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Autore: Aurelia major    02/05/2007    6 recensioni
Cosa succede quando una persona amabile e amichevole ne incontra una scontrosa e sarcastica ? Guai probabilmente , anche perché c'è chi vuole assolutamente fare amicizia e chi cerca d'impedirglielo a tutti i costi ...
Genere: Romantico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Stava fluttuando in un meraviglioso limbo, lontana da qualsivoglia preoccupazione. Nulla di sgradevole poteva colpirla qui, le ansie giacevano ricacciate sotto il tappeto dell’inconscio e avvertiva soltanto la rigenerante percezione del corpo esausto che finalmente si ristora nel riposo. Una gran bella sensazione, non c’era che dire, tanto che inalberava nel sonno un’espressione di tranquillo godimento.

Haruka era profondamente assopita, immersa in una placidità in gran parte dovuta alla stanchezza, sia mentale che fisica, accumulata durante quella sfibrante ed interminabile giornata. In fin dei conti la notte prima non aveva chiuso occhio e le precedenti ore avrebbero abbattuto chiunque, per cui ad un certo punto era crollata. E le sembrava di aver dormito per giorni interi quando infine cominciò piano, piano a riaversi.

Infatti captava qualcosa che la disturbava e fu arricciando il naso, ad evidente prova del suo fastidio, che schiuse appena un occhio per controllare cosa fosse ed eventualmente eliminarlo per poi riappisolarsi. Naturalmente sapeva che prima o dopo si sarebbe dovuta alzare, ma non è che ne avesse tanta voglia. Invero il suo fu un vano tentativo di facciata, dettato più che altro dalla severa istitutrice vigilava i suoi atti e che ogni tanto s’affacciava ai margini della sua mente.

Praticamente un gesto doveroso, sebbene sapesse di essere più che riluttante ad abbandonare quel comodo e caldo giaciglio, tant’è che subito si arrese e tentò di mettersi a pancia in giù per evitare quel chiarore che la importunava. Tuttavia qualcosa all’altezza dell’addome gliel’impedì. Di fatto avvertiva al basso ventre un’inconsueta pesantezza, quantunque non ricordasse di essersi abbuffata a cena, al contrario, le pareva proprio di non aver toccato cibo.

Perplessa tirò fuori una mano dal viluppo intricato delle lenzuola e prese a grattarsi lentamente le bionde ciocche arruffate, fino a quando proprio non poté evitare di smuoversi. Un grosso sbadiglio le deformò i tratti androgini del volto e sbattendo le palpebre ancora insonnolita, gettò un’occhiata all’orologio che portava al polso constatando che mezzodì era passato da un pezzo.

"Adesso mi faccio uno di quei caffé…" Pensò ancora intontita increspando le labbra, poiché in bocca le pareva di avere del cemento a presa rapida, tanto la sentiva pastosa. In ogni caso riaffondò nella morbidezza del guanciale considerando l’idea di restarsene ancora un po’ a poltrire al calduccio, era fin troppo piacevole per abbandonarlo senza un minimo di resistenza. Sorrise beata, finché non realizzò che c’era qualcosa che decisamente non quadrava.

Generalmente, quando con molto dolore era costretta ad arrendersi e togliere le zampe dal letto, per Haruka era normale un certo senso di straneamento e un che di disorientato, anche se il suo non era il resuscitare di una recidiva mummia da un millenario sonno. Ad ogni modo quel mattino il suo ritorno alla civiltà non le sembrava il consueto, mise a fuoco lo sguardo intorpidito e inarcando un sopracciglio s’accorse della prima, lampante, differenza. Di fatto a svegliarla era stata un’insolita inondazione di raggi solari sul volto, il che all'istante le fece comprendere, non senza un moto di sconcerto genuino, di non essere nel suo appartamento. Già, di norma teneva gli scuri ben chiusi a causa della luce che le dava molta noia mentre dormiva, inoltre era chiaramente avvertibile provenire dall’esterno un cinguettare alquanto desueto. A Shabuya sicuramente non c’erano passerotti e meno che mai udibili dalle finestre di un grattacielo! Senza contare che la sua camera da letto era la metà di quella.

A queste considerazioni perse qualsiasi residuo di accidia e sobbalzando notò altresì un altro fattore anomalo. In effetti aveva già avvertito un non poco familiare peso sullo stomaco e levando il capo scoprì che la natura del fardello che sentiva agli addominali era una specie di palla di pelo chiaro. Così fu che i suo sguardo cisposo venne ad incontrarsi con uno che era colorato del medesimo verde. Sempre più confusa Haruka fissò il gattino che se ne stava placidamente adagiato sulla sua pancia, e che non trovava il suo stupito esame significante al punto da aprire entrambi gli occhi, chiedendosi infine dove diavolo fosse e perché quell’animale l’avesse scelta come cuccia. Perciò, mentre cercava di fare mente locale, si guardò intorno sperando che qualche particolare, sia pure approssimativo, le chiarisse la situazione. Ma né l’ampia vetrata dal quale entrava copioso il bagliore del mattino, né l’arredamento sobrio della stanza le dicevano alcunché. Di sicuro c’era solo che si era assopita scompostamente in un letto a due piazze che non era il suo. E qui, come un lampo che squarcia le nere nubi di pioggia rischiarando a giorno il cielo, un sospetto fulmineo la colse e subito alzò la trapunta per controllare in che stato fosse.

