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Autore: Fannie Fiffi    20/10/2012    3 recensioni
Ok questa è tipo una follia perché non porto a termine mai niente, ma va bè!
Gli avvenimenti sono tutti collocati verso il finale della terza stagione, ma le cose potrebbero andare diversamente. L'inizio della storia fra l'originale Klaus e la vampira Caroline. Vi posto una parte del 1° capitolo:
E così voltandomi le spalle se ne andò. Klaus se ne era veramente andato, come mi aveva detto e mentre osservavo l’ibrido non potei fare a meno di chiedermi se e quando lo avessi rivisto. Perché quei dubbi, se tutto ciò che io e i miei amici volevamo stava accadendo? Perché sentivo quello strano sentimento sconvolgermi il petto e trasmettermi l’impulso di seguirlo?
Dal capitolo 11:
« Forse dovremmo rientrare. » spezzai il silenzio.
« Tu vuoi? »
« No» dissi alzando lo sguardo per fermarlo nel suo.
Lui annuì sorridendo.
« Perché mi hai detto che te ne saresti andato da Mystic Falls e poi sei rimasto? »
« Le prospettive cambiano. »
« Non è una risposta. »
« Non volevo lasciarti. »
Oh, questa si che lo era. Rimasi interdetta per un attimo, poi continuai, decisa ad ottenere le mie tanto agognate risposte.

Avviso importante: potrebbe contenere tracce di OOC.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Stefan Salvatore, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Heaven’s in your eyes.
 
 
 
Pov Caroline.
 
