendo ad idealizzare troppo la figura dell'uomo dotto. >

< Ad ogni modo, dopo tutto questo sproloquio, qual è la tua conclusione? >

< Non sarà oggettiva neppure essa. >

< Mi hai intontito fino adesso, abbi almeno la decenza di finire. >

< Però... >

< La tua conclusione? > ripetè.

< In verità non c'è. Attualmente. Per ora ho solo sviluppato una teoria. >

< Sarebbe? >

Il ragazzo si schiarì la voce e declamò: < L’ignorante parla a vanvera, l’intelligente parla al momento opportuno, il saggio parla se interpellato, il fesso parla sempre. >

< Dolente di informarti che centra poco con quanto detto fin ora. >

< Infatti ho detto di non aver ancora una conclusione. Voi cosa ne dite, invece? >

< Che, secondo il tuo ragionamento, l'intelligente è colui che sopravvive, mentre il sapiente è colui che vive. >

Il ragazzino era dubbioso. < Ho detto questo? >

< Al momento > rise < ciò che conta è che hai portato avanti un simile ragionamento. Sarebbe troppo pretendere che tu capisca ora il significato di questo discorso. >

< Uhmpf. Dovrei lasciar perdere queste sofisticherie sull'animo umano. E' troppo complicato per me. >

< Al contrario, hai fatto bene. E in una certa misura, devi. >

< Devo? >

< Homo sum: umani nihil a me alienum puto. > sentenziò il vecchio .

La voce scanzonata ridacchiò. < Questa è facile. Sono un uomo: niente di ciò che è umano considero estraneo a me. >

Vale ancora per me?

< E’ scontata la traduzione, ma non la comprensione. >

< Infatti mi riferivo alla traduzione. >

< Cosa mi dici invece dell’interpretazione di questa frase? >

< Andiamo maestro, è semplice: finché gli esseri umani saranno tali, dovranno necessariamente essere legati a tutto ciò che concerne la loro natura. >

Posso ancora considerarmi un uomo, dopo tutto questo?

< E quindi? >

< Quindi non posso ignorare l'assurdità della mente umana. >

< Cosa pensi che accadrebbe se qualcuno perdesse la sua natura umana? >

< Difficile dirlo. Penso che, probabilmente, non si sentirebbe più partecipe di ciò che lo circonda. >

< Ne consegue che… >

< Che forse sarebbe una sofferenza per lui restare in una realtà che non gli appartiene. >

Cosa devo fare, maestro?

 

 

***

 

 

< Dovresti tagliarti i capelli, sai? >

Wantz  aprì gli occhi, ritornando frastornato alla realtà. < Come? >

< La frangia è sfuggita ad ogni tuo controllo: ti si vedono a fatica gli occhi, sotto quella selva incolta. > La ragazza cercò di individuare le iridi del mago al di là dei ciuffi che ricadevano scompigliati sul volto, alcuni sin oltre il naso. < Scommetto che non ci vedi bene. >

Lui sbuffò. Scrollò la testa, ricacciando indietro quei pensieri stantii. < Mi piacciono lunghi. >

< D’accordo, ma potrei almeno sistemarti la frangia. Conciato così scommetto che non vedi bene. >

< Ti offri come barbiere? > Il ragazzo parve schifato da una simile possibilità.

< Non devo mica farti un taglio completo, o qualcosa adatto ad una serata di gala; anche perchè non ne sarei capace. Sono però in grado di darti una spuntatina, il minimo indispensabile per renderti presentabile. >

< Se pensi di vincermi con queste sottili critiche, sbagli. >

La ragazza cercò un altro modo per convincerlo. < Critiche? Volendo, si potrebbero definire insulti... >

< Le probabilità che io acconsenta diminuiscono... > avvertì.

< Insomma Wantz: ti ho appena detto che così non sei presentabile. Come puoi restare indifferente anche quando ti si dice che rasenti l'indecenza? Dovresti fidarti del parere di una donna, su queste cose. >

Miracolosamente, il ragazzo si trattenne dal domandare "Quale donna?". Ridendo sotto i baffi per la superficialità della sua compagna, rispose: < Ora le probabilità sono nulle. >

Jillian scrollò il capo. < Mi spiegheresti il motivo? >

< Vediamo se ci arrivi da sola. Perchè le persone tengono al proprio aspetto esteriore? >

La ragazza non si lasciò sfuggire quella preziosa occasione di intrattenere un discorso vero con il mago. < Per il giudizio degli altri; sì, direi che è questo il motivo principale. Soprattutto nei ceti elevati, vige una specie di "culto della bellezza", e per bellezza si intendente non solo essa per se stessa, ma anche cura e mantenimento di essa. >

