Seven Days
Mercoledì
Un qualche vecchio incantesimo latente dei gemelli Weasley
risalente al tempo della guerriglia del quinto anno doveva essersi
improvvisamente risvegliato: quando Hermione scese a colazione, la mattina di
mercoledì, trovò tutte le vetrate della Sala Grande
tinte di un triste grigio sporco, mentre la cupola incantata mandava lampi e
tuoni. E
Tanto più che, ad avvalorare l’ipotesi del vecchio
incantesimo, tutti gli studenti della Sala potevano dilettarsi di una
proiezione magica della cara Umbridge – la quale
volava sul soffitto trasfigurato, mostrando a tutti un
notevole paio di mutandoni a quadretti rossi e
azzurri, con qualche sporadico cuoricino verde qua e là.
Tutti erano rotolati giù dalle sedie inneggiando un coro
ai due gemelli, e per quanto la sua rigida immagine glielo permettesse, anche
Minerva Mc Granitt sfoderava un inequivocabile sorriso di divertimento.
Pessima giornata, pensò Draco Malfoy.
Per un attimo, fu sfiorato dalla tentazione di andare a
togliere qualche punto ai mocciosi Gryffindor, in memoria della Squadra
D’Inquisizione: tuttavia non si mosse dal suo tavolo.
L’improvviso pensiero della professoressa di
trasfigurazione, la cui espressione poteva facilmente commutarsi in qualcosa di
veramente spaventoso, lo trattenne da qualsiasi movimento o azione sospetta.
Si limitò a mandare un salutino verso Dolores Umbridge, sperando che al S. Mungo i
pasti fossero per lo meno decenti.
- Pensi a qualcosa, vecchio mio? –
La faccia irritantemente divertita di Blaise gli provocò
una dolorosa fitta alla tempia sinistra. – Parla piano, dannazione! Lui non
dorme mai! –
- Chi, il tuo cervello? Strano, avrei detto spontaneamente
il contrario. –
- Stavo parlando del – rispose
piccato Malfoy. Fu costretto ad interrompersi per via di un’altra fitta che gli
torturò – per dovere di parcondicio – la parte destra
del volto.
- Proprio non ti capisco. Dici sempre che le mattine sono estremamente noiose, qui a Hogwarts, e poi, quando succede
qualcosa di buffo, non fai altro che lamentarti. – nel mentre,
Zabini si servì di un abbondante razione di formaggio fuso, il cui tenace odore
raggiunse le delicate narici di Malfoy, che si ritrasse inorridito.
- Tutta colpa di mia madre… -
- Ma chi,
- Il mal di testa, idiota. – lo rimbeccò. – Dannazione,
Blaise, non fai che aumentarlo! –
- Aa. – intese finalmente
l’altro. – E io che mi aspettavo qualche rivelazione
scottante. –
- Deluso? –
- Solo parzialmente. – si schernì lui. – Devi ancora
raccontarmi che cosa facevi ieri sera fuori dal
dormitorio. –
Draco alzò gli occhi grigi su di lui, ben cosciente del
fatto che non avrebbe potuto liquidarlo con due sole misere parole. Per quanto
orribile fosse tale prospettiva, avrebbe dovuto raccontargli tutto dall’inizio.
Anche se implicava il rivangare quel problematico
incontro di boxe tra lui e l’intero dormitorio Gryffindor, per non parlare
dello schiaffo della Granger, o del viso istupidito di Weasley.
Troppe cose orrende in una volta.
Il mal di testa di Draco, da dentro il suo cervello,
sguainò un ghigno orrendo.
Malfoy non poté far a meno di reprimere un brivido di
terrore. Nemmeno la mutande della Umbridge
potevano arrivare a tanto.
*°*
Quando Hermione Granger giunse in Sala
Grande, la prima cosa che pensò fu che avrebbe dovuto rimettere a posto tutto
quel macello, e la cosa non rappresentava di certo una prospettiva piacevole.
Fece scorrere subdolamente lo sguardo sulla tavolata Slytherin per cercare un
inconsapevole volontario che l’aiutasse nello
scioglimento dell’incantesimo. Theodore Nott era sempre stato bravo in quella
materia, ma si sentiva decisamente impreparata per uno
scontro diretto con lui, giacché non riusciva nemmeno a guardare in faccia
Harry – ed era noto, che il legame che aveva con i due fosse molto, molto
diverso.
Alla fine strisciò rassegnata fino alla propria tavola, proprio mentre – secondo gli schemi della cupola impazzita –
iniziava a piovere a catinelle.