 
« Cosa? Cosa hai detto? » la voce allarmata di Elena mi arrivò come un’eco lontana, o forse erano solo le mie orecchie a fischiare come non mai.
Dopo le parole che avevo singhiozzato, lei era scattata alzandosi dal divano e arrivando dalla parte opposta della stanza. Si era rannicchiata in un angolo come scottata e ora mi guardava con un’espressione di terrore e disgusto. Sembrava quasi spaventata.
« Hai sentito perfettamente. » sussurrai singhiozzando e guardandomi le mani, le spalle basse.
« No. » centomila stilettate nel cuore mi avrebbero ferito meno della sua voce disgustata.
« Non è possibile. Non è vero. No, no, no. Ti ha soggiogata. Ti sta usando per arrivare a me, vuole uccidermi per non essere più umana. Non sei tu, lui non vuole niente da te. Sta controllando la tua mente, non permetterglielo. E Tyler? Cosa mi dici di lui? Tu ami lui. Tyler. Hai sempre amato lui e amerai sempre lui. Klaus ti sta controllando. Ti sta usando. Tu non provi niente per lui.  » Non potevo credere che Elena potesse essere così egoista proprio in questo momento.
« Co- cosa stai dicendo? Elena, non gira tutto intorno a te. Non sei al centro del mondo. » risposi alzandomi dal divano e andandole incontro; lei corse a velocità vampiresca verso il lato opposto in cui si trovava. Mi girai di scatto per guardarla negli occhi: erano rossi e iniettati di sangue.
« Elena, calmati. Stai avendo una reazione amplificata per via del tuo istinto di vampiro. Lo so, è difficile le prime volte, ma devi cercare di rimanere te stessa e di ragionare lucidamente. » cercai di tranquillizzarla, di farle capire che non volevo farle del male.
« Mai stata me stessa più di adesso. » pronunciò con ribrezzo.
Mi avvicinai nuovamente alla sua posizione ma il suo urlò mi bloccò: « Ferma! Non ti avvicinare, Caroline! »
Rimasi immobile mentre nuove lacrime cominciavano a scendere copiose sul mio viso. Cosa avevo fatto?
« Mi dispiace, Elena… possiamo superarla. Sei la mia famiglia, mi dispiace. »
« Tu non sei più niente. » disse lei totalmente apatica, guardando il vuoto e voltandomi le spalle.
Non potevo credere a quello che stava succedendo. Non avrei mai previsto una reazione del genere. Non che mi aspettassi un incoraggiamento, ma sentirla parlare in quel modo faceva dannatamente male.
« Se le parti fossero scambiate, io non avrei reagito in questo modo. Sappilo. » rimandai io, sussurrando e lasciando posto a un breve silenzio.
« Io non avrei mai provato qualcosa per un assassino! » urlò nuovamente lei, girandosi e fissando lo sguardo inceneritore nel mio.
« Tu ami Damon, Elena! » risposi a tono, sottolineando la sua totale ipocrisia.
« Come osi? Io amo Stefan. »
« Oh, non provarci… Tu hai scelto Stefan, ma ami anche Damon. » le misi la realtà sotto gli occhi e lei non poté negare. Non riuscivo a credere che potesse provare tanto disgusto, ribrezzo e odio per una delle persone che l’aveva amata di più al mondo.
« Vattene. » rispose lei, tornando ancora una volta totalmente inerte.
« E’ questo il tuo modo di risolvere le cose, Elena? Mi cacci di casa e mi ignorerai per il resto dell’eternità, eh? Fattelo dire, da umana non eri così senza palle. » proferii con rabbia e delusione.
« Esci da quella porta e non tornare mai più, Caroline. »
Non dissi più niente e lei mi voltò le spalle un’altra volta.
Non c’era più niente che potessi dire per sistemare le cose. Avevo perso per sempre una parte di me, e per sempre sarei rimasta inconsolabile.
Come un’automa uscii dalla stanza e, trascinando i piedi pesanti come macigni, mi diressi verso l’uscita di quella grande casa in cui probabilmente non avrei più messo piede. Aprii la porta dell’ingresso senza incontrare nessuno ma, prima di uscire definitivamente, qualcuno mi prese il polso.
Mi voltai in balia del torpore causato dalla sofferenza di quell’addio e trovai davanti a me Stefan.
« Mi dispiace per quello che ho detto. » sussurrai senza guardarlo negli occhi. Sapevo che lui fosse perfettamente cosciente dell’amore di Elena per suo fratello ma, presa dalla rabbia, non avevo controllato le mie parole.
« Non fa niente. » la sua voce lasciava trapelare il senso di colpa e il dispiacere che stava provando.
« Non è colpa tua » dissi alzando lo sguardo e incontrando i suoi occhi limpidi. « Va tutto bene. » continuai alzando le spalle e fingendo un sorriso che molto probabilmente divenne una smorfia.
Lui cercò di parlarmi ma io lo interruppi: « Va’ da lei, ha bisogno di te. Prenditi cura di lei, io sto bene. Va tutto bene. »
« Ce la farai? » chiese lui abbracciandomi. Io mi strinsi alle sue spalle per cercare un po’ di calore per curare quel freddo che avevo dentro.
Vorrei tanto saperlo anch’io.” Pensai mentre mi preparavo ad affrontare le ondate di dolore che cominciavano ad riaffiorare.
 
 
 
Pov Klaus.
 
