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Autore: DeiDeiDei    20/10/2012    7 recensioni
[...] Il suo cuore saltò un battito.
-Boyd?- Domandò esitante, fermo e teso come una corda di violino –Isaac?- Non erano mai entrati in camera sua prima, ma chi lo sa, magari il loro Alpha li aveva spediti a tenerlo sotto controllo –Erica?- Anche l’ultimo richiamo cadde nel vuoto. Nel silenzio più assoluto. Nella stanza dove regnavano soltanto il suono del suo respiro e di quello del visitatore. Sembrava persino più vicino. Il cuore di Stiles iniziò a battere più forte, quando un fruscio tutt’altro che rassicurante si mosse verso di lui. Perché quello dietro di se non gli rispondeva? Non era un bello scherzo. Assolutamente no. Avrebbe dovuto parlare col branco riguardo ai loro scherzi. Se l’obbiettivo era spaventarlo, ci stavano riuscendo benissimo. Non sapeva se essere più irritato o terrorizzato, perché una piccola parte di lui, pressante ed accanita contro la sua calotta cranica, gli stava ripetutamente suggerendo che la persona entrata dalla finestra non era Scott, non era Derek, ne Isaac, Boyd o tantomeno Erica. Stiles sentì distintamente lo sbuffo di un ghigno aprirsi da qualche parte nella stanza scura[...]
POV alternato. Focus Stiles.
Genere: Azione, Generale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non aveva mai provato così tanta agitazione in tutta la sua vita. Una quantità di sensazioni discostanti gli si erano ammassate nel cervello e avevano pigiato sempre più insistentemente contro la sua calotta cranica.  Probabilmente avevano combattuto una lotta sanguinosa per ottenere la sua attenzione. Questo, ovviamente, non poteva saperlo. Però si era reso immediatamente conto che la vincitrice era stata l’agitazione, l’apprensione. Si era ritrovato addosso più preoccupazioni di quante ne aveva avute la sera nella quale era stato morso. Il primo segno dell’imminente cedimento dei suoi nervi lo aveva avuto quando Derek aveva portato nella stanza un vecchio baule di legno e metallo, lo aveva aperto e ne aveva tirato fuori delle catene. Catene persino più grosse di quella che lui aveva comprato un tempo per Scott. Piene di ganci e manette e collari. Aveva avuto voglia di scappare. E in un certo senso lo aveva fatto. Non era andato molto lontano, prima che la parte razionale del suo cervello gli facesse notare l’ombra colpevole e dispiaciuta negli occhi dell’Alpha. A quel punto si era fermato. Sapeva che l’altro non lo stava certo facendo per divertimento e si era sentito un po’ egoista ed idiota, persino, nell’essersi opposto. Come lui aveva ammanettato il proprio migliore amico al termosifone, Derek avrebbe incatenato lui. Era stata una cosa necessaria. Per il bene tanto degli umani quanto dei Lupi Mannari di BH.

Dopo averlo legato per bene (gli avevano pure messo un collare! Una sola parola: feticismo!) lo avevano fatto sedere fermo immobile. Era stato pure relativamente comodo, tralasciando le braccia e le gambe appesantite dalle catene di metallo. Avevano atteso che la luna illuminasse la stanza. Il cuore di Stiles aveva iniziato a battere sempre più veloce . stava per trasformarsi. Non sapeva se avrebbe sofferto o cosa sarebbe potuto diventare. Nessuno gli aveva detto nulla. Sapeva solo che si sarebbe dovuto trasformare.