< Vero. > confermò. < E, detto così, ti sembra una cosa buona? >

< Non se da adito a pregiudizi. Inoltre, a lungo andare c'è il rischio che il giudizio degli altri diventi troppo importante, e si perda di vista la giusta misura della cura estetica. >

< Eccolo lì. > annuì Wantz < Il giudizio degli altri. Se non si trova un equilibrio, alla fine se ne diventa schiavi. >

Jillian lo guardò con aria interrogativa. < Neanche io condivido il tramutarla in una mania, ma ho come l'impressione che tu ne faccia quasi una questione personale. Perchè, allora? Non credo sia solo perchè non vuoi essere schiavo dei dettami generali, per quanto penso che anche questo incida, nel tuo caso. Per quanto tu possa odiare la società e le sue regole, non concepisco lo spingersi a trasformarsi in un selvaggio cacovisivo, anche se qui parliamo solo di un misero taglio ai capelli. >

< Per due semplici motivi. > rispose lui, maledicendo la prolissità della ragazza < Primo: come hai detto, non voglio essere schiavo del parere altrui, e non voglio neppure dare corda ad una cosa che non condivido. >

< E poi? >

Wantz accelerò il passo, distanziando la ragazza. < Perchè, per preoccuparsi del parere degli altri, bisogna avere qualcuno il cui giudizio ci importi. >

Quell'affermazione le lasciò addosso una strana sensazione. Tristezza, probabilmente, ma non solo. Le riusciva difficile capire quello scontrosissimo individuo, soprattutto perchè lui non le dava modo di sapere nulla sul suo conto. Così, tutto ciò che ora sapeva su Wantz era composto dalle scarse informazioni che lui le aveva dato e da misere supposizioni. Tuttavia, le sue teorie non erano fantasticherie; poggiavano tutte su elementi che aveva tratto dai comportamenti del ragazzo. E quella frase, unita ai sospetti che coltivava da tempo, trasformarono una delle teorie in certezza.

< Ho l'impressione, che tu soffra di una tremenda solitudine. >

Quell'affermazione, buttata lì all'improvviso, spiazzò il ragazzo.

< Che centra con i miei capelli? >

< Non prendertela a male per ciò che ti sto per dire, > disse lei, raggiungendo Wantz che si era fermato e la guardava stralunato < ma sono certa che tu, seppur inconsciamente, stia mandando delle disperate richieste d'aiuto. Ed è proprio questa la cosa terribile: non te ne accorgi. >

Wantz non era per nulla turbato; pareva addirittura pensare che Jillian fosse uscita di testa. Evidentemente stava pensando: "Ancora con questa storia?".

< Ma non voglio obbligarti a parlarne. > assicurò lei < Per simili questioni, è necessaria una buona dose di fiducia, che tra noi, è evidente, non c'è. E difficilmente ci sarà, visto che tu stesso mi hai detto che non vuoi che io mi fidi di te. Ti basta solo che io esegua i tuoi ordini. E così farò. Non mi intrometterò nelle tue faccende, ma pretendo di essere informata su ciò che riguarda anche me. Quello che ora vorrei sapere, dunque, è perchè sei così nervoso, oggi. >

Gli occhi a mezz'asta come sempre, il sorrisetto di scherno che la ragazza stava imparando a riconoscere, nulla faceva pensare che il ragazzo fosse rimasto colpito da quello che Jillian le aveva appena detto. Guardandola con superiorità, si limitò a chiedere: < Nervoso? >

Jillian annuì. < C'è qualcosa che ti turba. L'ho capito dalla tua camminata: di solito avanzi sicuro, incurante, ma oggi cammini lentamente, come se stessi esaminando tutto ciò che ti circonda. Ora, siccome io stessa so cosa si prova quando si hanno cattivi presentimenti, ti chiedo che cosa ha sentito. Qualcosa ci deve essere, perchè hai dedicato tutto te stesso a quella sensazione, abbassando la guardia con me. > Si avvicinò di più. < Che cosa c'è? >

Wantz ebbe la fugace visione di una madre preoccupata per suo figlio. La ignorò, così come cercò di ignorare il brivido freddo che gli corse lungo la schiena. Un'altra volta, il suo istinto non aveva sbagliato.

< Dimentica queste idee che ti sei fatta su di me. Abbiamo problemi maggiori. > Si voltò. Sbirciando oltre le sue spalle, Jillian vide qualcosa a lei molto familiare.

E molto spiacevole.

< Orchi. > mormorò con voce strozzata.

 

***

< Perchè ha mandato lui? >

< Ne so quanto te; ma la cosa che mi lascia interdetto, in verità... >

< E' perchè Lui ha deciso di fare una cosa del genere. > terminò.

< Esatto. > sospirò l'altro.

