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Autore: LemonKing    20/10/2012    3 recensioni
[Shizaya - Halloween!version]
“Smettila!”, Shizuo si strappò il crocifisso dal collo, ma non lo mutò nella grande croce dorata.
“Perché sei qui?”
“Perché ho trovato te.”
[...]
Sapeva di essere il suo sogno angoscioso, oppressivo, frequente, che lo faceva restar sveglio col respiro affannato e l’eccitazione addosso, mista al sudore e un senso di smarrimento.
Il suo incubo.
Genere: Dark, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Izaya Orihara, Shizuo Heiwajima | Coppie: Izaya/Shizuo
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Nota: Le versioni Halloween di Izaya e Shizuo verranno rilasciate il 25/10, ma si trovano già in anteprima. Dunque la storia è mia e frutto della mia fantasia, ma non i "ruoli" (ossia Izaya vampiro e Shizuo esorcista).
Ho messo l'avviso OOC proprio perché, avendo avuto difficoltà a gestirli in queste vesti, ho preferito essere cauta ed evitare di cadere in errore.
Detto questo, buona lettura! (;




Nightmare 
 

 
Il crocifisso era al collo.
I bambini erano al sicuro nelle case.
Le donne preparavano la cena ai mariti che sarebbero di lì a poco tornati dal lavoro.
La chiesa era vuota, con i mosaici che creavano giochi di luce sul pavimento.
Il Cristo in Croce era inerme.
L’organo muto.
Il vampiro gli era davanti, che teneva le mani incrociate al petto.
Shizuo era immobile, con gli occhi carichi d’ira a lui rivolti.

“Mi stavi aspettando, Shizu-chan?”

Il vampiro fece un passo in avanti, mostrando i canini.
Gli occhi rossicci brillarono, puntati sulle vene visibili alle tempie. Il collo era coperto dalla giacca chiusa completamente.
Izaya si leccò le labbra, poi spinse la lingua contro i denti affilati.

Shizuo era lì perché sapeva che faceva sempre la sua apparizione in Chiesa.
Però, ogni volta che quello si manifestava, lui non era mai sul posto.
Una settimana era durata l’agonia di quel piccolo paesino. Una settimana intera, tutte le notti, qualcuno aveva ricevuto “Il bacio del Diavolo” o “La firma della Morte” –come lo chiamavano: era stato proprio Izaya, dicendo a tutti che voleva amare coloro che non lo avevano amato quando lui era un umano. Si era fatto maledire, qualcuno diceva, per diventare appositamente un mostro.
E, puntualmente, ogni notte mordeva più esseri umani  -che fossero in casa o meno, lasciandogli due piccoli puntini rosso sangue all’altezza del collo, parte in cui le vene erano ben visibili, la pelle morbida e sensibile. Non aveva mai ucciso nessuno, né aveva fatto di loro vampiri: lui diceva di voler “amare” e poteva farlo solo così.
Shizuo aveva tentato più volte di fermarlo, inutilmente.
Anche lui non era umano, o almeno così diceva il vampiro: la sua forza innaturale, quel crocifisso appeso al collo che plasmava secondo il suo volere, e la sua forza fisica… facevano di lui un mostro.
Ma lui voleva e doveva proteggere i cittadini e gli altri ecclesiastici.
Si era fatto cacciatore di demoni, per esorcizzare quello che sempre aveva creduto di essere. Per riscattare la sua vita, la sua stessa esistenza. Si sentiva bene quando lo faceva.
Ma con Izaya era un’altra storia: non era riuscito mai a ferirlo e i loro combattimenti spesso duravano fino all’alba. Poi quello fuggiva via.

“Dov’è la tua bara, Izaya?”

Se era un vampiro, doveva pur dormire da qualche e star lontano dalla luce.

“Più vicino a te di quanto non pensi”, gli rispose l’essere sovrannaturale.