Eppure, quando dopo qualche minuto aveva deciso di aprire gli occhi e controllarsi, si era ritrovato del tutto identico a prima. Mani umane e gambe umane. Per un attimo aveva sospirato seriamente sollevato. Si era sentito debole come prima, naturalmente equilibrato come prima. Normale. Poi era sopraggiunto il panico. Perché quella cosa, lo sapeva, non andava affatto bene. Era ovvio che non andasse bene. Si sarebbe dovuto trasformare in qualcosa di peloso, zannuto, magari squamoso. Ma nulla sembrava volergli comunicare che qualcosa fosse successo. Persino Derek si era allarmato e lo aveva controllato, avvicinandosi e prendendogli le mani, scostando le labbra per osservare i denti, spalancandogli a forza le palpebre ed adocchiando sospettoso il colore delle iridi. Apparentemente non aveva trovato nulla. Stiles gli aveva detto di smetterla. Gli aveva persino urlato contro, per quanto si fosse poi ricordato. Ma, no, non avrebbe in alcun modo voluto morderlo. Nessun istinto animale. E il che non andava assolutamente bene. Perché, teoricamente, con la Luna Piena, per i neo Lupi, sarebbe dovuto sopraggiungere, quel benedetto istinto sanguinario. Allora perché diavolo lui non sentiva proprio nulla di diverso dal solito, umano, fastidio? Perché non sentiva nessuna forza sovrannaturale scorrergli nelle vene? Nessuna voglia di azzannare il Licantropo che lo stava importunando? Di liberarsi, di fuggire correndo a quattro zampe? La risposta gliela aveva data poco dopo, in un certo senso, un rugliare rabbioso all’uscio. Lui aveva alzato lo sguardo ed aveva facilmente identificato Erica e Boyd sulla porta, denti snudati, corpi tesi ed accucciati, artigli appuntiti sulle dita contratte. E, bhè, sì, stavano guardando con odio (?) proprio lui. Il suo cuore aveva mancato un battito, nello stesso momento nel quale anche l’Alpha aveva compreso cosa volessero fare gli altri due e si era voltato a fronteggiarli. Non era riuscito a sentirsi al sicuro: era legato, immobilizzato, umano; Derek era forte, ma non avrebbe mai fatto del male ai suoi Beta (non sul serio, comunque) e poi, oramai, tutti e due gli altri Licantropi non erano più dei cucciolotti alle prime armi. Non ce l’avrebbe fatta a fermarli da solo. Non senza uscirne ferito. O farne uscire feriti loro. O lasciare che sbranassero Stiles.

Quanto diavolo odiava i Lupi Mannari! Perché era finito in quella situazione? Avrebbe dovuto appoggiare i cacciatori. Meglio, avrebbe dovuto disconoscere Scott non appena fosse venuto a sapere del morso e tirarsene fuori. Invece, era rimasto con lui. E poi col Branco. Con Peter e con Derek, con Isaac, con Erica, con Boyd, con Lydia e Jackson. Aveva provato ad urlare, ma la voce non gli era uscita. Il panico, probabilmente, aveva avuto la meglio. Aveva aperto la bocca per urlare, perché non poteva vederli combattere allora o farsi del male tra di loro. Un tentativo dopo l’altro, in rapida successione. Ancora ed ancora.

E fu solo quando ormai la gola iniziava a bruciargli per tutte le parole morte dentro di essa, che qualcosa ne uscì. Più forte e tonante di quanto avesse voluto. Più cupo di qualsiasi rimprovero. Più affilato di qualsiasi minaccia. Più diretto di qualsiasi richiesta e più chiaro di qualsiasi supplica, al tempo stesso. Un comando, perentorio. Non un grido, ma un ringhio.

Subito si chiese chi lo avesse emesso, osservando la stanza alle sue spalle. Tornò poi subito ai tre Licantropi, perché dietro di se non c’era nessuno. Erica e Boyd sembravano in tutto e per tutto cuccioli bastonati. Li osservò indietreggiare fino a trovarsi contro il muro dalla parte opposta della stanza, uggiolare e tenersi in posizione difensiva. Non staccavano gli occhi da lui. Si sentì improvvisamente a disagio. Perché lo stavano fissando? Spostò lo sguardo su Derek. L’Alpha lo stava osservando a sua volta, immobile, più teso di quanto non lo avesse mai visto. I suoi occhi erano due piccoli tizzoni di brace ardente e sembravano volerlo trapassare da parte a parte. Stiles si agitò nelle catene, nell’inconscio disperato tentativo di liberarsene. Avrebbe voluto poter davvero scappare, ma qualcosa lo teneva lì. E la stessa cosa, piano piano, iniziò a fargli capire. Nessuno era comparso nella stanza, ragionò, ed aveva ringhiato. Non lo avevano fatto di certo i due Beta apparentemente terrorizzati. Tantomeno Derek, con la mascella contratta ed i muscoli di tutto il corpo pronti per un qualsivoglia scatto. Lentamente, la verità si fece strada dentro di lui. Con calma estenuante. Esasperante. Come era solita fare in situazioni di quell’importanza. Fino a far scoccare la scintilla della comprensione. Ed improvvisamente capì: era stato lui. Il ringhio era suo. Aveva voluto farli smettere a tutti i costi e ci era riuscito, con un ringhio vero e proprio. Qualcosa di davvero poco umano che aveva fatto saltare sull’attenti persino il Capobranco. Per un attimo fu indeciso se esserne preoccupato, orgoglioso o semplicemente curioso. La cosa che gli tornava meno di tutte era L’Alpha. Ok, aveva ringhiato, e allora? Ne aveva sentiti di ringhi, il Licantropo, quindi perché era così teso? E lo fissava. Lo stava ancora fissando, come sulla difensiva, come se fosse pronto ad intervenire in un qualche modo. Stiles distolse lo sguardo in soggezione. Quel silenzio non gli piaceva. Quegli sguardi non gli piacevano. E quella stramaledetta reazione esagerata gli piaceva ancora meno.

