Film > King Arthur
Segui la storia  |       
Autore: Gertie    01/05/2007    4 recensioni
“Cosa farai quando sarai adulto?”
“… Il cavaliere.”
“E tu?”
“Anche io farò il cavaliere.”
“E massacreremo i sassoni insieme!”

La storia di Elynor, la sorella adottiva di Lancillotto.
Genere: Romantico, Drammatico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo Undicesimo
Nel quale c'è una rimpatriata attesa da molto

Mi precipitai al suo fianco.
Aveva gli occhi chiusi, ma respirava piano.
Gli accarezzai il viso.
“Ehi… Sono qui. Sono tornata a cercarti!” gli sussurrai.
Lui mormorò qualcosa di incomprensibile in risposta, così io mi alzai e corsi verso il fiumiciattolo.
Utilizzai l’elmo come recipiente di fortuna, e, tornata da Lancillotto, lo accostai alla sua bocca perché potesse dissetarsi e riprendere almeno un po’ di energia.
Gli tolsi prudentemente l’armatura, e lavai le sue ferite, che erano numerose e in più punti.
Una in particolare aveva un aspetto preoccupante.
Un taglio profondo sul torace. Il sangue aveva smesso di fluire e si era seccato.
Strappai un pezzo del mantello e lo bagnai. Pulii la ferita e cercai di preparare una fasciatura abbastanza resistente.
Il sole ormai era quasi calato dietro le montagne, e i pochi raggi coloravano il cielo di arancione e di sfumature violette.
Dovevo sbrigarmi.
Potevo caricare Lancillotto su Graeth e tornare al villaggio da Merlino… Ma era troppo rischioso.
Il cavaliere era molto malridotto. Non sarebbe riuscito ad affrontare il viaggio.
Decisi di accamparmi alla bell’e meglio accanto al fiume.
Tentai di accendere un fuoco, ma siccome non ero molto esperta, mi ci vollero innumerevoli tentativi.
Alla fine, con le mani sbucciate e tremanti, riuscii ad ottenere un filo di fumo che si sprigionò dai due legnetti che avevo insistentemente sfregato.
Poco dopo, un’allegra fiamma crepitava sul suo cumulo di sterpi secchi.
Sfoderai uno dei miei pugnali d’osso e mi sdraiai sulla riva del fiume.
In un’ansa dove la corrente si faceva meno violenta, riuscii ad individuare una piccola trota.
Rammentando i preziosi insegnamenti della sopravvivenza Woad, riuscii a catturarla e ad ucciderla.
Abbrustolii la preda sulle braci.
Era un ben magro bottino, di carne ce n’era poca, e decisi senza esitare di lasciarla a Lancillotto.
Un boccone dopo l’altro, gliela feci mangiare tutta quanta.
Levai il sottosella di Graeth e lo usai per coprire il corpo infreddolito del cavaliere.
Mi avviluppai nel mantello, afferrai la mia daga e mi appostai accanto al fuoco per fare la guardia.
Il buio calò in una coltre silenziosa, e io mi persi a osservare le fiammelle che guizzavano schioccando.
“…Elynor…”
Trasalii.
Si era ripreso?
Mi avvicinai con cautela a Lancillotto.
Aveva gli occhi aperti. E brillavano taglienti.
“Sono già morto… Il mio angelo…”
Con un sorriso lo riportai alla realtà.
“Ehi, non sono un angelo, tu non sei morto. Stai soltanto farneticando.”
Per sicurezza appoggiai il palmo della mano sulla sua fronte. No, niente febbre per fortuna.
“Come… Stai?” gli domandai, e mi sentii stupida.
Come doveva stare, dopo che i sassoni lo avevano conciato per le feste??
“Mhm… Un po’… Intorpidito.” mi rispose, ridendo sommessamente.
Gli rimboccai la coperta improvvisata.
“Freddina questa notte, eh?” disse, con una smorfia “Ho il naso congelato.”
“Aspetta…” mi levai il mantello dalle spalle e lo stesi per bene sopra il sottosella.
L’aria gelida mi graffiò come una lama appuntita.
“Elynor, tremi come una foglia. Vieni qua.” il suo tono era premuroso ma autoritario.