Shizuo strinse i pugni e ringhiò.
Portò una mano al crocifisso appeso al collo e tirò violentemente per rompere la catena.
Il sacro oggetto dorato si allungò, diventando una vera e propria croce. Era grande e lui riusciva a tenerla con una sola mano, stringendo nel pugno la parte inferiore.
Le estremità delle due barre che si incrociavano erano acuminate come la punta di una freccia.
Gli si lanciò subito contro e quello, agilmente, lo evitò più volte.
Izaya sapeva che quella croce era impregnata di luce, perciò non poteva esserne sfiorato. Non sarebbe morto con un paletto nel cuore, ma quella luce era pericolosa tanto quanto quella del sole.
Approfittando di un momento di smarrimento dell’altro, che frenò per non distruggere la parete con i quadri del Cristo, gli si avvicinò e, con le unghie affilate, gli strappò il colletto della giacca. Ammirò la pelle scoperta del suo collo, così morbida e vergine: non l’aveva mai toccata, a differenza di quasi tutti gli abitanti del villaggio.
Ma non voleva amarlo come un essere umano qualsiasi. Lo desiderava come aveva desiderato il Paradiso nella vita mortale.
Shizuo si difese con la croce: la portò davanti al proprio corpo, come fosse una barriera.

“Izaya!”, urlò più volte.

Era possibile liberarlo da quella natura?
Il vampiro si fermò e si strinse nel mantello.

“Per me è arrivato il momento di andare, Shizu-chan.”

Ormai stava facendo l’alba.
Lo lasciò uscire dalla cattedrale, perché quello fuggì velocemente come sempre aveva fatto.
Era sempre così svelto che sembrava sparire.
Dove diavolo era quella bara?!

- -

Il giorno dopo, non appena fu sera, Shizuo capì.
C’era solo un luogo in cui Izaya avrebbe potuto nascondersi: la cripta.
Dopotutto, il passaggio sul retro della Chiesa permetteva l’entrata.
La porta era chiusa a chiave, ma era da un po’ che, essendo stata forzata, vi era solo un divieto d’accesso –che i cittadini, devoti, rispettavano.
Così, Shizuo passò da lì per giungere al luogo dove si nascondeva il vampiro.
Passò lo stretto corridoio, portando un lume con una mano. Con l’altra stringeva la croce al collo.
Sentì la sua puzza. Era lì davvero. Erano sempre stati vicini.
Aprì la porta che conduceva alla cripta e, non appena lo fece, vide Izaya dinnanzi a sé.
Questi, era seduto sulla bara, con le gambe accavallate. Non era disturbato dalla luce del lume, che faceva sembrare fuoco i suoi occhi rossicci.
In mano teneva un bicchiere con un liquido rosso sangue, che prima scuoteva e poi portava alle labbra.
Non gli rivolse una parola e non fece cadere alcuna goccia dall’orlo di vetro.

“Cosa ti porta qui, Shizu-chan?
Questa notte non sono andato a disturbare nessuno.”

“Tu… Devi essere eliminato.”

“Non va bene. Sto diventando un’ossessione, Esorcista?”, sottolineò quell’ultima parola.
“Mi hai sognato? Sono il tuo incubo? Sono la tua tenebra?”

“Smettila!”, Shizuo si strappò il crocifisso dal collo, ma non lo mutò nella grande croce dorata.
“Perché sei qui?”

“Perché ho trovato te.”

Izaya posò il bicchiere a terra, muovendo il mantello mentre allungava il braccio verso il basso.
Si mise di nuovo in modo composto.
Gli occhi vagarono un momento in quel posto grande ma vuoto: le pareti erano umide e non vi era nulla di valore.
Era un posto abbandonato. Gli unici oggetti presenti erano la sua bara e ciò che aveva rubato agli esseri umani mentre dormivano nelle loro case.

“Quando ti ho visto, Shizu-chan, non ho potuto fare a meno di volerti.”

L’esorcista si accigliò a quelle parole, senza capire.

“Tu sei come me. Non sei umano. Ma non sei temuto, tu sei amato.
Dimmi: ti senti come loro?”

“Non parlarmi come se mi conoscessi!”

“Shizu-chan, io ti ho osservato a lungo.
Ho osservato gli esseri umani che trovavo interessanti, ma nessuno ha suscitato in me lo stesso che mi hai fatto provare tu.
Potrebbe chiamarsi “eccitazione”. Peccato che in questa forma non possa percepirla come tale.”

Fece un ghigno, mentre l’altro rabbrividì.

“Perché hai toccato e spaventato tutte quelle persone se era me che desideravi?”