Lo scoprire di non essere spogliata acquietò momentaneamente i suoi timori, per un attimo terrificante infatti, aveva temuto di essere tra le coltri e le grinfie di Shanaya, in qualità di ospite coatta nella magione degli Yamamay. E l’essere coperta poteva voler dire che non fosse nei paraggi. Eventualità questa che le fece tirare un sospiro sollevato, anche se non poté fare a meno di domandarsi dove avesse rimediato quella specie di tuta che aveva addosso. A tutta prima le sembrava una di quelle che in genere vengono indossate dagli addetti alle manutenzioni o qualcosa di simile. In ogni caso era l’ennesimo interrogativo da aggiungere a quelli che ancora esigevano risposta. A questo scopo tentò di richiamare alla memoria quel che aveva fatto nelle ultime ore, ma nella testa non aveva altro che una tabula rasa, dato che il cineforum dei suoi ricordi si arrestava bruscamente a quando aveva praticamente buttato fuori dalla sua cabina l’avvenente donzella bionda. Il che non garantiva affatto che quest’ultima non se la fosse nuovamente rimorchiata e trascinata fin nei meandri della sua lussuosa dimora. Nel qual caso le sarebbe convenuto filarsela quanto prima. Ma come? E dov’erano tutti i suoi effetti personali? Certo che era un bel mistero, magari prima di squagliarsela sarebbe stato opportuno informarsi sulle modalità che l’avevano condotta in questa sede.

"Probabilmente sarò stata sbronza. Eh sì, non c’è altra spiegazione, tant’è che ho un cerchio alla testa e la bocca che profuma come una fogna di Calcutta." Ponderò scuotendo il capo spazientita, come chi non sa proprio che misure adottare con un bambino pestifero, quindi tornò a posare lo sguardo sul cucciolo che continuava a fissarla da sotto in su con occhio interessato e sbottò lasciando fluire tutto il suo malumore.

"Allora bestiaccia, considerato che la mia situazione già non è delle più felici, perché non vedi di toglierti dalle palle?!"

A quest’uscita l’animale non fece una grinza, anche se c’è da dire che aprì entrambi gli occhi stavolta, piuttosto, con estremo disappunto di Haruka, si alzò e stiracchiandosi sulle zampette prese a fare le fusa. Dopodichè avanzò di qualche passo fino a fermarsi all’altezza dello sterno, dove prese a tastare con gli artigli l’effettiva morbidezza di quest’altra zona. Poi, considerato che tutto sommato era preferibile lo stomaco, fece dietrofront e se ne ritornò sulla pancia. Una volta là infine, dopo aver zampettato un altro po’ , si riaccucciò e con visibile soddisfazione si piazzò direttamente di fronte a lei.

Chiedendosi se il felino la stesse prendendo per il culo, Haruka si grattò pensosamente la testa incerta sul da farsi, finché non udì dei passi che si avvicinavano e un discreto bussare precedette l’ingresso del suo ignoto anfitrione.

"Ehilà dormigliona, da come ronfavi temevo che avresti continuato per tutto il giorno."

Haruka fissò sbalordita l’ingresso dell’ultima persona che si sarebbe aspettata di vedere, ché tutto si sarebbe potuta immaginare, fuorché di trovarsi innanzi Michiru inappuntabilmente vestita e che le dava uno smagliante buongiorno.

"Prima di salire ho chiesto alla domestica di portare un po’ di caffé, anche se devo ammettere che non ero sicura che ti fossi svegliata. Te ne andrebbe una tazza?"

Michiru si sedette graziosamente sulla dormeuse innanzi a letto e dopo qualche minuto di silenzio non poté fare a meno di ridacchiare quando notò che la sua interlocutrice non accennava a risponderle e continuava a scrutarla incerta con un’espressione alquanto stralunata.

"Scommetto che ti stai chiedendo come sei finita qui, vero?" Chiese sorniona ridendo maliziosamente e visto che la bionda si limitò ad annuire, benché avesse due punti interrogativi al posto delle pupille, tanta era la sua voglia di sapere, decise seduta stante di tenerla un altro po’ sulle spine.

"Ah, vedo che hai compagnia. Mi dispiace che ti abbia disturbata, non so proprio come abbia fatto ad entrare. Certo che è curioso, da quando me l’hanno regalata Ligea non ha avuto un solo gesto d’amicizia per me e adesso guardala come ti fa le fusa! Sembra quasi che me lo faccia apposta."

Indispettita Haruka stava quasi per mandarla a quel paese, ivi compresa la gatta, quando capì a che gioco voleva giocare la ragazza e decise di assecondarla. Tutto sommato era divertente e poi ora che era sicura di essere fuori pericolo, poteva permettersi di prendersi tutto il tempo che voleva. Oltre a ciò le pareva doveroso, in quanto Michiru si sarebbe potuta tranquillamente limitare a metterla in un taxi e spedirla verso destinazione ignota, invece di prendersi la briga di accoglierla nella sua casa. Chissà che scusa si era dovuta inventare con i suoi? Presumibilmente si era beccata una paternale senza fine, in effetti rincasare con uno chaperon imprevisto non doveva essere stata una passeggiata. E non ultimo, malgrado fosse un particolare assai secondario, per il momento voleva evitare di abbandonare le coperte, giacché si vergognava parecchio a mostrarsi con quegli indumenti addosso. Doveva essere veramente ridicola conciata in quel modo, per cui scoccò un’occhiata di sfida alla violinista e deliberatamente prese ad accarezzare il pelo lucente del dorso dell’animale, che a quel gesto cominciò ad agitare la coda contento.

"Ligea eh? Beh e che ti aspettavi? " La provocò e visto che Michiru per tutta risposta assunse un’espressione di aperto scetticismo, aumentò il carico.

"Figurati, mi pare ovvio. Insomma, è una femmina e in quanto tale è matematico che, appena ravvisata la mia presenza, si sia catapultata a fare la svenevole con me. In più suppongo che sia di razza, poiché solo un’intelligenza superiore avrebbe immediatamente compreso che la compagnia della sottoscritta è preziosa."