< Soltanto ieri mi ha fatto capire che vuole tenere in vita il ragazzo, e ora decide di mettergli paura. >

< Avventato. >

< Stupido, se mi permetti. > lo corresse < Che garanzie abbiamo che quel cane rabbioso non perda il controllo? >

< Non ci sono, nè ci servono; sappiamo benissimo, come del resto lo sa Lui, che farà qualche sciocchezzza. >

< Mi domando > riflettè < perchè non abbia mandato anche te. Agite sempre in coppia, e tu hai l'ingrato compito di trattenere la violenza di quell'animale. >

< Oh, direi che di domande ce ne sono molte altre. >

Scosse la testa, sapendo benissimo cosa intendeva, ma lasciò che fosse lui a dirlo.

< Sappiamo perfettamente che non vuole uccidere il mago, quindi perchè? Perchè fare questo massacro gratuito? >

Silenzio. I due si scambiarono un'occhiata.

< La ragazza? > continuò.

L'altro soffiò dal naso, contrariato. < E' inutile porsi domande senza avere gli elementi per rispondersi. >

< Te ne vai? > chiese.

< Non dovrei essere qui. Sono venuto solo per sentire cosa ne pensavi. > L'altro lo guardò allontanarsi; inaspettatamente, si fermò. < Caradoc? >

< Sì? > rispose, guardandogli le spalle.

< Cosa ne pensi? >

< Di questo? >

< No. Di ciò che sta succedendo negli ultimi tempi. >

< Niente; è la cosa migliore. E dovresti farlo anche tu, Lot. >

Questi non disse nulla, limitandosi a svanire.

< Fiducia... > sussurrò Caradoc, pensando a quello che il mago aveva detto giorni fa alla ragazza < Si può obbedire senza avere fiducia; difficile, ma possibile. Ubbidire senza capire, no. Decisamente no. > Guardò nel muro di fronte a sè la scena di battaglia che, in quello stesso momento, altrove, teneva impegnati il mago e la sua compagna. < Chi cederà prima? >

 

***

 

< Quanti diamine sono? > ruggì Wantz, scaraventando un orco addosso ad altri due che correvano verso di lui, facendoli cadere come sgraziati sacchi di patate.

< Almeno una ventina. > lo informò Jillian, alle sue spalle.

< Contando anche quelli nascosti nella boscaglia? > chiese, dubbioso.

< Ah, no. > rispose lei, schivando un orco particolarmente goffo che cadde ai suoi piedi. Gli saltò sulla schiena e gli tirò una gomitata sulla testa; mentre questo era stordito, premette forte contro la nuca, facendogli strusciare con violenza il naso contro il terreno. Questi ululò di dolore, dimenandosi; Jillian lo lasciò libero, e il poveraccio ne approfittò per correre via, le mani strette sul naso rotto. < Con quelli, siamo sulla quarantina. >

< Non essere così violenta. > la rimproverò, vedendo l'orco senza naso andare a schiantarsi contro un suo simile, che, offeso, pose fine al tormento del compagno staccandogli la testa. < Sono stupidi, ma vendicativi. >

< Soprattutto, sono troppi. > Jillian raccolse da terra un ramo biforcuto, pensando a come servirsene. < L'altra volta mi seguivano in cinque. >

< E i miei erano sette. > disse il mago, sollevando con un incantesimo una delle rozze creature e spedendola in cima ad un albero.

La ragazza si parò davanti ad un orco, spiazzandolo; approfittando della sua sorpresa, gli infilò il ramo nelle narici, strappandogli via la cartilagine. Questo, schiumante di rabbia, fece per avventarlesi addosso; Jillian scattò a sinistra, ma non servì, perchè il mostro aveva preso fuoco e si accartocciò a terra come un papiro abbrustolito.

< Fai attenzione, diamine. > sbottò Wantz, ammirando il suo incantesimo perfettamente riuscito. < Perchè ti sei fissata con i nasi? >

< Non so che altro fare. > si giustificò, afferrando per le briglie il cavallo, agitatissimo. < Sono più robusti, forti, alti e maneschi di quelli dell'altra volta. >

< Sarà una divisione di rango più alto. > ipotizzò, incenerendone un secondo. < Questo non giustifica la tua violenza. Che fine ha fatto la ragazza apparentemente indifesa che mi chiese aiuto? >

< Colpa tua. Mi hai innervosito; devo pur sfogarmi in qualche modo. > spiegò, lanciando un sasso nell'occhio di un orco che stava per prendere il ragazzo alle spalle.

< Molto obbligato. > le disse, calpestando con una certa soddisfazione l'orba creatura.

< Dovere. > disse lei, accarezzando il cavallo, che non accennava a calmarsi. Wantz comparve al suo fianco.

< Sali.>  le intimò.