Mi fece un po’ di spazio, e io mi accoccolai accanto a lui.
Lancillotto alzò un braccio, e mi circondò dolcemente le spalle, stringendomi a sé.
Avvampai, e lui scoppiò in una risata.
“Sei un buffone…”
“ Tu invece sei troppo scostante.”
“Lo dico e lo ripeto: buffone!”
“E tu allora ti imbarazzi sempre per tutto!”
Rimasi zitta.
Lui si voltò a guardarmi e sorrise.
Mi rannicchiai contro di lui, e posai la testa nell’incavo della sua spalla.
“Una… Duuuue… Tre! … Quattro…”
“Che cosa stai contando??” gli chiesi, ridendo.
“Le stelle cadenti. Ce ne sono moltissime stasera.”
Guardai in su. E misi mozzò il fiato.
Era uno spettacolo meraviglioso.
“Ti ricordi che Uwaen ci diceva sempre di esprimere un desiderio quando ne vedevamo una?” gli sussurrai.
“Certo.”
“E… Che cosa hai espresso??”
“Non si può dire, se no il desiderio non si avvera.”
“Uffa.”
Silenzio.
“Ma neanche un indizio?”
“No.”
“Daiii!”
“Nooo.”
“Per favore!”
“Ti ho detto di no! Non fare la bambina capricciosa!”
“Ma ne hai viste quattro! Io te ne chiedo uno piccolo piccolo…”
Lancillotto ghignò, e scosse la testa ricciuta.
“Sei un brutto egoista, ecco cosa sei.” berciai indispettita.
“Se proprio lo vuoi sapere, ho chiesto quattro volte la stessa cosa!”
“E allora? Anche se sacrifichi un desiderio ce ne sono altri tre uguali che si possono avverare!” dissi, orgogliosa della logicità dell’osservazione, sebbene mi stessi arrampicando evidentemente sugli specchi.
Lui si arrese.
“Ho chiesto… Di poter rimanere per sempre con te.”
Avvicinai timidamente il mio viso al suo, dimentica di tutto ciò che mi circondava, e lo baciai.
Quanto avevo sperato di sentire ancora le sue labbra morbide sulle mie.
Socchiusi gli occhi, e fu allora che la vidi.
Una stella cadente. La mia stella cadente.
“Sai una cosa?” dissi a Lancillotto, poggiando il capo sul suo petto “Non hai bisogno di quel quarto desiderio… L’ho espresso io per te.”
Lui prese ad accarezzarmi i capelli.
Cullata dal suo respiro, mi addormentai.
Scaldata dai tiepidi raggi del sole, aprii gli occhi.
Era l’alba. La più bella che avessi mai visto…
Mi girai per controllare Lancillotto, e constatai con un fremito di preoccupazione che non era più accanto a me.
Scattai in piedi, e mi guardai attentamente intorno. Anche l’armatura era sparita.
“Ma dove diavolo è andato a…”
“Buongiorno!!”
“Aaaaaaaahh!” strillai.
Eccolo, che mi era spuntato alle spalle e mi aveva urlato nelle orecchie.
“Folle! Mi hai spaventato a morte!”
“Mai abbassare la guardia…” sentenziò lui, alzando un sopracciglio.
“Sei sempre il solito…” sbuffai “Comunque dobbiamo incamminarci, il villaggio di Merlino non è poi così vicino… Dovremo cavalcare per un po’. Tu sei pronto?”
Lui assunse un’aria scocciata.
“E non ho neanche fatto colazione…”
Montammo in sella a Graeth. Lui davanti, e io dietro tenendo le redini.
“Oh, andiamo, lascia che lo guidi io!”protestò Lancillotto.
“Senti non fare il bambino, Graeth obbedisce solo a me! Tu pensa solo a non volare per terra…” lo rimbeccai.
Diedi di sproni, e lo stallone partì al trotto.
Riattraversammo il campo di battaglia devastato.
“Senti…” azzardai “Ma… Cos è successo dopo che mi hai affidata a Merlino?”
Ci fu un attimo di silenzio.
“Ho continuato a battagliare, finché…” si interruppe lui.
“Finché?”
“… Finché non ho visto Tristano.”
Tristano!
