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Autore: Lady Antares Degona Lienan    01/05/2007    12 recensioni
Quando Harry Potter e Theodore Nott si vedono praticamente costretti ad ufficializzare la loro relazione, nei dormitori di Gryffindor e Slytherin scoppia il finimondo.
Pansy Parkinson si precipita a nascondere tutti i suoi veleni distillati, Ginevra Weasley si prepara a sostenere un perenne confronto con la nuova fiamma del suo ex ragazzo, Ron vede la sua popolarità tramontare, e Draco Malfoy medita attentamente su che compagno scegliere per attuare il piano che porterà quell'insolita coppia alla distruzione.
E perchè non quell'Hermione Granger tanto amica di Potter, messa alle strette persino dal suo migliore amico?
Genere: Romantico, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Harry Potter, Ron Weasley, Theodore Nott | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Seven Days

Seven Days

Mercoledì

 

 

 

 

 

 

 

 

Un qualche vecchio incantesimo latente dei gemelli Weasley risalente al tempo della guerriglia del quinto anno doveva essersi improvvisamente risvegliato: quando Hermione scese a colazione, la mattina di mercoledì, trovò tutte le vetrate della Sala Grande tinte di un triste grigio sporco, mentre la cupola incantata mandava lampi e tuoni. E la Caposcuola era fermamente convinta di aver visto un brillante cielo azzurro, non appena alzata.

Tanto più che, ad avvalorare l’ipotesi del vecchio incantesimo, tutti gli studenti della Sala potevano dilettarsi di una proiezione magica della cara Umbridge – la quale volava sul soffitto trasfigurato, mostrando a tutti un notevole paio di mutandoni a quadretti rossi e azzurri, con qualche sporadico cuoricino verde qua e là.

Tutti erano rotolati giù dalle sedie inneggiando un coro ai due gemelli, e per quanto la sua rigida immagine glielo permettesse, anche Minerva Mc Granitt sfoderava un inequivocabile sorriso di divertimento.

Pessima giornata, pensò Draco Malfoy.

La Sala Grande si era trasformata in un bordello babbano, e persino i tutori dell’ordine non facevano molto per intervenire. Tutt’ al più, il suo aristocratico mal di testa non aspettava altro che quello per cominciare a marciare a tutta forza sulle sue povere tempie.

Per un attimo, fu sfiorato dalla tentazione di andare a togliere qualche punto ai mocciosi Gryffindor, in memoria della Squadra D’Inquisizione: tuttavia non si mosse dal suo tavolo.

L’improvviso pensiero della professoressa di trasfigurazione, la cui espressione poteva facilmente commutarsi in qualcosa di veramente spaventoso, lo trattenne da qualsiasi movimento o azione sospetta.

Si limitò a mandare un salutino verso Dolores Umbridge, sperando che al S. Mungo i pasti fossero per lo meno decenti.

- Pensi a qualcosa, vecchio mio? –

La faccia irritantemente divertita di Blaise gli provocò una dolorosa fitta alla tempia sinistra. – Parla piano, dannazione! Lui non dorme mai! –

- Chi, il tuo cervello? Strano, avrei detto spontaneamente il contrario. –

- Stavo parlando del – rispose piccato Malfoy. Fu costretto ad interrompersi per via di un’altra fitta che gli torturò – per dovere di parcondicio – la parte destra del volto.

- Proprio non ti capisco. Dici sempre che le mattine sono estremamente noiose, qui a Hogwarts, e poi, quando succede qualcosa di buffo, non fai altro che lamentarti. – nel mentre, Zabini si servì di un abbondante razione di formaggio fuso, il cui tenace odore raggiunse le delicate narici di Malfoy, che si ritrasse inorridito.