Jillian notò che il ragazzo era di nuovo nervoso. < Che succede? >

< Sono decisamente troppi. Troppo rischioso per te. >

< Aspetta un attimo... > Ma il ragazzo non aspettò: la sollevò di peso e la issò sulla sella del cavallo, finalmente quietatosi.

< Le signorine sono esentate dai combattimenti pericolosi. > le disse.

Jillian gli lanciò un'occhiata carica di rancore. < Non trattarmi come una bambina incapace. Hai visto che sono in grado di aiutarti e... >

< Appunto. > la interruppe < Temo per quei poveri sventurati e i loro nasi. >

< Wantz, dietro di te! > Un orco arrivava alla carica, deciso a schiacciare il ragazzo, ma sbattè contro qualcosa di invisibile e indietreggiò, stordito. Il mago aveva alzato una barriera intorno a loro.

Wantz, incurante del fatto che gli esseri verdi li stavano accerchiando, sussurrò all'orecchio del suo cavallo: < Non fermarti finchè non sarà al sicuro. >

< Che significa? > gli chiese, incredula < Resti qui? Non hai ammesso anche tu che sono troppi? >

Wantz, nonostante la ladra facesse resistenza, le passò una cinghia della sella intorno alla vita, bloccandola in modo tale che non potesse scendere.< E' una giornata troppo bella per essere rovinata dalla vigliaccheria. >

< Mi prendi in giro? > chiese, cercando invano di liberarsi da quella bardatura. < La morte invece ti sembra un condimento adeguato? >

Il ragazzo sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi beffardi. < Non c’è da preoccuparsi. Io non posso morire. >

< Non dire assurdità. Per quanto tu possa essere abile, resti solo un essere umano contro una folla di mostri sanguinari. >

Un essere umano, eh?

Wantz strinse meglio le cinghie delle staffe, senza abbandonare quell’aria canzonatoria decisamente fuori luogo. Quando ebbe finito, rivolse un’ultima occhiata alla ragazza.

< E’ evidente che non mi conosci. >

Se tu sapessi… Mi considereresti capace di sentimenti umani?

Diede una pacca sul sedere del cavallo, che partì immediatamente al galoppo, travolgendo al suo passaggio una manciata di orchi e allontanandosi rapidamente. Jillian tentò inutilmente di fermarlo: l’animale correva come un forsennato, deciso ad obbedire al suo padrone.

Posso ancora sperarlo?

Posso sperare che quello che è successo non abbia cambiato le cose?

Conscia di non poter fare nulla per fermare il cavallo, Jiallian voltò indietro la testa. Il ragazzo era stato accerchiato dalle creature, e teneva le mani intrecciate all’altezza del viso. Gli esseri non sembravano avere nessuna intenzione di seguirla, mentre parevano molto propensi ad accontentarsi del mago.

Posso illudermi di non essere… cambiato?

 

***

 

< Maestro, ricordate quel discorso che facemmo tempo fa? >

< Quale fra i tanti, mio acerbo filosofo? >

< Quello sul sapiente e sull'intelligente. >

< Certo. Hai la conclusione, ora? >

< No. Tuttavia, pensando ad essa mi è venuta in mente una cosa. >

< Ti ascolto. >

< Riguarda quella che può essere definita l' "arte di arrangiarsi", il sopravvivere. >

< Che non è il vivere. >

< Sì. Bene, pensavo che, per quanto riguarda l'intelligente, che si limita alla ricerca di un benessere materiale, ciò che si cerca è una condizione accettabile; il sapiente, invece non si ferma, persevera in una ricerca infinita. E' ovvio che l'intelligente non perderebbe mai tempo nel cercare qualcosa che non sa cosa sia, dove sia, e a cosa serva, come le conoscenza teoriche superiori, obbiettivo del sapiente. Perciò, mentre per il sapiente c'è la possibilità di raggiungere la condizione migliore, secondo i suoi canoni, l'intelligente non arriverà mai al massimo delle sue possibilità, per il semplice fatto che si "accontenta", e non si "perde" in una infinita (e presumibilmente infruttuosa) ricerca. >

< E quindi? >

< Quindi, secondo l'intelligente... Vivas ut possit, quando nec quis ut velis. >

 

***

 

Il fiato corto, un taglio sulla fronte abbastanza profondo da fargli colare il sangue negli occhi, le membra pesanti, Wantz contò con raccapriccio quindici orchi.