La situazione artistica era addirittura peggiorata: per
ripararsi dalla tempesta, Dolores Umbridge aveva
aperto un grazioso ombrellino a trine e merletti che, ovviamente, essendo
traforato, forniva ben poco riparo. Il che, comunque,
confermava in maniera tragicomica la stupidità dell’ex professoressa.
Quando riabbassò lo sguardo depresso sul
tavolo, Hermione si accorse con orrore che il suo the era stato condito con un
grazioso confetto di grandine.
Pessima giornata, commentò tra sé e sé.
Ron continuava ad ignorarla, e rifiutava qualsiasi tipo di
contatto. Harry, a causa della sua natura schiva, si era ritenuto in pericolo,
e si era chiuso a riccio in sé stesso.
Proprio quando stava meditando di lasciare quella fiera di
stramberie in cui si era tramutata
La lettera era di Draco Malfoy:
A stasera, alla
torre di astronomia.
Sbuffando, crollò il capo. Il rapace, nel
mentre, le beccò la mano sinistra, piuttosto irritato per non aver
ancora ricevuto il suo compenso. Hermione ululò di dolore. Malfoy, seppur
concentrato nella lotta contro il suo mal di testa, rise apertamente.
Hermione ebbe l’idea finalmente che voleva. – Professoressa
Mc Granitt, - disse – Professoressa Mc Granitt, il
Caposcuola Malfoy mi deride apertamente. Ritengo che una punizione sia più che
necessaria. –
Il ghigno sul volto dello Slytherin si spense
abbastanza rapidamente, così come la linea delle labbra dell’insegnante sparì
nell’incavo di quella smorfia di disappunto.
- Ha perfettamente ragione, signorina Granger. Lascio a
lei la decisione finale. Intanto, faccio sgombrare
Roba da matti, pensò Malfoy. Adesso non ci si poteva
fidare nemmeno dell’imparzialità degli insegnanti.
Mentre la donna se ne andava, il
sorriso di Hermione aumentò di pari passo alla sua soddisfazione. Nello
specifico, le parole “soluzione finale” gliene davano molta, anzi moltissima.
Malfoy doveva aver intuito pressappoco la stessa cosa, in
quanto, il più silenziosamente possibile, le aveva dato
le spalle e si era mischiato alla folla uscente.
- Accio Malfoy! – dannazione. Era proprio vero che le cose più semplici erano anche
le più diaboliche. Non senza un certo piacere Hermione si ritrovò a fissare il
biondo, sdraiato per terra davanti a lei, un’espressione distrutta dipinta sul
volto, e la mano sinistra che artigliava ferocemente – ma con scarsi risultati – la propria bacchetta, ottenendo solo di far
tremare tutto l’arto violentemente.
- Maledizione Granger, potresti
anche essere un poco più delicata. Tutti dicono bene di te, ma non ti hanno mai
visto all’opera! – grugnì poco finemente, rimettendosi in piedi, tutto
impolverato. – Ma non la pulisce più nessuno, questa
sala? Stupidi elfi domestici, esseri inutili. – si accorse con qualche secondo
di ritardo di aver decisamente toccato il tasto
sbagliato.
Improvvisamente si ricordò di una
cosa: lui era in punizione. Con
Non parlare male degli elfi domestici, annotò sul suo taccuino mentale.
Non prima di averla
privata della sua arma, almeno.
*°*
- Così, volevi vedermi. – Hermione
iniziò il discorso con un tono volutamente casuale, lo sguardo puntato sulla propria
bacchetta, mentre tentava inutilmente di raggiungere la concentrazione
necessaria per eliminare l’incantesimo. – Ieri sera, non hai voluto dirmi
niente, infine. –
- Tu in compenso mi hai mollato un
ceffone non irrilevante, Granger. Quelle manacce da Mezzosangue dovrebbero
rimanere al proprio posto. Oppure, visto che tieni così tanto
a quei cari elfi domestici, potresti
adoperarti per diminuire il loro lavoro nel castello. -
- Cos’è Malfoy, ci tieni così tanto ad essere schiantato? –
Malfoy decise di no.
- Il piano che volevo esporti è
relativamente semplice. – precisò – Sempre che tu sia
in grado di capire una cosa del genere.