- Tutta colpa di mia madre… -

- Ma chi, la Umbridge? –

- Il mal di testa, idiota. – lo rimbeccò. – Dannazione, Blaise, non fai che aumentarlo! –

- Aa. – intese finalmente l’altro. – E io che mi aspettavo qualche rivelazione scottante. –

- Deluso? –

- Solo parzialmente. – si schernì lui. – Devi ancora raccontarmi che cosa facevi ieri sera fuori dal dormitorio. 

Draco alzò gli occhi grigi su di lui, ben cosciente del fatto che non avrebbe potuto liquidarlo con due sole misere parole. Per quanto orribile fosse tale prospettiva, avrebbe dovuto raccontargli tutto dall’inizio.

Anche se implicava il rivangare quel problematico incontro di boxe tra lui e l’intero dormitorio Gryffindor, per non parlare dello schiaffo della Granger, o del viso istupidito di Weasley.

Troppe cose orrende in una volta.

Il mal di testa di Draco, da dentro il suo cervello, sguainò un ghigno orrendo.

Malfoy non poté far a meno di reprimere un brivido di terrore. Nemmeno la mutande della Umbridge potevano arrivare a tanto.

 

 

*°*

 

 

Quando Hermione Granger giunse in Sala Grande, la prima cosa che pensò fu che avrebbe dovuto rimettere a posto tutto quel macello, e la cosa non rappresentava di certo una prospettiva piacevole. Fece scorrere subdolamente lo sguardo sulla tavolata Slytherin per cercare un inconsapevole volontario che l’aiutasse nello scioglimento dell’incantesimo. Theodore Nott era sempre stato bravo in quella materia, ma si sentiva decisamente impreparata per uno scontro diretto con lui, giacché non riusciva nemmeno a guardare in faccia Harry – ed era noto, che il legame che aveva con i due fosse molto, molto diverso.

Alla fine strisciò rassegnata fino alla propria tavola, proprio mentre – secondo gli schemi della cupola impazzita – iniziava a piovere a catinelle.

La situazione artistica era addirittura peggiorata: per ripararsi dalla tempesta, Dolores Umbridge aveva aperto un grazioso ombrellino a trine e merletti che, ovviamente, essendo traforato, forniva ben poco riparo. Il che, comunque, confermava in maniera tragicomica la stupidità dell’ex professoressa.

Quando riabbassò lo sguardo depresso sul tavolo, Hermione si accorse con orrore che il suo the era stato condito con un grazioso confetto di grandine.

Pessima giornata, commentò tra sé e sé.

Ron continuava ad ignorarla, e rifiutava qualsiasi tipo di contatto. Harry, a causa della sua natura schiva, si era ritenuto in pericolo, e si era chiuso a riccio in stesso.

Proprio quando stava meditando di lasciare quella fiera di stramberie in cui si era tramutata la Sala Grande, un maestoso rapace nero atterrò sulla sua capigliatura crespa, scompigliandogliela, e facendola lacrimare per il dolore.

La lettera era di Draco Malfoy:

 

A stasera, alla torre di astronomia.

 

Sbuffando, crollò il capo. Il rapace, nel mentre, le beccò la mano sinistra, piuttosto irritato per non aver ancora ricevuto il suo compenso. Hermione ululò di dolore. Malfoy, seppur concentrato nella lotta contro il suo mal di testa, rise apertamente.

Hermione ebbe l’idea finalmente che voleva. – Professoressa Mc Granitt, - disse – Professoressa Mc Granitt, il Caposcuola Malfoy mi deride apertamente. Ritengo che una punizione sia più che necessaria. –

Il ghigno sul volto dello Slytherin si spense abbastanza rapidamente, così come la linea delle labbra dell’insegnante sparì nell’incavo di quella smorfia di disappunto.

- Ha perfettamente ragione, signorina Granger. Lascio a lei la decisione finale. Intanto, faccio sgombrare la Sala, e lascio la povera, ehm, la povera Dolores immersa nei suoi divertimenti. –

Roba da matti, pensò Malfoy. Adesso non ci si poteva fidare nemmeno dell’imparzialità degli insegnanti.