 
Erano passati alcuni giorni dall’ultima volta che avevo visto Caroline.
I ricordi erano ancora vivi in me e non riuscivo a smettere di pensare a lei. Le sue labbra, il suo calore, la sua vicinanza. Tutto si era scolpito a fuoco nella mia mente, trasformandosi in un pensiero quasi nocivo.
Se da un lato volevo sentire di nuovo la sua voce e assaporare il profumo della sua carne, proprio lì, vicino al collo, dall’altro ero sollevato da quella lontananza. Avevo bisogno di riflettere,di stabilire delle priorità, di affrontare quella cosa che mi era stata sempre estranea ma che ora faceva indissolubilmente parte della mia persona.
Sentivo come se una parte di me, estranea a quello che mi ero abituato ad essere, scalciasse per uscire fuori e prevalere sul mostro che mi ero costretto a diventare.
Questa parte di me bramava di avvicinarsi a Caroline, scoprirla, capirla, darle il meglio che si potesse offrire.
L’altra parte di me, il mostro, l’assassino, il crudele angelo nero, voleva semplicemente lasciar perdere quella bionda ragazzina perché sapeva che avrebbe portato solo guai.
Il risentimento però era celato solo dalla paura di essere abbandonato, paura irrazionale che avevo cercato di scacciare ma che – come legata da un filo invisibile ma indistruttibile – tornava da me ogni qualvolta me ne distaccassi, o tentassi di farlo.
Per la prima volta dopo tanto tempo ero confuso, non sapevo chi ascoltare né cosa sarebbe stato giusto fare.
Ero solo in casa e i secondi passavano come ore. Tutto era così accelerato e veloce e io invece mi sentivo terribilmente bloccato in qualcosa più grande di me.
Dei passi fuori la porta catturarono la mia attenzione. Dalla cadenza potei percepire dubbio e indecisione. I passi cessarono, poi un sospiro. La persona si girò su sé stessa e fece un passo avanti, allontanandosi dalla porta. Un altro passo più lontano, un altro sospiro. Altri passi indietro, verso la porta e poi un unico colpo sul legno. Basso, leggero. Un essere umano non l’avrebbe sentito, ma io mi alzai e mi diressi alla porta.
Aprii senza esitazione e mi trovai davanti Caroline. Proprio lei, in carne ed ossa. Non mi guardava, si stringeva le braccia al petto e aveva un’espressione di terrore mista a dolore.
« Caroline… »
« Non so nemmeno perché sono qui. » parlò velocemente e con la stessa isteria entrò in casa. Non si accomodò, bensì cominciò a girovagare per la stanza senza darsi pace.
« Cos’è successo? » chiesi dubbioso mentre mi avvicinavo. Finalmente alzò lo sguardo e incontrò il mio.
« Ho fatto una cosa orribile. » parlò velocemente e cominciò di nuovo a girovagare per la casa.
« Non so nemmeno perché sono qui! » aumentò il tono di voce e alzò le mani in aria, ripetendo la stessa frase di prima. Sebbene stesse praticamente avendo un attacco di panico, era molto buffa. E bella.
Mi sorpresi del mio pensiero e lo ricacciai immediatamente indietro.
« Perché sei venuta qui? » domandai nuovamente, accostandomi al divano e sedendomi.
Lei mi guardò stralunata e, come qualcosa di ovvio, si batté il palmo sulla fronte.
« Hai ragione, non sarei mai dovuta venire. » puntò la porta con lo sguardo e ci si diresse.
A velocità sovrumana mi fiondai davanti all’uscita, intralciandole il passaggio.
Lei non si accorse della mia presenza e sbatté contro il mio petto.
La presi per i fianchi e la tenni salda per impedirle di cadere. Lei spalancò gli occhi impaurita e io la lasciai immediatamente. Che fine aveva fatto la sua sfacciataggine?
Mi ricomposi e parlai: « Non intendevo questo. »
Per la prima volta da quando era arrivata la osservai accuratamente. Gli occhi erano visibilmente stanchi e arrossati, i capelli legati alla meglio in modo disordinato e la tuta le dava un tocco di sportività. Non l’avevo mai vista in quella maniera, lei che era sempre attenta al suo aspetto.
« Resta. » chiesi semplicemente, avvicinandomi senza staccare lo sguardo dal suo.
Lei mi guardava di rimando come una bambina affascinata ma allo stesso tempo spaventata.
Non riuscivo a controllarmi, volevo baciarla ancora e ancora senza averne mai abbastanza. Mi avvicinai fino a poggiare la fronte sulla sua, lei sbatté velocemente gli occhi e si allontanò. Mi diede le spalle e fuggì verso la cucina.
« Non puoi farlo un’altra volta. » sussurrò appoggiandosi al bancone e dandomi le spalle.
 