"Capirai, sai che diletto adocchiarti riversa, con la verve di una medusa spiaccicata sulla battigia e che russi peggio di un camionista avvinazzato! Non farti illusioni Haruka, ché se questa indisponente sta facendo la smorfiosa è solo perché avete il medesimo caratteraccio."

A questo commento la bionda scoppiò a ridere compiaciuta, in effetti era un’accurata descrizione dello stato in cui doveva aver versato per gran parte del mattino, oltre che un chiaro segno che qualcuno aveva gentilmente vegliato la sua catalessi rigenerante. Tanta premura era molto gentile da parte di Michiru e se ne sentì lusingata, ma restava l’inquietante arcano del suo arrivo lì. Beh, considerato che aveva un sfilza di domande da farle, perché non cominciare da quella? Però non poté resistere all’impulso di prenderla ancora in giro.

"Caratteraccio dici? Ne dubito, ma se così fosse, pensa all’allenamento che te ne deriverebbe. Praticamente tra me e lei potresti sviluppare una vocazione alla sopportazione e al silenzio."

"Ti piacerebbe! Spiacente di comunicarti però che tutte le mie tendenze contemplative si siano esaurite e che, qualora ce ne sarà esigenza, avrete entrambe la giusta dose d’improperi e botte sulla testa."

"Ahia Ligea, qua ci conviene rigar dritto!" Si lamentò ridacchiando, anche se avvertiva in quelle parole un velato monito. A quanto pareva il vento stava cambiando e chissà fino a che punto la violinista stava facendo dello spirito. Eppure doveva ammettere che quella grinta non le risultava affatto sgradita, già in occasione della loro piccola competizione sportiva aveva potuto saggiare l’insospettabile carattere di ferro che Michiru aveva. Naturalmente da quel momento in poi l’aveva piantata di misurarla come una sciocca bambolina, benché l’iniziale impressione di delicatezza permanesse.

Che strana ragazza sei Michi. Pensò rimirandola con fare solo apparentemente distratto. Sì certo, non si poteva negare che l’aggettivo soave ben le si addicesse, né il suo essere indiscutibilmente amabile. Pure, dacché le aveva suonato quegli sganascioni, aveva iniziato a guardarla sotto un’ottica nuova e invero stava iniziando a compararla alla stessa stregua di un diamante. Davvero, poiché di quello aveva lo splendore e proprio perché splendida non ti accorgevi subito della sua consistenza adamantina, facendoti fuorviare dalla sua aria apparentemente fragile. Per cui non prese affatto sottogamba le sue parole. Anche perché qualcosina che le pesava sulla coscienza decisamente la spronava in tal senso.

Nel frattempo fece il suo ingresso la domestica con in mano un vassoio recante tutto un servizio da caffé e ad un cenno di Michiru apparecchiò il tavolinetto antistante la finestra, dopodichè silenziosa com’era giunta, le lasciò.

"Forza vieni fuori, ti prometto che non riderò." L’invitò la violinista visto che Haruka, benché visibilmente attratta dal penetrante aroma del caffé, non faceva atto d’alzarsi. Ma a dispetto di tutti i suoi buoni propositi, Michiru non riuscì a trattenere l’ilarità quando ancora una volta la vide agghindata in quel modo. Tutto sommato la maglietta, benché un tantino aderente, la copriva abbastanza. Il problema erano le brache, non arrivavano neppure a metà polpaccio e, considerato che l’amabile insieme era di bianco colorato, la bionda si trovava ad essere un singolare intreccio tra un pescatore di triglie e un gelataio a cui si era ristretto il bucato. Già quando durante la notte l’aveva costretta a mettersi quella roba aveva riso di gusto, ma adesso che l’altra era nel pieno delle sue facoltà mentali e che la fissava con un cipiglio decisamente truce, l’effetto era ancor di più esilarante. C’è da dire che Haruka, contrariamente al suo solito, non esternò con parole alcun disappunto, piuttosto, sfoderando un fare molto dignitoso, silenziosamente si accomodò a tavola facendo finta di niente.

"Potrei farci un quadro sai?" Fece la violinista sedendogli dirimpetto. "Uno di quelli del filone impressionista, di tema didattico… Paziente malato di mente a colazione!" Concluse ilare dopo averla esaminata ben bene.

"Okay Kaiou, molto divertente, davvero. Ora però, ti dispiacerebbe spiegarmi? Oppure conti di passare tutta la giornata a prendermi per il sedere?"

"Sarebbe uno spasso, hai una faccia che è un poema." Affermò continuando a sghignazzare e iniziando a riempire le tazze e solo allora Haruka notò che accanto al bricco del caffé c’era anche una teiera fumante.

"Vedo che non ti fai mancare nulla." Buttò lì tanto per cambiare argomento.

"Non sono un amante di quella brodaglia nera, ma siccome al mattino non ti ho mai vista sorbire altro, ho pensato che avresti gradito." Replicò acquietandosi e facendole cenno di servirsi.

"E questo ci porta direttamente ad uno dei cardini principe de casino che c’è tra noi." Ammise seria guardandola di sbieco dal bordo della tazza. Inutile fare tanti giri di parole, meglio andare dritti al sodo, tanto ormai era palese che la situazione era del tutto sfuggita al suo controllo. Michiru la stava fissando alquanto interrogativa, apparentemente ignara di dove volesse andare a parare, per cui si spiegò meglio. "Prendi quest’inezia per esempio, ci hai fatto caso e ne hai tenuto debitamente conto. Ebbene, ammetto che personalmente non conosco del tutto i tuoi gusti, le tue passioni e le preferenze varie che accordi al mondo a te circostante. Ci riflettevo proprio l’altro giorno e l’episodio di stamattina non fa che confermarmelo."