“Proprio per giungere a  te. Non c’era modo migliore per guadagnarsi una simile attenzione.”

Izaya dondolò la gamba che toccava terra e colpì con la punta della scarpa il bicchiere che prima aveva adagiato lì. Questi rotolò in direzione del cacciatore di demoni, perdendo le gocce rosse rimaste all’interno, che si sparsero sul suolo, asciugandosi dopo poco.
Shizuo fece un passo indietro e strinse la piccola croce con così tanta forza che avrebbe potuto romperla.

“Questo è… sangue?”

“Esattamente. Ma non è sangue umano. E’ sangue animale.
Io amo gli esseri umani, non gli farei mai del male.”

Qualcosa si acquietò nel cuore di Shizuo.

“Izaya!”, alzò la voce:
“Cosa vuoi da me? Facciamola finita.”

“Avvicinati.”

Shizuo posò il lume in terra, lasciando che illuminasse lo spazio in cui si trovavano.
Si avvicinò senza esitazioni, avendo con sé ciò che poteva diventare un’arma.
Izaya gli fece cenno di sedersi sulla bara accanto a lui e, seppur con uno sguardo che esprimeva ripugnanza, lo fece.

“Shizu-chan, tu credi in Dio?”, fu la prima domanda del vampiro.

Ciò lo stupì, ma rispose, nonostante trovasse alquanto strano fare “conversazione” con un essere simile.

“Non dire sciocchezze”. Mantenne comunque un atteggiamento scostante.

“Eppure tu lavori per la Chiesa: sei uno di loro.”

“Io lavoro lì perché sono e voglio essere un esorcista: quella è la sola struttura che mi permette di farlo.
Io credo nell’uomo prima che in Dio.”

“Credi anche ai mostri, ai vampiri… Dico bene?
Io esisto. Eppure, tu non credi nella mia vita.
Vuoi forse negarmi l’immortalità tanto bramata?”

“Tu sei pericoloso, è diverso.”

“Tu non desideri la vita eterna?”

“No”. Stava cominciando a stufarsi di parlare di certe cose con lui.

“Tu sei un mostro, non puoi condurre la vita come tutti gli altri.
Perciò, staresti bene come uno della mia specie.
Io non mi nutro di esseri umani, come ho detto prima.”

Izaya si avvicinò col viso a lui, al suo collo scoperto –non aveva la giacca con sé, l’aveva lasciata tra gli abiti in Chiesa per non destare sospetti nel caso ci fossero stati problemi nella cripta.
Gli ecclesiastici gli avevano esplicitamente detto di non mettere piede lì, in quanto non era di sua competenza.
Ma una cripta vuota a cosa poteva mai servire?
Inizialmente, aveva pensato che i preti sapessero che lì si trovava il vampiro; ma aveva scacciato subito quel pensiero.
Shizuo sentì il fiato caldo dell’altro e si allontanò, ritraendosi col busto.

“Izaya, stammi lontano!”, ringhiò. 

“Shizu-chan, se tu hai una vita mortale, come puoi pretendere di salvare gli uomini?
Di esorcisti come te, dotati di un potere così speciale, non ce ne sono.
Se tu morissi, qui o fuori, accidentalmente, cosa accadrebbe?”

Era un qualcosa a cui Shizuo non aveva affatto pensato.
Con la sua forza, era convinto che nessuno lo avrebbe fermato –per ora.
Sì, sarebbe invecchiato, ma non avrebbe ceduto a un’idea tanto bizzarra.
Lui uccideva i demoni per distruggere ciò che credeva si insinuasse dentro di sé: voleva purificarsi, far fuggire quella paura, credere di non essere come le cose che vedeva e rimandava nell’ombra.
Non ripudiava se stesso, si sentiva “in bilico”.
Si riteneva normale, eppure aveva quel qualcosa di diverso che controllava e voleva usare per il bene, in caso di necessità.
No, non avrebbe mai ceduto a quello che era davanti a lui: all’incarnazione del male.

Non ottenendo alcuna risposta, ma vedendo le sue mani che tremavano per il nervoso, Izaya, temendo sarebbe esploso da un momento all’altro, parlò di nuovo:

“Lasciami bere il tuo sangue allora, no?”