< Già stanco? >

Il ragazzo strinse i denti in un ghigno. < Comprensibile, visto che sostituisci quelli che uccido con degli altri freschi e riposati. >

< Hai ragione > rispose, meditabondo < Ultimamente abbiamo avuto molte perdite: dodici orchi e un incrocio-ufficiale. Per non parlare di vari frammenti, e della cinquantina di miei sottoposti che hai appena eliminato. >

< Quindi, > chiese il mago, approfittando della pausa < devo prendere questa visita come una spedizione punitiva? >

Il tizio vestito di nero finse di rifletterci. < Forse. Altrimenti puoi interpretarla in altri modi. Che so, la tua fine, il rapimento della ragazza... >

Wantz drizzò le orecchie. < Potrei offendermi. Cos'è tutto questo interesse per lei? >

< Invidioso? >

< Invoco il diritto d'anzianità. >

< Già, > annuì, scendendo dall'albero e avanzando verso di lui < quanto tempo è che mi sei tra i piedi? >

< Ufficialmente? O intendi anche quando non sapevate di me? >

< Da quando rovini qualsiasi cosa io faccia. > ringhiò, tirandogli un calcio nello stomaco. Wantz cadde sulle ginocchia, stringendosi il ventre con le braccia. Sputò sangue, ansimando. < Allora, Wantz: cosa pensi che sia venuto a fare qui? >

< Scomodare addirittura un membro della Triade... A cosa dovrò mai tanto onore? > si chiese, passandosi una mano sulla fronte sanguinante.

< Oh, nulla di particolare in verità. > rispose l'altro.

< Dovevo immaginarlo, visto che mi hanno mandato l'ultima ruota del carro. >

L'uomo in nero lo sollevò per il bavero, livido di rabbia, gli occhi dilatati e i denti serrati; se lo portò all'altezza del volto. < Gioca pure con la tua vita, mago, ma ricordati della ragazza. > ringhiò.

Wantz sogghignò, guardandolo con sufficienza.

< Attento: qui c'è qualcuno che detesta i carri. >

 

< Forza, Nagesh, fermati. Ti prego! >

Il cavallo si fermò, (cogliendola di sorpresa e rischiando di sbalzarla via) non tanto per l' insistenza della ragazza, quanto perchè, come aveva chiesto il suo padrone, ora erano abbastanza lontani da reputarsi al sicuro. Jillian si chiese se fosse sotto l'effetto di una magia o se avesse davvero capito quello che Wantz gli aveva detto. Non si soffermò su quel particolare inutile, e ragionò sul da farsi. Mentre tentava con scarsi risultati di sgusciare fuori da quel groviglio di lacci di cuoio, provò a convincre a parole il cavallo a muoversi. Con ugual fortuna. Decisamente contrariata, frugò tra le sacche del ragazzo per vedere se ci fosse qualcosa di utile. Tra erbe, polveri, fogli, inchiostro e aggeggi dall'ignota funzione, trovò un coltellino. Conscia del fatto che Wantz non avrebbe apprezzato, tagliò le cinghie; finalmente libera, respirò profondamente per calmarsi. Che fare? Aspettare che Wantz finisse, o venisse finito? Del resto, non era poi così strano che l'avesse mandata via; l'aveva fatto sicuramente per la sua incolumità, però...Si sentiva in colpa a lasciarlo solo. Non che lei potesse portargli un grande aiuto. Forse era la sua solita fobia dell'essere inutile. Però, ormai le era chiaro che era stato lui ad uccidere gli orchi che la seguivano, il giorno del loro incontro; era in debito, e avrebbe voluto aiutarlo in qualche modo, oltre ai soliti inutili ringraziamenti verbali. Sì, ma non è che poi, arrivata lì, gli sarebbe stata d'intralcio? Ma lui ce l'avrebbe fatta da solo? E poi, perchè si faceva tanti problemi? Se era rimasto, voleva dire che aveva i mezzi per sopravvivere allo scontro.

Dentro al vestito, sentì il suo frammento strusciare contro la pelle. Una frase le attraverso la mente.

< Posso capire che tu stia ancora cercando di verificare se sono degno di fiducia o meno. Ma io non pretendo che tu faccia affidamento su di me. Non l’ ho mai chiesto. > Wantz le aveva detto questo dopo l'episodio della peste. E poi...

< Voglio che tu non interferisca con il mio stile di vita. >

< Io non sono qui per giudicarti. >

< Vero, ma neppure per cambiarmi. >

Che cos'era? Che cos'era che lo tormentava?

E lei? Che cosa mai avrebbe potuto fare per lui? Come si può aiutare qualcuno che non vuole essere aiutato?

< Che vuole da lei? Perché si interessa alla ragazza? > [...]

< Io non te lo permetterò, qualunque cosa tu abbia in mente! >

Prese le briglie, e il cavallo partì al galoppo, senza bisogno che lei facesse nulla.

 

Accasciato a terra, Wantz rigettò sangue per l'ennesima volta. In piedi davanti a lui, l'uomo in nero lo fissava con astio.