"E’ naturale." Replicò Michiru altrettanto seria e con molta spontaneità aggiunse: "Non ti offendere Haruka, ma tu non dai nessuna apertura al prossimo e quindi è normale che sia portata ad essere all'oscuro persino delle cose che ti passano sotto il naso tutti i santi giorni." Ecco, finalmente gliel’aveva detto, con calma e senza farci nessun contorno di scene madri. Ma come avrebbe reagito l’iraconda stangona? A quanto pareva bene, perché Haruka non diede alcun segno di irritabilità, anzi sembrò riflettere con molta attenzione su quelle parole.

"Il che, e l’ho capito abbastanza negli ultimi tempi, non è sempre un bene. Allora che si fa? Mi fai un compendio? Magari un bel manuale, Michiru Kaiou: istruzioni per l’uso?"

"Ho un idea migliore Haruka. Facciamo come normalmente si usa, ovvero, impariamo a conoscerci giorno per giorno. La qual cosa, non per rinfacciartelo, sarebbe potuta tranquillamente accadere da tempo. Naturalmente con questo non intendo importi la mia presenza a tutti i costi, ma se intendi far progredire il nostro rapporto non vedo come potremmo altrimenti."

Davanti a quella logica stringente non c’era nulla da eccepire, per di più averla inseguita con perseveranza allo scopo di ritrovarla non era che il a priori di questa evoluzione, sebbene fino a quel momento Haruka non ci avesse affatto pensato. Eh sì, un nuovo inizio. Ma magari fosse stato così semplice. O quanto meno, allo scopo di realizzarlo, avrebbe dovuto spiegarle parecchie cose, il che implicava un certo lasso tempo e soprattutto un impegno incondizionato da parte sua.

Ma forse non voleva intendere anche questo l’entrare in confidenza con un’altra persona?

L’essere finalmente abbastanza adulta e serena da accettare un vincolo che non significasse solo un legame incatenante, quanto una mano tesa con amore verso di lei?

E soprattutto, non si era ripromessa di piantarla con tutti quei sofismi che le mandavano in pappa il cervello?

E’ chiaro a questo punto che in materia di rapporti mi mancano proprio i fondamentali.

Rifletté individuando per l’ennesima volta queste sue lacune comportamentali. E dire che non si era mai posta problemi di questo tipo! Evidentemente i tempi delle sue certezze da orgogliosa amante della solitudine erano belli che andati.

"D’accordo Michiru." Assentì infine dopo quella pausa prolungata. "Cercherò di essere meno ombrosa e un po’ più aperta. E non sto parlando di quella falsa giovialità che ostento per motivi che poi ti spiegherò. Quel che tu avrai magari sarà una versione meno espansiva, ma autentica di quel che veramente sono. Altre promesse non sono in grado di farne e non perché intenda tirarmi indietro, ma alcune cose… beh, so fin d’ora che sarebbero difficili da mantenere." Concluse di getto tentando di mascherare l’imbarazzo laddove l’altra le volgeva di rimando un sorriso a un tempo comprensivo, ma anche saturo di contentezza.

"C’è di buono che sono cambiati tanti di quegli scenari da quando ci siamo separate che le cose potrebbero essere in qualche modo più semplici." Aggiunse senza però specificare dove fosse la differenza, quindi sorbì un altro sorso valutando attentamente su quanto stava andando a dirle. Vuotare il sacco sul momento? No, meglio sapere prima che diavolo era stata capace di combinare durante la notte. Giacché, qualora avesse detto o fatto qualcosa di disastroso, avrebbe potuto addurre una qualche motivazione pertinente. "Tuttavia ti prego, dimmi come sono finita a casa tua."

"Ehi ma non lo sai che la curiosità uccise il gatto?" Motteggiò Michiru notando immediatamente che l’altra trasaliva. La violinista sorrise enigmatica, ché a quanto pareva la monolitica Haruka paventava scenari inconcepibili. Considerò la mezza idea di tenerla un altro po’ sulla corda, se non altro perché con quell’aria ansiosa e piuttosto diffidente era davvero uno spettacolo insolito e la trovava adorabile. Ad ogni modo non se la sentì di prolungare ancora la sua agonia e decise di acquietare i suoi timori.

"Va bene, eccoti la cronaca fedele di quanto è accaduto. Dopo aver terminato la mia esibizione ho perso parecchio tempo in chiacchiere con dei conoscenti, anche se per la verità avrei preferito raggiungerti subito. Però sai, agli orchestrali interessava la mia opinione sull’acustica della sala, gli organizzatori volevano comunicarmi le date del prossimo impegno e mi ero lasciata dietro anche qualche bellimbusto che credeva di avere ancora dei discorsi in sospeso con me. E sai, visto che con alcuni di questi ci conosciamo da anni, sarebbe stato villano andarmene senza prestargli un minimo d’attenzione, anche se il mio disinteresse dev’essere risultato palese ad un certo punto. Ad ogni modo quando ho bussato alla tua porta, ci hai messo tanto di quel tempo per venirmi ad aprire che ho pensato ti fossi assopita."

Haruka ascoltava attentamente, incuriosita su quel che era stata in grado di combinare. Ma il suo interesse ebbe una svolta rabbiosa alla menzione dei conoscenti di vecchia data della ragazza. Non le piacque il riferimento a quei tizi e ancor meno il fatto che tra loro questi si comportassero come se fossero una sorta di casta chiusa. Pareva essersi completamente scordata che, quanto a rapporti sociali, ne aveva da poco consumato uno che era molto più stretto!