« Perché no? » chiesi sfidandola e raggiungendola.
« Perché la testa mi scoppia e non sono venuta per questo. » si piegò su sé stessa, abbassando le spalle e prendendosi il viso fra le mani.
« Parliamone, se vuoi. »mi sorpresi della mia proposta subito dopo averla detta. Cosa diavolo mi stava succedendo? Non mi era mai importato dei problemi altrui né delle  sofferenze delle persone . Cosa era cambiato ora?
Mi trovai realmente volenteroso di aiutarla, di ascoltarla. Volevo sapere tutto di lei, i suoi pensieri, le sue paure, le sue gioie. Volevo essere per lei qualcuno sempre pronto a prestare attenzione alle sue esigenze.
Lei si girò dopo alcuni secondi, mi guardò e annuì. Si sedette al bancone, dove pochi giorni prima si era seduto Kol per rimproverarmi della mia poca fiducia.
Io mi accomodai davanti a lei e aspettai che parlasse. Lei poggiò la testa fra le mani e fissò il liscio marmo bianco.
« Avevo bisogno di stare con qualcuno che sia orribile quanto mi sento io adesso. »
« Beh, che dire, grazie. » dissi sarcastico, guardandola alzare la testa e abbozzare un sorriso.
« Hai capito cosa intendevo. »
La osservai per un po’, cercando di capire come lei potesse essere orribile. Semplicemente non ce ne era modo, una creatura del genere non poteva esserlo.
« So cosa vuol dire quando tutte le persone che ti circondano sono migliori di te, e avresti semplicemente bisogno di sentirti abbastanza. Ma non è mai così, non lo sei mai. »
Parlai senza pensare, facendomi trascinare dai ricordi, dal dolore.
« Io non volevo sbagliare, non volevo che succedesse questo. Non ho mai pianificato di deludere le persone che amo, è successo e basta. » disse lei guardandomi e io annuii.
Non credevo che qualcun altro si potesse sentire come mi ero sentito io per tanto tempo. Credevo di essere solo, di essere l’unico a provare quelle emozioni.
E invece lei era esattamente come me.
« Ma tu non sei orribile» continuai, « tu sei buona, forte, solare. Hai solo bisogno di qualcuno che ti capisca. »
« Sai qual è la parte peggiore, Klaus? » domandò lei con la voce rotta.  « Non riesco a pentirmene. » e così dicendo scoppiò in un pianto liberatorio, coprendosi il viso con le maniche della felpa.
In un secondo fui dal lato opposto del bancone, al suo fianco, e lei fu tra le mie braccia.
Annusai il dolce profumo dei suoi capelli e la strinsi a me.
« Non devi pentirtene. Solo perché qualcuno pensa che le tue azioni siano sbagliate, non vuol dire che esse lo siano. A volte anche il giusto è sbagliato. E poi cos’è il giusto? e cos’è sbagliato? Nessuno può affermarlo con certezza. A volte dobbiamo semplicemente seguire il nostro istinto e agire di conseguenza. Vuoi qualcosa? Prendila senza curarti degli altri.
Nessuno può dire che i tuoi sentimenti sono sbagliati. »
« Non so cosa devo fare. » disse staccandosi da me e asciugandosi le lacrime.
Vederla così debole e indifesa mi aveva impressionato fin da subito, in fondo lei era sempre stata forte, coraggiosa e piena di allegria.
« Quando sono confuso giro per il mondo. »
Lei scoppiò a ridere e mi guardò: « Sai, non credo che partire sia una buona idea. »
« Io lo farei subito, ma so che non sei ancora pronta. Per questo c’è una soluzione. »
Avevo bisogno di connettermi fisicamente a lei per riuscire nell’intento, così portai il polso alle labbra e morsi.
In seguito lo avvicinai a lei e le feci segno di bere.
Lei mi guardò perplessa e, dopo un mio cenno, si avvicinò lentamente.
Fremetti al contatto con la sua bocca e sentii i suoi denti perforare la mia carne. Gli occhi si annerirono e vene scure spuntarono sul suo volto angelico.
Sospirai e chiusi gli occhi, totalmente preso da quell’atto così intimo e dannatamente eccitante.
Dopo qualche secondo di silenzio, spezzato solo dai nostri sospiri, staccai il polso e le sorrisi. Caroline mi guardò quasi spaventata e con uno sguardo interrogativo.
« Perché l’hai fatto? »
« Avevo bisogno di connettermi al tuo corpo. » sorrisi enigmaticamente e l’osservai.
« Perché mi sento… così? »
« È qualcosa di molto personale. *» dissi sorridendo e avvicinandomi. Posai le mani sulle sue tempie e mi concentrai sul suo sguardo e sui miei pensieri, focalizzai un luogo e lo scelsi.
« Che stai facendo? » chiese confusa, cercando di muovere la testa.
« Chiudi gli occhi. » sussurrai guardandola e lei seguì il mio consiglio. Feci lo stesso e in un attimo fu tutto finito.
Sentivo il sole pungermi il viso in una sensazione di totale calore, un calore che mi era sempre mancato. Aprii gli occhi e mi guardai intorno.
Decine di persone passavano al nostro fianco senza curarsi di noi, mentre alla nostra sinistra si ergeva la Tour Effeil.
Finalmente Caroline aprì gli occhi e si guardò intorno shockata.
« Ma questa è… Siamo… » Girò ancora la testa a destra e a sinistra, gli occhi illuminati e un grande sorriso sulle labbra.
« Sì, siamo a Parigi. » le sorrisi mentre un dolce profumo di bioches inebriava l’aria parigina.
« Ma come è possibile?! » si portò le mani alla bocca e cominciò a ridere sommessamente.
« E’ un’illusione? » chiese strabiliata.
« Solo se vuoi che resti tale. » ribattei beandomi delle sensazioni che non provavo da millenni.
 