–
- “Sempre che tu sia in grado di
capire una cosa del genere.” – lo scimmiottò lei, ostentando una vocetta stridula. – Perché Malfoy, riesci comprendere
parole che vadano al di là dei campi semantici del
tipo “sesso”, “ragazza”, “relazione”, o “mezzosangue”? –
Lui rise. La
risposte della Granger, sempre a metà tra il sarcastico e il saccente,
sempre capaci di colpire nel punto giusto, lo facevano divertire. Era quasi
orgasmico stare lì ad osservare quella ragazza pretenziosa, invincibile se
opportunamente sfidata su alcuni campi, che si dibatteva
nell’imbarazzo di pronunciare certe sacre parole.
Hermione Granger era forte.
Lo sguardo dorato non tradiva alcuna incertezza, eppure Malfoy era certo di avervi scorto
un bagliore di fragilità qualche istante prima, quando si era esposta con
quella fastidiosa eppure necessaria domanda. Comunque,
non le fece notare niente di tutto ciò, perché Draco Malfoy era una persona
furba, e le persone furbe evitavano prudentemente ogni tipo di donna
pericolosa. A meno che non si fosse trattato di un
pericolo sessuale – allora la
questione sarebbe stata diversa, e Malfoy non sarebbe stato ancora così tanto
vestito.
In ultima analisi, Hermione
Granger era pericolosa – in senso letterale – e sfidarla ad una gara di schiantesimi era una cosa rischiosa: quasi quanto dire che Ron Weasley aveva un cervello. Gli Slytherin erano
abituati a dire bugie, grosse bugie, ma quella era
assolutamente un’esagerazione. Dunque, Draco Malfoy sapeva dire
bugie – a parte sostenere che Ronald Weasley era intelligente, perché
esagerazione era solo un eufemismo a riguardo – e non si fece alcun problema a
pronunciarne un’altra, quella mattina.
- Ovviamente sì. – il che era anche abbastanza vero. Lui parlava anche del quidditch, quindi poteva ritenersi soddisfatto: non avendo
ancora detto una grossa bugia alla
Granger, poteva permettersi di dirne una ora.
- Senti Granger, parliamo chiaro:
questa cosa non piace a te quasi quanto non piace a
me. –
- E
suppongo che dovrei ringraziarti per l’immenso sforzo a cui ti stai
sottoponendo ora, dunque. –
Malfoy parve considerare la
questione per qualche istante, infine alzò le spalle, sottolineando
il movimento con un broncio nichilista. – Mha,
come preferisci. –
Il sopracciglio sinistro di Hermione, se ne avesse avuta la
possibilità, si sarebbe addirittura ribaltato, al posto di convergere
leggermente verso l’interno del viso. Comunque, la piega
doveva essere abbastanza esplicita da convincere l’altro a stare zitto. – Cosa vuoi Malfoy? –
- E’ semplice: che tu diventi la
mia ragazza. Per finta, ovviamente. –
- Certo. –
- Bene, allora ci vediamo. –
sventolò una mano in saluto, e si allontanò verso la porta della Sala Grande.
- Accio Malfoy! –
Ormai richiamare i propri compagni
d’anno con la voce doveva essere una moda decisamente
superata, concluse il biondo. Quella dell’incantesimo di richiamo era
un’abitudine particolarmente scomoda, oltre che dannosa.
- Granger…
-
- A volte la tua idiozia mi
commuove, Malfoy. – scandì secca. – Come puoi
pretendere che io accetti una cosa del genere? –
- Ieri sera pareva pronta a tutto.
–
- Questa cosa trascende decisamente il mio concetto di tutto. Scordatelo. –
Un ghigno gli distorse il volto,
tanto che gli parve quasi una scena da film. – Pensaci, MezzoSangue.
Abbiamo bisogno di trovare un argomento in comune a tutti e
due, che li faccia discutere. –
-E dunque? – quel sopracciglio stava
diventando fastidiosamente privo di inibizioni, e
pareva vagare sul volto dell’altra, disperso.
- Noi siamo l’argomento in comune.
–
- Malfoy,
dimentichi un particolare: io ti odio. –
Lui alzò le spalle, scrollandosi di dosso tutta la polvere del pavimento. –
Come se potessi dimenticarlo. Ma il tuo amore
per Potter supera anche l’odio che provi per me. –
Hermione parve riflettere per qualche
istante, la schiena curva e gli occhi assenti. Come poteva spingersi tanto in
basso, quando aveva rimproverato a Ronald quella stessa debolezza qualche tempo prima?
In fondo Malfoy
aveva detto la verità. Lei voleva bene ad Harry come ad un fratello
minore, un fratello minore da proteggere.