< Sei un essere strano, Wantz. > Lo guardò, ansimante e stremato, incapace di alzarsi.

< Tu non sei facile da trovare. Ti nascondi a lungo e poi, d'un tratto, ti mostri con assoluta, e sconsiderata, evidenza. Te ne vai in giro senza un disegno preciso. >

< Perchè dovrei? > chiese con un fil di voce, mantenendo però il suo tono ironico < Un pittore ben più abile di me ha già tracciato il mio disegno. >

< E questo non ti sta bene, vero? Tra tutti i tuoi problemi, è la cosa che ti rode di più. Il non essere padrone del tuo futuro. Ti capisco, è una sofferenza atroce. >

Wantz trasse profondi respiri. < Parli del futuro, ma che mi dici del presente? >

< Come? > chiese l'altro < Non ti capisco, parla più forte e non farfugliare. >

< Che razza di presente ha colui che si lascia comandare dagli altri? > disse.

< Non ti sento. > ripetè, tirandogli un calcio sotto il mento per alzargli il viso.

< Io non sono il cane di nessuno. > mormorò, sorridendo placido < A differenza di te, Urien Rheged. >

Livido di rabbia, Urien gli rifilò una sequela di calci, finchè il mago non cadde a terra, ormai allo stremo.

< Come puoi parlarmi così. Proprio tu, che non sei così diverso da me. >

Il viso affondato nel terreno, il cui odore gli riempiva le narici, trovando ancora un briciolo di forza, Wantz rise. < Sbagli. Non sono come te. >

< E in cosa saresti differente? > sbraitò Urien con la bava che schiumava dalla bocca e gli occhi spiritati < Siamo afflitti dalla stessa condanna; impegnati in un progetto in cui siamo finiti per volere altrui e incapaci di uscirne; siamo misere pedine su una scacchiera, e la partita è gestita da altri: ma non possiamo far altro che seguire le direttive dei giocatori, mossi da fili invisibili, finchè non sarà finita. >

< Io > biascicò il ragazzo < sarò anche una nullità, ma... in confronto a te... sono un sapiente. >

Era ormai al limite della sopportazione. Sapeva che non doveva ucciderlo, ma quel maledetto mago giocava con lui. Sarebbe stato così facile dargli il colpo finale...

< Che diavolo farnetichi? >

E, soprattutto, così gratificante...

< Non lo capisci? >

La sua rivincita, finalmente. La rivincita...

< No. Sapiente tu, sciocca pedina? >

... contro quel maledetto ragazzino che, al contrario di lui...

< Sì, perchè io... io non mi rassegno. >

... aveva la forza di opporsi.

Sfoderò la spada, calandola con forza sul corpo privo di forze del ragazzo.

 

***

 

< E allora, qual'è la differenza tra intelligente e sapiente. >

< L'intelligente si rassegna e si accontenta. Ma il sapiente ha in sè quella vena di pazzia mista a genialità che lo spinge ad andare oltre, anche se sa che è perfettamente inutile. >

< Si ricollega a quello che hai detto prima. >

< Sì, maestro. >

 

***

 

Vivas ut possit, quando nec quis ut velis.

Vivi come puoi, dal momento che non puoi vivere come vorresti.

 

Non aveva mai visto una guerra, ma il risultato finale doveva essere simile a ciò che le si presentava davanti. Morti ovunque. Solo che qui non si trattava di soldati, ma di mostri. Il senso di desolazione era lo stesso, però. In mezzo a quelle salme, non vedeva quello che stava cercando. Ma lei non cercava una salma. Oppure sì?

"Dove diavolo sei, stupido magonzolo?" si chiese, cercando in mezzo alla vegetazione. In una piccola radura, vide una macchia scura. Spinse il cavallo in quella direzione, verso quello che aveva tutta l'aria di essere un uomo avvolto in un mantello, a pancia in giù, immobile.

< Wantz! >

Saltò giù senza fermare l'animale e raggiunse il ragazzo. Con sollievo, vide che era vivo. Si chinò di fianco a lui, raggiunta anche da Nagesh; lo girò, poggiando sulle sue ginocchia il capo del mago. Aveva un taglio molto profondo sulla fronte che gli aveva imbrattato faccia e capelli di sangue; ma le ferite erano sparse un po' ovunque, compresa una sulla gamba, piena di terra, che sembrava sulla buona strada per infettarsi. Ansimava, alla disperata ricerca di aria.

< Uhg. > mugolò, per farle capire che era cosciente. Teneva gli occhi chiusi, perchè il sangue era colato fin sopra le palpebre, e aprendoli sarebbe entrato dentro.