Una morsa mi serrò lo stomaco. Non lo avevo visto nella capanna…
“Cos è accaduto a Tristano??”
Lancillotto esitò.
“Lui è… Lui è… Lo hanno ucciso…”
Provai un senso di nausea, e chinai la testa contro la schiena di Lancillotto.
Quanto ci voleva perché quella pazzia finisse? Quante vittime ancora?
Ingoiai le lacrime.
“E poi?”
“Stava combattendo contro Cerdic, il capo sassone… Ma non ce l’ha fatta. Ho cercato di aiutarlo ma… Mi hanno accerchiato, e uno mi ha tirato un colpo d’ascia al torace…”
Trasalii.
Cercai disperatamente di non immaginarmi la scena.
“Cerdic è morto. Lo ha sgozzato Artù.”
Provai una rabbia sorda.
Non sentivo neanche un briciolo di pietà per quell’essere abominevole…
Artù aveva vendicato il suo compagno. Io avrei fatto lo stesso.
“Ha fatto bene!” pensai decisa.
Verso mezzogiorno giungemmo in prossimità del villaggio.
Scorsi Merlino correrci incontro, così balzai giù di sella.
“Elynor! Piccola incosciente… Stanotte non ho chiuso occhio!” mi abbracciò stretta e mi arruffò i capelli.
Poi aiutammo Lancillotto a scendere, e io lo accompagnai fino ad un giaciglio dove si sarebbe dovuto sdraiare per sottoporsi alle cure dello sciamano.
Sentii delle urla di gioia e la porta della capanna si spalancò.
Qualcosa di grosso e robusto mi afferrò per la vita e mi sollevò in aria.
Era Bors!
“Sana e salva! Finalmente!” esclamò sghignazzando.
Sopraggiunsero Galahad e Galvano e ci fu un abbraccio stritolatore di gruppo dal quale uscii piuttosto indolenzita.
Ma non ebbi il tempo di riprendermi che qualcuno cozzò contro di me e mi trascinò a terra.
“Ginevra!”
“Elynor… Sorella mia!!”
Scoppiammo a ridere lì, sdraiate per terra.
“Che bello rivederti…” mi baciò le guance e mi aiutò a rialzarmi.
Barcollai, sorridendo.
Dietro di lei era entrato Artù.
Se ne stava appoggiato al muro, e aveva un’aria seria.
Mi avvicinai silenziosamente tenendo lo sguardo puntato sui miei sandali.
“Salve, comandante.” articolai.
Alzai gli occhi e mi specchiai nelle sue magiche iridi verdi.
Per un momento nessuno dei due disse una parola.
Poi la commozione ebbe il sopravvento, e con gli occhi pieni di lacrime mi strinse a sé.
“Bentornata. Bel lavoro.”
Ci fu una risata generale.
Eccomi, con la mia famiglia tutta raccolta in una stanza.
Merlino, Ginevra, Lancillotto, Artù, Galvano, Galahad e Bors.
Non c’erano persone migliori di loro al mondo.
Quella sera andai a far visita alla tomba di Tristano, che era stata costruita al limitare del villaggio.
Mi sorpresi.
Sulla sua spada, conficcata nella terra, se ne stava appollaiato il falco.
Gracchiava in modo straziante.
“Ehi… Amico.” mormorai, inginocchiandomi vicino al tumulo “Il tuo padrone ora sta bene… E’ libero!”
Il falco per tutta risposta cercò di beccarmi la mano che avevo teso in segno di amicizia.
“Ti capisco. Ma sai cosa raccontava Uwaen, a casa mia?” l’uccello smise di gemere e mi fissò con il suo sguardo penetrante.
“I cavalieri morti in combattimento si reincarnano in forti e meravigliosi cavalli. Ho idea che rivedremo presto Tristano…”
Il falco zampettò fino a me e mi volò sulla spalla.
Gli accarezzai le piume.
Il sole rosso galleggiava nel cielo. Stormi di rondini svolazzavano garrendo.
Era incredibile come i miei sentimenti fossero in relazione con la natura; ora mi sentivo pervasa da un senso di pace e speranza. Il peggio era passato, e anche se portando cicatrici indelebili, la vita sarebbe continuata.