“Eh?”
Shizuo lo guardò e spalancò gli occhi: “Non dire cazzate!”, lo aggredì.

Ma il vampiro era parecchio vicino e allungò una mano per spostare il colletto della camicia.

“Shizu-chan”, il fiato solleticava ormai il collo dell’altro, “Lasciami bere il sangue di un mostro. Tu non morirai, né diverrai come me se ne prendo poco. Tu sei diverso, non senti dolore come loro e posso prenderne in maggior quantità.
Sono stanco di bere sangue animale.
Bramo il tuo.”

A quel sussurro, l’esorcista strinse gli occhi e con la mano libera andò a stringere i pantaloni di Izaya, che aderivano perfettamente al ginocchio.
Lo avrebbe lasciato fare: in quel modo avrebbe salvato gli altri, che si erano lamentati del bestiame che moriva o veniva a mancare a causa sua.
In quel modo, avrebbe provato un contatto ravvicinato con un demone come mai era successo. Ed era un qualcosa che lo attirava. Il comportamento del vampiro, poi, faceva un certo effetto su di lui: la rabbia diveniva una sorta di piacere interiore.
Dopotutto, aveva dalla sua parte quel fascino che riusciva ad ammaliarlo.
La bellezza dell’innaturale, la giovinezza dell’immortale. La perfezione.
Un aspetto così seducente e composto, un’interiorità distorta, eccentrica, insolita.

“Fai in fretta”, fu l’unica cosa che riuscì a dire.

Izaya passò la punta della lingua sulla pelle calda del collo, sentendo il brivido che l’attraversava e la rendeva ruvida al tatto.
Poi, affondò i denti nella carne tenera.
Shizuo sentì inizialmente un pizzico, come una puntura. Poi provò fastidio quando i denti affondarono maggiormente e si ritrassero.
Percepiva chiaramente le labbra dell’altro e il sangue fluire all’esterno con forza, risucchiato dall’antro caldo della bocca.
Il vampiro trovò quel sapore inebriante e si portò maggiormente contro di lui, per prendere il sangue con più foga, dettata dalla sete.
Provò un piacere che lo portò a mugugnare.
L’esorcista ebbe violenti fremiti che lo scossero. Un piacere si impossessò di lui e il calore aumentò quando sentì il respiro del demone uscire dalle narici e accarezzarlo, interrompersi quando questi sospirava contro la ferita sul suo collo.
Il corpo si irrigidì.
Aprì gli occhi e li abbassò, accorgendosi come fosse ormai evidente che la parte intima stesse reagendo a tutto quello. Immediatamente si scansò, dando uno spintone all’altro.
Izaya, che non aveva calcolato ciò, cadde a terra, scivolando dalla barra.
Vide negli occhi dell’esorcista affanno, insoddisfazione. Non c’era paura, ma disagio.
Era ovvio: era la prima volta che veniva morso!
… Ma non era solo quello:

“Sei eccitato, Shizu-chan?”

L’esorcista portò una mano tra le gambe e scattò in piedi.

“Stammi lontano. Potrei ucciderti.”

“Anche io mi sento così.”

Ma sui suoi pantaloni aderenti, che fasciavano le gambe sottili, non c’era alcun segno di eccitazione.

“Bugiardo! Cosa mi hai fatto?!”

Izaya proruppe in una risata, dinnanzi a cotanta, deliziosa ignoranza:

“Il mio piacere lo ricavo attraverso il sangue altrui. Il mio corpo è morto, non riceve alcuno stimolo visibile all’esterno.
Tu, invece, dimostri evidentemente le tue emozioni.”
Aveva le labbra sporche di sangue, come anche i canini appuntiti, ma continuò a parlare:
“Non dico di essere soddisfatto, dal momento che hai interrotto e non posso prelevarne quanto vorrei, ossia fino all’ultima goccia… ma tu, a quanto pare, sei ridotto peggio.”
Fece un passo in avanti, alzandosi da terra: “Posso fare qualcosa?”
Chiese con eleganza e una punta di malizia.

“Vai al diavolo! Stai indietro!”