Mentre la donna se ne andava, il sorriso di Hermione aumentò di pari passo alla sua soddisfazione. Nello specifico, le parole “soluzione finale” gliene davano molta, anzi moltissima.

Malfoy doveva aver intuito pressappoco la stessa cosa, in quanto, il più silenziosamente possibile, le aveva dato le spalle e si era mischiato alla folla uscente.

- Accio Malfoy!dannazione. Era proprio vero che le cose più semplici erano anche le più diaboliche. Non senza un certo piacere Hermione si ritrovò a fissare il biondo, sdraiato per terra davanti a lei, un’espressione distrutta dipinta sul volto, e la mano sinistra che artigliava ferocemente – ma con scarsi risultati – la propria bacchetta, ottenendo solo di far tremare tutto l’arto violentemente.

- Maledizione Granger, potresti anche essere un poco più delicata. Tutti dicono bene di te, ma non ti hanno mai visto all’opera! – grugnì poco finemente, rimettendosi in piedi, tutto impolverato. – Ma non la pulisce più nessuno, questa sala? Stupidi elfi domestici, esseri inutili. – si accorse con qualche secondo di ritardo di aver decisamente toccato il tasto sbagliato. La Granger ostentava un viso rilassato, ma la piega rigida delle sue labbra – inquietantemente simile a quella della Mc Granitt – non lasciava presagire nulla di buono.

Improvvisamente si ricordò di una cosa: lui era in punizione. Con la Granger. Che in quel momento aveva la sua bacchetta spianata contro il proprio petto.

Non parlare male degli elfi domestici, annotò sul suo taccuino mentale. Non prima di averla privata della sua arma, almeno.

 

 

*°*

 

 

- Così, volevi vedermi. – Hermione iniziò il discorso con un tono volutamente casuale, lo sguardo puntato sulla propria bacchetta, mentre tentava inutilmente di raggiungere la concentrazione necessaria per eliminare l’incantesimo. – Ieri sera, non hai voluto dirmi niente, infine. –

- Tu in compenso mi hai mollato un ceffone non irrilevante, Granger. Quelle manacce da Mezzosangue dovrebbero rimanere al proprio posto. Oppure, visto che tieni così tanto a quei cari elfi domestici, potresti adoperarti per diminuire il loro lavoro nel castello.            -

- Cos’è Malfoy, ci tieni così tanto ad essere schiantato? –

Malfoy decise di no.

- Il piano che volevo esporti è relativamente semplice. – precisò – Sempre che tu sia in grado di capire una cosa del genere. –

- “Sempre che tu sia in grado di capire una cosa del genere.” – lo scimmiottò lei, ostentando una vocetta stridula. – Perché Malfoy, riesci comprendere parole che vadano al di là dei campi semantici del tipo “sesso”, “ragazza”, “relazione”, o “mezzosangue”? –

Lui rise. La risposte della Granger, sempre a metà tra il sarcastico e il saccente, sempre capaci di colpire nel punto giusto, lo facevano divertire. Era quasi orgasmico stare lì ad osservare quella ragazza pretenziosa, invincibile se opportunamente sfidata su alcuni campi, che si dibatteva nell’imbarazzo di pronunciare certe sacre parole.

Hermione Granger era forte.

Lo sguardo dorato non tradiva alcuna incertezza, eppure Malfoy era certo di avervi scorto un bagliore di fragilità qualche istante prima, quando si era esposta con quella fastidiosa eppure necessaria domanda. Comunque, non le fece notare niente di tutto ciò, perché Draco Malfoy era una persona furba, e le persone furbe evitavano prudentemente ogni tipo di donna pericolosa. A meno che non si fosse trattato di un pericolo sessuale – allora la questione sarebbe stata diversa, e Malfoy non sarebbe stato ancora così tanto vestito.