Michiru, dal suo canto, si stava chiedendo perché mai l’altra guardasse dappertutto tranne che a lei e soprattutto perché d’un tratto s’era accigliata. Anzi, soprappensiero aveva persino cominciato a mangiarsi le unghie. Accidenti se pareva nervosa, ma che aveva che l’agitava a tal punto? Doveva essere qualcosa d’indicativo, perché mai l’aveva vista in questo stato di tensione. Chiederglielo? No, per il momento meglio soprassedere e cercare d’acquietarla con l’effettiva spiegazione dello svolgersi degli eventi.

"E quando infine ti sei degnata d’aprirmi ho capito all’istante che eri decisamente alticcia, non foss’altro perché avevi seminato ovunque il contenuto, vuoto ormai, di tutto il minibar. Non ci hai messo neppure un paio d’ore a farti fuori una quindicina di bottigliette."

A questa rivelazione Haruka non fece una piega, naturalmente questo spiegava il mal di testa e la conseguente amnesia riguardo ai fatti avvenuti, senza contare il fiato da leone che si ritrovava. Restava da chiarirsi perché mai di punto in bianco avesse deciso di sbronzarsi…

Ah già, Shanaya.

Un flash, più di uno a dire il vero, di quel che era accaduto improvvisamente le balenò alla memoria. Arrossì fino alle orecchie, eh sì, a questo punto non era affatto difficile immaginare che si fosse attaccata alla bottiglia alla luce di quel che era successo e di tutto quel che ne era derivato. E non era tanto una questione di scrupolo o di sensi di colpa, quanto di sentire d’aver fatto qualcosa di profondamente sbagliato e di averci sguazzato nonostante ne fosse consapevole fin dal principio.

Ma per me! Lo sbaglio riguarda solo me! Puntualizzò aggrappandosi a quelle che si figurava le sue immutabili ed acclarate certezze.

Allora perché non te la canti qui su due piedi con lei? Chiese spassionata quella vocina che da un po’ di tempo a questa parte aveva preso a temere e a rifuggire come la peste.

Rabbrividì alla sola ipotesi, malgrado continuasse ostinatamente a dirsi convinta che quelle fossero faccende che con Michiru avessero poco o niente a che spartire. Nonostante ciò, con un conciso: Non mi pare proprio il caso! Mise a tacere subito la vocetta petulante ingiungendole l’omertà.

In ogni caso comunque doveva metterci una pezza, poiché un comportamento simile non le era affatto usuale. O per essere più precisa, Michiru non aveva mai assistito allo scatenarsi del suo demone cattivo.

E devo fare in modo che mai lo possa vedere! Pensò risoluta guardandola. Aveva un che di angelico esposta com’era al riverbero che filtrava dalla finestra, un’immagine diametralmente opposta a quel che le avrebbe potuto dare qualora la belva che sonnecchiava in lei si fosse sfrenata.

"Ma sai, la tensione emotiva del nostro dialogo, ero a stomaco vuoto e stavo senza far niente…" Borbottò vaga, fingendo come se davvero non sapesse darsi ragione del fatto che si fosse scolata un bicchiere dopo l’altro.

"Ehi, guarda che non ti sto facendo mica la paternale!" L’avvertì Michiru precedendola, ci mancava solo che la prendesse nel modo sbagliato e ricominciassero con le incomprensioni. "Non sono una bacchettona, anche se devo ammettere di non essermi mai presa una sbronza solenne." Confessò un po’ impacciata come se questa fosse una mancanza di cui vergognarsi, quindi assunse un’espressione abbastanza affascinata e fu sorridendole ambigua che aggiunse: "Lacuna che spero presto mi farai colmare."

Haruka a quest’uscita si limitò a fare un sogghigno elusivo e non aggiunse altro. Di certo non si sarebbe presa l’incombenza di cambiare in peggio quella creatura che ormai aveva preso a reputare meravigliosa. Anzi, se qualcuno aveva intenzione di provarci, prima gli sarebbe toccato di far i conti con lei. Nessuno doveva sfiorarla, neppure uno doveva osare sol azzardarsi di pensare di poterla snaturare, sabotando in questo modo il loro nascente idillio!

Sì perché proprio lì, in quella durata, in quel mattino speciale, in quella stanza estranea, l’intuizione che solo in sua compagnia poteva essere pervasa da quella sensazione di pace e bellezza, la colse inaspettata. Fino a quel momento ne aveva avuti solo indizi, bocconi di consapevolezza che l’avevano sospinta fino a qui. Ora invece riconosceva senza riserve che era questo l’incanto che aveva tentato con tanto affanno di recuperare. E allo stesso modo capì che Michiru intendeva anche questo quando parlava di attaccamento graduale attraverso il conoscersi.

E altrettanto fulmineamente Haruka decise che mai, in nessun caso, avrebbe fatto alcunché potesse rendere differente la ragazza da quel che era. Meglio, sarebbe stato suo impegno far in modo di congelare quest’attimo, di renderlo perenne, in modo che nulla potesse rompere la bolla che la ragazza era in grado di creare per loro due. E di conseguenza, se questo significava dover strozzare le sue emozioni, ebbene, era un sacrificio che era pronta a fare. Del resto aveva già deliberato in tal senso, escludendo da subito un’eventualità simile. Premeditatamente, senza curarsi d’altro che dei suoi ragionamenti, aveva così stabilito. Per decine di motivi che riteneva sensati, non ultimo questo.

Perciò, presa dalla sua cieca ostinazione, non badò affatto all’enormità egoistica di quanto stava progettando, né all’imprevedibilità del futuro. Non si pose affatto l’interrogativo di quanto ciò poteva voler significare per la ragazza di fronte a lei e neppure pensò a quelli che sarebbero potuti essere i sentimenti di Michiru. Ché prima ancora di sapere quel che lei pensasse in merito le aveva tolto qualsiasi voce in capitolo. Del resto non la era persuasa che non fosse affatto una sopraffazione, più che altro pensava al suo come un velato e maturo controllo della situazione. Ma a dir la verità a certe considerazioni non dedicò più di una fugace riflessione, impegnata com’era a decifrare solo quel nascere intenso e spontaneo che faceva da contraltare all’ostinata indifferenza che l’aveva preceduto. E vi si abbandonò senza discernimento, senza pensare che in quel modo avrebbe edificato da sé, mattone dopo mattone, una prigione cui negli anni a venire si sarebbe sentita ogni giorno, sempre di più, schiacciare. E dalla quale non sarebbe riuscita ad evadere.