Una leggera brezza mi scompigliò i capelli.
Il falco fischiò.
“Hah! La senti, vero?! E’ lei, la musica degli alberi…” sussurrai, quasi commossa.
L’uccello si alzò in volo sopra i pini.
Sorrisi.
“Addio Tristano, veglia su di noi.”
Quella sera ci fu una festa, al villaggio. Merlino aveva fatto preparare un grande banchetto, spessi tavolacci e panche di legno erano state disposte in uno spiazzo verde rischiarato da numerose fiaccole conficcate nel terreno.
Vanora e le altre donne avevano cucinato tutto il giorno, e ora arrosti di tutti i tipi si abbrustolivano sui falò, che scoppiettavano per il grasso colante dalle carni.
Alcuni anziani si erano piazzati su un palchetto, e accordavano i loro strumenti.
Io me ne stavo su una staccionata con Graeth al fianco, che soffiava dalle sue narici morbide e pareva anche lui percepire l’allegria dei preparativi.
Lancillotto era seduto sotto un albero; Merlino lo aveva curato con alcune erbe medicinali, e le ferite ora erano coperte da bende bianche e pulite. Una folla di bambini gli si era radunata attorno.
“E’ vero che hai ucciso ottanta guerrieri?”
“Mi fai vedere le tue spade??”
Lui scoppiava a ridere, e raccontava di come aveva tagliato le trecce al capo dei sassoni con un rapido “zac zac”.
Ad un tratto, una bambina si staccò dal gruppo, e mi venne incontro.
“Ciao.” la salutai, facendo un cenno con la mano “Cosa posso fare per te, piccolina?”
Lei assunse un’aria imbronciata.
“Non chiamarmi piccolina! Io sono Eve e diventerò una guerriera!”
“Ma davvero?” domandai, e mi chinai sulle ginocchia.
“Sì! E avrò un cavallo bellissimo… Come… Come il tuo, ragazza Woad!” esclamò lei, risoluta.
Ebbi una fulminazione.
Non era che la bimbetta che avevo incontrato alla tenuta di Mario.
“Chiamami Elynor…” le sorrisi, e le carezzai la testa.
Al tramonto, furono accese decine e decine di fiaccole ardenti, che baluginavano nell’oscurità proiettando ombre lunghe sul terreno.
Io e Ginevra ci eravamo barricate in una capanna per prepararci al lieto evento, e la mia amica aveva gettato su un letto tre vestiti semplici e nel contempo eleganti. Uno blu oceano, uno verde prato, e l’altro rosso fuoco.
Avevo l’imbarazzo della scelta!
“Senti sorella… Io non so proprio quale mettermi… Insomma, dai, mi ci vedi con uno di questi??” balbettai.
Lei mi strizzò l’occhio.
“Ah, bè, mentre tu stai lì a pensare io mi prendo quello verde!” e scoppiò a ridere fragorosamente.
Avvampai.
Poi pensai a quella sera, quando ero entrata nel salone dove i cavalieri di Artù stavano cenando, e Tristano…
Lui si era accorto del mio cambiamento.
Abbassai gli occhi.
Non era più tempo di armature e spade. Era arrivata la tanto sospirata pace…
Avrei dovuto abbandonare la mia tenuta da guerriera, e calarmi nei panni di una vera donna.
Mi slacciai la cintura, e la avvolsi con cura attorno alla mia bella daga.
Una lacrima calda fece capolino dalle ciglia.
Anche se avevo una nuova vita da cominciare, dentro di me sapevo che non avrei mai dimenticato… Quei terribili eventi ci avevano segnati tutti, ed era giusto ricordare, anche se faceva male.
Mi strinsi l’arma al petto per qualche minuto,e poi la appoggiai con delicatezza sul letto.
“Okay, vada per quello blu!” esclamai decisa.
Ci cambiammo tutte e due, veloci come fulmini, e poi ci acconciammo i capelli in una maniera un po’ più decente e meno arruffata del solito.
Quando uscimmo all’aria fresca era già buio, e la gente si era già radunata ai tavoli; c’erano un sacco di pietanze buonissime, e mangiai a quattro palmenti sotto lo sguardo divertito di Merlino, seduto a capotavola.