Con quelle parole, gli voltò le spalle e se ne andò da lì, con passo piuttosto veloce.
Izaya lo lasciò andare, sicuro che sarebbe tornato la notte seguente.
Sapeva di essere il suo sogno angoscioso, oppressivo, frequente, che lo faceva restar sveglio col respiro affannato e l’eccitazione addosso, mista al sudore e un senso di smarrimento.
Il suo incubo.

 

E così avvenne.
Le notti seguenti, si incontrarono segretamente: Shizuo offriva il suo sangue a Izaya, che aveva l’abitudine di mordere altrove e non nello stesso punto.
Quando il collo era pieno di segni, passava ad altre zone.

Ormai la luna illuminava il paesino silenzioso, le campane avevano già rintoccato –segnando le tre di notte, e Shizuo fece staccare Izaya dal braccio.
Gli prese violentemente il mento con due dita e si chinò a baciarlo in modo rude, sentendo il sapore del proprio sangue.
Quello gli morse più volte le labbra fino a farle sanguinare e si scambiarono un bacio bagnato e passionale, dal sapore ferroso.
Era ripugnante tutto ciò, ma non riusciva a controllare l’istinto.
Forse, dopotutto, aveva trovato qualcuno che, essendo –in parte- come lui, poteva stare al suo fianco. Su di lui poteva sfogarsi, con lui poteva sperimentare cose mai provate.
Si era sempre rassegnato ad una vita solitaria a causa della sua natura, nonostante molte persone tenessero a lui – in primis, il parroco che lo aveva invitato ad unirsi alla Chiesa per qualcosa di buono: Tom Tanaka.
Una compagnia del genere, però, poteva forse averla proprio da chi era completamente un mostro, sia esteriormente (i canini, gli occhi rossicci, le unghie lunghe che sembravano vetro), che interiormente -e che quindi era odiato da chiunque.
Dopo che fu sazio delle sue labbra, Izaya non sembrò averne abbastanza: iniziò a toccare la sua intimità avidamente, con le dita sottili e le unghie affilate.
Entrambi si misero in terra e Shizuo restò seduto, con le gambe aperte e i pantaloni e l’intimo abbassati fino alle caviglie.
Era tutto dannatamente scomodo, il pavimento era freddo e faceva male.
Le mani di Izaya avvolsero la sua evidente erezione e lui emise un sospiro roco, non riuscendo a trattenere le sensazioni forti che gli facevano quasi girare la testa.
Dal braccio il sangue scivolava, deliziando la vista del vampiro. Questi masturbò il sesso dell’altro, strofinando più volte la punta col pollice, stando attendo a usare il polpastrello e non l’unghia.
Shizuo teneva gli occhi chiusi e il capo girato, in preda alla vergogna.
La piccola croce era adagiata sul suo petto visibile dalla camicia aperta.

“Izaya… Nh…”

A quel richiamo sussurrato col respiro che mancava, il vampiro si chinò col capo e andò con la lingua a premere sulla punta sensibile del membro.
L’esorcista a quel punto aprì gli occhi e li portò su di lui.
Con una mano andò ad afferrargli i capelli, incitandolo a fare di più.
Ma quando Izaya provò ad accogliere l’erezione tra le labbra, Shizuo lanciò un grido e lo strattonò per le ciocche nere per farlo allontanare: i denti pungevano.

“Fa male”, gli disse, gemendo.

Così, Izaya lo fece venire succhiando la punta turgida e racchiudendo tra le mani la carne bisognosa.
Leccò il seme dell’altro, trovandolo insapore, e venne improvvisamente spinto con la schiena a terra.

“Shizu-chan… ?”

Quello si mise sopra di lui, gli stampò un bacio e infilò le mani sotto la sua giacca, la sua camicia; strappò il mantello e i pantaloni.

“Shizu-chan!”

Il vampiro gli morse con violenza il collo, facendolo sanguinare. Lasciò che il sangue gli macchiasse il volto e con le unghie graffiò la camicia dell’altro, che si fermò e lo guardò serio e appena irritato.

“Shizu-chan, te l’ho detto. Non provo-”

“Zitto, ti voglio.”

“Ahahahah!”
Izaya proruppe in una fragorosa risata:
“Mi faresti solo del male.
Gli prese una mano tra le proprie e se la posò sul cavallo dei pantaloni.
“Senti?”
Non vi era traccia di eccitazione.
Poi se la portò al petto, all’altezza del cuore.
“Capisci?”