"Chiaramente non era il caso di lasciarti come stavi." Continuò la violinista riprendendosi da dove si era interrotta. "Così ho pregato uno degli inservienti di darmi una delle loro uniformi, giacché i tuoi vestiti erano ancora fradici. Ho fatto una fatica del diavolo a convincerti e li hai messi addosso solo dopo che ti sei chiusa in bagno."

"Probabilmente sarà stato un soprassalto di pudicizia." Si giustificò Haruka figurandosi che, sia pure nell’ebbrezza, in quel momento doveva aver pensato ugualmente che non era il caso di spogliarsi davanti a lei. In silenzio ringraziò il cielo per il senno che aveva mostrato, ché per un momento le balenò innanzi la fantasia dello spettacolino inguardabile di sé stessa impegnata in avance da ubriaca nei confronti di una sbalordita Michiru. Meno male che non era stata ciucca a fino quel punto! "Però", aggiunse tanto per deviare il discorso da quella pericolosa strada, "non credo che mi avrebbero buttato fuoribordo se fossi rimasta lì."

"Sbagliato, la nave stamattina andava alla fonda e gli ospiti erano cortesemente inviatati a lasciare l’imbarcazione non appena attraccato. E credimi Haruka, non eri nello stato mentale adatto per comprendere tali semplici nozioni. Come minimo saresti rimasta a dormire come un sasso e se non ti avessi presa di peso e trascinata fino alla macchina, a quest’ora staresti su di un banco dei mercati ittici in vendita come un enorme salmone svedese. Il che, viste le tue origini, non sarebbe stata affatto un’incongruenza."

Michiru s’interruppe bruscamente, conscia del lapsus che le era sfuggito. Atterrita la guardò attendendone la rabbiosa reazione. Ma con sua somma sorpresa la bionda sembrò non farci caso. Quell’affermazione sembrò passare sulla sua testa senza danno, non disse nulla, né si peritò di lanciarle una delle sue solite occhiate furibonde ed incendiarie. Forse le era sfuggito del tutto il nesso, cosa che Michiru sperò ardentemente, pregando che in futuro fosse abbastanza accorta da non farsi scappare un’altra perla del genere.

Haruka sogghignò all’aria sollevata dell’altra e, siccome Ligea le si stava strofinando sulle gambe, la sollevò ponendosela in grembo. Così, mentre i suoi pensieri correvano in svariate direzioni, prese a grattarle con voluttà dietro le orecchie e intanto che il gatto esternava tutta la sua soddisfazione attraverso un ronfare lieto, lei rifletteva su quanto aveva appena appreso. Naturalmente la consapevole allusione che Michiru aveva sbadatamente esternato non le era sfuggita per niente ed era chiaro che poteva esserci una sola persona che avrebbe potuto parlargliene. A questo punto era lecito chiedersi fin dove si potesse essere spinta. Le aveva raccontato tutto, tutto, o si era limitata all’esplicativo? Conoscendola, probabilmente era stata ponderata, sebbene chiarificatrice, altrimenti non avrebbe affatto tirato in ballo la questione. Come nel suo stile del resto. Pacata, ma pratica. Essenziale, ma dritta allo scopo.

E ripensandoci ora, il comportamento che Setsuna aveva avuto nei suoi riguardi l’ultima volta che si erano viste, non era stato oltremodo aggressivo? Vero, troppo inusuale per la sua natura placida. Invece, sentendo quel che aveva appena detto la violinista, beh, i conti tornavano tutti.

Che gran figlia di puttana! Pensò sinceramente ammirata, ché Setsuna era stata di una sottigliezza ed astuzia di millimetrica precisione ed efficacia. Avrebbe quasi dovuto ringraziarla, certo, ma non prima di avergliele cantate di brutto! Pure, il suo intervento era stato provvidenziale, magari un po’ troppo indiscreto per i suoi gusti, ma tutto sommato teso al suo benessere. Quindi non condannabile, valutato il risultato finale. Piuttosto c’era da chiedersi come l’avesse presa Michiru alla luce di quanto le veniva rivelato. Già, più che il sapere dei fatti suoi sbandierati senza il suo assenso, le dispiaceva di non aver potuto assistere in presa diretta alla sua reazione, ché quella le avrebbe illustrato subito quel che la ragazza pensava delle sue origini infami. Chissà se era meglio così, che l’avesse appreso senza che lei dovesse prendersi la briga di sciorinarle tutta la faccenda, sottoponendosi al conseguente fuoco e fila di domande che sapeva già l’avrebbero sicuramente disturbata. Il che non aveva nulla a che fare con Michiru, quanto col fatto che non le andava troppo di dibattere sul perché e il percome degli eventi. Si trattava del passato e riteneva che tornarci sopra non servisse a nulla.

Eppure, eppure si sentiva defraudata. Non che normalmente magnificasse i suoi problemi, tutt’altro, ma che la violinista ne fosse a conoscenza senza che lei stessa avesse avuto l’opportunità di esporglieli, le pareva come se Setsuna le avesse alienato una possibilità. Curioso! Durante il corso degli anni l’assistenza sociale l’aveva mandata da innumerevoli strizzacervelli e si era sempre rifiutata di collaborare, spesso reagendo con violenza ai loro tentativi di spronarla. Perché allora tutto ad un tratto voleva verificare la reazione dell’altra?