< Hai visto? > gli disse, angosciata, scostandogli delicatamente i capelli dalla fronte insanguinata < Sei riuscito a rovinarla lo stesso la giornata, vigliaccheria o no. >

< Forse hai ragione, sai? > biascicò il ragazzo < Dovrei sistemare la frangia. >

Tentò di raddrizzarsi sui gomiti, ma ricadde pesantemente sulle ginocchia della ragazza, esausto.

< Non venirmi a dire che ti hanno ridotto così solo perchè non ci vedevi bene, perchè sono capace di strozzarti seduta stante. > minacciò, ostentando un atteggiamento il più normale possibile. Prese una pezza da una delle sacche appesa alla sella e cominciò a pulirgli il volto, senza riuscire a trattenere il fremito che le faceva tremare le mani.

< Diciamo allora che i tuoi discorsi mi hanno inebetito? >

< Non scaricare la colpa su di me. > sbuffò; sbattè le palpebre, sentendo che gli occhi si inumidivano < Sei l'unico responsabile. Si può sapere che ti è successo? >

Wantz non rispose, inspirando aria; quando Jillian gli ebbe tolto il sangue dagli occhi, li aprì, lanciandole uno sguardo sfinito e vacuo. < Perchè sei tornata? >

Jillian sorrise. < Perchè ti stavi uccidendo. > disse, esattamente come quando lo aveva fermato durante l'incantesimo per gelare i bacilli della peste.

Il ragazzo le regalò un sorriso triste, lo stesso che le aveva fatto dopo la dipartita del "ricordo" dell'Oscuro.

"Non farlo. Non ora. Mi si spezza il cuore a vederti così. Se sorridi solo quando stai soffrendo, non voglio vederti sorridere mai più."

Emise un gemito di dolore, si girò da un lato e sputò una miscela di saliva e sangue. Tutto intorno a lui, il terreno era chiazzato di macchie rosse.

< Sei una bambina disubbidiente. >

< Wantz... > sussurrò, pulendogli le labbra con il panno. < Io... >

< Però adesso ti prego di ubbidirmi. > Ebbe uno spasmo, ma si riprese in fretta. < Va' a cercar legna. >

< Da bruciare? > chiese, stupidamente. Lui annuì, richiudendo gli occhi; adesso respirava più lentamente, come se si fosse rassegnato a non raggiungere l'aria che volteggiava intorno a lui, insensibile alla suo bisogno di respirare. < Non sarebbe meglio se andassi a cercare aiuto? >

Wantz fece una smorfia divertita. < Non preoccuparti di ciò che è inutile. E poi... > tossì < Non è bene lasciare dei cadaveri a marcire. >

Non ne aveva il coraggio. Non aveva il coraggio di chiedergli se i cadaveri da bruciare era quelli degli orchi oppure il suo. Non aveva il coraggio di chiederglielo. Non aveva il coraggio di lasciarlo, per paura di cosa avrebbe trovato al suo ritorno.

< Jillian. Non te lo sto ordinando. >

"Ma se mi guardi così, che altro posso fare?"

 < Te lo sto chiedendo. >

"Non sorridere, ti prego."

Posò la testa del ragazzo sul terreno; esitò un attimo, poi si alzò.

< Va bene. > disse, con malcelata ansia < Farò il più in fretta possibile. >

Si allontanò senza voltarsi, con l'opprimente sospetto che forse il ragazzo era ridotto in quello stato perchè quelle creature cercavano lei.

 

 

Silenzio. No, era diverso, era come se ci fosse una totale assenza di atmosfera, senza aria, senza alcun paesaggio. Ah, era un po' che non vedeva quello scenario.

< Bentrovato, Wantz. >

< Maestro, ditemi... >

< Sì? > lo incoraggiò la voce pacata che ben conosceva.

< Mi domandavo... E' sempre tutto così bianco, qui? > chiese, voltandosi verso di lui.

< Sempre. Può dartene conferma anche la tua giovane compagna. Ogni anfratto della mente in cui si può rifugiare, essere adescati e cadere in stato comatoso è così dannatamente bianco. >

< Sento rancore nella vostra voce. >

< Oh, no > smentì, avvicinandosi al ragazzo < solo un po' di disappunto. Alla lunga annoia, ecco. > La voce pacata apparteneva ad un vecchio uomo coi capelli grigi e una barba stranamente bianca, visto il colore dei capelli; gli occhi azzurri erano vispi, in netto contrasto con l'età che sembrava pesare su tutto il resto del corpo. Indossava una specie di saio marrone, che gli conferiva una parvenza di saggio.