Ad un tratto, finito un piatto di carne, si alzò e andò fino al posto di Lancillotto, che era al fondo della tavolata.
I due confabularono per alcuni minuti, dopodichè lo sciamano si spostò da Artù e ricominciò a parlottare.
“Ma che diavolo si staranno dicendo quelli? Non mi convincono affatto…” mormorò Ginevra, passandomi una coppa di squisito nettare.
Dopo il banchetto, la piccola orchestra cominciò a suonare.
Ginevra fu invitata da Galvano, e io feci un allegro giro di danze con Galahad.
Lancillotto invece era stato subito acchiappato al volo da un’anziana signora, che arzilla saltellava da una parte e dall’altra, trascinandosi dietro il cavaliere sconcertato, tra le risate dei suoi compagni.
Arrivò poi Bors, che con un amichevole spintone mandò gambe all’aria Galahad.
“Allora, adesso levati dai piedi, razza di donnaiolo! Tocca a me!” disse, e i due scoppiarono a ridere di gusto, poi Bors mi fece una specie di inchino “Vuole farmi l’onore di un ballo?”
Sorrisi.
“E come potrei rifiutare?”
Dopo un po’ che il cavaliere mi pestava i piedi, arrivò Vanora che lo prese per un orecchio.
“Non posso lasciarti solo un momento che tu vai a fare subito il cascamorto con questa bella giovinetta qui…” lo rimproverò, e poi mi rivolse un’occhiata “Che bella sei, Elynor, quel vestito ti sta proprio bene!”
Ringraziai arrossendo, e presi le mani che Galvano mi tendeva, per lanciarmi in un altro giro di danze.
Mai mi ero divertita così tanto…
In mezzo alla folla ritrovai Ginevra.
“Ehi, hai visto Artù? Io non riesco a trovarlo…”
“Ehm… Veramente è da un po’ che cerco Lancillotto, ma non lo vedo qui in giro!”
Ci guardammo.
“E Merlino dov’è finito??”
“Quel furbastro, ne sta combinando una delle sue!”
Ad un tratto i musicisti smisero di suonare.
Riconobbi proprio lo sciamano salire i gradini del palchetto di legno, e piazzarsi al centro con le braccia tese.
“Cari amici!” esclamò “La guerra è finita, abbiamo festeggiato come si deve… Anche troppo direi, riesco a sentire il mio stomaco che implora pietà!” ci fu un coro di risate “Non c’è che dire, le nostre amate cuoche si sono superate…” si levò un applauso.
Merlino congiunse le mani.
“Ma questo è un momento solenne… Elynor! Ginevra! Venite avanti!”
Ebbi un tuffo al cuore, quando sentii il mio nome, mentre mi facevo largo tra la folla assieme alla mia amica.
Entrambe fummo spinte sul palco. Tutti ci guardavano in silenzio.
“Oh… Siete uno splendore, bambine mie…” disse Merlino sorridendo “Ma… C’è qualcuno che deve dire qualcosa…”
Vidi la gente spostarsi per formare un corridoio, che fu attraversato da Artù e Lancillotto.
“Ma che succede?” pensai, confusa. Guardai i due uomini; avevano lucidato le armature, si erano preparati…
Ma per che cosa??
Centinaia di occhi si puntarono su noi quattro e su Merlino, che prese me e Lancillotto alla sua sinistra, e Artù e Ginevra alla sua destra.
Ad un tratto, Lancillotto si inginocchiò.
Impallidii…


Eccomi, di nuovo all'attacco con questo capitolo sdolcinato ^^ Eheheh, scusate se è stato melenso, forse mi sono lasciata prendere la mano!
Sono molto contenta che siano arrivati Calorosi Complimenti da
Cappychan e Iris Malfoy! Vi ringrazio molto per il sostegno!
Devo avvisarvi però, purtroppo la storia è agli sgoccioli, sniff... Ebbene sì, la mia prima creazione è quasi giunta all'epilogo. BUAAA! No, scherzo, non posso deprimermi, se no come faccio a concluderla per bene??
Aspetto suggerimenti!

Gertie
  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > King Arthur / Vai alla pagina dell'autore: Gertie