Perché questo ti darebbe la certezza assoluta che tiene a te?

Non seppe rispondersi, né volle rispondersi. Solo, si disse glissando elegantemente, che forse, un giorno, sarebbe stato d’uopo tornare sull’argomento. Per il momento preferì ignorarlo. Magari più in là si sarebbe presentata l’occasione e allora avrebbe potuto sondarla a dovere.

Che strano, è la prima volta che ho veramente voglia di parlarne… Meditò davvero stupita, possibile mai che Setsuna avesse previsto persino questo? No, impossibile, altrimenti quella femmina sarebbe stata dotata di poteri sovraumani!

Scelse di lasciar perdere, certe riflessioni stavano facendo aumentare considerevolmente il suo già andante mal di testa e la mettevano davanti ad incognite che fino ad allora aveva sapientemente schivato. Era preferibile ritornare sugli eventi della notte e così fece.

"Così, conciatami in questo modo ridicolo, mi hai poi condotta fin qui, per mettermi a nanna nella camera degli ospiti, giusto?"

"Esatto." Fu la cauta risposta di Michiru, il ghigno che aveva aleggiato sulle labbra di Haruka l’aveva messa sul chi vive. Accidenti, cosa le stava passando per la testa? Aveva un’aria mefistofelica, ma non sembrava arrabbiata, al contrario. In questo preciso momento poi, appariva piuttosto pensosa, sembrava essersi persa in chissà quali supposizioni. Avrebbe mai capito fino in fondo quel che si agitava dietro quegli espressivi tratti? Per loro peculiare natura spesso erano caustici, molte volte l’aveva scoperto a sue spese, nondimeno in quell’istante sembrava esternare una certa, bonaria, indulgenza. La quale fu velocemente seguita da un che di perplesso che per un prezioso istante le donava finalmente l’apparenza dell’adolescente quale in realtà era. Quella mattina il suo umore era davvero altalenante e l’alterigia di cui normalmente dava prova sembrava essersi temporaneamente volatilizzata.

"A questo punto non posso far altro che ringraziarti allora." L’affermazione di Haruka la strappò ai suoi pensieri e si vide porgere persino un cenno garbato, oltre che uno dei suoi sorrisi più affascinanti. Poi però la bionda sembrò ritornare nella precedente incertezza e per un attimo parve un po’ combattuta, come se dovesse risolversi a fare un qualcosa a cui era abbastanza maldisposta.

"Mi duole darti altri grattacapi, ma devo chiedertelo lo stesso. Per caso non è che hai recuperato anche le mie cose oltre alla mia carcassa alcolizzata?"

"Certo, anzi i tuoi vestiti dovrebbero essere già qui, lavati e stirati di fresco. Mi rendo conto che quella roba non dev’essere il massimo della comodità, ma non vedo dove sia tutta quest’urgenza." Disse sollecita cercando di prendere tempo, era chiaro che quella richiesta implicava un congedo presto a venire e non voleva assolutamente che se ne andasse. Ma come impedirglielo?

"Come vedi ho approfittato in modo spudorato della tua gentilezza e non vorrei abusarne fino a rendermi molesta. Non prendertela a male Kaiou, ma oggi è Natale e mi rendo conto che avrai senz’altro dei doveri verso la tua casa e i tuoi cari. Il che rende la mia presenza notevolmente di troppo. Non temere però, non sto cercando nuovamente di sottrarmi, ma i nostri discorsi dovranno aspettare almeno fino a domani."

"Che programmi hai per oggi?" Le chiese per tutta risposta e Haruka, che nonostante quel che andava dicendo, si preparava molto a malincuore ad andarsene, svagatamene le rispose.

"In tutta franchezza non ci ho ancora pensato. Magari vado in centro, butto giù un boccone e poi potrei andare a pattinare al palazzo del ghiaccio. Boh , non lo so, considerato che mi hanno appiedato, posso fare progetti solo in base al percorso del metrò."

"Quindi non sei attesa da qualche parte?" Domandò ancora una volta, tanto per esserne sicura al di là di ogni ragionevole dubbio.

"Intendi per uno di quei pranzi smaccatamente ipocriti durante i quali ci si scambiano regali inutili, si mangia esclusivamente cibo che incoraggia il progresso del colesterolo e nel corso dei quali tutti fanno finta di essere felici, benché si stia sputando sangue? Senza offesa, ché potrebbe darsi tocchi anche a te una manfrina del genere, ma se stai parlando di uno di questi, allora la risposta è no. E grazie a dio!"

"Bene." Michiru si alzò dalla sedia e senza aggiungere altro prese la porta, intanto che la bionda si chiedeva che diavolo le avesse preso, poiché non riteneva in nessun modo ingiuriosa la sua descrizione della media borghesia impegnata nei festeggiamenti del Natale. In ogni caso non ebbe ulteriore spazio per rifletterci, perché poco dopo la ragazza ritornò seguita da un’altra cameriera, che recava con sé tutto il suo vestiario accuratamente ripiegato.

"Ora, considerato che tale rito dal far contorcere le viscere, tanto per me quanto per te, non avrà luogo qui. Visto che i miei genitori sono entrambi altrove impegnati, il piano è questo Haruka: adesso fai in modo da renderti presentabile mentre io t’aspetto dabbasso. Dopodichè potremo decidere con tutta calma cosa ci va più di fare. A meno che tu non abbia piani diversi, naturalmente."

Propose disponibile, ma con un tanto d’autoritario che, se non si fosse trattato di lei, come minimo avrebbe fatto imbufalire la sua interlocutrice al punto da essere mandata al diavolo, se non presa per la collottola e buttata fuori. Invece per tutta risposta Haruka prese un’aria assorta, poiché stava rimuginando su quanto potevano andare a fare per trascorrere quella giornata che normalmente per lei era sempre stata fonte di tedio e frustrazione.