- Va bene. –
- Allora siamo d’accordo. –
- E… Malfoy? –
Lui si voltò,
aveva un viso tranquillo. – Sì? –
- Come… come speri di farlo sapere
in giro? –
Malfoy snudò un ghigno che la professoressa Mc Granitt
a confronto era solo un’innocente colomba. – Questo, - disse sventolando
un biglietto – è quello che ci aiuterà. –
*°*
Se Ronald Weasley amava il pettegolezzo, Pansy
Parkinson lo aveva innalzato a Dio Supremo e
Regolatore della propria vita.
Quando si ritrovò sopra al cuscino quel
piccolo biglietto in carta giallastra, pensò immediatamente ad un biglietto
dalla sua compagna Millicent.
Invece il
messaggio era anonimo, e totalmente estraneo al discorso che aveva avuto con
l’amica qualche oretta prima.
Draco Malfoy
ed Hermione Granger si sono
messi insieme. Non dirlo a nessuno.
Il che
equivaleva ad un invito a nozze. Per la prima mezz’ora, si era trastullata con quel
biglietto sotto il naso, senza fare niente. Poi, nei successivi venti minuti,
quella parola sottolineata aveva cominciato a vagare nella sua mente,
ingigantendosi ad ogni istante che passava.
Altri dieci minuti, in cui Pansy Parkinson si sentì dilaniare da quella scritta.
Va bene, pensò. Non lo dirò quasi
a nessuno.
*°*
Alla sua entrata nella Sala Grande
per l’ora del pranzo Draco Malfoy
ebbe la conferma delle proprie teorie: chiedere a Pansy
Parkinson di mantenere un segreto era come chiedere a
Ronald Weasley di pensare.
Tecnicamente impossibile.
Il tavolo degli Slytherin doveva aver subodorato qualcosa, perché nessuno
ostentava espressioni particolarmente sconvolte, e Blaise
Zabini beveva la sua tazza
di the praticamente affogandovi dentro per nascondere
un sorriso che gli tirava tutto il volto.
O forse, nessuno dei suoi compagni
avrebbe mai potuto concepire una cosa del genere, così che il cicaleccio di Pansy era stato ignorato.
Infine, Hermione
entrò nella Sala, un’espressione vagamente terrorizzata sul viso, perché quando
si trattava di sparlare, Hogwarts si rivelava essere
una scuola particolarmente unita: unita sotto il segno
del pettegolezzo. Tant’è che la voce era arrivata anche alle sue orecchie.
Improvvisamente tutti gli studenti
si zittirono, puntando i propri sguardi sulla ragazza, la quale avvampò con
così ampia partecipazione, che gli Slytherin furono costretti a rivedere le loro teorie.
Draco Malfoy le si fece incontro, stiracchiò un sorrisetto,
e, giunto davanti a lei, pronunciò un tranquillo – Buongiorno Hermione. –
Lei, per tutta risposta, strabuzzò
gli occhi: la situazione appariva tragicomica e non prometteva nulla di buono.
- Stanno proprio insieme. –
commentò Zabini soddisfatto. Infine si alzò,
dirigendosi verso di loro: giacché uno Slytherin
sapeva dire bugie, bugie grosse – a parte sostenere
che Ronald Weasley era
intelligente – e quella sembrava una totale assurdità, per non diminuire la
propria stima, Blaise Zabini
fece l’unica cosa possibile.
Diede una forte spallata alla Granger, che capitolò proprio sul corpo di Malfoy – che si era abbassato giusto in tempo per baciarla
sulla bocca.
Pansy Parkinson
pigolò come un bambino a cui hanno detto che il Natale
viene otto volte all’anno.
Tutti gli Slytherin
sospirarono. La loro credibilità era salva.
L’eventualità di non poter dire ben due bugie – a
parte sostenere che Weasley fosse intelligente,
perché era una totale assurdità – era decisamente peggio che sopportare l’idea
di due coppie miste.
Malfoy nel frattempo aveva deciso di
approfondire il bacio.
Il tavolo verde rabbrividì.
Forse.
No, ok.
Fate un alterino
alla mia amica, che prende le cose che scrivo, le batte sul pc
e le posta sull’efp.
Lo so. Sarei dovuta sparire per studiare ma alla fine scrivere distrae.
Questo capitolo è stata un’illuminazione: è quando mi sono resa conto del
fatto che ero già a mercoledì e, ops!, una settimana
finisce di domenica.
Ok, lo so che il povero Ronald non centra niente ma… insomma. È Ronald Weasley, voglio
dire!
OMG °°
Ringrazio tutti quelli che hanno
commentato: Claheaven, Artemisia amora,
Kithiara, Camyxpink, Kira Kira, Erin, White_tifa.
Me commossa!
Ad Malora!
Lady