Shizuo ritirò la mano, inorridito: saperlo e sentirlo erano cose differenti.
Il suo cuore non batteva.
Il suo dannato cuore non batteva!
Si alzò in piedi e si rivestì, senza dire una parola.
Izaya rimase sdraiato, con un ghigno rivolto a lui, alla sua reazione.
L’esorcista se ne andò, ancora avvolto nel silenzio: non sopportava niente di lui e di quello che facevano, nonostante se ne fosse fatto una ragione e avesse accettato i bisogni e le voglie del proprio corpo.
Odiava perfino l’espressione che contornava ogni volta il suo volto.

- -
 
Il loro gioco durò due settimane.
La notte del quindicesimo giorno, qualcosa cambiò.

Shizuo andò in Chiesa, per posare la propria giacca, ma notò che mancavano le vesti degli altri ecclesiastici.
Istintivamente la indossò e andò alla cripta: la porta era aperta e da essa usciva fumo nero.
Gli abitanti iniziarono ad uscire dalle loro abitazioni.
Corse lungo lo stretto corridoio, trattenendo il respiro.
Quando arrivò allo spazio circolare e grande, vide legna e fuoco sul pavimento e gli ecclesiastici, nelle loro vesti, che circondavano il vampiro.
Izaya, tra il fuoco accecante e le figure dei preti (erano quattro), era immobile, con la sua solita espressione metà divertita e metà sprezzante.
Shizuo chiamò il suo nome e quello rise quando lo vide dinnanzi a sé.
I sacerdoti si rivolsero a lui: gli dissero che era diventato lo strumento del Diavolo e loro lo sapevano. Lui era ancora lì e lui non lo aveva cacciato. Lui era in -buoni- rapporti con quel vampiro, altrimenti non si spiegava il perché non uscisse più allo scoperto, non si nutrisse più di animali, non "baciasse" gli umani rimasti, non rubasse più oggetti di valore e non.

“Lasciatelo bruciare, signor esorcista. Rimedieremo noi al vostro errore.”

“No! Dov’è Tom?”

Shizuo sentì la rabbia salire e farsi incontrollabile. Lo stupore era schiacciato dall’ira che montava dentro di lui.

“Ha detto di aver accettato la vostra scelta, così è dovuto allontanarsi per nostro volere.
Ha lasciato la Cappella in silenzio, chiedendoci di non farle del male.
Tornerà, ma quando la faccenda sarà finita.”

L’esorcista digrignò i denti e notò come le posizioni fossero completamente invertite: i mostri erano loro, che avevano dato fuoco alla bara di Izaya –e presto sarebbe toccato a lui.
Cosa lo spingeva a proteggerlo?
Sicuramente, il fatto che il vampiro non fosse cattivo, né “contro Dio”, nonostante la sua natura non umana.
Non sopportava ciò che stava succedendo.
Si avvicinò a Izaya e lo afferrò per un polso.

“Andiamocene.”

Staccò il crocifisso dal collo con la mano libera e lo trasformò nella croce di luce.
La luce non avrebbe ucciso gli ecclesiastici, ma le punte alle estremità li avrebbero feriti.
Shizuo non avrebbe mai fatto del male a nessuno di loro, li minacciò solo al fine di allontanarli.
Fu chiamato “traditore di Dio”.
E qualcuno disse: “Dio ti punirà. L’ha già fatto, lasciandoti l’amore di quel mostro che ti divorerà.” 

Uscì dalla cappella assieme all’altro.
Non appena fu fuori, vide i cittadini in pigiama riversi in strada. I bambini erano scalzi.
Strinse i denti e abbassò lo sguardo.
Il suo tocco al polso di Izaya era così forte che quello sentì dolore.
L’esorcista sapeva che non c’era più posto per lui lì.
Lo additarono e molti, con le fiaccole in mano, si avventarono sul vampiro, che si difese da solo con agilità, liberandosi dalla stretta dell’altro.

 

Alla fine, riuscirono a rifugiarsi in casa di Shizuo.

“Shizu-chan, tu mi ami?”, chiese Izaya con un tono che sembrava derisorio (o era semplicemente il suo?), una volta che arrivarono lì, al sicuro.