Lei si rabbuiò improvvisamente e un’espressione di orrore le si dipinse sul volto.
« Dov’è il mio anello diurno? » sussurrò terrorizzata guardandosi la mano destra.
Io mi rilassai e feci un respiro, poi le risposi sorridendo:
« Non ne hai bisogno, qui siamo umani. »
« Cosa vuol dire? » domandò affascinata, senza smettere di guardarsi intorno.
« Non senti il calore del sole sulla pelle? Percepisci il caldo? » le presi la mano e cominciai a camminare per il marciapiede, guardandomi attorno e proiettando persone, negozi e strade.
Volevo creare la giornata e il luogo perfetto. Lo avrei fatto per veder sorridere Caroline, solo per lei.
 
 
 
 
 
 
*Commento:
 
Eccomiii quiii :)
Diciamo che vi ho fatto una sorpresina, vi sareste immaginate che avrei aggiornato così “presto” ? Ahahahahah
Intanto vorrei ringraziare tutti i lettori, chi continua ad inserire tra le preferite/seguite/ricordate, i lettori silenziosi e le amabili persone che recensiscono!
Il vostro supporto per me è fondamentale, senza di voi la storia non sarebbe quello che è, e lo dico sinceramente.
Un grazie speciale va alla mia amata beta Ivy, senza la quale avrei perso la testa.
Vi voglio davvero bene ragazzi ^^
Allora, bè, che dire del capitolo? L’ho scritto istintivamente e sono piuttosto soddisfatta. Sebbene ci siano molte altre questioni da risolvere, mi sono voluta soffermare su due importanti avvenimenti:
La reazione di Elena e l’incontro con Klaus. Credo che siano due scene fondamentali ed è per questo che il capitolo è leggermente più corto dei precedenti, non volevo inserire tante cose. Questo è un momento delicato per Caroline quindi credo di dover rallentare un po’ xD
 
*Citazione dalla 4x02. E in generale: Cosa ne pensate della quarta stagione? Fatemi sapere i vostri pareri tramite una recensione, se volete :D
Ovviamente ho descritto una scena particolare, Klaus che con i suoi poteri trasporta Care in una diversa dimensione in cui proietta Parigi. Ovviamente per far sì che ciò avvenga, Klaus ha bisogno di connettersi a Care.
 Che ne pensate? Una delle mie folli idee xD
Titolo del capitolo tratto dalla canzone “Diamonds” di Rihanna.
Ultima cosa: nel testo c’è una citazione “nascosta” dei Coldplay. Sapete trovarla e dirmi da quale canzone è tratta? Come disse Klaus: I dare you! u.u
  
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