In ultima analisi, Hermione Granger era pericolosa – in senso letterale – e sfidarla ad una gara di schiantesimi era una cosa rischiosa: quasi quanto dire che Ron Weasley aveva un cervello. Gli Slytherin erano abituati a dire bugie, grosse bugie, ma quella era assolutamente un’esagerazione. Dunque, Draco Malfoy sapeva dire bugie – a parte sostenere che Ronald Weasley era intelligente, perché esagerazione era solo un eufemismo a riguardo – e non si fece alcun problema a pronunciarne un’altra, quella mattina.

- Ovviamente sì. – il che era anche abbastanza vero. Lui parlava anche del quidditch, quindi poteva ritenersi soddisfatto: non avendo ancora detto una grossa bugia alla Granger, poteva permettersi di dirne una ora.

- Senti Granger, parliamo chiaro: questa cosa non piace a te quasi quanto non piace a me. –

- E suppongo che dovrei ringraziarti per l’immenso sforzo a cui ti stai sottoponendo ora, dunque. –

Malfoy parve considerare la questione per qualche istante, infine alzò le spalle, sottolineando il movimento con un broncio nichilista. Mha, come preferisci. –

Il sopracciglio sinistro di Hermione, se ne avesse avuta la possibilità, si sarebbe addirittura ribaltato, al posto di convergere leggermente verso l’interno del viso. Comunque, la piega doveva essere abbastanza esplicita da convincere l’altro a stare zitto. – Cosa vuoi Malfoy? –

- E’ semplice: che tu diventi la mia ragazza. Per finta, ovviamente. –

- Certo. –

- Bene, allora ci vediamo. – sventolò una mano in saluto, e si allontanò verso la porta della Sala Grande.

- Accio Malfoy! –

Ormai richiamare i propri compagni d’anno con la voce doveva essere una moda decisamente superata, concluse il biondo. Quella dell’incantesimo di richiamo era un’abitudine particolarmente scomoda, oltre che dannosa.

- Granger… -

- A volte la tua idiozia mi commuove, Malfoy. – scandì secca. – Come puoi pretendere che io accetti una cosa del genere? –

- Ieri sera pareva pronta a tutto. –

- Questa cosa trascende decisamente il mio concetto di tutto. Scordatelo. –

Un ghigno gli distorse il volto, tanto che gli parve quasi una scena da film. – Pensaci, MezzoSangue. Abbiamo bisogno di trovare un argomento in comune a tutti e due, che li faccia discutere. –

-E dunque? – quel sopracciglio stava diventando fastidiosamente privo di inibizioni, e pareva vagare sul volto dell’altra, disperso.

- Noi siamo l’argomento in comune. –

- Malfoy, dimentichi un particolare: io ti odio. –

Lui alzò le spalle, scrollandosi di dosso tutta la polvere del pavimento. – Come se potessi dimenticarlo. Ma il tuo amore per Potter supera anche l’odio che provi per me. –

Hermione parve riflettere per qualche istante, la schiena curva e gli occhi assenti. Come poteva spingersi tanto in basso, quando aveva rimproverato a Ronald quella stessa debolezza qualche tempo prima?

In fondo Malfoy aveva detto la verità. Lei voleva bene ad Harry come ad un fratello minore, un fratello minore da proteggere.

- Va bene. –

- Allora siamo d’accordo. –

- EMalfoy? –

Lui si voltò, aveva un viso tranquillo. – Sì? –

- Come… come speri di farlo sapere in giro? –

Malfoy snudò un ghigno che la professoressa Mc Granitt a confronto era solo un’innocente colomba. – Questo, - disse sventolando un biglietto – è quello che ci aiuterà. –

 

 

*°*

 

 

Se Ronald Weasley amava il pettegolezzo, Pansy Parkinson lo aveva innalzato a Dio Supremo e Regolatore della propria vita.

Quando si ritrovò sopra al cuscino quel piccolo biglietto in carta giallastra, pensò immediatamente ad un biglietto dalla sua compagna Millicent.

Invece il messaggio era anonimo, e totalmente estraneo al discorso che aveva avuto con l’amica qualche oretta prima.