Wantz inspirò. < Era un po' che non venivo qui. >

< Qui non si viene. > lo corresse l'anziano < Si è mandati. >

< Avete ragione. Diciamo che era un po' che non mi capitava di essere saccagnato di botte in quella maniera. >

< Che scurrilità, ragazzo: abbi rispetto per questo luogo di transizione che ora mi funge da dimora. >

< Perdonatemi, è solo che... >

< Preferisci quando sono io a venire da te. >

Il ragazzo annuì. < Quando sono qui, è come se capissi davvero; come se in verità io facessi finta di sapere, e solo la cruda realtà mi costringere ad ammetterlo. >

< Presumo che tutto questo nulla, o assenza del tutto, se preferisci, spinga alla riflessione. >

< Già. E quando sono qui, mi chiedo perchè... Perchè io sono qui, sapendo che al di là c'è la morte, e ogni benedetta volta... Mi tormenta più che mai, perchè lei è riuscita ad uscire da una situazione analoga da sola, mentre io... >

< Wantz. >

< Sì? >

< Che diamine ci fai ancora qui? >

 

 

Perchè? Nella profezia era scritto che "loro ce l'avrebbero fatta". E dunque? Era già tutto finito?

Raccolse un ramoscello, caricandoselo in braccio insieme agli altri. Per ora poteva bastare; non poteva portarne altri, ameno. Avrebbe portato quelli e poi, nel caso, sarebbe tornata a prenderne altri.

Non riusciva a voltarsi. Non voleva tornare per timore di ciò che avrebbe potuto trovare. Vigliacca.

Siamo citati nella profezia, si diceva. Nel frammento di Wantz. Era scritto. "Sarà difficoltoso. Molto difficoltoso. E lungo. Molto lungo." A lei quelle due settimane e mezzo passate con il mago non sembravano affatto un tempo così lungo.

Era passata almeno mezz'ora. Visto il tempo trascorso, la legna raccolta era davvero in quantità ridicola. La verità era che perdeva tempo per non dover tornare. Non sopportava il pensiero che, dopo l'illusione di poter portare avanti un compito così importante con qualcuno, ora si ritrovasse nuovamente sola, e con un fardello così pesante.

Non ci riesco.

Non poteva certo tornare da Margareth con le pive nel sacco e ammettere che si era smagliata. Sbagliata un corno. Dopotutto, era citata nella profezia. Sì, certo, una profezia che recita "Una convivenza forzata, ma necessaria alla risoluzione finale". Poteva anche forzarla un po' più a lungo, questa convivenza. Ho beccato l'unica profezia fallata della storia.

E poi lui è così dannatamente incomprensibile... Perchè accetta di lasciarsi morire così? Forse perchè pensa che non importi a nessuno? Tu stesso mi hai fatto capire che non ti importa il parere degli altri  ma non hai il diritto di fare una cosa così assurda. Perchè io la giudico assurda. Può non importarti il mio parere, ma non ignorarmi. Non fare come se non ci fossi. Non farmi capire che non ti importa di me.

Va' e controlla!

< Non preoccuparti di ciò che è inutile. >

Perchè? Perchè ti consideri inutile?

La legna le cadde di mano, finendo a terra. Trattenne il fiato, e con esso le lacrime che si facevano prepotentemente sentire.

Un rumore di passi alle sue spalle. Neppure il tempo di girarsi, di capire che era arrivato qualcuno, che questi le rivolse parole scocciate.

< E allora? >

 

 

Perchè? Perchè nessuno mi fa pesare questi miei atroci errori?

Non merito neanche il vostro biasimo?

< Nella grande saggezza c'è grande dolore e chi incrementa il proprio sapere incrementa il proprio dolore. >

Qaunta verità in quelle vostre parole, maestro.

Solo ora lo capisco.

< Diu vivendo multa quae non vot videt. >

Vivendo a lungo, uno vede molte cose che non vorrebbe vedere.

Vero anche questo. E si fanno molte cose che si vorrebbero evitare.

< Quella specie di coraggio ridicolo che si chiama rassegnazione. >

Oh, ma io l'ho sempre detto, che sono un gran vigliacco. Non mi rassegno.

Nè ora nè mai.

Vivas ut possit, quando nec quis ut velis.

Ora e per sempre.

 

 

Il mantello nero lungo sino ai piedi. La spada che penzolava inerte lungo il fianco sinistro. La tracolla sempre al suo posto, come un fossile. I capelli irrimediabilmente scompigliati. Una visione abituale che diviene di colpo del tutto inattesa.

< Tu... sei... >

Appoggiato ad un albero, il capo chino, il fiato corto, chiaramente stanco e dolorante, a mala pena in grado di reggersi sulle gambe, ma decisamente...

< Vivo! >

Wantz si lasciò sfuggire un verso divertito.

< Mi sembra di avertelo detto, no? > Alzò il volto, rivelando due occhi nuovamente pieni del disprezzo e della malizia che li caratterizzavano. < Io non posso morire. Non ancora. >

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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