-Derek, cosa sta succedendo? Che avete tutti? Perché Erica e Boyd volevano attaccarmi? E perché diavolo ora te ne stai lì, fermo, e mi fulmini con il tuo oltremodo inquietante sguardo lampeggiante da Grande Lupo Cattivo? Che ho fatto di male? Tra parentesi, mi pare di avere appena ringhiato, eppure le mie unghie non mi paiono per nulla simile alle vostre. Non posso vedermi la faccia, ma non mi sembra di sentire nessun cambiamento e… no, non ho le zanne. Sempre che le mie non siano misteriosamente piatte e senza punte. O a meno che la mia lingua non sia improvvisamente diventata insensibile. Avete la lingua insensibile, voi Licantropi? Perché, seriamente, io preferirei avere il senso del gusto funzionante. Dimmi che non smetterò anche di riconoscere i sapori! E, ti prego, dimmi perché diavolo continui a fissarmi e stare zitto. Per favore! Eddai, mi stai facendo paura. Perché non mi hai ancora zittito? Non sopporti quando parlo a vanvera, quando divago, perché non mi ringhi contro e…- Derek, alla fine, ringhiò davvero. E, in un primo lento secondo, Stiles pensò lo avesse fatto appositamente per accontentarlo e farlo tacere. Ma poi l’Alpha ringhiò di nuovo e gli si avvicinò di un passo. Il ragazzo maledì le catene. Perché, seriamente, per una volta che aveva davvero bisogno di scappare, era legato come un salame? Imprecò sotto voce, dimenandosi disperato e facendo cigolare manette e collare in un clangore metallico assurdo. Era in quel modo che sarebbe morto?

E poi una benedizione dal cielo piombò nella casa con l’accortezza di un elefante ed il tatto di una mandria di struzzi. Una benedizione di capelli scuri ed il quoziente intellettivo di un’ameba.

-Hei, ragazzi, non crederete mai a quello che è successo.- Qualcuno benedicesse Scott! Qualcuno lo facesse santo! Stiles lo ascoltò chiudere la porta d’ingresso e quasi si mise a ringraziare un dio qualsiasi, vedendo Erica e Boyd visibilmente distratti dall’intrusione e leggermente più rilassati. –Ero a casa di Allison ad aspettare che si preparasse per la ronda. Con me in salotto c’era suo padre ed indovinate che mi ha detto di riferirvi?- I rumori di tre persone che si pulivano i piedi e che appendevano la giacca all’attaccapanni. Derek, suo malgrado, perse la posizione di attacco/difesa e si voltò verso la stanza accanto. Il castano trattenne il fiato, sollevato al movimento del capobranco. Sospirò. –Ha detto che questo pomeriggio hanno trovato delle minuscole tracce di sangue andando a caccia. Ovviamente le hanno seguite e chi pensate che abbiano trovato nel capanno al quale sono arrivati? Esatto! Proprio il nostro Alpha misterioso!- Nessuno gli aveva risposto, ma erano tutti in un tale silenzio mortale che probabilmente aveva deciso lo stessero incitando a continuare. –Chris ha detto che ha provato a scappare, ma che sono riusciti a colpirlo con un paio di pallottole. È caduto e, quando lo hanno raggiunto, era finita. Non hanno neppure avuto bisogno di dargli il colpo di grazia. Pare che una ferita precedente avesse dentro qualcosa che non gli permetteva di utilizzare i suoi poteri di guarigione. Penso che sia stata la pugnalata di Stiles. Chissà che diavoleria hai usato, eh, amico?- Scott ed Isaac risero, voltando l’angolo nel salone. Derek, nel silenzio più completo, tornò a voltarsi un attimo verso di lui. –Quindi l’Alpha è morto. Figo, no? Non dobbiamo più…- Poi guardò il figlio dello sceriffo e la voce parve morirgli in gola. Isaac sgranò gli occhi ed indietreggiò di un passo, prendendo la mano ad Allison in un riflesso incondizionato. L ragazza, dal canto suo, portò l’altra mano, quella libera, alla bocca per soffocare un’esclamazione. Ma che diavolo? Stiles si accigliò. In cosa si era trasformato perché tutti avessero delle simile assurde reazioni?