 

Draco Malfoy ed Hermione Granger si sono messi insieme. Non dirlo a nessuno.

 

Il che equivaleva ad un invito a nozze. Per la prima mezz’ora, si era trastullata con quel biglietto sotto il naso, senza fare niente. Poi, nei successivi venti minuti, quella parola sottolineata aveva cominciato a vagare nella sua mente, ingigantendosi ad ogni istante che passava.

Altri dieci minuti, in cui Pansy Parkinson si sentì dilaniare da quella scritta.

Va bene, pensò. Non lo dirò quasi a nessuno.

 

 

*°*

 

 

Alla sua entrata nella Sala Grande per l’ora del pranzo Draco Malfoy ebbe la conferma delle proprie teorie: chiedere a Pansy Parkinson di mantenere un segreto era come chiedere a Ronald Weasley di pensare. Tecnicamente impossibile.

Il tavolo degli Slytherin doveva aver subodorato qualcosa, perché nessuno ostentava espressioni particolarmente sconvolte, e Blaise Zabini beveva la sua tazza di the praticamente affogandovi dentro per nascondere un sorriso che gli tirava tutto il volto.

O forse, nessuno dei suoi compagni avrebbe mai potuto concepire una cosa del genere, così che il cicaleccio di Pansy era stato ignorato.

Infine, Hermione entrò nella Sala, un’espressione vagamente terrorizzata sul viso, perché quando si trattava di sparlare, Hogwarts si rivelava essere una scuola particolarmente unita: unita sotto il segno del pettegolezzo. Tant’è che la voce era arrivata anche alle sue orecchie.

Improvvisamente tutti gli studenti si zittirono, puntando i propri sguardi sulla ragazza, la quale avvampò con così ampia partecipazione, che gli Slytherin furono costretti a rivedere le loro teorie.

Draco Malfoy le si fece incontro, stiracchiò un sorrisetto, e, giunto davanti a lei, pronunciò un tranquillo – Buongiorno Hermione. –

Lei, per tutta risposta, strabuzzò gli occhi: la situazione appariva tragicomica e non prometteva nulla di buono.

- Stanno proprio insieme. – commentò Zabini soddisfatto. Infine si alzò, dirigendosi verso di loro: giacché uno Slytherin sapeva dire bugie, bugie grosse – a parte sostenere che Ronald Weasley era intelligente – e quella sembrava una totale assurdità, per non diminuire la propria stima, Blaise Zabini fece l’unica cosa possibile.

Diede una forte spallata alla Granger, che capitolò proprio sul corpo di Malfoy – che si era abbassato giusto in tempo per baciarla sulla bocca.

 

Pansy Parkinson pigolò come un bambino a cui hanno detto che il Natale viene otto volte all’anno.

Tutti gli Slytherin sospirarono. La loro credibilità era salva. L’eventualità di non poter dire ben due bugie – a parte sostenere che Weasley fosse intelligente, perché era una totale assurdità – era decisamente peggio che sopportare l’idea di due coppie miste.

 

Malfoy nel frattempo aveva deciso di approfondire il bacio.

Il tavolo verde rabbrividì.

 

Forse.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

No, ok.

Fate un alterino alla mia amica, che prende le cose che scrivo, le batte sul pc e le posta sull’efp.

Lo so. Sarei dovuta sparire per studiare ma alla fine scrivere distrae.

Questo capitolo è stata un’illuminazione: è quando mi sono resa conto del fatto che ero già a mercoledì e, ops!, una settimana finisce di domenica.

Ok, lo so che il povero Ronald non centra niente ma… insomma. È Ronald Weasley, voglio dire!

OMG °°

 

Ringrazio tutti quelli che hanno commentato: Claheaven, Artemisia amora, Kithiara, Camyxpink, Kira Kira, Erin, White_tifa.

Me commossa!

 

Ad Malora!

Lady

   
 
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