“Smettila di dire sciocchezze. Guarda cos’è successo! Tutta colpa tua, che hai cominciato quel perverso gioco!”

Gli si avventò. Era l’unico con cui poteva prendersela, trovandosi alla pari.
Non alzò un dito  su di lui, ma gli urlò contro più volte, minacciandolo con la croce dorata, che poi lasciò cadere in terra –e così tornò ad essere un piccolo crocifisso.
Quando si fu calmato, disse:

“Dobbiamo andarcene. Daranno fuoco anche a questa casa per purificarla.
Domani notte, ci metteremo in viaggio. Andremo in un posto lontano e sicuro.”

Poteva chiedere a Tom di aiutarli, nasconderli dalla Chiesa che lo ospitava. Ma avrebbe significato metterlo nei guai. Non avrebbe mai potuto. 

“Shizu-chan, come possiamo farlo se sei umano?
Io posso nutrirmi del tuo sangue, ma tu?
Hai bisogno di dormire, mangiare-”

“Starò bene. Chiudi il becco.”

Analizzò la situazione, mentre quello faceva silenzio e lo guardava in attesa: la sua espressione aveva un ché di soddisfatto; questo perché già sapeva come sarebbe andata a finire.
Dopo cinque minuti in cui Izaya aveva preso a guardare il soffitto, illuminato dalla lampadina sul comodino accanto al letto sul quale era sdraiato, Shizuo, che sedeva al bordo, lo chiamò:

“Izaya.”
Senza guardarlo, con la piccola croce ai piedi e le mani giunte che tremavano per il nervosismo, disse:
“Dammi quello che volevi.”

“L’eternità?”

Gli occhi di Izaya brillarono, mentre gli si avvicinava a gattoni da dietro.
Arrivò all’altezza del suo collo, chinandosi con la bocca all’altezza di quello.
Shizuo non rispose. Si lasciò strappare il collo alto della giacca, il colletto della camicia, si lasciò uccidere dai suoi canini e portar in vita dal suo sangue.
Lo bevve a grandi sorsi, conoscendo il piacere di cui parlava l’altro.
Se voleva passare il resto dei suoi giorni con lui, doveva avere la sua stessa natura.
Un sacrificio più grande di quelli fatti finora per un amore che superava quello degli abitanti del suo paese.

 

Adesso aveva una sfida più grande: controllare la sua natura di demonio e fare il bene con questa, controllare la sete e il suo essere.
Raccolse la piccola croce e se la mise al collo: mutarla voleva dire morire, ma gettarla via voleva rinnegare tutto ciò che era stato e che era.
Andò a serrare le finestre per il giorno che veniva e che non avrebbe più sopportato.
Tutta colpa di quella sottospecie di demone.
Quando tornò in camera da letto, sentì la stanchezza cogliere le sue membra.
Notò che anche l’altro si era addormentato.
Si adagiò su letto: in quel modo aveva salvato il paese e se stesso dal tormento della sua esistenza. Un mostro non poteva fingersi umano, un umano non poteva possedere una forza mostruosa, essere in grado di esercitare la magia sulle croci, racchiudere la luce, cacciare i demoni.
O umano, o mostro. Aveva fatto la sua scelta, in un certo senso si sentiva liberato da quella parte di cui non aveva più neanche le fattezze.
Ma i sentimenti sì.
Nonostante il cuore non battesse, provava delle forti emozioni e sensazioni fisiche.
Anche se gli ecclesiastici lo avevano sempre trattato come uno di loro, Izaya aveva tirato fuori la parte di lui che più lo angustiava.
In un certo senso, è come se fosse stato lui a salvarlo.
Odioso. Era una pulce che si attaccava, neanche un ‘pipistrello’.
Si irritò appena a quel pensiero e al leggero sorriso che ne seguì.
Benché gli abitanti gli avessero dato rispetto e ammirazione, Izaya era l’unico da cui si sentiva realmente amato per come era, non per cosa faceva.
Ciò che aveva cercato nella sua vita senza sogni, fatta di notti insonni e demoni deformi, lo aveva trovato in un incubo.

 

 
Hold me,
Like you held on to life
When all fears came alive[…]
Love me,
Like you loved the sun*
 

(*HIM – Vampire Heart)

  
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