-Oh, Dio…- Bisbigliò Allison, scoprendo la bocca ed utilizzando la mano in modo assai più produttivo. E cioè artigliando la maglietta del proprio fidanzato. Quello strano trio, rimase ancora immobilizzato sulla porta. L’Alchimista tentò di immaginarsi cosa di lui potesse spaventarli così tanto. Forse aveva la faccia di un qualche mostro mitologico o fantascientifico (Minotauro? Ciclope? Un umano-pesce? Una mosca gigante?). oppure aveva la testa di Gerard Argent al posto della propria. Quello sì che sarebbe stato agghiacciante. Gli vennero i brividi al solo pensiero. Se fosse stato vero, probabilmente, avrebbe fatto Harakiri molto volentieri.

-Ma come è possibile?- Domandò Boyd, appena riuscì a recuperare un po’ del suo granitico contegno, cercando di apparire nuovamente l’imperscrutabile genio silenzioso di tutti i giorni. Ma, Stiles lo notò, non riuscì a staccargli gli occhi di dosso, pur rivolgendosi al proprio Capobranco.

-Sì, esatto. Come… come può essere successo?- Ribadì Scott, visto che il compagno non aveva ricevuto alcuna risposta. Il giovane iniziò a sentirsi sempre più a disagio. C’era qualcosa di profondamente sbagliato in tutto quello che stava accadendo.

-Cosa?- Quasi strillò esasperato. –Qualcuno potrebbe essere così gentile da smetterla di scambiare con gli altri domande misteriose come in uno stupido Shounen e dirmi COSA sta succedendo?- Alla sua domanda cadde di nuovo il silenzio nell’intera stanza. Nessuno si mosse per un paio di secondi. O forse furono minuti. Ciò non cambiò il fatto che per l’adolescente sembrò passare davvero troppo tempo prima che Derek sospirasse arrendevole e si muovesse verso di lui. Gli chiese, per favore, di non urlare. E questo accrebbe soltanto il livello di panico del ragazzo. Poteva persino sentire il proprio cuore martellare ridicolmente veloce nel petto. Anche l’Alpha, probabilmente, lo percepì, perché si fermò un attimo, prima di avvicinarsi al suo viso e scrutarlo con un cipiglio accigliato che non aveva precedenti. Stiles si costrinse a non tremare e lasciò che l’altro gli prendesse il viso tra le mani e glielo spostasse in avanti. Fu costretto a chinarsi verso il basso con la faccia parallela al tavolino di metallo posto davanti al divano.

-Penso, Scott, che il “come” ce lo abbia appena spiegato tu col racconto di Chris Argent e della sua caccia.- Rispose Derek cercando vistosamente di rimanere calmo. Gli tenne la testa giù, perciò il ragazzo non ebbe nessuna possibilità di alzarsi dalla scomoda posizione nella quale era stato costretto. Puntò quindi lo sguardo sull’unica cosa nel suo campo visivo: il piano del tavolino. E sul freddo laminato lucido scorse il suo viso. Era perfettamente umano. Le sue solite labbra, i suoi soliti nei. Tutto un po’ deformato da quello che per ovvi motivi non era stato comprato come specchio. Non gli sembrava di avere nulla di strano. Niente dentoni sporgenti, corna, squame…  -La vera domanda è come possiamo non essercene accorti prima?- Concluse Derek lasciandogli la testa di colpo.

E fu seriamente un attimo. Meno di un secondo. Ma Stiles se ne accorse lo stesso. Se ne rese conto nello stesso momento nel quale la scintilla nel riflesso scomparve. L’apprensione degli altri gli fu subito chiara. I suoi occhi.

I suoi occhi erano rossi.

 










Angolo dell'autice:
Bene. Ora potete uccidermi. Come ho ripetuto miglioni di volte, questo è il momento nel quale estrarrete le picche e scoverete la mia abitazione per mutilarmi lentamente e dolorosamente. Ne sono consapevole e sono consapevole nche di meritarmelo: dopo tutto il tempo che vi ho fatto aspettare me ne esco così. Mi ucciderete, ma sarò in pace con me stessa perchè ho già scritto gli ultimi capitoli e mia sorella potrà pubblicarli al posto mio.

Non ve ne farò una colpa xD

Eva
   
 
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