"Mm, direi di no. In ogni caso ti consiglio vivamente di congedare la servitù, onestamente mi pare esagerato avere tutta questa gente intorno per sole due persone, non sei mica un vassallo dello Shogun!" Rispose infine sfidandola col primo imprevisto che le venne in mente per mettere alla prova il suo conformismo.

"Fossi in te non ne sarei tanto sicura." La stuzzicò di rimando Michiru con quel suo fare caratteristico a metà tra il misterioso e il malizioso che prima d’allora non aveva mai ardito usare con lei. "C’è molto che ancora devi apprendere sul mio conto."

"E’ vero." Ammise conciliante, quindi inarcò un sopracciglio e rincarò la dose. "Potresti illuminarmi mentre mi aiuti a preparare il pranzo."

"Volentieri! Sarà uno spasso vederti ai fornelli. Devo ammettere che non riesco ad immaginarti impegnata in un contesto squisitamente domestico e femmineo. D’altro canto, potresti rendermi il favore parlandomi di te intanto che espletiamo il rito decadente e retrivo di decorare l’albero."

La ribattuta della violinista manteneva alto il livello del loro scoppiettante duello verbale, ma Haruka si considerava maestra nell’avere l’ultima parola e non intendeva farsi sopraffare.

"Sarà uno spasso e poi, bassina come sei, è naturale ti occorra aiuto per mettere il puntale in cima. E tanto perché tu lo sappia, cucinare non sottintende solo femminilità, piuttosto a me da tanto l’idea dell’autosufficienza. Quello che a tutta prima a te pare mancare del tutto!"

La stoccata di Haruka non mancò di colpire il segno, ma la sua interlocutrice, che fino a quel momento aveva sempre represso la sua verve per timore d’urtarla, graziosamente le rispose a tono. In effetti più il mordente della bionda aumentava, più per contrasto, l’ilarità di Michiru si faceva sottile. Una bella schermaglia tra due stili totalmente differenti, ma al medesimo livello nell’efficacia.

"Sai una cosa Haruka? Versare l’acqua calda nel recipiente del ramen non è la summa di tutte le indipendenze! E vorrei anche farti notare che se io mi metto a cucinare il risultato è da leccarsi i baffi. Lo stesso non so se si potrebbe dire di te. Già mi vedo le padelle che cantano L’Avvelenata di Puccini!"

"Non mi sembra d’aver detto di essere una cuoca sopraffina, senza omettere che ignoro del tutto chi sia costui e chi abbia intossicato. Però, se tanto ti preme, pigliatelo ‘sto primato. Cucina pure Kaiou, io non chiedo di meglio." Concluse sghignazzando.

"Credi di avermi fregato, vero?" Chiese guardandola da sotto in su con un sorrisetto che avrebbe dovuto metterla in guardia. "Allora sai che c’è di nuovo? Io cucino, ma tu lavi i piatti!"

"D’accordo." Assentì prontamente, tanto che Michiru si chiese come fosse possibile. Un’accettazione supina non era da lei, infatti la bionda scoppiò a ridere svelandole l’arcano. "Figuriamoci, è chiaro che in cucina ci sarà senz’altro una lavastoviglie di proporzioni industriali. Mi basterà premere un pulsante e il gioco è fatto."

"Non ci avevo affatto pensato." Assentì Michiru un po’ colpita, forse l’altra in fin dei conti aveva ragione, ché davvero era all'oscuro quel che si svolgeva nelle stanze dove operava la servitù. Cominciò sul serio a sentirsi una specie di negriera avansecolo.

"Avanti non prendertela, stavo solo scherzando." Fece la bionda notando che i suoi dileggi erano andati molto più in là di dove aveva previsto arrivassero.

"Davvero?" Chiese non del tutto persuasa. In effetti non era la prima volta che l’altra le mandava un frecciata in tal senso, sarebbe bastato ricordare la discussione che avevano avuto a scuola l’ultima volta che si erano viste. Ma ora che diavolo stava facendo?

Infatti Haruka aveva preso un tovagliolo e se l’era avvolto sulla testa, poi rivolgendosi a Michiru con un accento molto marcato esclamò: "Ma certo Miss Rossella. E ora tu mangiare subito tutta tua colazione, altrimenti io dire a padron Ashley che tu no buona moglie!"

Davanti a quest’improvvisazione Michiru scoppiò a ridere stupita e quella caricatura ebbe il potere di dissipare tutte le sue preoccupazioni. Adesso era certa che non stava deridendola con cattiveria, all'opposto, il fatto che si fosse presa la briga di fare quel teatrino a suo uso e consumo le riscaldò il cuore. Mai si sarebbe figurata infatti che l’altra fosse stata disposta a fare la deficiente per disperdere un suo malumore. E questo la riempì di gioia, tanto che l’allegria le tornò subito.

"Ah guarda io potrei passare per lei, ma tu sei assolutamente troppo pallida e magra per poter essere Mamy." Affermò intanto che Haruka, accertata l’efficacia dei suoi atti, si rilassò visibilmente. "Comunque sono lieta di constatare che il tuo sarcasmo corrosivo finalmente è tornato tra noi. In effetti mi chiedevo che fine avesse fatto e devo ammettere che mi mancava. Mm, tornando al discorso di prima, sei allergica a qualcosa?"

"Di commestibile? Non che io sappia, solo che detesto le cose mollicce." Dichiarò storcendo le labbra, quindi sollevò dalla pila i suoi jeans e con enfasi aggiunse:" E ora, ti spiacerebbe andartene fuori dai piedi che vorrei cambiarmi?"

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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